Tra dire e fare il padre ci son di mezzo le relazioni dei servizi sociali

Il diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite, nello stesso interesse del minore, se si accerta la ricorrenza di una situazione di abbandono che legittimi la dichiarazione di adottabilità qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21884, depositata il 25 settembre 2013. Grave situazione di conflitto dei genitori e sospensione della potestà genitoriale. Il Tribunale per i minorenni aveva adottato decreto provvisorio di affidamento di una bambina al Comune, con collocazione in luogo protetto. Infatti, erano state riscontrate le difficili condizioni in cui era costretta a vivere la piccola, a causa dell’assenza di attività dei genitori e della mancanza di un alloggio stabile. Aperto il procedimento per accertare se sussistesse lo stato di abbandono della minore, il padre aveva manifestato la volontà di reperire una stabile occupazione lavorativa per poter svolgere al meglio il proprio ruolo genitoriale anche il bisnonno paterno aveva dichiarato la disponibilità sua e di sua moglie ad accogliere la nipote presso la loro abitazione. Nonostante ciò, il Tribunale aveva dichiarato lo stato di adottabilità della minore, ritenendo insufficienti le prospettive di recupero del ruolo genitoriale rappresentate dal padre. Tale decisione era stata confermata anche in appello, dove era stato ribadito che il quadro della situazione non consentiva di esprimere una prognosi positiva sulla capacità di recupero di un adeguato ruolo paterno neanche se sostenuto, peraltro con elementi di confusione di ruolo, dall’aiuto dei nonni. Avverso tale sentenza, il padre ha proposto ricorso per cassazione, deducendo difetto di motivazione in merito alla sussistenza dello stato di abbandono, con specifico riferimento alla valutazione dell’inidoneità del ricorrente e dei nonni di offrire la necessaria assistenza alla minore. Per la Suprema Corte il ricorso è infondato. Profilo di irresponsabilità emerso dagli incontri con gli operatori dei servizi sociali. Gli Ermellini hanno confermato che, nel caso in esame, la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitare alla bambina un più grave pregiudizio e assicurarle assistenza e stabilità. Nella specie, in sede di merito, era stato vagliato con estrema attenzione la sussistenza di uno stato di abbandono, anche con riferimento alla possibilità dei bisnonni di fornire un sostegno alla relazione paterna. L’organo di secondo grado era, così, pervenuto a un giudizio negativo, adottando una motivazione, per i giudici di legittimità, priva di vizi. Infatti, relativamente alla disponibilità del ricorrente ad assumere il ruolo di padre, la Corte d’Appello aveva riscontrato l’inattendibilità di tali deduzioni, sostenuta dall’aggressività dell’uomo verso le istituzione e dalla sua incapacità al lavoro. Invece, per quanto riguarda la sottovalutazione del ruolo dei bisnonni, Piazza Cavour ha nuovamente avallato il giudizio ben argomentato dei giudici territoriali, i quali avevano evidenziato non solo l’elemento dell’importante differenza d’età e di divario generazionale, ma anche il riscontro dell’incomprensione del ruolo per cui i bisnonni si erano proposti. Infine, come sottolineato dal S.C., la decisione impugnata aveva messo al centro anche la considerazione della profondità del distacco e del risentimento psicologico della bambina, i quali non possono non trovare origine nel grave deficit genitoriale descritto dalla Corte d’Appello. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 maggio - 25 settembre 2013, n. 21884 Presidente Salmé – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. A seguito di ricorso del Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni di Bologna veniva adottato decreto provvisorio che, dopo aver riscontrato una grave situazione di conflitto dei genitori e le difficili condizioni in cui era costretta a vivere la piccola D. , a causa dell'assenza di attività lavorativa dei genitori e della mancanza di un alloggio stabile, affidava D.V.D. , nata il omissis , al Comune di Bologna con collocazione in luogo protetto affinché fosse predisposto un supporto alla minore e ai genitori. Veniva quindi aperto con nuovo decreto provvisorio del Tribunale per i minorenni del 27 gennaio 2011 un procedimento volto ad accertare se sussistesse lo stato di abbandono della minore. Il Tribunale sospendeva la potestà genitoriale e convocava entrambi i genitori per l'udienza del 23 maggio 2011. Si presentava il solo D.V.M. che sottolineava il legame affettivo esistente con la figlia e manifestava la volontà di reperire una stabile occupazione lavorativa e una situazione abitativa non precaria per poter svolgere al meglio il proprio ruolo genitoriale. Alla successiva udienza il Tribunale procedeva all'audizione del bisnonno paterno di D. , D.V.F. , che dichiarava la disponibilità sua e della moglie V.R. ad accogliere la nipote presso la loro abitazione e ad assistere D.V.M. . 2. Il Tribunale per i minorenni di Bologna con sentenza n. 223/11 ha dichiarato lo stato di adottabilità della minore ritenendo insufficienti le prospettive di recupero del ruolo genitoriale rappresentate dal D.V. . 3. Hanno proposto appello D.V.M. insieme ai nonni D.V.P.F. e V.R. che hanno censurato la decisione del Tribunale per i minorenni ritenendo che essa non aveva preso adeguatamente in considerazione l'impegno del D.V. , manifestato dopo il primo decreto provvisorio dell'11 maggio 2010 e per tutto il corso del procedimento, e il legame esistente fra i bisnonni e la piccola D. . 4. L'appello è stato respinto dalla Corte territoriale bolognese rilevando che le generiche deduzioni dell'impugnazione non pongono in forse la minuziosissima analisi delle condizioni della minore con cui il Tribunale ha motivato la sua decisione. Per altro verso la Corte di appello ha descritto un quadro di irresponsabilità e inaffidabilità da cui il D.V. non è sostanzialmente uscito, neanche dopo l'adozione dei provvedimenti del Tribunale per i minorenni sin qui descritti, e che non consente di esprimere una prognosi positiva sulle capacità di recupero di un adeguato ruolo genitoriale neanche se sostenuto, peraltro con elementi di confusione di ruolo, dall'aiuto dei nonni del D.V. . 5. Ricorre per cassazione D.V.M. deducendo omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in merito alla sussistenza dello stato di abbandono della minore D.V.D. e con specifico riferimento alla valutazione dell'inidoneità del ricorrente e dei sigg.ri D.V.F. e V.R. ad offrire alla minore la necessaria assistenza morale e materiale. Ritenuto che 6. Il ricorso è infondato. Il diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite, nello stesso interesse del minore, se si accerta la ricorrenza di una situazione di abbandono che legittimi la dichiarazione di adottabilità qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico, cosicché la rescissione del legame familiare è l'unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità. 7. Nella specie il Tribunale per i minorenni e la Corte di appello hanno vagliato con estrema attenzione la sussistenza di uno stato di abbandono, anche con riferimento alla fase successiva all'apertura del procedimento e alla possibilità che i bisnonni della piccola D. forniscano un sostegno alla relazione genitoriale, ma sono pervenuti a un giudizio negativo adottando una motivazione che appare priva dei dedotti vizi di insufficienza e contraddittorietà. 8. Per quanto concerne il miglioramento delle condizioni di vita e la disponibilità del ricorrente ad assumere pienamente il ruolo genitoriale la Corte di appello, come si è detto, ha riscontrato l'inattendibilità di tali deduzioni facendo riferimento alle relazioni dei servizi sociali dalle quali emerge un profilo di irresponsabilità che si è manifestato nel violento conflitto con la madre di D. , nell'aggressività anche verso gli operatori istituzionali, nell'incapacità al lavoro e alla creazione di una situazione di vita stabile e compatibile con il ruolo genitoriale, nella inaffidabilità delle dichiarazioni rese dal D.V. nel corso del procedimento sulla propria situazione lavorativa. La decisione della Corte di appello mette peraltro al centro della sua decisione la considerazione della profondità del distacco, dell'incomunicabilità e del risentimento psicologico della bambina che emergono dalla descrizione degli incontri con gli operatori dei servizi sociali e che non possono non trovare la loro origine nel grave deficit genitoriale derivante dal quadro esistenziale e relazionale descritto dalla Corte di appello. 9. Per quanto riguarda la sottovalutazione del ruolo che potrebbe avere il sostegno dei bisnonni le censure espresse dal ricorrente devono ritenersi altrettanto infondate. La Corte di appello ha espresso infatti un giudizio ben argomentato nel quale si mette in evidenza non solo l'elemento dell'importante differenza di età e di divario generazionale ma anche il riscontro di una motivazione non adeguata e dell'incomprensione del ruolo per cui ci si è proposti da parte dei sigg.ri D.V.P.F. e V.R. . 10. Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.