Minaccia di non restituire l’auto della compagna se non ha in cambio del denaro: estorsione od esercizio arbitrario delle proprie ragioni?

Il discrimine tra le due fattispecie deve essere individuato nell’elemento soggettivo del reato la sussistenza, in capo al soggetto agente, di una effettiva convinzione afferente la legittimità della pretesa risarcitoria vantata esclude il dolo di estorsione

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 30990 del 19 luglio2013. Il caso. Il Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Carbonia, condannava R.F. alla pena di anni uno mesi uno e giorni dieci di reclusione ritenendo di affermare la sua penale responsabilità per il delitto di cui agli artt. 56 e 629 c.p., avendo lo stesso posto in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a procurarsi l’ingiusto profitto di euro ottomila in danno di O.D., minacciando alla stessa la non restituzione della propria autovettura nel caso di mancata dazione della predetta somma di denaro fatto non realizzatosi per cause indipendenti dalla sua volontà. La Corte di Appello di Cagliari, investita dell’atto di gravame avanzato dall’imputato, confermava in toto la statuizione di prime cure , ritenendo non meritevole di accoglimento la tesi difensiva sostenuta da R.F., sulla scorta della quale il fatto de quo avrebbe dovuto essere inquadrato nell’alveo di un normale contrasto all’interno di un rapporto di coppia, senza alcuna minaccia, e semplicemente finalizzato ad ottenere la restituzione di una somma illo tempore asseritamente elargita alla O.D., a titolo di prestito, dalla madre di esso imputato. R.F., per il tramite del proprio difensore di fiducia, ricorreva per cassazione avvero la decisione della corte di merito, deducendo plurimi motivi di gravame in primis , lamentava l’erronea applicazione dell’art. 629 c.p. alla fattispecie per cui è processo, con riferimento sia all’elemento oggettivo che soggettivo del reato in secundis , l’erronea applicazione ed il vizio di motivazione con riferimento alla mancata riqualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 393 c.p. infine, con precipuo riferimento al trattamento sanzionatorio, il ricorrente argomentava sia con riguardo all’erronea applicazione della recidiva, stante lo stato di incensuratezza di esso R.F., che alla conseguente mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. L’elemento soggettivo del reato quale discrimine tra le due fattispecie delittuose. La Seconda Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, nel ritenere la fondatezza del ricorso, ha disposto l’annullamento con rinvio della impugnata sentenza, causa la sussistenza di un vizio motivazionale che ne inficia il contenuto, sia in punto di qualificazione del fatto, che di commisurazione della pena. Più precisamente, la Corte di legittimità, con la sentenza de qua , ha avuto modo di chiarire come risultasse mancante e contraddittorio, nella motivazione della Corte di merito, l’aspetto relativo all’elemento soggettivo del reato, con precipuo riguardo alla eventuale riqualificazione giuridica della fattispecie estorsiva tentata in quella di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. In effetti, allorquando la Corte di Appello esclude tale evenienza asserendo la insussistenza, in capo ad esso imputato, della convinzione della esistenza di una legittima pretesa risarcitoria nei confronti della persona offesa, tale argomentazione risulta contraddittoria con il compendio probatorio in atti, laddove è lo stesso soggetto passivo del reato che afferma come la richiesta di esso imputato andava valutata sulla scorta della circostanza della – da lui ritenuta – necessaria restituzione di una somma elargita a titolo di prestito dalla di lui madre alla O.D E poco rilievo, dal punto di vista soggettivo, assume la circostanza che secondo la persona offesa tale denaro era stato prestato ad entrambi, al fine di far fronte alle spese della convivenza infatti, ai fini della esatta qualificazione dell’elemento soggettivo del reato, una simile circostanza causa l’insorgere di non poche problematiche e difficoltà in ordine alla individuazione del dolo di estorsione. Donde, sul punto, si appalesa quale assolutamente necessario un annullamento con rinvio della sentenza della Corte di Appello di Cagliari, la quale sarà onerata dal procedere a nuova disamina del compendio probatorio al precipuo fine di qualificare esattamente il fatto di reato, avendo anzitutto riguardo all’aspetto soggettivo della fattispecie contestata e di quella oggetto di eventuale riqualificazione. Stessa decisione anche con riferimento al trattamento sanzionatorio l’applicazione della recidiva nonostante lo stato di incensuratezza dell’imputato, e la conseguente mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, impongono un nuovo giudizio sul punto.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 aprile - 19 luglio 2013, n. 30990 Presidente Fiandanese – Relatore Taddei Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari, confermava la sentenza del Tribunale di Cagliari - Sezione di Carbonia del 25 giugno 2010 con la quale R F. è stato condannato alla pena di un anno, un mese e 10 giorni di reclusione ed Euro 400.00 di multa, esclusa la recidiva contestata e con la diminuzione per il rito abbreviato, per il delitto di cui agli arti. 56 e 629 c.p. per aver compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a procurarsi l'ingiusto profitto di Euro 8.000,00 in danno di O.D. , minacciando la stessa di non restituirle la sua autovettura ford Focus targata . qualora non gli avesse consegnato tale somma non riuscendovi per cause indipendenti dalla sua volontà. In Carbonia il 12 giugno 2010. Con la recidiva ex art. 99, 4 comma cod. pen 1.1 Con l'atto d'appello, la difesa di F. censurava la sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato affermando che F. e la O. convivevano da circa un anno e che il fatto doveva inquadrarsi in un normale contrasto all'interno della coppia senza contenuto minaccioso perché il danaro era stato chiesto in restituzione di quanto elargito dal F. , grazie ad un prestito ottenuto dalla madre, per il mantenimento e sostentamento della O. . Chiedeva, pertanto, la riqualificazione del reato in quello previsto dall'art. 393 c.p.p. ed, in ogni caso, la riduzione della pena con il riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte di merito rigettava l'appello ritenendo più credibile l'originaria denuncia della O. , pretestuosa e comunque non credibile la tesi del credito vantato e della conseguente richiesta di restituzione del denaro alla madre di F. ed infondata la richiesta di qualificare i fatti in termini di ragion fattasi. 1.2 Avverso tale sentenza propone ricorso l'avvocato Gian Mario Sechi, difensore di fiducia del F. , chiedendo l'annullamento della sentenza e deducendo a motivo di gravame a violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e cod.proc.pen. per l'erronea applicazione dell'art. 629 cod.pen. non rivestendo la minaccia le caratteristiche necessarie ed idonee ad incutere timore b violazione dell'art. 606 co. 1 lett. b ed e cod.proc.pen. per l’erronea applicazione dell'art. 43, 47, 629 c.p. La sentenza è priva di valida motivazione circa l'elemento soggettivo dell'estorsione gli ottomila Euro erano stati richiesti in restituzione della somma che F. , grazie al prestito ricevuto dalla madre S.A. , aveva speso per il mantenimento del nucleo familiare della O. . La circostanza del prestito e dell'impegno alla restituzione era stata confermata dalla S. nel corso del giudizio di primo grado. L'imputato quindi riteneva ragionevolmente che anche la compagna fosse tenuta all'obbligo di restituzione e del tutto legittima la richiesta di corrispondere tale somma che, pertanto, non poteva inquadrarsi come profitto ingiusto. c violazione dell'art. 606 co 1 lett. b ed e cod.proc.pen. per l’erronea applicazione dell'art. art. 393 e 629 cod.pen La Corte ha omesso di valutare le peculiarità fattuali dell'episodio denunciato il prestito e la destinazione dello stesso sono stati confermati dalla signora S. e tali circostanze di fatto emergono anche dalla denuncia sporta da O.D. in data 12.06.2010. Appare pertanto contraddittoria la motivazione della sentenza nella parte in cui afferma che il credito è frutto di una linea difensiva costruita a posteriori e che il F. era perfettamente consapevole di non avere nulla da pretendere . d violazione dell'art. 606 co 1 lett. b ed e cod.proc.pen. per l’erronea applicazione dell'art. 62 bis, 69, 133 c.p Lamenta il ricorrente il vizio di motivazione in punto di conferma del trattamento sanzionatorio, perché la Corte,per un verso, richiama il grave precedente per estorsione mentre il F. in realtà è stato assolto con sentenza definitiva dal reato di estorsione contestato nell'ambito di altro procedimento per altro verso nega che siano stati prospettati elementi positivi per giustificare la richiesta di modifica del trattamento sanzionatorio mentre, in realtà, erano stati forniti nel corso del giudizio i documenti che provavano come non solo il F. avesse ripreso il rapporto di convivenza con la O. ma che avesse concepito con la stessa un figlio, e quindi un comportamento di piena riappacificazione con la parte lesa. Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 2.1 La motivazione della sentenza appare viziata da contradditorietà ed illogicità manifesta perché,dopo aver dato atto che proprio nella prima denuncia D O. aveva specificato che F. aveva preso la macchina a sua insaputa e che lei non aveva alcun debito nei confronti del suo ex fidanzato e neppure di sua madre, spiegando in proposito che durante il periodo di convivenza che era durato circa un anno, la S. , madre del F. , aveva consegnato al figlio dei soldi perché non lavorava, ma che lei si era sempre data da fare per mantenersi, ha poi negato l'esistenza dei presupposti per la riqualificazione del delitto in esercizio arbitrario delle proprie ragioni perché tale reato presuppone quanto meno la convinzione da parte dell'agente della sussistenza di una pretesa creditoria nei confronti della persona offesa ma che nulla di tutto dò era stato provato . È manifesta la contraddittorietà di tale ultima affermazione che non tiene conto che fu proprio la vittima, ed in sede di prima denuncia, a prospettare la richiesta del F. come la convinta affermazione che ella avesse beneficiato dei soldi prestati dalla madre al figlio e da quest'ultimo spesi per sostenere i pesi della convivenza. 2.2 È di tutta evidenza che, in perfetta buona fede e senza intenti agevolatoli del F. , la O. del tutto spontaneamente ha dato atto che il compagno era profondamente convinto ch'ella dovesse partecipare alla restituzione del prestito, perché aveva goduto del prestito fatto dalla madre al figlio e dallo stesso speso per le necessità della convivenza con D O. e i figli di costei. 2.3 È, pertanto, contraddetto l'assunto che non rilevassero prove della . convinzione da parte dell'agente della sussistenza di una pretesa creditoria nei confronti detta persona offesa . e l'evidenza probatoria pure avvalorata dalla Corte pone obiettivamente problematicità significative in ordine all'elemento soggettivo del delitto di estorsione, non affrontate nel provvedimento impugnato, e che devono invece essere adeguatamente motivate. 2.3 Contraddittoria è inoltre la motivazione nel punto in cui attribuisce all'imputato una precedente condanna per estorsione che non viene individuata, affermazione che a fronte della documentata assoluzione del F. , rende dubbio l'assunto posto a base della mancata concessione delle generiche al pari dell'affermazione che non vi erano prove di un ravvedimento dell'imputato, smentito dalla riappacificazione con la vittima, rafforzata dalla nascita di un figlio. La sentenza, atteso il vizio di motivazione, va annullata in punto di qualificazione del fatto e di commisurazione della pena, con rinvio alla Corte d'appello di Cagliari, come da dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla sezione distaccata di Sassari della Corte d'appello di Cagliari, per nuovo giudizio.