Patente di guida: sui requisiti morali è competente solo la Prefettura

In caso di diniego al conseguimento del titolo di guida per carenza dei requisiti morali spetterà alla prefettura integrare adeguatamente il contraddittorio in sede di ricorso. Anche se il provvedimento sfavorevole viene formalmente adottato dalla motorizzazione.

Lo ha chiarito il Ministero dei Trasporti con la circolare n. 23036 del 6 novembre 2017. Procedura. Con la precedente istruzione n. 2582 del 3 febbraio 2016 il medesimo organo centrale ha fornito indicazioni in materia di ricorsi contro il diniego al rilascio della patente di guida per carenza dei requisiti morali, ai sensi del riformato art. 120 c.d.s Dopo l'entrata in vigore della l. n. 84/2009 l'accertamento dei requisiti morali ha carattere preventivo che in pratica impedisce il conseguimento all'origine dell'abilitazione a condurre veicoli. Tale accertamento viene realizzato attraverso una procedura di interscambio informatico tra il Viminale e il Ministero dei Trasporti. In pratica spetta alla prefettura inserire nel ced eventuali motivi ostativi al conseguimento della patente di guida. Ma compete poi alla motorizzazione comunicare all'interessato l'eventuale carenza dei requisiti morali. Ovvero che trattasi di delinquente abituale, professionale o di persona sottoposta a misure di sicurezza. Il Ministero dei Trasporti è però del tutto estraneo a qualsiasi vicenda relativa alle dette condizioni soggettive che esulano completamente dalla propria sfera di competenza . Con la nota del 6 novembre 2017 il Ministero ribadisce queste indicazioni. In caso di ricorso contro il provvedimento negativo adottato dalla motorizzazione sarà sempre necessario integrare il contraddittorio con le indicazioni della prefettura. Come confermato del resto dalla sentenza del TAR Lazio, sez. III, n. 9769 del 14 settembre 2017.