L’avvocato non può lamentarsi per la diligenza della cancelleria

L’obbligo previsto dall’articolo 590 c.p.p. a carico della cancelleria di trasmettere senza ritardo al giudice dell’impugnazione il provvedimento impugnato, l’atto di impugnazione e gli atti del procedimento sorge subito dopo la presentazione dell’impugnazione, senza che debba attendersi il completo decorso dei termini di impugnazione in attesa di altri eventuali gravami.

Così la sentenza della Corte di Cassazione numero 47840/17, depositata il 17 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della decisione di prime cure, escludeva l’applicazione della pena detentiva per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato contestato all’imputato, rideterminando così la pena inflitta per le altre contestazioni del reato di rapina e lesioni personali. La difesa ricorre per la cassazione della pronuncia poiché il Tribunale di Cuneo aveva trasmesso gli atti al giudice dell’impugnazione e questo aveva fissato l’udienza d’appello prima della scadenza dei termini utili per proporre gravame. In particolare, dalla ricostruzione della vicenda, era emerso che l’imputato aveva proposto appello personalmente avverso la condanna di primo grado iniziativa che aveva condotto il difensore di fiducia a rinunciare al mandato. Nelle more del decorso del termine, il nuovo difensore nel frattempo nominato aveva depositato autonomi motivi di appello ma la sua eccezione di mancato rispetto dei termini per impugnare e di omesso avviso della data di udienza non era stata accolta. Trasmissione degli atti. L’articolo 590 c.p.p. obbliga la cancelleria alla trasmissione senza ritardo del provvedimento impugnato, dell’atto di impugnazione e degli atti del procedimento al giudice del gravame e tale obbligo sorge «in seguito all’impugnazione» e dunque subito dopo la sua presentazione. Si tratta, secondo la S.C., di un’interpretazione «corroborata da ragioni sistematiche, atteso che la norma è all’evidenza finalizzata ad evitare ritardi ed eliminare tempi morti». La difesa propone invece un’interpretazione che attualizza l’obbligo di trasmissione degli atti solo dopo il completo decorso dei termini di impugnazione in attesa di altri eventuali gravami. La soluzione non trova però condivisione da parte del Collegio che ne ribadisce il contrasto rispetto al tenore letterale dell’articolo 590 c.p.p. e all’intenzione del legislatore. Ugualmente priva di fondamento è la pretesa di annullamento del provvedimento della Corte d’Appello per l’asserita violazione della norma citata posto che quest’ultima non prevede alcuna conseguenza di tale genere. E’ infine incensurabile la pronta emissione del decreto di citazione a giudizio in appello disposta senza ritardo dalla Corte, notificata al difensore d’ufficio che il quel momento aveva assunto il mandato difensivo nel quale era subentrato solo alcuni giorni dopo il difensore di fiducia. Correttamente dunque il decreto di citazione non è stato notificato al difensore che non risultava ancora nominato al momento della sua emissione. Il ricorso viene in conclusione dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 settembre – 17 ottobre 2017, numero 47840 Presidente Fiandanese – Relatore Pazzi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 24 febbraio 2016 la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Cuneo del 18 novembre 2015, escludeva che per il reato di cui all’articolo 10-bis d. lgs. 286/1998 potesse essere applicata una pena detentiva, rideterminava di conseguenza nella misura ritenuta di giustizia la pena inflitta in primo grado a B.M.A. in relazione ai reati di cui agli articolo 628 e 582 c.p. e 10-bis d. lgs. 286/1998, sostituiva l’interdizione perpetua dai pubblici uffici già disposta con l’interdizione temporanea per la durata di cinque anni, eliminava l’interdizione legale durante l’esecuzione della pena in precedenza prevista e confermava nel resto la decisione impugnata. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato deducendo con un unico motivo di ricorso, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. b , c.p.p. e con riferimento all’ordinanza emessa dalla corte territoriale in data 24 febbraio 2016, connessa alla statuizione di condanna in seguito assunta, l’inosservanza della legge penale con particolare riferimento agli articolo 601 e 590 c.p.p., in quanto il Tribunale di Cuneo aveva trasmesso gli atti al giudice dell’impugnazione e la Corte d’Appello di Torino aveva fissato l’udienza di appello in anticipo rispetto alla scadenza dei termini utili per proporre gravame. Più precisamente a seguito della decisione del Tribunale di Cuneo del 18 novembre 2015 l’imputato aveva personalmente proposto appello avverso la statuizione di condanna, iniziativa che aveva indotto il precedente difensore di fiducia a rinunciare al proprio mandato. Il Tribunale di Cuneo, dopo la presentazione del gravame, aveva immediatamente trasmesso gli atti alla Corte d’ Appello di Torino, senza attendere il decorso dell’intero termine per proporre impugnazione, che sarebbe spirato il 1 febbraio 2016 la corte territoriale, commettendo analoga violazione, aveva successivamente fissato l’udienza dibattimentale d’ appello per il 24 febbraio 2016. Nelle more l’imputato aveva nominato, in data 12 gennaio 2016, un nuovo difensore di fiducia, il quale, il successivo 26 gennaio 2016, aveva depositato autonomi motivi di appello. Ciò nonostante la Corte d’Appello di Torino aveva respinto l’eccezione con cui la difesa aveva lamentato il mancato rispetto dei termini di impugnazione e l’omesso invio al difensore dell’avviso dell’udienza fissata in questo modo era stato patentemente violato il diritto di difesa, poiché il legale investito del mandato difensivo aveva avuto modo di presentare autonomi motivi di appello ma non di discuterli in udienza. Oltre a ciò risultava evidente la violazione dell’articolo 590 c.p.p., in quanto la locuzione senza ritardo in esso contenuta doveva essere intesa come volta a sollecitare una pronta trasmissione degli atti del procedimento non al momento della presentazione di un atto di gravame, ma soltanto una volta decorsi i termini per proporre impugnazione. In forza di questi motivi la difesa ha sollecitato l’annullamento dell’ordinanza emessa il 24 febbraio 2016 dalla Corte d’Appello di Torino e della sentenza di condanna pronunziata lo stesso giorno ad essa connessa. Considerato in diritto 1. L’articolo 590 c.p.p. prevede un obbligo di trasmissione senza ritardo del provvedimento impugnato, dell’atto di impugnazione e degli atti del procedimento al giudice dell’impugnazione questo obbligo diviene attuale in seguito all’impugnazione , come spiega espressamente la rubrica della norma in parola, dovendosi di conseguenza ritenere che la cancelleria dell’autorità giudiziaria di primo grado sia tenuta a provvedere immediatamente a seguito della presentazione del gravame. Questa interpretazione è corroborata da chiare ragioni sistematiche, atteso che la norma è all’evidenza finalizzata ad evitare ritardi ed eliminare tempi morti negli intervalli tra il termine di una fase di giudizio e l’avvio della successiva, nell’intento di dare concreta attuazione al precetto costituzionale volto ad assicurare la ragionevole durata del processo. L’interpretazione proposta dalla difesa, orientata ad attualizzare l’obbligo di trasmissione degli atti a partire dal completo decorso dei termini di impugnazione in attesa di eventuali nuovi gravami come se fosse necessario coordinare gli stessi per non recare pregiudizi di sorta all’ultimo impugnante , si pone dunque in contrasto con il dato letterale della norma e con la finalità con essa perseguita dal legislatore. 2. La tesi difensiva risulta allo stesso modo non condivisibile laddove pretende di far conseguire dall’asserita violazione dell’articolo 590 c.p.p. l’annullamento dei provvedimenti assunti dalla Corte d’Appello di Torino in data 24 febbraio 2016, dato che la norma non prevede alcuna conseguenza di tal genere, di modo che in ogni caso nessun vizio potrebbe affliggere il procedimento a causa della trasmissione degli atti dalla cancelleria del giudice di primo grado alla Corte d’Appello a seguito dell’impugnazione proposta dall’imputato. In vero questa Corte ha in più occasioni ribadito che la mancata trasmissione integrale alla Corte d’ Appello degli atti del processo di primo grado integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, di cui la parte interessata deve fornire prova rigorosa mediante specifica allegazione documentale ovvero mediante trascrizione degli atti processuali rilevanti Sez. 5, numero 7331 del 07/01/2015 - dep. 18/02/2015, Palmonella e altro, Rv. 26231801 Sez. 5, numero 37370 del 07/06/2011 - dep. 17/10/2011, Bianchi e altri, Rv. 25049001 ciò in quanto il mancato invio al giudice di appello di atti processuali contenenti elementi favorevoli all’imputato, idonei a consentire una diversa e più favorevole valutazione, ha un rilievo decisivo a beneficio della posizione dell’impugnante. Per converso nessun vizio può mai affliggere un’ attività, quale la sollecita trasmissione dell’intero incarto processuale, che, oltre a essere rispettosa dell’esigenza di sollecita definizione del processo, non arrechi pregiudizi di sorta alla posizione dell’imputato. Il motivo di ricorso si rivela perciò, oltre che disancorato dalla lettera e dallo spirito della norma evocata, all’evidenza inammissibile, risolvendosi in sostanza nella denuncia dell’inosservanza di norme processuali non stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. c , c.p.p 3. Risulta altrettanto corretta la pronta emissione del decreto di citazione a giudizio in grado di appello, che è stata disposta senza ritardo , per le medesime ragioni sistematiche sopra evocate, dal Presidente della Corte d’ Appello a mente del disposto dell’articolo 601, comma 1, c.p.p A questo proposito bisogna correggere la cronologia delle vicende processuali riportata dalla difesa, poiché dall’esame dell’incarto processuale emerge che il decreto di citazione in dibattimento per il giudizio di appello risale al 20 gennaio 2016, giorno in cui fu effettuata la notifica del medesimo decreto al difensore d’ufficio, mentre la nomina dell’Avv. Giacomo Pace avvenne il 22 gennaio 2016. Il decreto di citazione per il giudizio di appello non doveva quindi essere notificato, per costante giurisprudenza di questa Corte, al difensore che non risultava ancora nominato al momento della sua emissione Una volta eseguita ritualmente la notifica del decreto di citazione relativo al giudizio d’appello al difensore di fiducia, la nomina successiva di un nuovo difensore da parte dell’imputato non determina a carico dell’ufficio alcun obbligo di notificarlo anche a quest’ultimo e conseguentemente la sua omissione non è causa di nullità Sez. 1, numero 49620 del 27/11/2009 - dep. 28/12/2009, Izzo, Rv. 24563901 nello stesso senso Sez. 2, numero 9230 del 04/08/1994 - dep. 26/08/1994, Feola, Rv. 20139701 . 4. Per le considerazioni sopra esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ne consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro 1.500 a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro millecinquecento a favore della Cassa delle ammende.