L’uso della forza da parte dei carabinieri nell’arrestare un sospetto particolarmente recalcitrante viola l’art. 3 Cedu?

Sì, il loro comportamento durante l’arresto e le mancate indagini sull’accaduto costituiscono una violazione, materiale e procedurale, dell’articolo 3 Cedu. Dura condanna per l’Italia che dovrà risarcire Alberti per una somma complessiva pari ad €. 19.000 oltre interessi ed oneri accessori di legge. Vicenda analoga a quelle Cucchi e Aldovrandi.

È quanto deciso dalla CEDU, sez. II, nella sentenza Alberti v. Italia ricomma 15397/11 del 24 giugno 2014. Il caso. Alberti, un giovane homeless , ubriaco entrò in un bar, in provincia di Verona, chiedendo alla gestrice in prestito il cellulare per telefonare alla sua ragazza, ma, poi, si rifiutò di restituirlo, offendendola e minacciandola, tanto che un cliente chiamò i carabinieri, a cui l’uomo non volle fornire le generalità né mostrare la carta d’identità, insultandoli ed opponendosi all’arresto. Immobilizzato e ammanettato, fu portato in caserma. Lì, secondo il ricorrente, sempre in manette, fu lasciato su una panchina da solo e poi messo in cella di sicurezza per fargli smaltire la sbornia, mentre gli agenti redigevano il verbale. Riferì di essere stato minacciato durante il trasporto verso la caserma, di aver subito tentativi di percosse e di essere stato picchiato appena giunto al comando, asseritamente per difendersi dai calci che sferrava a chiunque si avvicinasse. Più tardi fu portato all’ospedale a 50 km dalla caserma ed il medico attestò lo stato di forte irrequietezza, prescrivendogli un sedativo ed «un’obiettività toracico addominale negativa». Fu messo prima in isolamento per prevenire ulteriori aggressioni e poi in cella singola malgrado lamentasse dolori, dopo 2 giorni, fu portato in un altro ospedale dove gli furono diagnosticate lesioni guaribili in 20 giorni ematomi alle mani ed al testicolo sinistro, costole fratturate, escoriazioni varie , confermando la diagnosi del medico del penitenziario di Verona, ove fu recluso, dopo il giudizio per direttissima. Non ci fu alcuna inchiesta contro i carabinieri per il presunto pestaggio, né furono mai provate le asserite automutilazioni, anzi la denuncia fu archiviata e l’opposizione respinta «perché non erano stati forniti elementi nuovi, come da formula standard prevista dal c.p.p.». Ergo L’Italia è stata condannata per la violazione dell’articolo 3 Cedu. Prognosi delle lesioni È una norma assolutamente inderogabile, nemmeno se la nazione stessa è in pericolo, né per la lotta al terrorismo ed al crimine organizzato vieta di sottoporre chiunque a torture, trattamenti degradanti ed inumani, circostanze che «devono essere provate al di là di ogni ragionevole dubbio e che devono essere connotate da un minimo di gravità». Sullo Stato gravano «obblighi positivi di garantire che ogni prigioniero sia detenuto in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana», tutelandone la salute ed il benessere psico-fisico, malgrado le inevitabili limitazioni alla libertà dovute alla reclusione od alle misure ad essa alternative G.C. v. Italia del 22/4/14, Dembele v. Svizzera del 24/9/13, Selmouni v. Francia del 1999 e Tomasi v. Francia del 1992 . È stato dimostrato che il ricorrente non aveva subito lesioni, di palese origine traumatica, durante l’arresto anche se successivamente la sentenza spesso capovolge questa tesi , ma queste erano successive e la stessa prognosi di 20 giorni conferma l’inosservanza dell’articolo 3 Cedu. Si noti che in quel momento era inerte perché ammanettato e sotto il totale controllo degli agenti. Spetta, poi, allo Stato «provare i fatti che fanno dubitare della ricostruzione della vittima» e l’uso della forza deve essere proporzionato all’offesa ricevuta. Quando è giustificato l’uso della forza da parte delle forze dell’ordine? La CEDU chiarisce che è consentito se chi è sottoposto a controlli rifiuta l’identificazione o fa resistenza passiva o durante l’arresto fa resistenza attiva e/o c’è un pericolo connesso ai suoi comportamenti aggressivi e violenti. Esclusivamente in questi casi è legittima, purchè sia proporzionata ai fini prefissi « but recherché » . Nella fattispecie, come spiega dettagliatamente la CEDU, valutando nel complesso il comportamento dei carabinieri, la tutela dell’incolumità loro e di chi era presente nel bar, le circostanze in cui è avvenuto l’arresto, si evince che l’uso della forza era ingiustificato, perché, come detto, l’uomo era inerme Sarigiannis v. Italia del 5/4/11 e Milan v. Francia del 24/1/01 . Ciò comporta una deroga, sotto l’aspetto materiale, all’articolo 3 CEDU. Mancata inchiesta sulla vicenda ed onere della prova. Violazione del profilo procedurale dell’articolo 3. Le autorità italiane, secondo la CEDU, hanno «dato prova di inerzia e di mancanza di volontà di stabilire la verità e di perseguire gli autori dei fatti», visto che non furono mai identificati i responsabili di dette lesioni. Non hanno tenuto conto delle contestazioni indicate nell’opposizione all’archiviazione e hanno mal valutato le prove, non considerando «tutti gli elementi fattuali contenuti nel dossier e nello specifico non sentendo tutti i carabinieri intervenuti sul posto, né l’interessato, né i medici e non ordinando una CTU medico legale». Inoltre non sono stati risentiti la proprietaria del bar, i clienti, né i risultati dell’alcooltest, effettuati a Legnano, sono stati acclusi al fascicolo. Si sono limitati a quanto accaduto durante l’arresto, ai precedenti giudiziari di Alberti, di cui è sottolineato il carattere sociopatico ed il tutto è stato condotto con superficialità, tanto che ancora non è chiaro come, quando e chi gli abbia procurato le lesioni. In questo modo l’Italia è venuta meno ai citati oneri della prova ed ai suoi doveri di protezione e cura El Marsi v. Ex Repubblica iugoslava di Macedonia del 2012 e Gul v.Turchia del 14/12/00 doveva fare un’inchiesta approfondita, effettiva ed indipendente volta ad appurare ciò. Si precisi che l’indipendenza deve essere intesa non solo come assenza di legami gerarchici od istituzionali, ma anche come autonomia concreta nello svolgere l’ indagine. Tutto ciò ha determinato una violazione, sotto il profilo procedurale, dell’articolo 3 Cedu e, quindi, detto risarcimento danni che dovrà essere refuso entro 3 mesi dalla data di questa sentenza.

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