Esportazione illegale di alcolici tra Italia e Germania: la giurisdizione è italiana

La natura permanente del reato associativo, la struttura organizzativa che lo caratterizza e la stabilità del vincolo che avvince i vari partecipi nel perseguimento di un comune programma impongono, in assenza di elementi che dimostrino il contrario, di considerare unitariamente i vari momenti operativi, anche se attuati su territori diversi, di non parcellizzarli e di ritenere che il fatto-reato sia lo stesso e che la partecipazione di un soggetto ad un sodalizio criminoso che ha diramazioni e centri operativi in varie parti del mondo acquista rilevanza ai fini della giurisdizione se uno o più dei centri sia operante in Italia, dovendo in tal caso il reato ritenersi interamente punibile secondo la legge italiana e ad opera dell’Autorità giudiziaria dello Stato.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 36719 del 6 settembre 2013. Il caso. La Corte d’Appello di Torino disponeva con sentenza la consegna di un cittadino italiano all’autorità giudiziaria tedesca in esecuzione di un mandato di arresto europeo d’ora in poi m.a.e. emesso dalla Procura della Repubblica di Norimberga – Furth per i reati di associazione a delinquere e evasione delle imposte sugli alcolici. In particolare al cittadino italiano assieme ad altri soggetti venivano contestate una serie di esportazioni in Germania di prodotti alcolici fraudolentemente indicati come esportati in Albania al fine di evadere le accise su tali produzioni. Avverso la decisione della Corte d’Appello l’imputato proponeva ricorso in Cassazione fondato su un unico sostanziale motivo inerente la violazione delle disposizioni di cui alle lettere o e p dell’art. 18 l. n. 69/2005. Secondo la difesa la Corte territoriale non avrebbe correttamente considerato la circostanza per cui, per fatti praticamente identici, pendeva procedimento penale in Italia, essendo stata emessa, tra l’altro, anche un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dello stesso soggetto attinto dal m.a.e Dalla lettura degli atti di indagine italiani e tedeschi emergerebbe, infatti, la perfetta coincidenza tra le condotte perseguite e i soggetti coinvolti, oltre che il carattere di transnazionalità dell’associazione art. 18, lett. o l. n. 69/2005 . Inoltre, la stessa transnazionalità affermata da entrambe le autorità giudiziarie coinvolte comporterebbe, sempre secondo la difesa, il radicamento della giurisdizione presso il giudice italiano, in quanto, essendosi verificata solo una parte della condotta all’estero, la competenza avrebbe dovuto determinarsi in ossequio alle disposizioni di cui agli artt. 8 e 9 c.p.p. come stabilito dal successivo art. 10 . Tale circostanza avrebbe imposto il rifiuto della consegna dell’imputato ai sensi dell’art. 18, lett. p c.p.p., dovendosi considerare il reato commesso all’interno del territorio italiano. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e annullato la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino. Imposte diverse, non diversi reati. I giudici della sezione feriale non condividono l’impostazione seguita dalla Corte d’Appello rispetto all’eccepita identità tra i fatti contestati dall’Autorità giudiziaria tedesca e quelli oggetto di procedimento penale in Italia. Secondo la Corte di merito detta diversità troverebbe la sua giustificazione nella diversità delle imposte evase dall’associazione di cui era componente il soggetto sottoposto a m.a.e Il fatto di aver evaso le imposte tedesche, oltre a quelle italiane, renderebbe, cioè, l’imputato responsabile di due differenti reati oltre che componente di due differenti associazioni a delinquere , nonostante tale doppia evasione fiscale fosse avvenuta attraverso la medesima reiterata condotta di esportazione. Conseguenza di una simile impostazione sarebbe la non configurabilità delle ipotesi di cui alle lett. o e p dell’art. 18 l. n. 69/2005, essendo, oltre che diversi i reati contestati, anche non applicabili i criteri di competenza ex artt. 8 e 9 c.p.p., non risultando avvenuta in Italia nessuna parte della condotta contestata. Al contrario, la Suprema Corte, facendo leva sull’appurata anche dalla Corte d’Appello transnazionalità dell’associazione a delinquere, applica il principio per cui il carattere di permanenza del reato associativo impone di valutare complessivamente il programma criminoso, considerando in maniera sintetica le singole condotte con cui tale programma viene attuato, indipendentemente dal territorio sul quale esse si verificano. Se uno dei centri operativi dell’associazione si trova in Italia, ciò rileva ai fini del radicamento della giurisdizione in capo alle Autorità nazionali. Nella vicenda oggetto di analisi non può assegnarsi grande valore alla diversità delle imposte evase, essendo, invece, unico il programma criminoso alla cui realizzazione era preordinata la costituzione dell’associazione, cioè l’esportazione di prodotti alcolici senza pagare le tasse che su tali prodotti gravano, indipendentemente dallo Stato a cui sottrarle. Il fatto contestato dalle autorità tedesche e quello oggetto di indagine in Italia, deve, pertanto, ritenersi il medesimo, con conseguente operatività del motivo ostativo alla consegna di cui alla lett. o dell’art. 18 l. n. 69/2005. Transnazionale, quindi nazionale. Identiche considerazioni la Corte di Cassazione pone in essere rispetto alla rilevata dalla Corte territoriale non verificazione sul territorio nazionale di alcuna delle condotte contestate al soggetto attinto dal m.a.e., in quanto esse le esportazioni si sarebbero compiute in Germania. Il Supremo Collegio cassa tale impostazione basandosi nuovamente sulla certificata transnazionalità del’associazione de qua e sulla particolarità del reato associativo, dovendosi attribuire rilevanza, ai fini dell’individuazione del locus commissi delicti , non alle singole condotte concretizzanti il programma criminoso, ma al programma stesso nella sua complessità e ai centri di operatività della struttura associativa. Ebbene, secondo la sezione feriale, non può negarsi che uno dei centri operativi su citati si trovasse nel territorio italiano, in considerazione, tra l’altro, della circostanza per cui proprio dall’Italia partiva la merce illegalmente esportata. Per di più, la Corte di legittimità ricorda che, per sua costante giurisprudenza, anche il semplice verificarsi di un frammento della condotta contestata anche se privo dei caratteri dell’idoneità e dell’inequivocità tipici del tentativo radica in capo all’Autorità italiana la giurisdizione. Si evince perciò che, nel caso in questione, trova applicazione l’art. 18, lett. p , l. n. 69/2005, con conseguente rifiuto della consegna del soggetto attinto dal m.a.e. in quanto il reato contestato è considerato dalla legge italiana commesso sul suo territorio. Tanto la sezione feriale ritiene più che sufficiente per annullare con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 3 - 6 settembre 2013, numero 36719 Presidente Dubolino – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 22/07/2013 la Corte d'Appello di Torino ha disposto la consegna di D.V.E.B. all'autorità giudiziaria della Repubblica Federale di Germania in esecuzione del mandato di arresto Europeo emesso dalla Procura della Repubblica di Norimberga - Furth in data 12/07/2013 per i reati di associazione a delinquere e di evasione delle imposte sugli alcolici. 2. Ha interposto ricorso l'imputato tramite il proprio difensore. Con un unico sostanziale motivo deduce violazione di legge in relazione all'art. 18, lett. o e p l. numero 69 del 2005 e, in ogni caso, mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Premesso che l'autorità giudiziaria tedesca ha richiesto la consegna per una serie di reati fiscali commessi nell'ambito di una associazione a delinquere e che presso l'autorità giudiziaria italiana pende procedimento per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali nonché per i singoli reati fine, rileva che la Corte d'appello ha escluso una piena coincidenza tra i fatti di cui al m.a.e. e quelli perseguiti in Italia, sia in relazione al numero sia in relazione all'obiettiva diversità, avendosi rispettivamente riguardo all'evasione delle imposte tedesche di alcolici e all'evasione delle imposte italiane. Ciò posto, rileva che la condotta illecita tenuta è avvenuta in ambito associato e preordinato con mezzi e risorse operanti sia in Italia che in Germania e precisa che la consegna deve per legge essere rifiutata qualora per lo stesso fatto che è alla base del m.a.e. sia in corso un procedimento penale in Italia sicché la Corte ha omesso ogni verifica in merito alla circostanza che i fatti di cui ai due diversi procedimenti siano frutto di una condotta unica non essendo necessaria la commissione di fattispecie di reato necessariamente identiche del resto la necessità di ulteriori accertamenti sul punto, imposta dall'articolo 6, comma 2, legge citata, deriverebbe dalla stessa motivazione della sentenza laddove si afferma, con riferimento ai reati fiscali, che non è dato sapere se le merci sulle quali è stata evasa l'imposta italiana siano le stesse di cui al m.a.e. Ricorda inoltre che la condotta contestata nel procedimento italiano è consistita nell'attività di esportazione verso la Germania, in cui è risultata coinvolta anche la società tedesca Beit Gmbh risultante essere di proprietà di B.L. e di cui è risultato essere socio di fatto il D.V. , di prodotti alcolici in evasione di accisa in quanto fatti figurare, per il tramite di una falsa attestazione di uscita della mercé dal territorio dell'Unione, come esportati in Albania precisa quindi che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, che ha individuato unicamente le 18 esportazioni ascritte direttamente a D.V. , tutte le esportazioni del capo di imputazione italiano, ovvero 85, sono state avviate in , essendovi dunque piena coincidenza cronologica con i carichi descritti nel mandato tedesco e riferiti sempre alla struttura organizzativa di cui faceva parte D.V. . Rileva quindi che l'associazione criminosa è sempre stata la medesima e i fatti costituenti i singoli reati, ossia i transiti da Italia a Germania e viceversa, sono legati da un indubbio concorso formale la lettura atomistica dei singoli reati-fine commessi in Germania operata dalla corte territoriale, non può essere avulsa dal più ampio disegno criminoso posto in essere dall'associazione senza considerare che l'inizio della condotta delittuosa è avvenuta in Italia, ove sono stati consumati tutti reati costitutivi del disegno criminoso. Sottolinea che non solo vi è stata, con riguardo ai due procedimenti, identità dei soggetti partecipi, ma, sia per il giudice tedesco, sia per quello italiano, l’associazione ha avuto carattere transnazionale e ha operato tramite il medesimo meccanismo attraverso le stesse persone giuridiche tra cui Beit nel medesimo periodo. Del resto l'associazione per delinquere è reato a carattere permanente sicché, ove sia stato commesso in parte all'estero, la competenza deve essere determinata a norma degli articoli 8 e 9 c.p.p., con conseguente competenza del giudice italiano, avendo avuto tra l'altro inizio in Italia la consumazione. Sottolinea inoltre che dalla lettura del capo di imputazione per il reato di cui all'articolo 416 di cui all'ordinanza di custodia cautelare italiana si evince che l'attività dell'associazione prevedeva l'impiego di risorse anche all'estero, mentre dall'ordinanza di custodia cautelare tedesca si apprende che la società Beit Gmbh fu iscritta nel registro delle imprese il 28 settembre 2011 in epoca coeva all'inizio del reato associativo contestato e che effettivo compratore e titolare era D.V. perseguito nell'ambito di altro procedimento penale. Inoltre il promotore ed i partecipi dell'associazione perseguita in Italia risultano essere i medesimi indicati nei capi d'imputazione del procedimento tedesco e, come riconosciuto dalla stessa Corte d'appello, una volta evase le imposte italiane attraverso false spedizioni in XXXXXXX, gli alcolici venivano portati nel Nord Europa per l'immissione sul mercato nero. Rileva infine che l'unicità dell'associazione è evincibile anche dalla semplice lettura dei capi d'imputazione laddove il giudice tedesco ha qualificato D.V. come membro di una organizzazione operante a livello internazionale e il gip di Alessandria ha ritenuto il sodalizio di carattere transnazionale. Ritenuto in diritto 3. Il ricorso è fondato. La Corte d'Appello di Torino, nel ritenere l'insussistenza di entrambi i motivi ostativi alla consegna invocati dall'interessato, ha fondamentalmente valorizzato la diversità delle imposte la cui evasione sarebbe stata perseguita da D.V. giacché, mentre in relazione all'ordinanza di custodia cautelare in carcere sulla cui base è stato emesso il mandato di arresto Europeo, le imposte evase sarebbero quelle tedesche, in relazione al procedimento italiano nel cui ambito è stata adottata la ordinanza di custodia cautelare in carcere del Gip di Alessandria, le imposte sarebbero quelle afferenti alle accise italiane. Tale diversità comporterebbe dunque, secondo la sentenza impugnata, che sia i fatti di evasione sia il fatto-reato associativo contestati nell'ambito del procedimento tedesco siano, da un lato, diversi da quelli contestati nel procedimento italiano e, dall'altro, insuscettibili di ricadere, sia pure solo parzialmente, nel perimetro della giurisdizione italiana, in tal modo dovendosi escludere la ricorrenza delle ipotesi di cui alle lettere o e p dell'art. 18 della L. numero 69 del 2005. La stessa sentenza appare dare atto, tuttavia, del carattere transnazionale della associazione a delinquere in effetti caratterizzata, come desumibile dai capi di imputazione riportati nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, ed in particolare dal capo 20, sia pure con riferimento al reato tributario contestato a Barretta Vincenzo, dall'operatività non circoscritta all'ambito italiano ma estesa anche all'ambito territoriale tedesco, ed appare altresì dare atto della intervenuta utilizzazione, nell'ambito dei fatti italiani , della società tedesca Beit GmbH costituita in Italia e di cui titolare è lo stesso D.V. il cui utilizzo strutturale compare, in effetti, anche nell'ambito dei fatti contestati dalle autorità tedesche si veda in particolare il capo 3 a della ordinanza di custodia cautelare tedesca in atti . Ora, se si considera quanto appena rilevato dalla stessa Corte territoriale, e si ricorda che questa Corte ha già affermato che la natura permanente del reato associativo, la struttura organizzata che lo caratterizza e la stabilità del vincolo che avvince i vari partecipi nel perseguimento di un comune programma impongono, in assenza di elementi che dimostrino il contrario, di considerare unitariamente i vari momenti operativi, anche se attuati su territori diversi, di non parcellizzarli e di ritenere che il fatto-reato sia lo stesso e che la partecipazione di un soggetto ad un sodalizio criminoso che ha diramazioni e centri operativi in varie parti del mondo acquista rilevanza ai fini della giurisdizione se uno o più dei centri sia operante in Italia, dovendo in tal caso il reato ritenersi interamente punibile secondo la legge italiana e ad opera dell'Autorità giudiziaria dello Stato Sez. 6, numero 727 del 18/10/2006, Miah, Rv. 235549 , divengono logicamente non comprensibili, da un lato, e con riferimento alla lett. o della legge cit., l'affermazione secondo cui il fatto che gli alcolici sottratti al pagamento delle imposte italiane venissero poi portati nel Nord Europa per l'immissione nel mercato nero non eliderebbe il carattere autonomo di tali due tipologie di condotte, tale da configurare fatti diversi vedi pag. 4 della sentenza , e, dall'altro, con riferimento alla lett. p , la conclusione secondo cui sarebbe assai più verosimile che il sodalizio criminoso operante in Germania si sia ivi costituito vedi pag. 6 della sentenza . Ciò tanto più che, come noto, una delle caratteristiche del reato associativo, tale da differenziarlo dal mero concorso di persone, è la indeterminatezza del programma criminoso cfr., tra le altre, Sez. 2, numero 16339 del 17/01/2013, Burgio e altri, Rv. 255359 Sez. 1, numero 10107 del 14/07/1998, Rossi e altri, Rv. 211403 , essendo dunque evidentemente contrastante con un tale principio far derivare la diversità dei due sodalizi unicamente e fondamentalmente dal diverso ambito nazionale delle imposte la cui evasione viene, con l'associazione, perseguita, una volta che sia assodato che entrambi i sodalizi perseguivano comunque, in ambito internazionale, l'evasione di tributi. Del resto, poiché la competenza territoriale a conoscere di un reato associativo si radica nel luogo in cui la struttura criminosa destinata ad agire nel tempo diventa concretamente operante, a nulla rilevando il luogo di consumazione dei singoli reati oggetto del pactum sceleris , per determinare la sussistenza della giurisdizione italiana occorre verificare in quale luogo si è realizzata l'operatività della struttura medesima, mentre va attribuita importanza secondaria al luogo in cui sono stati realizzati i singoli delitti commessi in attuazione del programma criminoso a meno che non rivelino essi stessi, per il loro numero e consistenza, il luogo di operatività predetto tra le altre, Sez. 2, numero 993 del 25/02/1999, Cohan, Rv. 212974 Sez,6, numero 7478 del 9 dicembre 1992, Carnana ed altro, Rv. 195046 Sez.6, numero 4378 del 07/11/1997, Rv. 210812 . Va aggiunto che questa Corte si è anche espressa nel senso che ai fini dell'affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all'estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, che, se pur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile collegando la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero Sez. 6, numero 16115 del 24/04/2012, G., Rv. 252507 Sez. 6, numero 40287 del 28/10/2008, Erikci, Rv. 241519 . Sicché, in definitiva, la motivazione del provvedimento impugnato appare, per un verso, minata da intrinseche contraddizioni, e per un altro, contrastante con i principi più volte affermati da questa Corte. Si impone pertanto, in via preliminare rispetto ad ogni altra osservazione nel merito, l'annullamento con rinvio della sentenza ad altra sezione della Corte di Appello di Torino per nuovo esame che tenga conto dei rilievi di cui sopra. La cancelleria provvederà alla tempestiva comunicazione della presente decisione al Ministro della Giustizia ai sensi dell'art. 22, comma 5, della legge numero 69 del 2005. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, L. 22/04/2005, numero 69.