Il figlio deve fornire alloggio, ma il padre si era riservato l’uso dell’abitazione: è una precauzione

Tale riserva aveva la funzione di scongiurare l’eventualità che, una volta trasferita la proprietà al figlio, quest’ultimo non adempiesse alla connessa obbligazione di fornire l’alloggio promesso.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 21399/13, depositata il 18 settembre scorso. Il caso. Padre, figlio e moglie di quest’ultimo concludono un contratto definito vitalizio, in forza del quale il genitore aveva ceduto ai 2 tutto il patrimonio immobiliare, costituito dalla piena proprietà di un fondo rustico con fabbricati rurali e la quota di un mezzo di altro fondo con annesso fabbricato. Tale cessione era avvenuta con riserva in favore dei cedenti del diritto reale di abitazione avente ad oggetto il fabbricato ove abitava lo stesso e che il corrispettivo era costituito dall’obbligo del cessionario di somministrare al cedente vitto, alloggio, vestiario, cure e spese sanitarie. Una volta venuto a mancare il padre cedente , a 2 anni dalla stipula del contratto, gli eredi danno vita però ad un processo giudiziario che arriva sino in Cassazione. Contratto nullo per mancanza di causa? Secondo i ricorrenti, i giudici di merito avevano omesso di accertare la nullità del contratto per mancanza di causa, e non avevano rilevato che nello specifico negozio atipico di mantenimento la prestazione attinente l’alloggio avrebbe configurato requisito specifico e determinante ai fini del sinallagma, per cui l’inesistenza della stessa avrebbe implicato la nullità dell’intero negozio per difetto di causa, anche tenuto conto dell’entità economica del patrimonio immobiliare trasferito . Trasferimento della proprietà ma con obbligo di ospitare i propri genitori. Non è dello stesso avviso la Corte di Cassazione. Infatti, come affermato dalla Corte territoriale, il mantenimento della disponibilità della casa familiare era compatibile con il contemporaneo trasferimento della proprietà della stessa e con l’assunzione dell’obbligo, da parte del vitaliziante, di ospitare i propri genitori, così che non può dirsi operata una scorretta delimitazione dell’ambito applicativo delle norme che si assumono violate né una errata riconduzione della fattispecie concreta a quella portata dalla norma . Una riserva per tutelarsi. Risolvibile, infine, a parere della S.C., l’apparente aporia della coesistenza dell’obbligazione di fornire alloggio su una abitazione di cui già per altro verso il cedente si era riservato l’uso, in quanto tale riserva aveva la funzione di scongiurare l’eventualità che, una volta trasferita la proprietà, l’onerato non adempiesse alla connessa obbligazione di fornire l’alloggio promesso .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 luglio – 18 settembre 2013, n. 21399 Presidente Piccialli – Relatore Bianchini Svolgimento del processo 1 M.G. e D. Me.Pa. , An. e Fa. , eredi di A.S M. gli ultimi tre in rappresentazione della premorta madre m.a. con atto di citazione del 17 settembre 1990 evocarono innanzi al Tribunale di Verona A M. ed E D.B. , nonché M.D. moglie di A.S M. deducendo che il 2 maggio 1988 A.S M. aveva concluso con il figlio A. e la di lui moglie E D.B. un contratto definito vitalizio p.p.c, in forza del quale lo stesso aveva ceduto ai predetti tutto il suo patrimonio immobiliare, costituito dalla piena proprietà di un fondo rustico con fabbricati rurali in Cerea e la quota di un mezzo di altro fondo con annesso fabbricato sito nel medesimo Comune che tale cessione era avvenuta con riserva in favore dei cedenti del diritto reale di abitazione avente ad oggetto il fabbricato ove lo stesso abitava e che il corrispettivo pattuito era costituito dall'obbligo del cessionario di somministrare al cedente ed alla di lui moglie vitto, alloggio, vestiario, cure e spese sanitarie e quant'altro necessario per il loro mantenimento ed assistenza che dopo due anni dalla stipula, il 16 maggio 1990, M.A.S. era deceduto. Poste tali premesse, gli attori fecero valere la nullità del contratto, assumendo l'inesistenza della causa per l'impossibilità giuridica della prestazione relativa all'alloggio in quanto il vitaliziato si era riservato il diritto di abitare l'immobile ceduto, rendendo così impossibile per i vitalizianti di adempiere alla obbligazione di assicurare il godimento dello stesso, impedendo altresì che si formasse un rapporto di scambio tra le prestazioni assunte dal cessionario e quelle del cedente. In subordine dedussero la simulazione assoluta del contratto in quanto i coniugi M. , già prima del negozio attributivo, abitavano nella casa poi trasferita in proprietà ed erano autosufficienti dal punto di vista economico in via di ulteriore subordine fecero valere la simulazione relativa del contratto, assumendo che il negozio effettivamente voluto sarebbe stata una donazione, deducendo ciò anche dalla, altrimenti superflua, presenza di due testimoni al momento della stipula del rogito. Conclusero pertanto affinché, dichiarata la nullità del contratto, venisse ricostruito il patrimonio ereditario del defunto mediante la riduzione della donazione così accertata e, per l'effetto, venisse disposta la divisione del compendio seguendo le norme della successione legittima in caso di accertata nullità o simulazione assoluta del contratto tenendo salvi i diritti dei legittimali in caso di verificata causa liberale del negozio -, con la conseguente condanna dei beneficiari al rilascio della quota dei beni di accertanda spettanza degli attori, previa prestazione di rendiconto e pagamento delle eventuali somme risultanti a credito. 2 A M. e la D.B. si costituirono, contestando gli assunti avversari con il sostenere di aver stipulato un contratto atipico di mantenimento ed assistenziale in cui il contenuto degli obblighi dai medesimi assunti andava al di là della sola messa a disposizione dell'abitazione, con ciò facendo salva l'esistenza di una causa commutativa negarono altresì la sussistenza di un intento simulatorio. 3 Interrotto il processo per morte della convenuta M.D. , nella causa di seguito riassunta venne espletata prova per testi, all'esito della quale il Tribunale emise sentenza n. 170/2003 con cui respinse tutte le domande. 4 Proposta impugnazione da parte di M.G. e D. nonché di Me.Pa. , An. e Fa. , la Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 1217/2006, respinse detto gravame osservando che sarebbe sussistito un interesse apprezzabile delle parti alla conclusione del contratto, ravvisabile, quanto all'alloggio, nella funzione di garanzia che la mantenuta disponibilità del medesimo da parte del vitaliziando assumeva rispetto alle altre prestazioni più propriamente assistenziali e, più in generale, nello scopo di passare gli ultimi anni della propria esistenza con la famiglia del figlio, da sempre coabitante con il nucleo famigliare di origine ed esercente l'attività di coltivatore del fondo che del pari non sarebbe stata revocabile in dubbio l'esistenza dell'alea tipica sia del contratto di vitalizio oneroso sia del contratto atipico di mantenimento, pur rilevandosene il differente oggetto che, nel primo negozio, era rappresentato dalla mera sopravvivenza del vitaliziando per un periodo più o meno lungo mentre nel secondo, si appuntava anche sulla onerosità delle prestazioni assistenziali preventivamente assunte dagli onerati, in relazione nella fattispecie allo stato di salute ingravescente di entrambi i coniugi M. che non potevano trarsi argomenti decisivi in merito alla presenza di un accordo simulatorio tra padre e figlio dalla contiguità temporale tra la stipula del contratto di mantenimento ed una riunione familiare in cui si era invano discusso della ripartizione del patrimonio paterno tra i figli, anche tenuto conto del fatto che le prestazioni assistenziali erano state poi effettivamente assunte e soddisfatte da parte dell'onerato. 5 Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso M.G. sulla base di cinque motivi, illustrati da successiva memoria A M. ed E D.B. hanno risposto con controricorso con ordinanza interlocutoria del 6 dicembre 2012 è stata ordinata l'integrazione del contraddittorio con M.D. Fa Me. Pa Me. Me.An. dette parti intimate non hanno svolto difese all'udienza del 17 luglio 2013 il procuratore delle parti contro ricorrenti ha depositato osservazioni scritte in relazione alla richiesta, avanzata da controparte, di rimessione della causa all'esame delle Sezioni Unite di questa Corte, laddove si fosse ritenuto di applicare al vizio di cui all'art. 360, I comma, n. 5 cpc l'obbligo di articolare il c.d. momento di sintesi, stabilito, in sede di interpretazione, nella formulazione del principio di diritto ex art. 366 bis cpc. Motivi della decisione I Con il primo motivo la parte ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione degli artt. 1022, 1469 1418, comma li, cod. civ. assumendo che la Corte del merito avrebbe omesso di accertare la nullità del contratto per mancanza di causa, nonché la violazione delle norme disciplinanti l'interpretazione del contratto artt. 1362 e segg. cod. civ. per non aver rilevato che nello specifico negozio atipico di mantenimento la prestazione attinente l'alloggio avrebbe configurato requisito specifico e determinante ai fini del sinallagma, per cui l'inesistenza della stessa avrebbe implicato la nullità dell'intero negozio per difetto di causa, anche tenuto conto dell'entità economica del patrimonio immobiliare trasferito. I.a Il motivo non è fondato in quanto la Corte territoriale ha dato esauriente spiegazione della ragione per la quale il mantenimento della disponibilità della magione familiare fosse compatibile con il contemporaneo trasferimento della proprietà della casa e con l'assunzione dell'obbligo, da parte del vitaliziante, di ospitare i propri genitori, così che non può dirsi operata una scorretta delimitazione dell'ambito applicativo delle norme che si assumono violate né una errata riconduzione della fattispecie concreta a quella portata dalla norma in particolare ben sussumibile nella causa concreta del contratto di mantenimento e quindi rispettosa della sua delimitazione normativa appare la sottolineata finalità complessiva dell'accordo in esame, rappresentata dalla sicurezza di poter vivere gli ultimi anni della propria esistenza nella casa avita ed accudito dal figlio che più era stato vicino del pari logicamente risolvibile è l'apparente aporia della coesistenza dell'obbligazione di fornire alloggio su una abitazione di cui già per altro verso il cedente si era riservato l'uso, posta la funzione di garanzia che tale riserva costituiva rispetto l'adempimento delle altre obbligazioni imposte alle controparti, al fine cioè di scongiurare l'eventualità che, una volta trasferita la proprietà, l'onerato non adempiesse alla connessa obbligazione di fornire l'alloggio promesso. I.b Anche il quesito di diritto Dica l'adita Corte se sia esistente la causa di un contratto di mantenimento che preveda, a carico del vitaliziante, l'esecuzione di una prestazione di allodio quale parte di corrispettivo del trasferimento di un bene immobile da eseguirsi a favore del vitaliziato il quale si sia riservato il diritto reale di abitazione sua aita natural durante, come erroneamente ritenuto dalla Corte di Appello o se tale prestazione, così come convenuta e letteralmente interpretata, esclusa o pretermetta la causa del contratto, determinandone la nullità appare eccentrico rispetto al caput controversum e quindi difetta di specificità rispetto alla fattispecie per la cui regolazione è diretto a far formulare la regula juris , in quanto risolve la problematica solo nella prospettiva dell'esecuzione della prestazione di alloggio, pretermettendo la pluralità di obbligazioni assunte con il contratto e la ulteriore e non affrontata nel quesito problematica della eventuale incidenza della assunta nullità di quella sola prestazione rispetto all'economia dell'intero contratto. II Con il secondo motivo viene denunziata l'insufficienza e la contraddittorietà della motivazione in ordine all'accertamento della sussistenza dell'alea contrattuale, ritenendo non individuati in sentenza gli elementi di fatto ed i relativi riscontri istruttori che avrebbero consentito di affermare la sussistenza nella fattispecie dell'alea censura in particolare parte ricorrente che non sia stata adeguatamente valutata la c.d. equivalenza del rischio, consistente nella calibrata delibazione tra la prospettiva dell'evento morte e dell'aggravamento delle condizioni fisiche dei beneficiati, e l'onere economico imposto al vitaliziante viene altresì censurato l'assunto, da cui parte il ragionamento della Corte del merito, sottolineante la differenza ira l'alea del contratto di vitalizio oneroso ricollegabile solo all'evento morte e quella relativa ai contratto atipico di mantenimento, sostenendo in contrario l'ontologica assimilazione delle due fattispecie ci si duole infine del fatto che, se le emergenze istruttorie fossero state adeguatamente valutate, si sarebbe giunti all'inevitabile conclusiore che, stanti le degradate condizioni fisiche dei due beneficiati, si sarebbe potuta formulare, con valutazione ex ante, una ragionevole prognosi circa la minima durata ed entità dell'onere di mantenimento dei predetti, facendo così escludere l'esistenza di un equilibrato sinallagma tra le due prestazioni contrapposte, considerata l'entità del trasferimento immobiliare che ne avrebbe costituito il corrispettivo. II.a Anche questo motivo non è fondato. II.a.1 Va innanzi tutto escluso che possano essere sottoposte a novellato scrutinio della Corte le emergenze istruttorie considerate nei pregressi gradi del giudizio al fine di pervenire ad una diversa significanza delle medesime nella prospettiva dell'accoglimento del motivo a maggior ragione non possono trovare ingresso, sia pure a sostegno dell'argomentazione svolta, assunti difensivi che comportino un esame degli atti di merito, come quelli attinenti al valore del compendio immobiliare o delle condizioni fisiche ed econo miche degli anziani coniugi M. in relazione alla valutazione del rischio insito nell'alea contrattuale ed oggetto di rilievo anche nel quarto motivo nell'ambito della censura sulla simulazione. II.a.2 Va altresì escluso che possa attribuirsi un peso argomentativo decisivo nell'affermazione, contenuta a fol 10 della sentenza, secondo cui l'alea tipica del contratto di vitalizio oneroso sia ontologicamente differente da quella presidiante il contratto atipico di mantenimento ciò in quanto la lettura del passo della decisione immediatamente precedente e di quello ancora anteriore fol 9 ibidem rende ragione dei limiti di tale affermazione, dal momento che essa era diretta a mettere in evidenza il carattere composito dell'alea del contratto atipico rispetto a quella del contratto di vitalizio, avendo la prima come fattori di rischio non solo la sopravvivenza del beneficiato ma anche l'onerosità dei prevedibili interventi assistenziali. III Con il terzo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione di legge in relazione all'affermata impossibilità di equiparazione fra l'alea propria del contratto di rendita vitalizia e quella propria del contratto di mantenimento e per la nullità del contratto ex art. 1418 cod. civ. per mancanza di causa per assenza dell'alea. III.a Il motivo è infondato sia per quanto argomentato sub p.II.a.2. sia anche perché l'affermazione in esame non rivestiva rilievo decisivo nel ragionamento della Corte del merito. IV Con il quarto motivo parte ricorrente denunzia l'insufficienza e la contraddittorietà della motivazione in relazione al rigetto delle domande subordinate di accertamento della simulazione assoluta o relativa del contratto all'uopo viene messo in evidenza il valore sintomatico del reale scopo del contratto di vitalizio che sarebbe stato da attribuire 1 alla riunione familiare indetta dal defunto, con la partecipazione di tutti i figli ed alla quale sarebbe seguita la stipula della convenzione, che avrebbe avuto come effetto quello di pregiudicare del tutto i diritti successori delle parti estranee all'accordo 2 alla forma solenne, con la presenza di due testimoni, adottata per la stipula del contratto di mantenimento, incongrua rispetto al tipo contrattuale 3 alla sostanziale autosufficienza economica degli anziani genitori del contro ricorrente 4 alla identità tra le prestazioni oggetto della convenzione e l'obbligazione alimentare alla quale comunque A M. sarebbe stato tenuto, essendo figlio dei soggetti in istato di bisogno. IV.a Il motivo è infondato perché sui vari elementi sintomatici per la parte ricorrente di una simulazione già vi è stata una congrua motivazione da parte della Corte né il deducente coniuga logicamente la pretesa invalidità negoziale attinente ad una sola delle controprestazioni rispetto alla tenuta complessiva del negozio per trame come già operato per la nullità per mancanza di causa decisive conclusioni in merito all'assenza della volontà commutativa o alla presenza di una volontà negoziale attributiva senza corrispettivo appare invero logicamente inconciliabile assumere, ad un tempo, la volontà di pregiudicare gli altri eredi mediante l'attribuzione della proprietà dell'intero patrimonio immobiliare che dunque presupponeva la precisa volontà dell'intento attributivo ed allo stesso tempo ritenere sussistente la simulazione assoluta dell'atto del pari logicamente non sostenibile alla stregua dell'argomentazione trasfusa nel motivo in esame sarebbe stata la tesi della simulazione di un diverso contratto di donazione attesa la compresenza di altre obbligazioni assistenziali puntualmente assunte ed eseguite dal soggetto vitaliziante. V Con il quinto motivo viene dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 cpc in relazione all'art. 1417 cod. civ. ed all'art. 2729 cod. civ. relativamente al rigetto della domanda di simulazione, sostenendosi che l'omessa od erronea valutazione delle emergenze di causa già rilevata nell'ambito del motivo che precede avrebbe determinato una sostanziale violazione dei principi a presidio della valutazione delle prove da parte del giudice del merito, con particolar riferimento all'istituto della simulazione, formulandosi il seguente quesito di diritto Dica l'adita Corte se in una controversia che abbia ad oggetto l’accertamento della simulazione di un contratto di mantenimento il giudice debba porre a fondamento della propria decisione elementi di prova, anche desumibili dalle deposizioni escusse, configuranti nella loro complessiva salutazione, indizi gravi, precisi e concordanti dell'allegata simulazione, come sostenuto nel motivo in esame, o se debba pretendere la dimostrazione di essa secondo prova puntuale, come sostenuto erroneamente in sentenza . V.a Il motivo va respinto per le argomentazioni espresse in relazione all'analoga quarta censura, non senza omettere di considerare che il quesito di diritto ex art. 366 bis cpc non tiene conto della ratio decidendi adottata in sentenza in cui si mise in evidenza il valore interpretativo, contrario alla tesi della simulazione, da attribuire all'effettivo adempimento delle prestazioni assistenziali. VI Stanti le suestese argomentazioni, appare infine irrilevante in quanto non si è fatto riferimento, nella presente decisione, a tale profilo di inammissibilità la questione, sollevata dal procuratore del ricorrente in sede di discussione orale, attinente alla opportunità di rimettere il procedimento all'esame delle Sezioni Unite, ravvisandosi un contrasto e quindi una questione di massima importanza tra i principi portati dall'art. 111 Cost. e dall'art. 6, comma II CEDU tesi a realizzare l'effettività dei diritti di difesa nel processo e l'interpretazione di legittimità che ha esteso, da epoca successiva alla proposizione del ricorso vedere Cass. Sez. III n. 16002/2007 , l'onere di formulare il c.d. momento di sintesi, omologo del quesito di diritto ex art. 366 bis cpc, anche nell'ipotesi di motivi relativi al vizio di motivazione. VII Le spese seguono la soccombenza e vanno regolate come indicato in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore delle parti contro ricorrenti, liquidandole in complessivi Euro 3.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.