L’accettazione di una sfida non rende più tenue la coltellata inflitta alla vittima

L’accettazione di una sfida, «come anche il portare una sfida», per la risoluzione di una contesa o per dare sfogo ad un risentimento, impedisce l’applicazione della circostanza attenuante della provocazione per l’illiceità del comportamento di sfida, seppure esso sia stato occasionato da un precedente fatto dell’avversario.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 24387, depositata l’8 giugno 2015. Il caso. La Corte d’appello di Napoli condannava un imputato per il reato di tentato omicidio. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all’articolo 62, nnumero 2 provocazione e 5 fatto doloso della persona offesa , c.p I giudici avevano ritenuto che non ricorresse la necessaria proporzionalità tra offesa e reazione, in quanto non si può mai riconoscere la circostanza, pur in presenza di fatti ingiusti della vittima, qualora la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva ed inadeguata rispetto all’episodio cui trae origine. Quando riconoscere la provocazione? La Corte di Cassazione riconosce che il concetto di adeguatezza e proporzione non connota la circostanza attenuante della provocazione ex articolo 62, numero 2, c.p., la quale può essere esclusa soltanto se la sproporzione tra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere o lo stato d’ira o il nesso causale tra fatto ingiusto ed ira. Nel caso di specie, i giudici di merito non avevano indicato le ragioni per cui avevano ritenuto che la reazione del ricorrente fosse stata eccessiva ed inadeguata, considerando che tra gli antagonisti vi era stato un precedente litigio verbale. Dalla ricostruzione dell’episodio, si ricavava che la vittima aveva affrontato l’imputato armata di coltello, per essere poi disarmata dal ricorrente, che a sua volta colpiva l’altra persona con lo stesso coltello. Tuttavia, si evinceva anche che il fatto era avvenuto in un contesto di sfida tra i due litiganti, seguito all’aggressione verbale reciproca. Accettazione di una sfida. Gli Ermellini sottolineano che l’accettazione di una sfida, «come anche il portare una sfida», per la risoluzione di una contesa o per dare sfogo ad un risentimento, impedisce l’applicazione della circostanza attenuante della provocazione per l’illiceità del comportamento di sfida, seppure esso sia stato occasionato da un precedente fatto dell’avversario. Perciò, sul punto, la Corte di Cassazione corregge la motivazione della sentenza impugnata, escludendo comunque il riconoscimento dell’attenuante della provocazione. Partecipazione della persona offesa. Inoltre, ricordano i giudici di legittimità, perché possa farsi luogo all’applicazione dell’attenuante prevista dall’articolo 62, numero 5, c.p., non basta che la persona abbia contribuito, con la sua condotta, alla causazione dell’evento, ma è necessario, sul piano psicologico, che l’offeso abbia voluto lo stesso evento avuto di mira dall’agente cioè, nel caso di specie, il proprio ferimento . Per la sussistenza del fatto doloso della persona offesa, l’articolo 62, numero 5, c.p. rinvia, per la nozione del dolo, all’articolo 43 c.p., per cui presuppone che la persona offesa preveda e voglia l’evento dannoso come conseguenza della propria cooperazione attiva o passiva al fatto delittuoso dell’agente. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 aprile – 8 giugno 2015, numero 24387 Presidente Siotto – Relatore La Posta Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 27.9.2013 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della decisione di primo grado, riduceva ad anni cinque e mesi quattro di reclusione la pena inflitta a G.P. in relazione al reato di tentato omicidio in danno di Del Re Antonio che colpiva ripetutamente con un coltello da cucina a punta attingendolo all'addome, all'ascella e alla parte sinistra del torace, nonché, per il porto illegale dei coltello. Premesso che l'imputato aveva rinunciato ai motivi di appello relativamente alla configurazione dei reati contestati, fatto salvo per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di quelle di cui all'articolo 62 numero 2 e numero 5 cod. penumero , richiamava la decisione di primo grado, all'esito del giudizio abbreviato, quanto alla ricostruzione del fatto. Affermava, quindi, di condividere il diniego della circostanza attenuante della provocazione «non ricorrendo la necessaria proporzionalità tra offesa e reazione», posto che non si può mai riconoscere la circostanza, pur in presenza di fatti ingiusti della vittima, allorchè la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva e inadeguata rispetto all'episodio cui trae origine. La Corte territoriale escludeva, altresì, la configurabilità della circostanza di cui all'articolo 62 numero 5 cod. penumero non ravvisandosi alcun collegamento tale da ritenere che l'offeso abbia voluto lo stesso evento avuto di mira dall'imputato. 2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il P., a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la violazione di legge ed il vizio della motivazione della sentenza impugnata in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62 numero 2 e numero 5 cod. penumero Quanto alla provocazione, rileva che le argomentazioni della Corte territoriale sono in contraddizione con quanto la stessa Corte ha affermato in ordine alla ricostruzione dei fatti ad al litigio che aveva preceduto l'aggressione fisica. Infatti, il testimone Quattrocchi aveva riferito che la persona offesa aveva aggredito il ricorrente con una mazza da baseball ed aveva tentato di colpirlo con il coltello che aveva in mano con conseguente violenta colluttazione nella quale il ricorrente era riuscito a disarmare il Del Re del coltello che poi aveva usato per colpire la stessa vittima allega verbale dichiarazioni del testimone . Pertanto, la reazione del ricorrente non può ritenersi eccessiva e sproporzionata. Per le stesse ragioni, la ricostruzione dell'accaduto riferita dal predetto testimone contraddice l'affermazione con la quale la Corte di appello ha negato la configurabilità della circostanza attenuante di cui al numero 5 dell'articolo 62 cod. penumero . Infatti, la persona offesa che aveva aggredito il ricorrente con maza da baseball e coltello non poteva non mettere in conto di rischiare di uccidere l'imputato se fosse riuscito a colpirlo prima di essere disarmato. Considerato in diritto II ricorso è infondato. II concetto di adeguatezza e proporzione non connota la circostanza attenuante della provocazione di cui all'articolo 62 numero 2 cod. penumero che può essere esclusa soltanto laddove la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere o lo stato d'ira ovvero il nesso causale fra il fatto ingiusto e l'ira Sez. 1, numero 30469 del 15/07/2010, Lucianò, rv. 248375 . Sotto tale profilo, invero, la Corte di appello, pur avendo dato atto che la dinamica riferita dalla persona offesa era stata parzialmente smentita e che tra gli antagonisti vi era stato un precedente litigio verbale, non ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che la reazione del ricorrente fosse eccessiva e inadeguata. D'altro canto, dalla lettura del verbale della testimonianza allegata dal ricorrente risulta che la vittima aveva affrontato il P. armato di mazza da baseball e di coltello e che era stata disarmata dal ricorrente che aveva colpito con lo stesso coltello tuttavia, dalle circostanze riferite dal testimone si evince chiaramente che il fatto è avvenuto in un contesto di sfida tra i due litiganti, seguito all'aggressione verbale reciproca, che esclude in radice il riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione. Infatti, l'accettazione di una sfida, come anche il portare una sfida, per la risoluzione di una contesa o per dare sfogo ad un risentimento, impedisce l'applicazione della circostanza attenuante della provocazione per la illiceità dei comportamento di sfida, seppure esso sia stato occasionato da un precedente fatto dell'avversario Sez. 1, numero 16123 del 12/04/2012, Samperi, rv. 253210 . Pertanto, in tale senso deve essere corretta la motivazione della impugnata, ai sensi dell'articolo 619 cod. proc. penumero . Tanto chiarito in ordine alla dinamica del fatto, si palesa l'infondatezza dei ricorso con riferimento alla ulteriore circostanza attenuante del concorso del fatto doloso della persona offesa. Invero, perché possa farsi luogo alla applicazione di quella prevista dal numero 5 dell'articolo 62 cod. penumero , non è sufficiente che la persona offesa abbia contribuito, con la sua condotta, alla causazione dell'evento, ma è necessario, sul piano psicologico, che l'offeso abbia voluto lo stesso evento avuto di mira dall'agente, quindi, nella specie il proprio ferimento Sez. 5, numero 7570 del 22/04/1999, Traverso, rv. 213639 Sez. 1, numero 14802 del 07/03/2012, Sulger, rv. 252265 . L'attenuante di cui all'articolo 62 numero 5 cod. penumero , richiedendo la sussistenza dei fatto doloso della persona offesa, rinvia, per la nozione del dolo, al precedente articolo 43 e, quindi, presuppone che la persona offesa preveda e voglia l'evento dannoso come conseguenza della propria cooperazione attiva o passiva al fatto delittuoso dell'agente Sez. 1, numero 29938 del 14/07/2010, Meneghetti, rv. 248021 . Par tutte le predette ragioni, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento della spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.