S.p.A., emendabile la dichiarazione dei redditi con il nuovo bilancio

di Antonio Terlizzi

di Antonio Terlizzi *La dichiarazione dei redditi costituisce un atto avente natura di dichiarazione di scienza, ritrattabile ed emendabile, anche in assenza di specifica disposizione in quanto tale facoltà del contribuente è espressione del principio costituzionale di capacità contributiva. E' emendabile, in particolare, la dichiarazione dei redditi di una S.p.a. sulla base di una nuova approvazione di bilancio dovuta all'intervento della Consob. Tale assunto è stato statuito dalla sentenza numero 4776 del 28 febbraio 2011 della Corte Cass., sez. tributaria 1 . La fattispecie. Il caso riguarda una grande azienda milanese che aveva esposto in bilancio un utile di 2 milioni di euro. La deliberazione era stata impugnata dalla Consob. A questo punto la società riapprovò il bilancio, esponendo delle forti perdite, rettificando la dichiarazione dei redditi. Ma tal rettifica non era stata presa in considerazione dall'A.F. Le motivazioni punto per punto. L'iter logico giuridico adottato da siffatta pronuncia si è così sviluppato - la dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del D.P.R. numero 600 del 1973, nel testo applicabile ratione temporis, è - in linea di principio - emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi, diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.- La dichiarazione dei redditi, invero, non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e ai giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria.- Va altresì, rilevato che il D.P.R. numero 600 dei 1973, articolo 9, commi 7 e 8, nel testo vigente in quel tempo, non pone alcun limite temporale all'emendabilità e alla ritrattabilità della dichiarazione dei redditi risultanti da errori commessi dal contribuente.- Deve conclusivamente osservarsi sul punto che un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilità della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva articolo 53 Cost., comma 1 e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa articolo 97 Cost., comma 1 .- La presentazione dell'istanza di rimborso doveva considerarsi solo una delle modalità per il recupero delle maggiori imposte, mentre doveva ritenersi sempre valida la possibilità di recupero attraverso l'integrazione della dichiarazione. Il recupero delle maggiori imposte versate non necessitava obbligatoriamente dell'istanza di rimborso. La possibilità di presentare un'istanza di rimborso per il recupero delle maggiori imposte versate doveva ritenersi facoltativa in quanto, in caso contrario, si attribuisce conseguenze sfavorevoli all'errore rettificato dal contribuente che mal si conciliano con l'osservanza dei principi costituzionali.Riflessioni. Può accadere che, in sede di presentazione della dichiarazione, alcuni dati siano omessi oppure siano esposti in maniera errata o incompleta. In tali situazioni, l'imposta dovuta o l'eventuale eccedenza a credito non saranno rispondenti a quanto sarebbe risultato dalla compilazione corretta della dichiarazione. Per porre rimedio a queste evenienze, il legislatore ha previsto la possibilità di apportare le opportune rettifiche alla dichiarazione già presentata, dettando le modalità e i tempi entro i quali operare e le conseguenze che ne derivano.Le disposizioni relative, fissate originariamente con l'articolo 2, comma 8 del DPR 322/98, sono state innovate con l'emanazione del DPR 435/2001, che ha integrato l'articolo citato, aggiungendovi nuove disposizioni, contenute nel comma 8-bis dello stesso articolo.Le norme attualmente in vigore prevedono la rettifica della dichiarazione dei redditi, IRAP o del sostituto d'imposta secondo le modalità seguenti. Integrativa a sfavore . Ai sensi dell' articolo 2, comma 8, la correzione di errori ed integrazione di dati omessi avviene - nuova dichiarazione da presentare con le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per la sua presentazione - entro il 31/12 del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originaria salva l'applicazione di sanzioni, agevolate o ordinarie secondo la data di presentazione della nuova dichiarazione . Integrativa a favore . Ai sensi dell'articolo 2, comma 8-bis, in caso di errori ed omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, la correzione avviene - nuova dichiarazione da presentare con le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per la sua presentazione - entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo - l'eventuale credito risultante può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del d.lgs. numero 241/1997.Il contribuente, quindi, può integrare eventuali imposte non versate oppure determinare in proprio favore l'imposta in misura inferiore. In quest'ultimo caso, la rettifica della dichiarazione porterà ad un maggior credito oppure ad una minore imposta dovuta e una nuova e maggiore eccedenza a credito che potrà essere compensata o chiesta a rimborso. L'inserimento di una specifica disposizione riguardante la rettifica della dichiarazione in senso favorevole al contribuente ha posto l'interrogativo riguardo la possibilità di richiedere un rimborso ai sensi dell'articolo 38 per le stesse fattispecie contemplate dal citato comma 8-bis.Versamenti diretti indebiti è ammissibile l'istanza di rimborso? In particolare, l'interrogativo riguarda l'ammissibilità di un'istanza ai sensi dell'articolo 38 - entro 48 mesi dal versamento diretto indebito - nei casi in cui sarebbe stato opportuno presentare una dichiarazione integrativa per oneri o detrazioni non inserite, per esempio , ma è decorso il termine stabilito entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo . In tal caso, l'ammissibilità di una successiva istanza di rimborso attuerebbe, di fatto, una rettifica della dichiarazione anche oltre il termine indicato dalla legge per integrare la dichiarazione già presentata.In un primo momento, l'Agenzia entrate ha confermato l'orientamento stabilito dalla Cassazione con la sentenza numero 4238/2004, emanando la risoluzione numero 24 del 14/2/07 e considerando, quindi, inammissibile il ricorso all'articolo 38 nei casi in cui avvenga la rettifica in proprio favore della dichiarazione già presentata deduzioni o detrazioni non inserite, ecc. , in caso di dichiarazioni presentate a partire dall'1/1/2002 da quando, cioè, ha efficacia il comma 8-bis sopra esaminato . In tal modo, si afferma che la dichiarazione può essere rettificata solo nei modi e nei tempi previsti dall'articolo 2, comma 8-bis del DPR 322/98.Gli orientamenti di prassi e giurisprudenza. Non solo, l'Agenzia entrate è tornata sulla questione con la risoluzione numero 459/E/2008 2 , ma la Cassazione, con numerose sentenze, ha affrontato l'argomento, affermando la possibilità di rettificare la dichiarazione, anche tramite presentazione di un'istanza ai sensi dell'articolo 38 per richiedere la ripetizione di qualsiasi somma versata indebitamente. Tuttavia, gran parte di queste sentenze fa riferimento all'emendabilità della dichiarazione presentata in periodi temporali in cui vigevano norme che non disponevano espressamente la rettifica della dichiarazione così riconosciuta, appunto, tramite interpretazione giurisprudenziale . Ad esempio, la sentenza numero 4238/04 riconosce che la richiesta di rimborso presentata ai sensi dell'articolo 38 è idonea a rettificare in favore del contribuente la dichiarazione dei redditi presentata prima dell'1/1/2002, data dalla quale ha effetto il comma 8-bis citato , poiché prima di tale data non esistevano termini di decadenza previsti per la dichiarazione integrativa a favore del contribuente. Questa decisione implicitamente dichiara inammissibile il ricorso all'articolo 38 per emendare le dichiarazioni presentate a partire dall'1/1/2002, per le quali operano i soli termini fissati dal comma 8-bis.La nuova interpretazione 3 conferma la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa solamente entro i termini previsti dall'articolo 2, comma 8-bis DPR 322/98 allo stesso tempo, però, dopo la scadenza di questi termini, ammette la rettifica implicita della stessa consentendo la presentazione di un'istanza di rimborso ai sensi dell'articolo 38 del D.P.R. 602/73.Quando è possibile presentare la dichiarazione integrativa? In pratica, è consentito presentare una dichiarazione integrativa - in proprio favore maggior credito o minor debito entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo si può rettificare la dichiarazione per inserire degli oneri non inseriti in precedenza oppure per rideterminare una base imponibile minore es. errore nella trascrizione dei dati presenti nel CUD . Come per la dichiarazione già presentata, il credito che deriva dalla nuova dichiarazione può essere richiesto a rimborso nel quadro RX oppure riportato in compensazione all'anno di imposta seguente - a sfavore minor credito o maggior debito , entro il quarto anno successivo a quello dalla presentazione della dichiarazione originaria. In questo modo, la nuova dichiarazione integrerà quella iniziale e le modifiche apportate rispetto alla dichiarazione originaria saranno considerate in sede di liquidazione articolo 36-bis DPR 600/1973 . Spirato il termine previsto per la presentazione di una dichiarazione integrativa, il contribuente può comunque ancora integrare i dati dichiarati la risoluzione 459/2008 consente di presentare una istanza di rimborso in base all'articolo 38 DPR 602/73 e determinare un maggior credito a suo favore oppure un minor debito rispetto a quanto versato, riepilogando i dati che modificano la precedente dichiarazione e presentando i documenti relativi. In tal caso, ovviamente, non sarà più possibile compensare il nuovo credito poiché non è contenuto in una dichiarazione, ma sarà rimborsato dopo i necessari controlli.* Esperto tributarioNote 1 In ordine alla possibilità di rimediare agli errori commessi in dichiarazione, la giurisprudenza ha più volte evidenziato che la dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del D.P.R. numero 600 del 1973, nel testo applicabile ratione temporis , è - in linea di principio - emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico . Da ciò consegue che devono considerarsi irretrattabili soltanto le dichiarazioni relative a rapporti sostanziali esauriti, ossia definiti da qualche fatto o circostanza diverso dalla dichiarazione stessa ad esempio, attraverso il decorso del termine per la presentazione della domanda di rimborso delle somme indebitamente versate. In forza a tale principio, espresso in primo luogo dalla Cassazione nella sentenza del 25 ottobre 2002, numero 15063, la dichiarazione presentata dal contribuente è suscettibile di modifica in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi, idonei a rappresentare la realtà dei fatti e consentire la realizzazione dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria. Inoltre, l'articolo 9, commi 7 e 8, D.P.R. numero 600/1973 applicabili ratione temporis al caso di specie , non pone alcun limite temporale all'emendabilità e alla ritrattabilità della dichiarazione dei redditi risultanti da errori commessi dal contribuente, se non nei limiti del diritto al rimborso, ai sensi dell'articolo 38, D.P.R. numero 602/1973. Infatti, la dichiarazione non seguita da atti autonomamente impugnabili quale, ad esempio, la cartella di pagamento , legittima la rettifica, la quale si risolve necessariamente in una istanza di rimborso della maggiore imposta versata in base alla dichiarazione originaria ovvero del maggior credito d'imposta risultante. Invero, la possibilità di emendare la dichiarazione d'imposta per errori di fatto e di diritto deve essere riconosciuta anche in sede contenziosa, al fine di permettere al contribuente di opporsi alla maggiore pretesa tributaria avanzata dall'Amministrazione finanziaria Corte di Cassazione sentenza numero 2226 depositata il 31 gennaio 2011. Cfr. Cass. numero 22021/2006 . 2 L'interpretazione si fonda su alcune sentenze della Corte di Cassazione, in particolare sulla sentenza emessa dalla Sezione V dell'8 giugno 2007, n 13484, in cui la Suprema Corte si è soffermata sulla possibilità di far valere ogni tipo di errore commesso in buona fede al momento di presentazione della dichiarazione, attraverso l'istituto del rimborso su istanza del contribuente articolo 38, D.P.R. numero 602/1973 . Infine la risoluzione numero 459/E/2008 conferma che, laddove sia decorso il termine per presentare una dichiarazione integrativa a proprio favore, il contribuente ha la possibilità di recuperare l'eventuale imposta versata in eccesso, mediante presentazione di istanza di rimborso entro 48 mesi da computarsi - dalla data del pagamento, nel caso in cui questo sia stato effettuato in totale assenza del presupposto - dalla data del versamento a saldo, nel caso in cui, invece, la richiesta inerisca la restituzione di eccedenze di versamenti in acconto o di pagamenti aventi carattere di provvisorietà.Con la sentenza numero 77/26/09 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata il 26 giugno 2009 , è stato affermato che la dichiarazione dei redditi errata può essere corretta solo entro il termine di presentazione della dichiarazione per il periodo successivo tuttavia, trascorso questo termine, il contribuente potrà recuperare le maggiori imposte con una istanza di rimborso ex articolo 38 del D.P.R. numero 602 del 1973 nel termine di quattro anni dalla data del versamento i giudici regionali hanno richiamato in motivazione il cambiamento di indirizzo in materia dell'Amministrazione Finanziaria espresso nella risoluzione numero 459/E del 2 dicembre 2008 . 3 L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione numero 459/E del 2 dicembre 2008 , conferma il termine per le dichiarazioni integrative a favore ex articolo 2, comma 8-bis, del D.P.R. numero 322 del 1998 , ma apre sulle istanze di rimborso. L'Agenzia ha infatti precisato che, decorso il termine della dichiarazione fiscale del periodo successivo, i contribuenti possono chiedere la restituzione delle imposte versate in più a seguito di errori commessi a proprio danno, presentando un'ordinaria istanza di rimborso nel termine di quattro anni dalla data del versamento. La questione si ricollega ad un precedente orientamento ministeriale fornito con la risoluzione numero 24/E del 2007 nella quale l'Agenzia, oltre a negare la validità di dichiarazioni a favore presentate oltre il termine, aveva mostrato di ritenere comunque non utilizzabile, in alternativa alla dichiarazione integrativa, lo strumento dell'istanza di rimborso disciplinata dall'articolo 38 del D.P.R. numero 602/73, trattandosi di modalità non più prevista dopo le modifiche al D.P.R. numero 322/98. È stata infine precisata la decorrenza del termine per l'invio dell'istanza di rimborso, per la il quale bisogna stabilire se l'obbligazione tributaria esisteva o meno al momento del pagamento per i versamenti effettuati in assenza del presupposto, il termine dei 48 mesi inizia a decorrere dalla data del pagamento stesso, mentre, nel caso in cui la richiesta riguardi versamenti in acconto o pagamenti con carattere di provvisorietà, cui non corrisponda successivamente la debenza in via definitiva, il termine decorre dal momento del versamento del saldo.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 21 ottobre 2010 - 28 febbraio 2011, numero 4776Presidente Adamo - Relatore CampanileFatto1. S.p.a., avendo provveduto alla rivalutazione di un bene immobile per lire 14.453.000.000 nel bilancio relativo all'anno 1990, espose nella propria dichiarazione dei redditi un utile di lire 4.262.000.000. Successivamente, avendo la Consob impugnato il bilancio, nell'assemblea del 1993 la società riapprovò i bilanci relativi, agli anni 1990 e 1991, elidendo gli effetti, della contestata e, quindi, revocata, rivalutazione. In conseguenza di tale evenienza,venivano rettificate - mediante nuova redazione e presentazione dei c.d. mod. 760 - le dichiarazioni relative agli anni 1990 e 1991, esponendosi delle perdite e quindi, riportando a nuovo il relativo credito d'imposta per gli anni successivi, concretamente utilizzato nel 1993.Tali dichiarazioni in rettifica non venivano prese in considerazione dall'Amm. Finumero , e, pertanto, veniva emessa cartella di pagamento per lire 1.236.609.000, impugnata dalla società che ribadiva la legittimità del ricorso alle dichiarazioni emendative.1.1 - La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva il ricorso.1.2 - la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la decisione indicata in epigrafe, accoglieva l'appello proposta dall'Ufficio dell'Agenzia delle entrate, rilevando come sulla base della normativa all'epoca vigente, non fosse consentito emendare errori nelle dichiarazioni dei redditi, ma soltanto di richiedere il rimborso di quanto versato in eccedenza, ai sensi dell'articolo 38 del d.P.R. numero 600 del 1973.1.3 - Per la cassazione di tale decisione la società S.p.a., quale incorporante della propone ricorso, sorretto da due motivi.L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.Diritto2. - Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1 e 4 del d.P.R. numero 600 del 1973, nonché vizio di motivazione, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 e numero 5 c.p.c., con riferimento al principio secondo cui la dichiarazione originaria, poteva essere integrata, qualora dagli errori di diritto o di fatto dai quali risultava affetta poteva derivare l'assoggettamento del contribuente ad oneri tributari più gravosi di quelli che, sulla base della legge, dovevano restare a suo carico.2.1 - Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 19 del d.P.R. numero 600 del 1973, comma 2, con riferimento al comma 3 dell'articolo 11 del d.P.R. numero 917 del 1986, nonché difetto di motivazione, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 e numero 5 c.p.c., sostenendosi che, oltre alla facoltà di presentare istanza di rimborso ai sensi dell'articolo 38 del d.P.R. numero 602 del 1973, doveva intendersi consentita quella di riportare a nuovo, nella dichiarazione integrativa, le imposte versate in eccedenza.2.2 - Detti motivi, per la loro intima connessione, possono essere congiuntamente esaminati.2.3 - Il ricorso è fondato.Costituisce orientamento ormai assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui la dichiarazione, dei redditi del contribuente affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del D.P.R. numero 600 del 1973, nel testo applicabile ratione temporis, è - in linea di principio - emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.La dichiarazione dei redditi, invero, non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un moment o dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria.Va altresì, rilevato che il D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 9, commi 7 e 8, nel testo vigente in quel tempo, non pone alcun limite temporale all'emendabilità e alla ritrattabilità della dichiarazione dei redditi risultamti da errori commessi dal contribuente.Deve conclusivamente osservarsi sul punto che un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilità della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva articolo 53 Cost., comma 1 e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa articolo 97 Cost., comma 1 cfr., ex plurimis, Cass., Sez. unumero , nnumero 15063 e 17394 del 2002, seguite da Cass. nnumero 8153 del 2003, 4238 e 12791 del 2004, 22021 del 2006, 5738 del 2007 .2.4 - Tanto premesso, debbono condividersi i rilievi della ricorrente circa il carattere non esaustivo della previsione contenuta nell'articolo 38 del d.P.R. numero 602 del 1973 è ben vero che nel sistema positivo dell'epoca, coma afferma la Commissione tributaria, regionale, era prevista soltanto la dichiarazione articolo 14 dell'articolo 408/1990 intesa a regolarizzare spontaneamente errori ed omissioni solo nei casi in cui conseguisse un maggior imponibile o una maggiore imposta , ma, una volta affermato il principio senza distinzioni dell'emendabilità delle dichiarazioni, occorre rinvenire, pur in assenza di specifiche previsioni normative, soluzioni di carattere sistematico che consentano di coniugare la dichiarazione emendativa con il richiamato principio costituzionale di capacità contributiva.A tal riguardo, rimeditata la questione alla luce di tale criterio interpretativo, non può omettersi di rilevare, da un lato, il carattere facoltativo attribuito alla domanda di rimborso dalla norma contenuta nel citato articolo 38 del d.P.R. numero 602 del 1973 secondo un consolidato orientamento considerato l'unico rimedio tipico Cass., 20 dicembre 2007, numero 26389 , e, dall'altro, la compresenza, nel quadro legislativo dell'epoca, di un'alternativa, nel caso di specie fatto valere dalla società incorporata dalla ricorrente, e parimenti prevista dalla normativa in tema di determinazione dell'imposta articolo 12, comma 3, d.P.R. numero 917 del 1986, nella versione applicabile ratione temporis alternativa avente pari valenza, e consistente nel diritto del contribuente a sua scelta, di computare l'eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo di imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi .In altri termini, l'affermazione del principio di emendabilità della dichiarazione non si concilia con il carattere necessitato della presentazione dell'istanza di rimborso, che potrebbe risolversi, in concreto, in una delle conseguenze sfavorevoli dell'errore di fatto o di diritto rettificato dal contribuente, ove lo stesso non potesse optare per l'utilizzazione del credito negli anni successivi, sulla base di una dichiarazione emendativa, ancorché non prevista specificamente, di certo compatibile con le esigenze sistematiche sopra evidenziate.2.5 - All'accoglimento del ricorso consegue la cassazione della decisione impugnata. Ricorrono, per altro, i presupposti per la decisione nel merito della controversia, nel senso dell'accoglimento del ricorso introduttivo, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, in relazione al carattere squisitamente giuridico della questione controversa.Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla novità della soluzione adottata, per la compensazione delle spese dell'intero giudizio.P.Q.M.Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata, o, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo. Compensa interamente le spese dell'intero giudizio.