La documentazione bancaria che fa cadere l'accertamento fiscale può essere esibita per la prima volta dal contribuente durante il contenzioso anche se non esibita all'ufficio in fase amministrativa. Il fatto che la documentazione non sia stata esibita in sede amministrativa, infatti, può giustificare la condotta dell'amministrazione che proceda ad accertamento, ma non determina la impossibilità di produrre tale documentazione in sede contenziosa.
Tale principio è stato statuito dalla ordinanza del 26 maggio 2014 numero 11765 della Corte di Cassazione. Il caso. Il giudice del gravame ha rigettato l’appello della contribuente, confermando la validità e la fondatezza dell’avviso di accertamento ai fini IRPEF e addizionali per il periodo di imposta relativo all'anno 2005. L’Ufficio aveva invocato l'articolo 38, commi 4 e 5, d.p.r. numero 600/73 e sottolineato che la contribuente aveva acquistato in data 14 giugno 2006 un appartamento del valore dichiarato di € 400mila con un incremento patrimoniale pari ad € 170mila posto che 250mila € erano stati ottenuti con un mutuo . Violazione dell'obbligo di leale collaborazione con il Fisco. Secondo gli Ermellini la norma contenuta nell'articolo 32 d.p.r. numero 600/1973, che in qualche misura deroga ai principi di cui agli articolo 24 e 53 Cost., deve essere applicata in modo da non comprimere il diritto alla difesa e di non obbligare il contribuente a pagamenti non dovuti. Occorre cioè che il comportamento del contribuente appaia idoneo a far concretamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito, nel corso di giudizio se si rifiuta l'esibizione di regola è perché si ha qualcosa da nascondere e si ha qualcosa da nascondere quando si è violata la norma impositiva ed inoltre appaia meritevole di sanzione per la violazione dell'obbligo di leale collaborazione con il Fisco. Impossibilità di produrre il documento in fase istruttoria. Il diritto a vedere ammesso il documento in giudizio è correlato o subordinato alla prova dell'impossibilità della produzione in fase istruttoria per una ragione che non può essere addossata all'esibente. Non ricorre la preclusione dell'utilizzo dei documenti favore del contribuente qualora il contribuente ,ricorrente in primo grado, dia la prova della impossibilità di adempiere alle richieste dell'ufficio per causa a lui non imputabile. L'occultamento al Fisco di tale materiale vizia fin dal nascere l'operato dell'Amministrazione in sede di accertamento, creando un ingiusto vantaggio per il contribuente e vanificando la costosa attività di accertamento. La violazione di questo principio di lealtà è sanzionata con una limitazione in capo al contribuente delle sue facoltà probatorie in sede contenziosa. È condotta sanzionata dall'ordinamento quella sleale del contribuente quella cioè consistente nel deliberato occultamento di ciò che era stato richiesto dall'Amministrazione, che il contribuente stesso possedeva e che ha volutamente taciuto o non fornito. Il legislatore, consapevole delle conseguenze che la mancata esibizione può avere prodotto sull'operato degli organi di accertamento, ha subordinato la sanatoria delle preclusioni alla allegazione da parte del ricorrente di non aver potuto adempiere alle richieste dell'ufficio per causa lui non imputabile .Non si può ritenere sufficiente una mera dichiarazione di parte, fatta peraltro in una sede processuale dove ogni assunto di parte deve essere provato. Si deve cioè ritenere che le preclusioni in parola siano sanate solo se il contribuente produca quanto richiesto dall'ufficio nella fase introduttiva del giudizio, provando contestualmente di non aver potuto esibire tali atti o documenti in sede amministrativa per causa a lui non imputabile. La sanatoria delle preclusioni si ha quando viene provato che la condotta omissiva del contribuente non è volontaria, dipendendo da una causa a lui non imputabile. Pertanto, se si rifiuta dolosamente l'esibizione, il mancato utilizzo dei dati occultati in senso favorevole al contribuente non è suscettibile di sanatoria. Se invece non si esibisce per causa indipendente dalla volontà del contribuente la preclusione consistente nell'utilizzabilità dei dati non comunicati all'Amministrazione si sana con la produzione in sede contenziosa, accompagnata dalla prova della causa ostativa all'esibizione. L'articolo 52, comma 5, d.P.R. numero 633/1972 richiamato dall'articolo 33, d.P.R. numero 600/1973 secondo cui «non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa» i documenti libri, scritture, registri, eccetera che non siano stati acquisiti durante gli accessi perché il contribuente ha rifiutato di esibirli o perché ha dichiarato di non possederli o perché, comunque, li ha sottratti al controllo , trova applicazione - alla luce dell'articolo 24 Cost. - solo quando si sia in presenza di una specifica richiesta o ricerca da parte dell'Amministrazione e di un rifiuto, o di un occultamento da parte del contribuente medesimo. Quest'ultimo può, perciò, depositare in sede giudiziaria documenti che non abbia esibito ai verbalizzanti, sempre che costoro non li abbiano esplicitamente richiesti Cass., sez. trib., sent. numero 9127/2006 . Il divieto di prendere in considerazione ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa i libri, scritture e documenti di cui si è rifiutata l'esibizione, previsto dal comma 5 dell'articolo 52 d.P.R. numero 633/1972 è applicabile, ex articolo 33 d.P.R. numero 600/1973, anche agli accertamenti delle imposte sui redditi in questo senso è anche Cass. numero 1030/2002 inoltre, tale divieto deve ritenersi operante non solo nell'ipotesi di rifiuto per definizione “doloso” dell'esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all'ispezione i documenti in suo possesso, ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, eccetera e, quindi, per colpa.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 7 – 26 maggio 2014, numero 11765 Presidente/Relatore Cicala Svolgimento del processo e motivi della decisione La sig.ra G.E. propone ricorso avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli, sezione staccata di Salerno, numero 287/4/13 del 11 aprile 2013 rigettava l’appello della contribuente, confermando la validità e la fondatezza dell’avviso notificato il 22/10/2010 con il quale l'Agenzia delle Entrate , Ufficio di Salerno, accertava ai fini IRPEF e addizionali per il periodo di imposta relativo all'anno 2005 il reddito netto di € 105.897,40 a fronte di una dichiarazione dei redditi negativa. L’Ufficio aveva invocato l'articolo 38 comma 4 e 5 del DPR 600/73 e sottolineato che la contribuente aveva acquistato in data 14/06/2006 un appartamento del valore dichiarato di €. 400.000,00 con un incremento patrimoniale pari ad € 170.000.00 posto che 250.000 € erano stati ottenuti con un mutuo . La Amministrazione si è costituita in giudizio. Il ricorso merita -secondo il relatore -accoglimento. La sentenza impugnata accenna a decrementi finanziari tardivamente addotti con documentazione bancaria non esibita all'Ufficio senza alcuna giustificazione dell'inadempimento per cause non imputabili alla contribuente . E con tali parole il giudice non prende in considerazione la documentazione bancaria prodotta dalla contribuente fin dal giudizio di primo grado, in quanto non esibita all’Ufficio . Pur dando atto che tale documentazione avrebbe potuto determinare un esito almeno parzialmente favorevole alla contribuente così come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Sentenze numero 3111 del 12 febbraio 2014 e 20 marzo 2009, numero 6813 . Nella sua pronuncia il giudice sembra aver fatto implicito riferimento all'articolo 32 del D.P.R. 600/1973 testo unico sull’accertamento dei redditi , secondo cui le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. Le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all'atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile. Si tratta di una disposizione che in qualche misura deroga ai principi di cui agli articolo 24 e 53 della Costituzione e dunque deve essere applicata in modo da non comprimere il diritto alla difesa e di non obbligare il contribuente a pagamenti non dovuti sentenza numero 20487 del 6 settembre 2013, che si richiama a quanto affermato da Cass., sez. unumero , 25 febbraio 2000, numero 45/SU . Occorre cioè che il comportamento del contribuente appaia idoneo a far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito, nel corso di giudizio se si rifiuta l'esibizione di regola è perché si ha qualcosa da nascondere e si ha qualcosa da nascondere quando si è violata la norma impositiva ed inoltre appaia meritevole di sanzione per la violazione dell'obbligo di leale collaborazione con il fisco. Questa indicazione di principio induce ad una interpretazione rigorosa del termine invito contenuto nella norma. Richiedendo che tale ‘ invito sia specifico e puntuale, oltre che accompagnato dall'avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza. Il fatto che la documentazione non sia stata esibita in sede amministrativa, può giustificare la condotta della Amministrazione che proceda ad accertamento, ma non determina la impossibilità di produrre tale documentazione in sede contenziosa posto che tale significativa sanzione scatta solo ove la Amministrazione, invece di esercitare i propri poteri di indagine ed accertamento bancario, inviti il contribuente ad esibire la specifica documentazione relativa a tali rapporti. Il che non risulta dalla sentenza impugnata, che poggia dunque su una interpretazione della legge difforme dai principi sopra indicati. Essa deve quindi essere cassata e la controversia rinviata al giudice di merito affinché valuti se ed in quale misura la documentazione prodotta giustifichi le spese affrontate dalla contribuente. Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia avanti alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che deciderà anche per le spese del presente grado di giudizio.