Mancato ripristino del rapporto di lavoro, risarcito il lavoratore nonostante la ‘disoccupazione’ percepita

Vittoria piena per l’oramai ex dipendente. Sacrosanta e intangibile l’indennità risarcitoria che gli dovrà essere versata dalla sua vecchia società per il mancato ripristino del rapporto di lavoro. Non detraibile l’indennità di disoccupazione da lui percepita.

Dichiarata illegittima la cessione del ramo di azienda, il dipendente non vede però ripristinato il rapporto di lavoro. Ciò gli consente di ottenere un adeguato risarcimento dalla sua – oramai ex – datrice di lavoro, e la cifra complessiva non può essere ridotta, checché ne dicano i legali dell’azienda, alla luce della indennità di disoccupazione percepita dal lavoratore Cassazione, ordinanza numero 6369/20, sez. VI Civile Lavoro, depositata oggi . Credito. Terreno di scontro è il decreto ingiuntivo azionato dal dipendente nei confronti dell’azienda per cui ha lavorato per anni e finalizzato al pagamento delle retribuzioni relative a un biennio. In secondo grado, in particolare, i giudici ribaltano la decisione del Tribunale, respingono l’opposizione proposta dalla società e riconoscono legittimità alla pretesa avanzata dal lavoratore. I giudici d’Appello qualificano come risarcitorio il credito del lavoratore nei confronti della sua ex datrice di lavoro «per l’omesso ripristino del rapporto di lavoro a seguito della declaratoria di illegittimità della cessione di ramo d’azienda nei confronti di una società» che aveva mandato subito a casa il dipendente. Per quanto concerne poi la quantificazione dell’indennità risarcitoria in favore del lavoratore, i Giudici escludono «la detraibilità, ai fini dell’aliunde perceptum, dell’indennità di disoccupazione» percepita dal dipendente, una volta chiuso il rapporto di lavoro. Disoccupazione. Inutile il ricorso proposto in Cassazione dai legali della vecchia società datrice di lavoro del dipendente. Anche per i Giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, «il risarcimento del danno non può essere diminuito scomputando l‘indennità di disoccupazione nel frattempo percepita dal lavoratore». Decisivo il richiamo al principio secondo cui «non sono deducibili a titolo di aliunde perceptum dal risarcimento del danno per mancata costituzione del rapporto di lavoro le somme che traggono origine dal sistema di sicurezza sociale che appronta misure sostitutive del reddito in favore del lavoratore, la cui eventuale non debenza dà luogo ad un indebito previdenziale ripetibile, nei limiti di legge, dall'Istituto previdenziale».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 18 dicembre 2019 – 5 marzo 2020, numero 6369 Presidente Curzio – Relatore Ponterio Rilevato che 1. con sentenza numero 1680 pubblicata il 26.4.2018 la Corte d'Appello di Roma, in accoglimento dell'appello di Di Fa. Gi. Vi. e in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto l'opposizione proposta da Telecom Italia s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo numero omissis /2014 emesso dal Tribunale di Roma il 21.8.2014, per il pagamento delle retribuzioni relative al periodo da agosto 2012 a luglio 2014 2. la Corte territoriale, qualificato come risarcitorio il credito del lavoratore nei confronti di Telecom Italia s.p.a. per l'omesso ripristino del rapporto di lavoro a seguito della declaratoria di illegittimità della cessione di ramo d'azienda nei confronti della ITS s.p.a., poi SIRM s.p.a. , società per la quale il Di Fa. aveva smesso di lavorare e di essere retribuito dal 14.3.2012, ha escluso, per quanto ancora rileva, la detraibilità ai fini dell'aliunde perceptum dell'indennità di disoccupazione sia per la genericità dell'eccezione sollevata da Telecom e sia richiamando l'indirizzo giurisprudenziale in materia Cass. numero 3597/11 3. avverso tale sentenza Telecom Italia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, il Di Fa. 4. la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c Considerato che 5. con l'unico motivo del ricorso Telecom Italia s.p.a. ha dedotto, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1206, 1207, 1217, 1223 c.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il risarcimento del danno non potesse essere diminuito scomputando l'indennità di disoccupazione nel frattempo percepita dal lavoratore 6. il motivo non è fondato in quanto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non sono deducibili a titolo di aliunde perceptum dal risarcimento del danno per mancata costituzione del rapporto di lavoro le somme che traggono origine dal sistema di sicurezza sociale che appronta misure sostitutive del reddito in favore del lavoratore, la cui eventuale non debenza dà luogo ad un indebito previdenziale ripetibile, nei limiti di legge, dall'Istituto previdenziale cfr. Cass. numero 9724/17 numero 7794/17 Ord. sez. 6, numero 14135/18 7. le argomentazioni dell'odierna ricorrente ripropongono questioni già esaminate e disattese dai precedenti giurisprudenziali ai quali va data continuità 8. per le ragioni esposte il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato 9. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo 10. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi in favore dell'avv. Enrico Luberto, antistatario. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.