Con la circolare numero 5, pubblicata il 20 febbraio scorso, in materia di trasferimento all’estero della residenza della società, Assonime illustra ed analizza il D.M. 2 agosto 2013, attuativo del comma 2-quater dell’articolo 166 T.U.I.R. in tema di exit tax. La disposizione prevede un particolare regime di sospensione della riscossione per le operazioni di trasferimento della residenza societaria in un altro Stato dell’UE.
Con la circolare numero 5 pubblicata il 20 febbraio 2014 in materia di trasferimento all’estero della residenza della società, Assonime ha illustrato e analizzato, alla luce dei principi interpretativi elaborati in sede comunitaria, il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 2 agosto 2013, attuativo del comma 2-quater dell’articolo 166 T.U.I.R. La disposizione, introdotta dal d.l. numero 1/2012 articolo 91, comma 1 a seguito della procedura di infrazione avviata contro l’Italia dalla Commissione europea, prevede un particolare regime di sospensione della riscossione per le operazioni di trasferimento della residenza societaria in un altro Stato dell’Unione Europea. Trasferimento all’estero della residenza dell’imprenditore. L’articolo 166, comma 1, T.U.I.R. prevede una exit tax per l’ipotesi di trasferimento all’estero della residenza dei soggetti che esercitano attività d’impresa. In particolare, la disposizione prevede che detto trasferimento comporti la realizzazione, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale che non siano confluiti in una stabile organizzazione rimasta nel territorio dello Stato. La norma ha una funzione di chiusura del sistema impositivo, assoggettando a tassazione i plusvalori latenti dell’azienda nel momento in cui, con il trasferimento all’estero della residenza dell’imprenditore, viene a cessare la potestà impositiva dello Stato. Diversi regimi di exit tax. A seguito della pronuncia della sentenza della Corte di Giustizia De Lasteyrie du Saillant Causa C-9/02 dell’11 marzo 2004, la Commissione europea ha passato al vaglio i diversi regimi di exit tax in vigore negli Stati membri, ritenuti generalmente incompatibili con il diritto dell’Unione e, in particolare, con il principio di libertà di stabilimento. Nel 2010 la Commissione ha avviato la procedura di infrazione contro l’Italia Prot. 2010/4141 , sostenendo che le disposizioni dell’articolo 166 del T.U.I.R. costituivano restrizioni non giustificate al suddetto principio. La norma, dunque, al fine di uscire dalla procedura di infrazione, è stata emendata con l’inserimento del comma 2-quater citato, che ha introdotto la possibilità di richiedere, «in conformità ai principi sanciti dalla sentenza 29 novembre 2011, causa C-371-10, National Grid Indus BV», la sospensione della riscossione per le operazioni di trasferimento della residenza in un altro Stato dell’Unione europea, o in determinati Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo. Il successivo comma 2-quinquies - anch’esso inserito nell’articolo 166 T.U.I.R. dall’articolo 91, comma 1, d.l. numero 1/2012 - ha previsto la successiva emanazione, da parte del Ministro dell’Economia, di un decreto attuativo del citato comma 2-quater «al fine di individuare, tra l’altro, le fattispecie che determinano la decadenza della sospensione, i criteri di determinazione dell’imposta dovuta e le modalità di versamento». In attuazione di tale previsione è stato emanato il D.M. 2 agosto 2013, la cui disciplina è oggetto di ampio commento nella Circolare Assonime numero 5/2014.