Non richiede tempestivamente l’annotazione dell’atto di costituzione: notaio responsabile

La costituzione del fondo patrimoniale è opponibile ai terzi solo in quanto sia stata annotata a margine dell'atto di matrimonio, in quanto la trascrizione imposta per gli immobili dall'art. 2647 c.c. risponde ad una funzione di pubblicità-notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti del vincolo di indisponibilità. Incorrono pertanto in responsabilità a diverso titolo, il notaio rogante ex art. 1218 c.c., l’Ufficiale di Stato Civile ex art. 2043 c.c., ed il Comune ex art. 2049 c.c., che non abbiano reso tempestivamente opponibile la costituzione del fondo patrimoniale esponendo i beni in esso confluiti alle manovre creditorie di terzi.

La Cassazione, con la sentenza n. 21725 del 23 settembre 2013, affronta il tema del fondo patrimoniale e degli adempimenti connessi per la sua conoscibilità da parte dei terzi. Come noto, ai sensi dell’art. 167 e ss. c.c., i coniugi, separatamente o congiuntamente, ovvero un terzo possono costituire anche nel corso del matrimonio un patrimonio vincolato e destinato immobili, mobili registrati o titoli di credito , a far fronte ai bisogni della famiglia. Il vincolo impresso sul patrimonio comporta che i beni del fondo ed i suoi frutti non possono essere oggetto di esecuzione forzata per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei alla famiglia art. 170 c.c. . Rimedio concesso ai creditori, trattandosi di un atto di liberalità, è l’esperimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. contro l’atto costitutivo, sempre che tale costituzione sia opponibile ai terzi e risulti annotata a margine dell’atto di matrimonio art. 162, comma 4, c.c. . Il fatto. Il 10 novembre 1989 due coniugi costituivano per atto notarile un fondo patrimoniale nel quale venivano fatti confluire tutti i loro beni immobili. L’istituto bancario, in data 8 febbraio 1990, aveva proceduto ad iscrivere ipoteca giudiziale sui beni di proprietà di uno dei coniugi e facenti parte del fondo patrimoniale. La procedura esecutiva aveva avuto luogo perché l’annotazione della costituzione del fondo patrimoniale era stata effettuata solo in data 10 settembre 1990. I coniugi lamentavano che questo grave ritardo, che aveva esposto il patrimonio destinato ai bisogni della famiglia alle manovre di terzi, era imputabile all’Ufficiale di Stato Civile del Comune, al Civico Ente per non aver attentamente vigilato sui suoi dipendenti ed al notaio rogante. Ne scaturiva un contenzioso giudiziale, conclusosi in primo grado con la condanna di quest’ultimi, in solido tra loro, al risarcimento in via equitativa della somma di Euro 18.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi. Nella parte motiva il Tribunale evidenziava che il notaio aveva provveduto con ritardo oltre i trenta giorni a richiedere l’annotazione violando l’art. 34 disp.att. c.c., incorrendo così in colpa professionale. All’Ufficiale di Stato civile veniva invece rimproverato di aver ritardato lo svolgimento delle proprie funzioni, così impedendo ai coniugi di opporre alla banca la tempestiva costituzione del fondo patrimoniale. Dal par suo anche il Comune era incorso in responsabilità in forza dell’art. 2049 c.c A nulla incideva l’astratta revocabilità dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, giacché una tale azione si poneva in un ambito di mera eventualità. Avverso tale decisione proponevano appello i coniugi rimasti insoddisfatti della liquidazione dei danni effettuata in loro favore dal Tribunale. Lamentavano la vendita di un bene immobile ad un valore di mercato esiguo per far fronte alla cancellazione della trascrizione pregiudizievole che, invece, una tempestiva annotazione del fondo patrimoniale avrebbe evitato. Lamentavano altresì un danno alla salute ad uno di essi manifestatosi in una gravissima forma depressiva a causa delle vicende oggetto di causa. La Corte d’Appello dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria e, in accoglimento degli appelli incidentali, riformava in toto la sentenza impugnata. I giudici di seconde cure, infatti, sostenevano che alcun rimprovero poteva essere mosso al notaio in quanto la sua omissione non avrebbe avuto effettiva efficienza causale in ordine ai danni lamentati dai due coniugi. Quanto all’Ufficiale di Stato Civile, questo, non era incorso in alcuna responsabilità ritenendo di dover provvedere all’annotazione solo su ordine dell’Autorità Giudiziaria essendo l’atto in questione illegittimo e non meritevole di tutela da parte dell’ordinamento. Avverso tale decisione viene spiegato ricorso per cassazione da parte dei due coniugi. Notaio responsabile. La Suprema Corte ritiene il ricorso meritevole di accoglimento. Il notaio rogante è incorso in responsabilità contrattuale nel momento in cui ha richiesta l’annotazione dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale oltre ai termini previsti dall’art. 34 disp. att. civ Tale ritardo, infatti, non è dipeso da causa a lui non imputabile. Il Comune, invece, deve rispondere ai sensi dell’art. 2049 c.c. e non già sulla base dei principi desumibili dall’art. 28 Cost Gli ermellini ribadiscono che la P.A. è chiamata a rispondere dell’illecito dei propri dipendenti tutte le volte in cui dalla loro condotta scaturisca un danno ingiusto per il cittadino che ad essa si sia rivolto. Ed allora la decisione della Corte d’Appello risulta contraddittoria nello stesso momento in cui la condotta dei convenuti sia stata posta in essere, sostanzialmente, in violazione degli artt. 1218 c.c. il notaio , art. 2043 l’Ufficiale di Stato civile e 2049 c.c. e 28 Cost. c.c. il Comune , ma poi sia stata considerata carente in punto di nesso di causalità A nessun ristoro del danno biologico hanno però diritto i ricorrenti. La Corte d’Appello infatti aveva respinto la pretesa ritenendola una domanda nuova. Gli ermellini chiariscono che la patologia si era manifestata solo a partire dal 2002, quando era in corso il giudizio di primo grado, senza che la relativa domanda fosse stata specificata all’udienza di precisazione delle conclusioni. Corretta dunque era stata la decisione della Corte di merito sotto tale profilo. Concludendo. La vicenda consente di esprime due brevi considerazioni. La costituzione del fondo patrimoniale determina doppi oneri pubblicitari, sia in capo ai costituenti - che saranno tenuti all’annotazione nei registri dello stato civile funzione dichiarativa ed alla trascrizione funzione di pubblicità notizia -, sia in capo ai terzi creditori, che dovranno consultare sia i registri immobiliari, che quelli dello stato civile. Costituisce insegnamento delle SS.UU. sent. n. 21658/2009 che il terzo interessato deve, non solo consultare i registri immobiliari al fine di verificare la situazione relativa ad un determinato bene immobile, ma anche verificare se il titolare è coniugato e, in caso positivo, controllare se a margine dell'atto di matrimonio sia stata annotata una convenzione derogatoria la necessità di effettuare ricerche sia presso i registri immobiliari, sia presso i registri dello stato civile questi ultimi meno accessibili e sia pur meno affidabili, infatti, costituisce un onere che, sebbene fastidioso, non può dirsi eccessivamente gravoso . La valutazione del comportamento del notaio va operata nei confronti delle parti sulle norme che disciplinano i rapporti di prestazione d’opera intellettuale, mentre rispetto ai terzi su quelle che regolano il danno ingiusto ex art. 2043 c.c Nei confronti dei clienti, la responsabilità civile del notaio è inquadrabile nella tipica responsabilità contrattuale pur essendo tenuto ad una prestazione di mezzi, e non di risultato, deve tuttavia predisporre i mezzi di cui dispone in vista del risultato voluto dalle parti, con la diligenza media di un professionista sufficientemente preparato e avveduto Cass. n. 3520/1979 . Il notaio è tenuto ad espletare il suo incarico con la diligenza media di un professionista sufficientemente preparato ed avveduto. Dunque il notaio che non richiede tempestivamente l’annotazione dell’atto rogato, si rende responsabile verso il proprio cliente per non avergli fatto conseguire il risultato voluto con la stipula dell’atto pubblico. Verso i terzi, invece, il notaio può essere responsabile a titolo extracontrattuale si tratta di tutti quei terzi soggetti interessati all’esecuzione delle formalità e che trovano nel negligente comportamento del professionista una causa di danno. Del resto la Cassazione ha già da tempo precisato sent. n. 1148/1979 che sul notaio grava il preciso obbligo di condurre a termine le operazioni cominciate, sia nel rispetto ed a tutela degli interessi del cliente, sia nei confronti del fisco, sia nei confronti di terzi in omaggio alla tutela dell’affidamento e della sicurezza del movimento degli affari in campo giuridico e questa peculiare situazione supera e rende inapplicabile il principio generale inadimplenti non est adimplendum e, del resto, non potrebbe l’inadempienza di un cliente svincolare il notaio dagli obblighi che egli ha nei confronti di altre parti .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 giugno - 23 settembre 2013, n. 21725 Presidente Petti – Relatore Scrima Svolgimento del processo Con atto notificato nel mese di settembre del 1994 B.A. e Br.Lu. esponevano di aver costituito per atto per notaio L A. del 10 novembre 1989 un fondo patrimoniale nel quale erano confluiti tutti i loro beni immobili e che la Cassa di Risparmio di Macerata aveva proceduto in data 8 febbraio 1990 ad iscrivere ipoteca giudiziale sui beni di proprietà del B. , facenti parte del fondo patrimoniale, provvedendo in data 2 giugno 1993 a notificare un atto di precetto sostenevano di aver successivamente accertato che l'annotazione della costituzione del fondo patrimoniale a margine dell'atto di matrimonio era stata effettuata in data 10 settembre 1990 e che tale ritardo, che aveva esposto il patrimonio finalizzato alle necessità della famiglia a manovre di terzi, era ascrivibile all'Ufficiale dello Stato civile del Comune di San Benedetto del Tronto, al detto Comune, che avrebbe dovuto vigilare sull'operato dei suoi dipendenti, ed al notaio, che aveva l'obbligo di accertare l'effettuazione dell'annotazione. Tanto premesso i coniugi B. - Br. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Ascoli Piceno, M.G. , il Comune di San Benedetto del Tronto ed il notaio A.L. , chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, da quantificare in corso di causa, asseritamente subiti a causa delle condotte dei convenuti. Si costituiva il predetto Comune che sosteneva di aver tempestivamente provveduto agli incombenti di sua competenza, avendo l'Ufficio dello Stato Civile proposto alla Procura della Repubblica il testo dell'annotazione ed avendo dovuto poi attendere il rinvio del testo approvato assumeva, inoltre, che l'iscrizione ipotecaria cui aveva provveduto la Cassa di Risparmio di Macerata non era riconducibile all'operato dell'Ente e chiedeva il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti. Si costituiva anche la M. , negando ogni sua responsabilità e deducendo che, allorché aveva ricevuto la richiesta di annotazione da parte del notaio, l'aveva sottoposta all'esame del suo superiore gerarchico, R.F. , il quale si era espresso in senso negativo in relazione alla stessa asseriva che la costituzione del fondo patrimoniale era diretta ad eludere le legittime pretese della Banca creditrice e che tale atto, pur se tempestivamente annotato, sarebbe stato suscettibile di revocatoria ordinaria concludeva chiedendo la declaratoria del suo difetto di legittimazione passiva e il rigetto della domanda in subordine, instava per la chiamata in garanzia del R. . Nel costituirsi il notaio A.L. sosteneva di aver tempestivamente inviato l'istanza di annotazione, restituitagli dal Comune dopo tre mesi sul rilievo che tale annotazione non poteva essere eseguita, sicché con nota del 27 marzo 1990 aveva chiarito al predetto ente quali erano le disposizioni legislative applicabili deduceva la revocabilità dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale, con conseguente insussistenza dei lamentati danni e concludeva per il rigetto della domanda. Si costituiva anche R.F. , di cui era stata autorizzata la chiamata in causa, il quale rappresentava che la M. , in ragione del suo inquadramento professionale si occupava anche delle annotazioni e che, pur avendogli richiesto un parere, si era determinata autonomamente chiedeva, quindi, il rigetto di ogni domanda avanzata nei suoi confronti. Il Tribunale adito, con sentenza del 24 febbraio 2005, condannava la M. , il Comune di San Benedetto del Tronto e l'A. , in solido tra loro, al risarcimento, in favore degli attori, dei danni liquidati in Euro 18.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, rigettava la domanda di garanzia proposta dalla M. nei confronti del R. e regolava tra le parti le spese di giudizio. In particolare il Tribunale evidenziava che 1 il notaio aveva provveduto a richiedere l'annotazione con raccomandata del 28 dicembre 1989, oltre il termine di cui all'art. 34 disp. att. c.c., sicché era ravvisabile una sua colpa professionale 2 la responsabilità della M. si radicava nella circostanza di aver ritardato lo svolgimento delle proprie funzioni, così causando un danno consistente nell'impossibilità di opporre alla predetta Cassa di Risparmio di Macerata gli effetti della costituzione del fondo patrimoniale 3 la responsabilità del Comune convenuto derivava dall'applicazione dell'art. 2049 c.c. 4 avendo la M. piena autonomia funzionale, era infondata la sua pretesa di essere garantita dal R. 5 il danno sussisteva, nonostante l'astratta revocabilità dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale, stante l'eventualità di una tale azione e l'impossibilità per gli attori di gestire il loro patrimonio anche nelle more di una eventuale causa di revocatoria ordinaria 6 doveva tenersi conto delle spese di iscrizione ipotecaria e di esecuzione, che gli attori avrebbero potuto risparmiare, e del danno morale 7 la liquidazione dei danni andava effettuata equitativamente. Avverso tale decisione proponevano appello i coniugi B. Br. , censurando la liquidazione dei danni effettuata dal primo Giudice sul rilievo che risultava per tabulas che il B. aveva venduto il 24 ottobre 1995 il bene immobile su cui era stata iscritta l'ipoteca - che la costituzione del fondo patrimoniale avrebbe permesso di evitare - per il prezzo di L. 160.000.000 a fronte di un valore stimato di L. 375.000.000 e che tale alienazione era stata effettuata al solo scopo di ottenere la cancellazione della trascrizione pregiudizievole, ed infatti subito dopo la vendita essi avevano ottenuto l'estinzione della procedura esecutiva. Deducevano, inoltre, gli appellanti che il B. aveva sofferto, a partire dal 2002, a causa delle vicende oggetto di causa, di una gravissima forma depressiva e chiedevano la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni da loro subiti, che quantificavano in Euro 100.000,00, con interessi e rivalutazione, nonché in Euro 50.000,00 per danni all'integrità psico-fisica patiti dal B. . Si costituiva la M. che resisteva al gravame proposto e proponeva, a sua volta, appello incidentale, deducendo che il parere espresso dal suo superiore gerarchico, nel senso della non annotabilità della costituzione del fondo patrimoniale, escludeva ogni sua colpa, che, comunque, l'atto in questione era illegittimo, non meritevole di tutela da parte dell'ordinamento e che, stante la sua revocabilità, non avrebbe potuto sortire l'effetto sperato dai debitori deduceva, altresì, che il primo Giudice aveva errato nel riconoscere a favore degli attori il danno morale, da liquidarsi solo nel caso in cui l'illecito civile integrasse, anche astrattamente, un'ipotesi di reato chiedeva il rigetto dell'appello principale e, in accoglimento di quello incidentale, il rigetto di ogni domanda proposta nei suoi confronti. Si costituiva anche il Comune di San Benedetto del Tronto impugnando la sentenza di primo grado sul rilievo dell'insussistenza dei presupposti della condanna risarcitoria a carico della PA assumeva che il Tribunale aveva errato nel liquidare una somma del tutto sproporzionata rispetto al danno effettivo, che la sentenza era errata anche nella parte in cui riconosceva la rivalutazione monetaria dalla pronuncia al saldo e nella parte in cui aveva liquidato la somma di Euro 18.000,00 anche con riferimento alle spese di esecuzione e al danno morale contestava la fondatezza dell'appello principale, eccependo la novità di alcune domande concludeva per il rigetto del gravame e, in via riconvenzionale, instava per il rigetto di ogni domanda proposta nei suoi confronti e, in subordine, per la limitazione del danno alle sole spese di iscrizione ipotecaria, in ulteriore subordine per l'esclusione della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno e, in via ancor più gradata, per la compensazione delle spese del primo grado. Si costituiva pure A.L. eccependo l'inammissibilità ex art. 345 c.p.c. della domanda per il risarcimento dei danni relativi ad una presunta patologia depressiva, stante la sua novità, e sosteneva che il Tribunale aveva errato nel ritenere che la tardiva presentazione dell'istanza di annotazione della costituzione del fondo patrimoniale avesse contribuito a causare il danno, essendo stati gli atti pregiudizievoli nei confronti degli attori posti in essere quaranta giorni dopo la richiesta di trascrizione deduceva, altresì, l'infondatezza della richiesta di risarcimento del danno morale, intendendo i coniugi B. Br. , con la costituzione del fondo patrimoniale, sottrarre i beni alle pretese dei creditori, i quali avrebbero potuto agire in revocatoria trascrivendo la relativa domanda concludeva per il rigetto dell'appello principale e per l'accoglimento di quello incidentale volto alla riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui condannava l'A. al pagamento, in favore degli attori, della somma di Euro 18.000,00, con conseguente condanna di questi ultimi alla restituzione di quanto loro versato dalla sua compagnia assicuratrice in esecuzione dell'impugnata decisione. La Corte di appello di Ancona, con sentenza dell'11 novembre 2006, dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento dei danni formulata nell'atto di appello, rigettava nel resto il gravame principale e, accogliendo gli appelli incidentali e in totale riforma dell'impugnata sentenza, rigettava ogni domanda proposta dai predetti coniugi. Avverso la sentenza della Corte di merito B.A. e Br.Lu. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi. Hanno resistito con distinti controricorsi A.L. , M.G. e il Comune di San Benedetto del Tronto. I ricorrenti e la M. hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all'art. 366 bis c.p.c. - inserito nel codice di rito dall'art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. d della legge 18 giugno 2009, n. 69 - in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata 11 novembre 2006 . 2. Va disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione dell'art. 366 bis c.p.c. sollevata dal Comune di San Benedetto del Tronto, essendo i motivi primo, secondo, terzo e quarto assistiti da idonei quesiti di diritto ed avendo i ricorrenti formulato in relazione ai motivi quinto e sesto idonei c.d. quesiti di fatto, ancorché impropriamente definiti dai ricorrenti stessi quesiti di diritto . 3. Con il primo motivo, denunciando la violazione degli artt. 1710, 1716 e 1128 c.c., i ricorrenti lamentano che la Corte di merito, pur avendo ritenuto sussistente la violazione dell'art. 34 bis disp. att. c.c. da parte del notaio A.L. , ha tuttavia affermato che tale omissione non avrebbe avuto effettiva efficienza causale in ordine ai danni da essi lamentati. 4. Con il secondo motivo, lamentando la violazione dell'art. 2043 c.c., i ricorrenti censurano la sentenza impugnata in quanto la Corte di appello pur avendo espressamente riconosciuto l'erroneità della condotta dell'Ufficiale di Stato Civile, M.G. , che non aveva provveduto all'annotazione ritenendo erroneamente di dover provvedere alla stessa solo su ordine dell'A.G., aveva negato il diritto al risarcimento del danno. 5. Con il terzo motivo i ricorrenti, lamentando violazione dell'art. 345 c.p.c., censurano la sentenza impugnata per aver la Corte di merito ritenuto domanda nuova e, quindi, inammissibile quella volta ad ottenere il risarcimento del danno biologico sostengono i coniugi B. Br. che in primo grado avevano chiesto l' integrale risarcimento di tutti i danni subiti dalle inadempienze denunciate e che nel caso all'esame le condizioni di salute del sig. Br. erano peggiorate in una grave forma depressiva e pertanto in grado di appello era stato chiesto il risarcimento di tale voce di danno sopravvenuta . 6. Con il quarto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 2049 c.c., i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il Comune di San Benedetto del Tronto sarebbe tenuto a rispondere per l'illecito commesso dalla sua dipendente, M.G. , in base ai principi desumibili dall'art. 28 Cost. e non ai sensi dell'art. 2049 c.c 7. Con il quinto motivo i ricorrenti censurano la sentenza di secondo grado per omessa e insufficiente motivazione nella parte in cui non esamina la richiesta di risarcimento dei danni formulata nei confronti del Comune di San Benedetto del Tronto, limitandosi al riguardo ad affermare che il predetto ente sarebbe chiamato a rispondere sulla base dei principi desumibili dall'art. 28 Cost. , senza esplicitare lo sviluppo logico che ha posto alla base della decisione e senza dar conto delle motivazioni in base alla quali il predetto Comune non è stato ritenuto responsabile del fatto illecito posto in essere dalla propria dipendente. 8. Con il sesto motivo i ricorrenti lamentano contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui rigetta l'appello principale pur avendo la Corte di merito ritenuto illegittima la condotta della M. , del notaio A. e del Comune di San Benedetto del Tronto. 9. I motivi primo, secondo, quarto, quinto e sesto - che, essendo strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente - sono fondati. 9.1. Ed invero sussistono nel caso all'esame le dedotte violazioni di legge e i lamentati vizi motivazionali della sentenza impugnata. La Corte di merito ha, infatti, accertato che il notaio rogante ha chiesto l'annotazione senza rispettare il termine di trenta giorni previsto dall'art. 34 disp. att. c.c., in tal modo sostanzialmente incorrendo nella responsabilità ex art. 1218 c.c., che si configura anche in caso di tardività dell'adempimento, precisandosi che nel caso di specie non risulta provato che il ritardo sia stato determinato da causa non imputabile al notaio. La Corte di appello di Ancona ha altresì accertato che la M. , pur avendo il notaio, con missiva ricevuta dal Comune in data 28 marzo 1990, riscontrato la nota del 21 marzo 1990 con cui l'Ufficio dello Stato Civile gli aveva comunicato di non aver provveduto all'annotazione in parola sull'erroneo presupposto di poter procedere a tanto solo su ordine dell'autorità giudiziaria, ha provveduto a detta annotazione solo nel settembre 1990, successivamente all'iscrizione dell'ipoteca da parte dell'istituto bancario. Al riguardo va peraltro precisato che non può condividersi la sentenza impugnata nella parte in cui v. p. 23 afferma che degli eventuali danni cagionati dalla condotta della M. il Comune di San Benedetto del Tronto sarebbe chiamato a rispondere sulla base dei principi desumibili dal[l]'art. 28 della Costituzione senza far alcun riferimento al riguardo, motivazione, anche all'art. 2049 c.c., ritenuto applicabile, invece, dal Tribunale, come evidenziato nella stessa sentenza impugnata in questa sede v. p. 8 . Ed invero, va ribadito il principio già affermato da questa Corte, secondo cui la P.A. risponde del fatto illecito dei propri dipendenti tutte le volte che tra la condotta causativa del danno e le funzioni esercitate dal dipendente esista un nesso di occasionalità necessaria, e quest'ultimo sussiste tutte le volte che il pubblico dipendente non abbia agito come semplice privato per fini esclusivamente personali e del tutto estranei all'Amministrazione, ma abbia tenuto una condotta anche solo indirettamente ricollegabile alle attribuzioni proprie dell'agente Cass. 29 dicembre 2011, n. 29727 . Nonostante abbia valutato come sopra riportato la condotta dei convenuti A. e M. , posta in essere, sostanzialmente, in violazione degli artt. 1218 del notaio , 2043 della M. e 2049 c.c. e 28 Cost. del Comune , la Corte di merito con motivazione insufficiente e contraddittoria, oltre che giuridicamente errata e fondata, peraltro, su mere ipotesi e congetture la sollecita richiesta di annotazione del notaio non avrebbe consentito l'annotazione prima dell'iscrizione ipotecaria l'intento elusivo perseguito dai coniugi B. Br. e l'eventuale esperimento dell'azione pauliana , ha ritenuto insussistente nella specie il nesso causale tra la ritardata annotazione dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale in parola e i lamentati danni e ne ha, quindi, escluso il risarcimento. 10. Con il terzo motivo, assistito da idoneo quesito, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell'art. 345 c.p.c. nella parte in cui ha ritenuto la domanda di risarcimento del danno biologico quale domanda nuova. 10.1. Il motivo é infondato sul rilievo che gli stessi coniugi B. Br. - come pure evidenziato nella sentenza impugnata dai giudici di secondo grado, senza che sul punto specifico i predetti abbiano mosso rilievi - nella stessa esposizione contenuta nell'atto di appello v. anche ricorso p. 4 hanno rappresentato che il B. avrebbe iniziato a soffrire della sindrome depressiva a partire dall'anno 2002, quando era in corso ancora il giudizio di primo grado, nel quale le conclusioni furono precisate all'udienza del 13 ottobre 2003, senza che fosse formulata alcuna specifica richiesta dei relativi danni già, quindi, manifestatesi nel corso di quel grado ne consegue che é corretta la decisione della Corte di merito al riguardo. 11. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto per quanto di ragione. La sentenza va quindi cassata in relazione alle censure accolte. La sentenza è rinviata alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione.