Devono emergere chiaramente elementi che consentano di rinvenire nella condotta dell’imputato profili di colpa, generica o specifica.
Il caso. Una rotatoria, un autocarro e una bicicletta. Quest’ultima viaggiava alla destra dell’autocarro, percorrendo la rotatoria. Il mezzo a motore, svoltando a destra, urtava la bicicletta, cagionando la caduta del conducente, che rimaneva senza vita sull’asfalto. La tragedia si trasforma in una accusa per omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Come prevedibile, l’assoluzione dell’imputato nei due gradi del giudizio di merito per assenza di colpa, generica o specifica, non soddisfa le parti civili. Non sono emersi elementi che consentano di rinvenire nella condotta dell’imputato profili di colpa. I giudici della Cassazione, però, non modificano la decisione dei colleghi di merito e rigettano il ricorso. Anche a parere degli Ermellini, infatti, ritengono che, nei giudizi di merito, non erano emersi elementi che consentissero di rinvenire nella condotta dell’imputato profili di colpa, generica o specifica, «bensì elementi in segno contrario, essendo stato certamente accertato che egli, prima di impegnare l’incrocio, si era fermato, aveva avviato la manovra di svolta a destra a velocità moderata, necessariamente discostandosi, con la parte anteriore dell’automezzo, dal ciglio destro della carreggiata, non si era potuto avvedere della presenza del ciclista, postosi in una posizione che non lo aveva reso visibile».
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 gennaio – 30 luglio 2012, numero 30955 Presidente Sirena – Relatore Foti Ritenuto in fatto - 1 - Con sentenza del Gup del Tribunale di Alessandria dell'11 marzo 2010, C.M. è stato assolto dal delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, commesso in pregiudizio di N.P.A. , perché il fatto non costituisce reato. In fatto, è accaduto che il C. , alla guida di un autocarro, dopo avere percorso la via OMISSIS , giunto ad una rotatoria, avendo iniziato la manovra di svolta a destra per immettersi nella via OMISSIS , ha urtato la bicicletta condotta dal N. , che stava percorrendo la stessa rotatoria stando alla destra dell'autocarro, cagionandone la caduta dalla bicicletta ed il decesso in seguito alle lesioni riportate. Secondo l'accusa, non condivisa dal giudice del merito, la responsabilità dell'incidente doveva ascriversi al C. poiché lo stesso, per colpa generica e specifica, quest'ultima consistita nella violazione dell'articolo 154, 1 e 3 comma del codice della strada, nell'effettuare la manovra di svolta, aveva omesso di assicurarsi di poterla eseguire senza creare intralcio alla circolazione o pericolo per gli altri utenti della strada e non si era tenuto il più possibile accostato al margine destro della carreggiata, in tal guisa avendo incrociato la traiettoria tenuta dalla bicicletta del N. . Di diverso avviso è stato, come detto, il tribunale il quale, secondo quanto riportato dal giudice del gravame nella sentenza impugnata, dopo avere dato atto a dell'assenza di tracce di frenata e di testimoni oculari dell'incidente b della mancanza di certezze circa l'attivazione o meno, da parte del conducente dell'autocarro, degli indicatori di direzione e circa la posizione della bicicletta rispetto a detto veicolo ha escluso che potessero ravvisarsi profili di colpa a carico del C. . - 2 - Su appello proposto dalle parti civili, la Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 7 dicembre 2010, ha confermato la sentenza impugnata. - 3 - Avverso tale decisione propongono ricorso, per il tramite del comune difensore, ai soli fini civili, le parti civili D.M. , N.C. e N.S. che, con unico motivo, deducono inosservanza e/o errata applicazione degli articolo 589, co. 1 e 2, cod. penumero e 154, co. 1 e 3, del codice della strada, mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata. Ricostruite le modalità dell'incidente e richiamate le dichiarazioni rese dal C. , le ricorrenti sostengono che la responsabilità dell'incidente doveva sicuramente attribuirsi al conducente dell'autocarro, che aveva affrontato con il pesante automezzo la svolta a destra senza essersi preventivamente accertato di potere eseguire la manovra in condizioni di sicurezza e senza porre a rischio l'incolumità degli altri utenti della strada, in tal guisa avendo violato il disposto dell'articolo 154 co. 1 del codice della strada. Lo stesso conducente avrebbe anche violato il comma 3 della stessa disposizione di legge, per non essersi mantenuto, nell'effettuare la svolta, il più vicino possibile al margine destro della carreggiata. Non varrebbe, peraltro, ad escludere, secondo le ricorrenti, la responsabilità del C. la circostanza che lo stesso non si era accorto della presenza del ciclista, posto che l'assenza di una completa visuale della zona avrebbe dovuto comunque indurre a non eseguire la manovra. Non risponderebbe al vero, inoltre, quanto riferito dal C. circa l'immediato arresto dell'autocarro non appena udito uno strano rumore in realtà, sarebbe stato accertato che l'automezzo si è fermato a sei metri di distanza dal luogo dello scontro e che, dopo l'impatto, lo stesso automezzo aveva arrotato il ciclista e l'aveva trascinato per alcuni metri, fino a farlo uscire dalla parte sinistra del veicolo. Considerato in diritto Il ricorso è infondato, ai limiti dell'inammissibilità. I giudici del gravame, in realtà, dopo attento esame delle acquisizioni probatorie e delle censure proposte dalle parti civili ricorrenti con i motivi d'appello avverso la sentenza di primo grado, hanno legittimamente ritenuto, argomentando la propria decisione con assoluta coerenza logica, che non erano emersi nella condotta del C. profili di colpa, generica o specifica, che potessero autorizzare ad attribuire allo stesso la responsabilità dell'incidente nel quale ha perso la vita N.P.A. . In particolare, i giudici del merito, premesse le difficoltà di ricostruire le modalità dell'incidente stante l'assenza di testimoni oculari e di tracce sull'asfalto, hanno rilevato che la ricostruzione dell'incidente proposta dal C. , non solo non era stata smentita da ulteriori dati probatori, ma era stata confermata dal consulente del PM di guisa che, pur nella lacunosità delle acquisizioni in atti a causa della quale non era stato possibile, tra l'altro, accertare la provenienza della bicicletta né l'utilizzo, da parte del camionista, dell'indicatore di direzione era tuttavia possibile affermare a che l'autocarro, impegnato nella svolta a destra, procedeva a velocità moderata, certamente inferiore ai 30 km orari, come sostenuto dal consulente tecnico del PM b che prima di iniziare la manovra di svolta l'automezzo si era fermato per tre minuti, come registrato nel cronotachigrafo in dotazione al veicolo c che le dimensioni del veicolo e la configurazione della sede stradale rendevano necessario, per portare a termine la manovra di svolta, l'allontanamento della parte anteriore dell'autocarro dal margine destro d che, in considerazione della posizione di quiete dell'autocarro e di quella della bicicletta dopo lo scontro, doveva ritenersi che il N. avesse affiancato l'autocarro che stava effettuando la svolta a destra, non essendosi avveduto dell'intenzione del conducente il quale, peraltro, non aveva notato la presenza del ciclista che, nelle fasi immediatamente precedenti l'incidente, si trovava nel c.d. spazio morto , in una posizione, cioè, che non permetteva al C. di notarne la presenza e che l'eventuale violazione delle norme relative al riposo imposto al conducente di mezzi pesanti, non aveva avuto, nel caso di specie, alcun rilievo causale. In sostanza, i giudicanti, richiamati gli elementi probatori acquisiti ed in piena sintonia con gli stessi, hanno legittimamente ritenuto che non erano emersi elementi che consentissero di rinvenire nella condotta del C. profili di colpa, generica o specifica, bensì elementi in segno contrario, essendo stato certamente accertato che egli, prima di impegnare l'incrocio, si era fermato, aveva avviato la manovra di svolta a destra a velocità moderata, necessariamente discostandosi, con la parte anteriore dell'automezzo, dal ciglio destro della carreggiata, non si era potuto avvedere della presenza del ciclista, postosi in una posizione che non lo aveva reso visibile. A fronte di cosi coerenti argomentazioni, le parti civili ricorrenti denunciano inesistenti violazioni di legge e vizi motivazionali, sostanzialmente riproducendo osservazioni già proposte al giudice del gravame e dallo stesso respinte, talvolta proponendo una diversa valutazione degli elementi probatori già attentamente esaminati dai giudici del merito. Così, nel ricorso si allude ancora 1 Alla violazione, da parte del C. , del disposto dell'articolo 154 del codice della strada, per non essersi lo stesso assicurato di potere eseguire la manovra di svolta a destra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada e per non essersi tenuto il più vicino possibile al margine destro della carreggiata senza considerare che, sul punto, i giudici del gravame hanno rilevato a che la posizione assunta dal ciclista, sulla destra dell'autocarro, era tale da non renderlo visibile al conducente dello stesso, allargatosi sulla sinistra per effettuare la svolta programmata b che per eseguire detta manovra la parte anteriore del pesante veicolo doveva necessariamente allontanarsi dal margine destro della carreggiata. 2 Alla mancata attivazione, da parte del C. , dell'indicatore di direzione, non essendovi prova della stessa, laddove i giudici del merito hanno rilevato che, data anche l'assenza di testimoni oculari, il dato era rimasto incerto e che l'assenza di prova circa l'attivazione di detto dispositivo non poteva costituire prova della sua mancata attivazione. 3 Ai dati del cronotachigrafo, che non attesterebbero la sosta del veicolo di tre minuti prima dell'avvio della manovra di svolta e che denuncerebbero il mancato rispetto, da parte del conducente, dell'obbligo di effettuare delle soste durante il percorso in caso di tragitti prolungati senza considerare, quanto all'ultima obiezione, che i giudici del merito hanno ritenuto la dedotta circostanza irrilevante sotto il profilo causale, mentre la valutazione dei dati registrati nel cronotachigrafo è questione di fatto, già accertata dal giudice del merito, non deducibile nella sede di legittimità così come la individuazione della velocità tenuta dall'autocarro al momento dell'incidente, coerentemente individuata dai giudici del merito sulla base dei giudizi espressi dal consulente del PM. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna delle parti civili ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.