La bancarotta preferenziale è collegata indissolubilmente al legittimo esercizio delle funzioni di amministratore, che dipende dalla formale investitura da parte degli organi sociali e dalla congruità del compenso percepito.
In tema di bancarotta fraudolenta, l’ipotesi di bancarotta preferenziale di cui al terzo comma dell’articolo 216 della legge fallimentare R.D. numero 267/1942 e successive modifiche ed integrazioni è collegata indissolubilmente al legittimo esercizio delle funzioni di amministratore, dipendente dalla formale investitura operata dagli organi sociali, e dalla congruità del compenso percepito spesso nella misura deliberata dagli organi competenti in relazione all’attività svolta per la società. Diverso è dunque il caso di un soggetto che si inserisce motu proprio nella compagine amministrativa, al fine specifico di operare la distrazione del patrimonio sociale, agendo dunque nell’interesse proprio e con modalità illecite. Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 13278, depositata il 21 marzo 2013. I principali caratteri della bancarotta preferenziale La pronuncia in esame si sofferma sugli opposti orientamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di differenza fra la bancarotta preferenziale e la bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione. In generale, occorre ricordare che la bancarotta preferenziale costituisce una figura autonoma di reato, meno grave – sotto il profilo del trattamento sanzionatorio – della bancarotta patrimoniale per distrazione. Bene tutelato nell’ipotesi del terzo comma dell’articolo 216 l.f. è la par condicio creditorum , principio generale sancito dall’articolo 2741 c.c. dunque i fatti di bancarotta preferenziale non sottraggono alcun bene ai creditori né alla consistenza patrimoniale netta dell’impresa. e le differenze con la bancarotta per distrazione. Nell’ipotesi di bancarotta preferenziale, il credito favorito deve essere effettivo ed esistente, e deve poter essere ammesso al concorso diversamente, risulta infatti configurabile la fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per distrazione o per esposizione o riconoscimento di passività inesistenti. Ed infatti, non può esservi fraudolenza ogni qualvolta la ricchezza uscita dal patrimonio del debitore sia destinata ad estinguere un’obbligazione reale ed in essere. Il soggetto attivo della bancarotta preferenziale. La sentenza in commento contiene una importante precisazione in merito all’individuazione dei soggetti attivi dell’ipotesi di reato di cui al citato articolo 216, comma 3, della l.f Ed infatti, nel caso di specie, non ha trovato accoglimento la tesi difensiva secondo cui il prelievo di cassa, oggetto di contestazione, sarebbe stato effettuato dall’imputato a titolo di non meglio specificato “compenso”, maturato per l’opera prestata in favore della società a responsabilità limitata di cui lo stesso imputato era, in realtà, solamente amministratore di fatto. Costituisce perciò condotta di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione quella del terzo che, ingerendosi negli affari della società pur non essendone formalmente incaricato, opera con la sola, specifica finalità di fare i propri interessi, e non anche quelli della compagine societaria. Del resto, l’ipotesi di bancarotta preferenziale ricorre nel diverso caso in cui l’amministratore di diritto si ripaghi dei suoi crediti verso la società, non potendo scindersi la qualità di creditore da quella di amministratore, il quale – come tale – è vincolato alla società dall’obbligo della fedeltà e da quello della tutela degli interessi sociali, anche nei confronti di terzi, dei soci e degli altri creditori Cass. 5 maggio 1983, Bonacci .
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 gennaio – 21 marzo 2013, numero 13278 Presidente Marasca – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 24-6-2011, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale di Ferrara, ha condannato M.M. alla pena di anni tre di reclusione, oltre alle pene accessorie, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale per avere, nella qualità di amministratore di fatto della Every Service srl, dichiarata fallita il omissis , tenuto le scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari e per aver distratto somme rilevanti indebito prelievo di cassa per L. 109.853.346 decremento ingiustificato del conto cambiali attive per L. 84.750.000 ulteriore prelievo di cassa per L. 16.200.000 prelievo di contante per L. 19.706.314 azzeramento del credito verso il socio T. per L. 122.990.935 . 2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato lamentando, con due diversi motivi, l'erronea applicazione della legge penale e il travisamento della prova in relazione sia alla bancarotta patrimoniale che quella documentale. Quanto al primo, deduce che la prova della responsabilità è stata desunta da mere operazioni contabili, effettuare per dare alla contabilità una parvenza di attendibilità, e che le operazioni non sottintendevano un reale movimento di valori. Ciò è avvenuto per il conto cassa, ammontante a L. 109.853.346, trasferite, con giroconto, sul conto risconti attivi e successivamente azzerato con sopravvenienze passive di pari importo. Parimenti, il conto cambiali attive non era altro che una aspettativa di credito, rimasta insoddisfatta, in quanto composta di fatture attive contestate dai clienti e per questo azzerato. Deduce che il prelievo di L. 16.000.000 era riconducile a compensi reclamati dall'amministratore e per questo era da ricondurre alla più lieve ipotesi della bancarotta preferenziale che il credito verso il socio T. era riconducibile ad un'operazione di aumento di capitale fatto in vista di un finanziamento pubblico a favore dell'imprenditoria femminile, mai effettivamente erogato e per questo azzerato. Quanto al secondo, deduce che gli artifici contabili sopra esposti non hanno impedito al curatore di ricostruire l'esatta situazione del patrimonio e del movimento degli affari e che per questo si imponeva una derubricazione del reato in quello di bancarotta semplice. Con un terzo motivo il ricorrente si duole del giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche, pure concesse, e le aggravanti contestate, e chiede una rideterminazione in senso più favorevole del trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Le doglianze che concernono l'ipotesi distrattiva sono fondate su mere asserzioni del ricorrente, prive di concreti riscontri. Per contro, la sentenza impugnata, con argomenti logici e pertinenti, ha escluso che le variazioni apportate alla contabilità rappresentassero semplici artifici contabili , essendo dirette, invece, a mascherare gli ammanchi apportati dall'imputato al patrimonio dell'impresa, mediante la distrazione di valori effettivamente esistenti. È stato infatti spiegato che l'obbligazione di T.V. corrispondeva ad un aumento di capitale effettivamente deliberato dalla società ed effettivamente sottoscritto dalla soda, anche mediante sottoscrizione di cambiali che la somma in contanti, contabilizzata in cassa , era spiegabile con le vendite effettuate dalla società nell'ultimo periodo di attività che il prelievo dalla cassa della somma di L. 16.200.000 era stato ammesso anche dall'imputato, seppur giustificato come compenso per l'attività svolta che la giustificazione fornita per il prelievo dalla cassa di L. 19.706.314 è risultata non veritiera. Ebbene, a fronte di tali pregnanti argomenti il ricorrente si è limitato a ribadire le difese già svolte in primo e secondo grado, contrapponendosi dialetticamente ai giudici del merito e senza indicare elementi di prova diversi da questi trascurati o pretermessi, né i passaggi logici della motivazione offerta dal giudice, privi, a suo giudizio, di congruenza o forza inferenziale. È ben vero che egli lamenta violazione di legge e mancanza o contraddittorietà della motivazione, ma questo vizio è collegato, nel ragionamento del ricorrente, all'apprezzamento delle risultanze probatorie in maniera difforme da quella da lui auspicata, in ciò disvelandosi il vero intento del ricorrente, che è quello di sovrapporre al giudizio del tribunale e della Corte territoriale le proprie personali valutazioni, nella convinzione che debbano essere recepite da questa Corte. È allora il caso di ricordare che esula dai poteri della Corte di Cassazione di operare una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione deve rimanere prerogativa esclusiva del giudice di merito, e non è, quindi, denunciabile come vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali cfr. Cass. S.U. 24/11/1999, Spina S.U. 30/4/1997, De Simone . 2. Discorso a parte merita l'eccezione relativa alla qualificazione del reato di appropriazione della somma di L. 16.200.000, che per il ricorrente integra una bancarotta preferenziale e per la Corte d'appello di Bologna una bancarotta per distrazione. Non ignora questo collegio che sul punto sussistono diverse interpretazioni di questa Corte di legittimità, giacché sono rinvenibili decisioni che ritengono sussistere in siffatte ipotesi il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione perché, comunque, si configurerebbe un indebito vantaggio patrimoniale dell'amministratore. Vedi Cass., Sez. 5, 14 ottobre - 21 dicembre 1999, numero 14380, Patrucco, rv, 215186 Cass., Sez. 5, 2 dicembre 1997 - 6 febbraio 1998, numero 1458, Zannoni, rv. 209801 Cass., Sez. 5, 4 aprile - 19 maggio 2003, Coquerant, numero 22022, rv. 224535 , ed altre che, invece, hanno escluso che fosse configurabile tale delitto ed hanno ritenuto, nella maggior parte dei casi, sussistere quello di bancarotta preferenziale vedi Cass., Sez. 5, 6 luglio - 24 novembre 2006, numero 38149 Casagrande ed altri, rv. 236034 con riferimento ad una società, di capitali Cass., Sez. 5, 18 maggio - 7 luglio 2006, numero 23730, Romanizzi ed altri, rv. 235325 Cass., Sez. 5, 10 novembre - 15 dicembre 2004, Andreotti, numero 48280, rv. 230513, in relazione ad una società in accomandita semplice nonché altre decisioni più risalenti nel tempo . Ciò che interessa rilevare in questa sede è che la più lieve ipotesi di bancarotta preferenziale è stata sempre collegata al legittimo esercizio delle funzioni di amministratore, dipendente dalla formale investitura operata dagli organi sociali, e dalla congruità del compenso percepito spesso nella misura deliberata dagli organi competenti in relazione all'attività svolta per la società. Nel caso di specie si è di fronte, invece, ad un soggetto che si è introdotto motu proprio nella compagine amministrativa, al fine specifico di operare la distrazione del patrimonio sociale, come comprovato dalle molteplici operazioni distrattive poste in essere. Si tratta di un soggetto, cioè, che ha lavorato non per la società dei soci e dei creditori , ma nell'interesse proprio e con modalità illecite. In queste condizioni parlare di compenso maturato per l'opera prestata è decisamente fuor di luogo, sia perché si tratterebbe di compenso per un'opera illecita, sia perché mancano parametri di riferimento per determinarne la congruenza a un maggior attivismo illecito - e quindi un maggior disvalore dell'attività - dovrebbe corrispondere un maggior compenso . Corretta è, pertanto, anche in questo caso, la qualificazione del reato come bancarotta patrimoniale. 3. Infondata è anche la doglianza relativa alla qualificazione della bancarotta documentale, che i giudicanti hanno ravvisato nella forma fraudolenta e il ricorrente vorrebbe ricondurre alla più lieve ipotesi della bancarotta semplice. Anche qui la molteplicità delle appostazioni contabili fasulle e la finalità delle stesse rendono ragione della decisione della Corte territoriale, che ha intravisto nelle irregolarità contabili poste in essere dall'amministratore la finalità di sottrarre il suo operato ad una verifica postuma e di impedire l'esatta ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. 4. Infondato è anche il motivo attinente al trattamento sanzionatorio, che è stato determinato nel minimo edittale. Nessuna nullità o vizio di motivazione è da rapportare, poi, al giudizio della Corte di merito in ordine alla richiesta di applicazione delle attenuanti generiche nella massima estensione che avrebbe dovuto indurla a riconoscere la prevalenza dell'attenuante sull'aggravante . Già la prevalente giurisprudenza di questa Corte ritiene legittima l'implicita motivazione di rigetto del richiesto giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, ed esclude che costituisca causa di nullità della decisione l'omessa indicazione dei motivi che hanno indotto il giudice di appello a non modificare il giudizio di equivalenza fra le circostanze espresso nella sentenza di primo grado, in quanto la sola enunciazione dell'eseguita valutazione delle circostanze concorrenti soddisfa all'obbligo della motivazione conformi Sez. 2, numero 9696 del 18/06/1985, dep. 24/10/1985, Ciccarello, Rv. 170820 Sez. 2, numero 7500 del 01/02/1984, dep. 26/09/1984, Vianello, Rv. 165731 Sez. 2, numero 10273 del 29/04/1983, dep. 30/11/1983, Danese, Rv. 161479 Sez. 4, numero 6751 del 27/05/1981, dep. 07/07/1981, Fornasar, Rv. 149691 Sez. 2, numero 5134 del 21/12/1981, dep. 22/05/1982, De Stefano, Rv. 153776 . Nel caso in esame, invece, la Corte di appello ha espressamente motivato sulle cause di esclusione della prevalenza delle attenuanti, individuate nell'atteggiamento legittimo, ma passivo, dell'imputato a dibattimento e sulla necessità di adeguare la pena al reale disvalore del fatto adeguamento che sarebbe stato compromesso dall'attribuzione di un valore prevalente alle attenuanti, in assenza di specifica meritevolezza, essendo rimasti del tutto indimostrati i meriti attribuiti dal difensore all'imputato. La suddetta motivazione deve ritenersi ampia, congrua e logica e, quindi, non censurabile in questa sede di legittimità, essendo stato correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio. In definitiva, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.