La dipendenza da droga è un elemento da valutare ai fini della continuazione di un reato, ma questo principio non può essere limitato alle sole ipotesi di improbabile prova diretta della dipendenza da droga nel ristretto arco temporale di commissione di ciascuno dei fatti dei quali si chiede l’unificazione per continuazione.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 23006, depositata il 3 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Roma, in seguito al rinvio della Cassazione, decideva sulla possibilità di applicazione in favore di un imputato della disciplina della continuazione per due rapine effettuate a tre mesi di distanza. La Cassazione aveva affermato il principio, secondo cui nella deliberazione riguardo al riconoscimento della continuazione il giudice deve verificare che i reati siano frutto della medesima e preventiva risoluzione criminosa, tenendo conto se l’imputato, in concomitanza della relativa commissione, era tossicodipendente e se tale stato abbia influito sulla commissione delle condotte criminose. Secondo la Corte d’appello, non era stato dimostrato l’uso regolare di droga nel periodo tra le due rapine, né perciò che fosse condizionato dalla necessità di avere la sostanza. Inoltre, le analogie tra i due crimini erano inconcludenti per l’individuazione del medesimo disegno criminoso. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando l’esclusione della sussistenza dello stato di tossicodipendenza in occasione dei reati e la mancata affermazione della continuazione. Indagini da approfondire. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che, nella sentenza impugnata, si dava inizialmente atto della presenza di una documentazione che dimostrava la tossicodipendenza dell’uomo. Tuttavia, i giudici di merito, argomentando che c’erano stati vari tentativi di disintossicazione, ritenevano non dimostrato che, nel periodo intercorso tra i due crimini, fosse condizionato nelle sue azioni dalla tossicodipendenza. Per la Corte di Cassazione, però, a fronte di prove dell’uso di droga per ampi periodi, di cui dava atto la stessa sentenza impugnata, non poteva essere determinante ed ostativo il solo dato dell’assenza di prove dirette della tossicodipendenza in stretta concomitanza temporale con la commissione dei reati. Ambito troppo ristretto. La dipendenza da droga è un elemento da valutare ai fini della continuazione di un reato, ma questo principio non può essere limitato alle sole ipotesi di improbabile prova diretta della dipendenza da droga nel ristretto arco temporale di commissione di ciascuno dei fatti dei quali si chiede l’unificazione per continuazione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 marzo – 3 giugno 2014, numero 23006 Presidente Ippolito – Relatore Di Stefano Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Roma con sentenza dei 15 maggio 2013 ha deciso in sede di rinvio disposto da questa Corte con sentenza del 3 ottobre 2012 sulla possibilità di applicazione in favore di G.R. della disciplina della continuazione tra la rapina aggravata in concorso commessa in Roma il 4 giugno 2008 ai danni di una filiale di banca, per la quale il R. era stato condannato con la sentenza parzialmente annullata, e la rapina del 9 settembre 2008 ai danni di una diversa filiale di banca. 2. La Corte di Cassazione aveva annullato la prima sentenza di appello in quanto la stessa non aveva fatto alcun esame degli elementi di fatto a disposizione limitandosi a ricondurre il comportamento del ricorrente ad un cattivo stile di vita non significativo di una identità di disegno criminoso. Questa Corte definiva il principio cui il giudice di rinvio si sarebbe dovuto uniformare Nel deliberare in ordine al riconoscimento della continuazione il giudice verifica che i reati siano frutto della medesima, preventiva risoluzione criminosa, tenendo conto, se l'imputato, in concomitanza della relativa commissione, era tossicodipendente, se il suddetto stato abbia influito sulla commissione delle condotte criminose alla luce di specifici indicatori quali a la distanza cronologica tra i fatti criminosi b le modalità della condotta c la sistematicità ed abitudini programmate di vita d la tipologia dei reati e il bene protetto f I' omogeneità delle violazioni g le causali h lo stato di tempo e luogo i la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza . 3. La Corte di Appello con la decisione impugnata, quindi, rilevava che - in base alla documentazione presentata dalla difesa innanzitutto non era dimostrato che nel periodo tra le due rapine il ricorrente facesse uso regolare di droga e fosse perciò condizionato dalla necessità di avere tale sostanza. - non emergeva da alcun elemento che in entrambe le ipotesi la spinta a commettere i reati dipendesse dalla necessità di procurarsi la droga. Nè, peraltro, nel corso del processo l'imputato si era mai difeso facendo riferimento al tema della tossicodipendenza. 4. Valutando tutti gli indici sopra indicati, la Corte osservava che, pur essendovi profili certamente comuni quanto al bene offeso ed alle modalità di compimento dei fatti, le analogie tra i due crimini erano tali da essere sostanzialmente inconcludenti ai fini della individuazione del medesimo disegno criminoso ne, comunque, era stato individuato o quantomeno allegato il fine comune della commissione di rapine a distanza di tre mesi l'una dall'altra. 5. R.G. ha proposto personalmente ricorso contro tale decisione con un unico motivo di violazione di legge e vizio di motivazione. 6. La sua critica attiene essenzialmente al mancato rispetto del principio di diritto indicato dalla Corte di Cassazione con una motivazione illogica è stata esclusa la sussistenza di una condizione di tossicodipendenza del R.G. in occasione dei reati. La motivazione è stata altresì illogica laddove analizza gli altri indici rivelatori di un possibile unico disegno criminoso e, pur in presenza di condizioni corrispondenti a quelle indicate come significative dalla sentenza di annullamento, ha escluso la continuazione. Considerato in diritto 7. Il ricorso è fondato. 8. La prima parte del principio di diritto cui il giudice di rinvio doveva uniformarsi prevedeva che Nel deliberare in ordine al riconoscimento della continuazione il giudice verifica che i reati siano frutto della medesima, preventiva risoluzione criminosa, tenendo conto, se l'imputato, in concomitanza della relativa commissione, era tossicodipendente . Quindi il primo punto da verificare riguardava la condizione di tossicodipendenza in occasione della commissione dei reati in questione in caso di accertamento positivo sarebbe stato poi necessario valutare l'eventuale sussistenza delle altre condizioni per la ricorrenza della ipotesi di continuazione. 9. Nella sentenza impugnata si dà inizialmente atto della presenza di documentazione che è in grado di dimostrare la tossicodipendenza di G. in vari momenti, in concomitanza con il ricorso a strutture di assistenza pubbliche, tentativi di disintossicazione e detenzioni in carcere. 10. La successiva motivazione della Corte di merito appare però contraddittoria laddove, pur rilevando che tutta codesta documentazione senz'altro dimostra inequivocabilmente che per lungo tempo l'imputato ha avuto in particolare problemi con la droga e, ancor più precisamente, problemi di dipendenza vera e propria dalla droga ed argomentando sul fatto che egli abbia varie volte tentato di disintossicarsi, s'è curato, ha anche fatto ricorso al metadone, e deve perciò presumibilmente, per qualche tempo, aver attraversato momenti di benessere anche se non si sa - perché non risulta a chiare lettere - quando ciò sia avvenuto , ritiene di dover sbrigativamente escludere la prova del protrarsi della tossicodipendenza nei periodi intermedi tra quelli per i quali risulta documentazione specifica. Difatti il giudice di merito risolve, negativamente, il problema della tossicodipendenza nel dato periodo con la semplice osservazione che Insomma, non emerge in modo del tutto chiaro che il G., proprio fra il 4 giugno ed il 9 settembre 2008, fosse nel suo agire condizionato dalla tossicodipendenza. Non è una motivazione logica rispetto alle premesse della sussistenza di documentazione significativa proprio in base a quanto premesso nella stessa sentenza, la Corte doveva effettuare una ragionevole valutazione della documentazione disponibile, attestante l'uso abituale di stupefacenti in vari momenti antecedenti e successivi al periodo qui di interesse. 11. Fermo restante, in caso di valutazione positiva dello stato di tossicodipendenza, la necessità di valutare tutti gli altri profili, è perciò doveroso procedere ad un effettivo esame, non preconcetto come invece sembra emergere dalla sentenza impugnata, del quale dare conto con adeguata motivazione, sulla plausibilità od esclusione della condizione suddetta nelle date occasioni. A fronte di prove dell'uso di droga in condizioni di grave assuefazione per ampi periodi, di cui dà atto la stessa sentenza impugnata, non può essere determinante ed ostativo il solo dato della assenza di prove dirette della tossicodipendenza in stretta concomitanza temporale con la commissione di reati. 12. Una ricostruzione dello stato di tossicodipendenza, che di norma non è né occasionale nè breve, nel senso di utilizzare le tracce della condizione personale in un più ampio arco di tempo è una modalità di indagine conforme alla stessa norma della quale si chiede l'applicazione l'articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero , dà particolare rilievo alla dipendenza da droga quale elemento che, pur se di per sé non è automaticamente determinante, è certamente da valutare ai fini della continuazione. La disposizione non può certo avere un campo di applicazione limitato alle sole ipotesi di ben improbabile prova diretta della dipendenza da droga nel ristretto arco temporale di commissione di ciascuno dei fatti dei quali si chiede l'unificazione per continuazione. 13. Il giudice di rinvio dovrà, quindi, considerare, nell'esercizio del proprio esclusivo potere di valutazione in fatto, se, attesa la lunga storia di tossicodipendenza di cui riferisce la stessa sentenza impugnata, in base alla documentazione già acquisita, sia ragionevole ritenere una tale condizione sussistesse anche in occasione delle rapine in banca. All'esito di tale valutazione, laddove risulti positiva, il giudice di rinvio procederà alla considerazione della presenza degli altri indici ai fini della individuazione di ricorrenza di un medesimo disegno criminoso. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per nuovo giudizio.