Il reato di insolvenza fraudolenta, ex articolo 641 c.p., che punisce chi, dissimulando il proprio stato di insolvenza, contrae un’obbligazione col proposito di non adempierla, non può mai progredire nella fattispecie della rapina impropria, di cui all’articolo 628, comma 2, c.p., in quanto manca l’elemento obiettivo della sottrazione della cosa mobile altrui.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 18039, depositata il 30 aprile 2014. Il caso. Il giudice monocratico di Livorno dichiarava di non doversi procedere nei confronti di un imputato, accusato di insolvenza fraudolenta, per essere il fatto estinto a seguito dell’adempimento dell’obbligazione, ex articolo 641 c.p L’uomo aveva fatto un rifornimento di benzina e non aveva provveduto a pagare l’importo dovuto alla dipendente del distributore, minacciandola ed allontanandosi. Il Procuratore Generale ricorreva in Cassazione, lamentando che il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come rapina impropria, di cui all’articolo 628, comma 2, c.p., a causa delle minacce dell’imputato. Manca un elemento specifico. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che la condotta dell’imputato non poteva essere qualificata come sottrazione di cosa mobile altrui, in quanto il rifornimento di carburante è un’azione lecita, compiuta sotto il controllo e con le modalità predisposte dall’avente diritto, da cui sorge l’obbligo di pagare il prezzo. Il rifiuto di adempiere a tale obbligazione integra gli estremi del reato di insolvenza fraudolenta, che non può progredire in rapina impropria, proprio per l’assenza dell’elemento obiettivo della sottrazione della cosa altrui. Reati concorrenti. Eventualmente, se il rifiuto è accompagnato da atteggiamenti minacciosi, concorrono gli autonomi reati corrispondenti ai comportamenti minacciosi o violenti posti in essere dall’agente. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 – 30 aprile 2014, numero 18039 Presidente Carmenini – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 28/5/2013, il Giudice monocratico del Tribunale di Livorno, Sezione Distaccata di Piombino, dichiarava non doversi procedere nei confronti di G.M. , in ordine al delitto di insolvenza fraudolenta, per essere il reato estinto a seguito dell'adempimento dell'obbligazione. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso immediato per cassazione il P.G. deducendo violazione di legge in quanto il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come rapina impropria, avendo l'imputato minacciato l'addetta alla pompa di benzina per non corrispondere il prezzo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. 2. All'imputato è stato contestato il reato di cui all'articolo 641 cod. penumero perché “riforniva autonomamente l'autovettura Oper Corsa con la quale era giunto sul posto per un importo di Euro 45,00 di benzina verde e non provvedeva a pagare il suddetto importo alla dipendente del distributore, Disseri Aurora, minacciandola ed allontanandosi ”. 3. A ben vedere il fatto contestato non può essere iscritto nell'orizzonte della rapina impropria per difetto dell'elemento oggettivo della sottrazione della cosa altrui. La rapina impropria costituisce una progressione criminosa di una condotta di sottrazione che altrimenti integrerebbe il reato di furto. 4. Nel caso di specie la condotta dell'imputato che ha effettuato un rifornimento di carburante, utilizzando l'impianto predisposto per il rifornimento a disposizione degli automobilisti, non può essere qualificato come sottrazione di cosa mobile altrui, trattandosi di un'azione lecita che viene compiuta sotto il controllo e con le modalità predisposte dall'avente diritto, dalla quale sorge sinallagmaticamente l'obbligazione civile di pagare il prezzo del carburante che l'agente ha introdotto nel serbatoio dell'autovettura con il consenso del gestore. Il rifiuto di pagare il prezzo del carburante contabilizzato dall'impianto di distribuzione integra gli estremi del reato di insolvenza fraudolenta il fatto che tale rifiuto sia stato accompagnato da atteggiamenti minacciosi può comportare la concorrenza del reato di minacce con quello di insolvenza fraudolenta, ma non può determinare la progressione dell'insolvenza fraudolenta in rapina impropria, proprio per l'assenza dell'elemento obiettivo della sottrazione della cosa mobile altrui. 5. Pertanto può essere enunciato il seguente principio di diritto “la condotta prevista dall'articolo 641 cod. penumero che punisce il fatto di chiunque, dissimulando il proprio stato d'insolvenza, contrae un'obbligazione col proposito di non adempierla, nell'ipotesi in cui il debitore insolvente si sottragga al pagamento dell'obbligazione ricorrendo ad atteggiamenti minacciosi o violenti, non può mai progredire nella fattispecie della rapina impropria, prevista dall'articolo 628, comma secondo cod. penumero In tali circostanze con il reato di insolvenza fraudolenta concorrono gli autonomi reati corrispondenti ai comportamenti minacciosi o violenti posti in essere dall'agente”. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.