Confermata l’originaria decisione del giudice di pace, che aveva sì accolto la richiesta dell’automobilista, ma fissando un obolo assai contenuto. Non regge l’ipotesi del danno da fermo tecnico, soprattutto tenendo presente che per le riparazioni della vettura bastano pochissime ore di manodopera.
Vettura da consegnare al meccanico di fiducia. Obiettivo è porre rimedio ai problemi nati a seguito di un incidente stradale. Ma la relativa richiesta di risarcimento, avanzata dal proprietario della vettura nei confronti del conducente responsabile del sinistro e della compagnia assicurativa, è davvero eccessiva ben 1.200 euro! Soprattutto tenendo presente che la riparazione dell’automobile appare abbastanza semplice. Di conseguenza, risarcimento sì, ma in maniera ‘minimal’, ed escludendo l’ipotesi del danno da fermo tecnico. Cassazione, ordinanza numero 14300, sez. VI Civile, depositata oggi . Danno minimo. A fissare il quantum del risarcimento è il gdp, che si tiene basso quasi 450 euro, con «compensazione della metà delle spese processuali e della consulenza tecnica d’ufficio». Vittoria, quindi, per l’automobilista, che, però, punta a una cifra più alta per sostenere le spese di riparazione della propria vettura, ‘ferma ai box’ a seguito di un incidente stradale. Ma la richiesta di un obolo più sostanzioso – già respinta in tribunale – viene ora rigettata, in modo definitivo, dai giudici del ‘Palazzaccio’. Fondamentale, innanzitutto, il quadro tracciato dal consulente, il quale ha «accertato che per seguire la riparazione dell’auto erano necessarie cinque ore di manodopera» di conseguenza, proprio la «irrisorietà dell’eventuale danno non consentiva neanche il ricorso alla liquidazione equitativa, in quanto la lesione asseritamente patita doveva eccedere una certa soglia di offensività per divenire meritevole di tutela». Da escludere, quindi, nonostante la richiesta dell’automobilista, l’ipotesi del «danno da fermo tecnico». E, allo stesso tempo, viene valutata come corretta la decisione di «compensare le spese di lite», proprio tenendo presente, spiegano i giudici, la «sproporzione fra la somma richiesta di 1.200 euro e quella liquidata di 449,44 euro».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 10 aprile – 24 giugno 2014, numero 14300 Presidente Vivaldi – Relatore Armano Ritenuto in fatto 1. E' stata depositata la seguente relazione D.C.N. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Bari Sez. di Modugno, del 3-2-2011 che ha rigettato l'appello da lui proposto avverso la sentenza del Giudice di pace che aveva accolto la domanda di risarcimento danno proposta nei confronti della Zurich Insurance Company S.A e di B.S. solo nella misura di euro 449,44 con compensazione della metà delle spese processuali e di c.t.u. Gli intimati non hanno presentato difese. 2.- Il ricorso contiene due motivi ed è soggetto alla disciplina dettata dagli articolo 360 bis, 375, 376 e 380 bis come formulati dalla legge 18-6-2009, numero 69 e può essere trattato in camera di consiglio e rigettato per manifesta infondatezza. 3. Con il primo motivo il ricorrente denunzia difetto di motivazione ex articolo 360 numero 5 c.p.c. per aver il giudice di merito contraddittoriamente affermato la risarcibilità del danno da fermo tecnico e contemporaneamente escluso nella fattispecie concreta tale voce di danno. 4. Il motivo è infondato. Infatti il giudice di merito, con motivazione logica e non contraddittoria, sul rilievo che il c.t.u ha accertato che per eseguire la riparazione dell'auto erano necessarie cinque ore di mano d'opera, ha ritenuto che l'irrisorietà dell'eventuale danno non consentiva neanche il ricorso alla liquidazione equitativa, in quanto la lesione asseritamente patita doveva eccedere una certa soglia di offensività per divenire meritevole di tutela. 5. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell'articolo 91 c.p.c. e vizio di motivazione ex articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c. Sostiene il ricorrente che essendo egli totalmente vittorioso non potevano essere compensate per la metà le spese processuali e quelle di c.t.u. 6. Il motivo è infondato. Infatti il giudice ha correttamente applicato il potere discrezionale conferitogli dall'articolo 92 c.p.c. che gli consentiva di compensare in tutto o in parte le spese di lite ricorrendo giusti motivi individuati nella sproporzione fra la somma richiesta di euro 1.200,00 e quella liquidata di euro 449,44 e tenuto conto anche della condotta delle parti nella fase extraprocessuale. 7. In ordine alle spese di c.t.u, questa Corte ha già affermato che compensando le spese processuali, il giudice può ripartire le spese della consulenza tecnica d'ufficio in quote uguali tra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa, senza violare, in tal modo, il divieto di condanna di quest'ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica condanna, ma solo esclusione del rimborso, e, altresì, che la consulenza tecnica d'ufficio, quale ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno, anziché mezzo di prova in senso proprio, è un atto compiuto nell'interesse generale della giustizia e, dunque, nell'interesse comune delle parti. Cass. Sentenza numero 1023 del 17/01/2013. Si propone pertanto il rigetto del ricorso. La Relazione è stata comunicata alla parte. Ritenuto in diritto Il Collegio in camera di consiglio ha condiviso le ragioni in fatto ed in diritto esposte nella relazione e la soluzione adottata. Il ricorso deve essere rigettato. Nulla per le spese stante l'assenza dell'intimato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.