Pianta alta e rigogliosa: anche questi sono indici dell’effetto drogante della sostanza

È compito del giudice di merito verificare in concreto l’offensività della condotta ovvero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile siffatta indagine non deve limitarsi solo alla verifica del quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, in relazione al loro grado di maturazione, ma anche ad ulteriori circostanze, quali l’estensione e la struttura organizzata della piantagione nonché le modalità in cui questa viene curata, dalle quali sia lecito desumere l’esistenza di una produzione di sostanze stupefacenti potenzialmente idonee ad incrementare il mercato.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 19423 del 12 maggio 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza emessa a carico di un uomo per avere questi coltivato illecitamente una pianta di marijuana particolarmente alta in particolare proprio l’altezza, unitamente al fatto che dalla pianta era possibile trarre una cospicua quantità di principio attivo, portava a dover escludere l’inoffensività della condotta. L’imputato propone ricorso in Cassazione, insistendo sulla mancanza di offensività della condotta, resa evidente dalla esiguità della sostanza drogante ricavabile e dalla evidente sua destinazione all’uso personale, desumibile dalla unicità della pianta coltivata, dalla sua pubblica esposizione, dal mancato ritrovamento degli strumenti tipici atti al confezionamento delle dosi di stupefacente per la vendita a terzi. Indagine sull’idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante. Il ricorso è da rigettarsi è compito del giudice di merito verificare in concreto l’offensività della condotta ovvero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile siffatta indagine non deve limitarsi solo alla verifica del quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, in relazione al loro grado di maturazione, ma anche ad ulteriori circostanze, quali l’estensione e la struttura organizzata della piantagione nonché le modalità in cui questa viene curata, dalle quali sia lecito desumere l’esistenza di una produzione di sostanze stupefacenti potenzialmente idonee ad incrementare il mercato. Nel caso di specie, la pianta era ampiamente sviluppata sia in altezza che nel peso, essendo giunta a piena maturazione inoltre, da essa era possibile ricavare una quantità di principio attivo idonea al confezionamento di un numero particolarmente alto di dosi medie singole. Per questi motivi, non poteva sostenersi l’uso esclusivamente personale del prodotto. Il ricorso, dunque, va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 febbraio – 12 maggio 2014, numero 19423 Presidente Gentile – Relatore Gentili Ritenuto in fatto La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa a carico di E.G. , quanto alla affermazione della sua penale responsabilità in ordine al reato di cui all'articolo 73, comma 1, dPR numero 309 del 1990, per avere questi coltivato illecitamente una pianta di marijuana della altezza di circa 120 cm, e, concessa la attenuante di cui al V comma dell'articolo 73, esclusa la recidiva, rideterminava la pena, originariamente inflitta in anni 2 e mesi 4 di reclusione ed Euro 4000,00 di multa, in anni 1 e mesi 8 di reclusione e Euro 3000,00 di multa. Essendo l'appello argomentato sulla irrilevanza penale della condotta e, in subordine, sulla mancata concessione della attenuante di cui all'articolo 62, numero 4, cod. penumero , la Corte territoriale, quanto al primo argomento, ha richiamato la giurisprudenza delle SS UU di questa Corte in particolare la sentenza numero 28605 del 2008 in base alla quale, trattandosi di reato di pericolo, nel quale è necessario riscontrare nel caso di specie la necessaria offensività, la condotta ora in esame è inoffensiva solo se la sostanza ricavabile dalla coltivazione non è idonea a produrre effetto stupefacente in concreto rilevabile. Ciò posto, dato che nella fattispecie la pianta in questione era ampiamente sviluppata e da essa era possibile trarre un principio attivo utile pari a grammi 10,36, idoneo a produrre oltre 400 dosi medie singole, la Corte ha escluso la inoffensività della condotta. Quanto alla mancata concessione della attenuante di cui all'articolo 62, numero 4, cod. penumero ad avviso della Corte territoriale essa derivava dalla espressa dichiarazione del prevenuto secondo la quale la coltivazione della sostanza stupefacente non era finalizzata allo spaccio, di tal che doveva escludersi che dalla attività in questione potesse derivare un qualche lucro, ancorché di speciale tenuità. Proponeva ricorso per cassazione l'E. , insistendo per la mancanza di offensività della condotta, resa manifesta dalla esiguità della sostanza drogante ricavabile e dalla evidente sua destinazione all'uso personale, desumibile dalla unicità della pianta coltivata, dalla sua pubblica esposizione, dal mancato ritrovamento degli strumenti tipici atti al confezionamento delle dosi di stupefacente per la vendita a terzi bilancini, materiale idoneo al taglio ed al confezionamento . Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Rileva la Corte che la tematica della rilevanza penale della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali è possibile estrarre sostanze stupefacenti ha dato luogo ad una copiosa produzione giurisprudenziale dall'esame della quale è consentito astrarre, attraverso un processo di deduzione logica una serie di principi oramai consolidatisi. Sebbene sia stato ribadito, anche dalle Sezioni unite di questa Corte Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 10 luglio 2008, numero 28605 , il principio, già precedentemente espresso, in forza del quale, conformemente peraltro al testuale dato normativo, ai fini della declaratoria della responsabilità penale per la coltivazione di piante da cui possono ricavarsi sostanze stupefacenti, è irrilevante la destinazione ad uso personale del prodotto della coltivazione Corte di cassazione, Sezione VI penale, 24 maggio 2007, numero 20426 , appare essere stato, viceversa, superato l'orientamento più rigoroso in base al quale nessun rilievo poteva avere, ai fini della configurabilità o meno dell'illecito, la quantità del principio attivo concretamente ricavabile dalla piantagione, non potendo in particolare invocarsi, secondo tale orientamento, l'applicazione dell'articolo 49 cod. penumero , sotto il profilo del reato impossibile, in quanto la modesta entità del principio attivo ricavabile assumeva rilevanza esclusivamente ai fini della graduazione della gravità della condotta antigiuridica Corte di cassazione, Sezione VI penale, 23 marzo 2007, numero 12328 . Infatti sono state le medesime Sezioni unite, precisando il contenuto del loro dictum, a chiarire, con la sentenza ricordata anche dalla Corte territoriale di Napoli nella decisione ora in esame, che ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice di verificare in concreto l'offensività della condotta ovvero la idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 10 luglio 2008, numero 28605 . Tal principio è stato poi, nel tempo, declinato dalla giurisprudenza di questa Corte scrutinando adesso solo gli arresti più recenti ora in termini sostanzialmente riproduttivi del principio espresso dalle Sezioni unite Corte di cassazione, Sezione VI penale, 18 marzo 2013, numero 12612 , ora osservandosi che la inoffensività è riscontrabile solo in presenza di una condotta assolutamente inidonea a ledere i beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 maggio 2013, numero 21120 , ora in termini, apparentemente, indirizzati verso un'interpretazione di carattere rigoristico della ricordata pronunzia delle Sezioni unite, laddove si è precisato che l'offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo, attese la formulazione della norme e la ratio della disciplina, anche comunitaria, in materia, sicché non rileva la sola quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, dovendosi invece prendere in esame anche la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere nel tempo a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente Corte di cassazione, Sezione VI penale, 24 maggio 2013, numero 22459 . In altri casi, oltre ad essere stato richiamato espressamente, quale parametro normativo di riferimento e verifica ai fini della riconducibilità del fatto contestato nell'ambito della rilevanza penale, l'articolo 49 cod. penumero Corte di cassazione, Sezione IV penale, 28 giugno 2011, numero 25674 , si è confermato che è compito del giudice del merito verificare in concreto la offensività della condotta ovvero la idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile Corte di cassazione, Sezione VI penale, 23 maggio 2013, numero 22110 , precisandosi che siffatta indagine non deve limitarsi soltanto alla verifica del quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, in relazione al loro grado di maturazione, ma anche ad ulteriori circostanze, quali la estensione e la struttura organizzata della piantagione nonché le modalità in cui questa viene curata, dalle quali sia lecito desumere l'esistenza di una produzione di sostanze stupefacenti potenzialmente idonee ad incrementare il mercato Corte di cassazione, Sezione III penale, 29 maggio 2013, numero 23082 . Tirando le fila di questa ricapitolazione emerge, con chiarezza che, proprio quale contraltare del principio in base al quale, a differenza di quanto avviene nel caso della detenzione di sostanze stupefacenti, la coltivazione per l'uso personale del frutto in senso improprio delle piante destinate alla produzione di stupefacenti non è esente da rilevanza penale, è per altro verso necessario operare la verifica in concreto della offensività della singola fattispecie del genere in questione sottoposta all'esame degli organi giudiziari tale verifica è precipuo compito dei giudici del merito e le sue risultanze saranno, evidentemente, insindacabili - ove non ricorra una diversa violazione di legge - di fronte al giudice della legittimità, salvo il caso di omissione, irragionevolezza od illogicità della motivazione. Tanto osservato in linea di principio, il Collegio, con riferimento al caso di specie, rileva che, coerentemente con quanto dianzi esposto, la Corte di appello di Napoli nella impugnata sentenza ha operato la necessaria verifica della offensività della condotta realizzata dall'E. . Detta offensività è stata nel caso di specie desunta, in maniera del tutto congrua e ragionevole, dal fatto che, sebbene la pianta idonea alla produzione di marijuana dal prevenuto coltivata fosse una sola, essa era, tuttavia, ampiamente sviluppata sia in altezza che nel peso, avendo raggiunto la sua piena maturazione vegetale, e che dalla stessa era possibile ricavare una quantità di principio attivo utile pari ad oltre 10,3 grammi, quantità questa idonea al confezionamento di ben 414,19 dosi medie singole. Dato quest'ultimo, osserva ancora il Giudice di merito, peraltro sintomatico del fatto correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, comunque, irrilevante sotto il profilo della integrazione della fattispecie penale all'E. contestata che, assai difficilmente poteva sostenersi l'uso esclusivamente personale del prodotto ricavabile dalla pianta in questione. Alla dichiarazioni di infondata del ricorso segue, in applicazione dell’articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente a, pagamento delle spese processuale. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pavento delle spese processuali.