E’ legittimo il licenziamento del dipendente che abbia utilizzato il telefono aziendale per effettuare gratis telefonate private per esigenze futili e superflue, in ciò sottraendosi ai doveri primari di ogni lavoratori nei confronti dell’impresa.
Tale comportamento, infatti, anche se ingenera un danno economico di modesta entità circoscritto in un solo giorno, è sufficiente a dimostrare la condotta infedele del lavoratore e a giustificare il licenziamento per giusta causa. Così ha deciso la sezione Lavoro della Corte di Cassazione con una sentenza depositata il 14 giugno scorso 9701/12 . Il caso. Un lavoratore dipendente di un’impresa di servizi telefonici, che era stato sorpreso dai carabinieri mentre utilizzava il telefono aziendale per usi privati e che, per questo motivo, era stato anche fermato. Per tale illecito l’impresa gli aveva intimato il licenziamento disciplinare, contestandogli il fatto accertato dai carabinieri e facendo riferimento “ad colorandum” anche ad altri episodi precedenti, ma non direttamente accertati. Il lavoratore, dunque, aveva impugnato il licenziamento con un ricorso d’urgenza ex articolo 700 c.p.c. e poi, essendo risultato soccombente, aveva riproposto la domanda ex articolo 414 c.p.c. con esito nuovamente sfavorevole. È stato minato il legame fiduciario tra le parti. La Corte territoriale aveva motivato la decisione esponendo che, sebbene i fatti precedenti utilizzati dall’impresa “ad colorandum” non fossero stati utilmente contestati, quelli accertati dai carabinieri erano più che sufficienti a giustificare il licenziamento per giusta causa «osservando che comunque si tratterebbe di fatti di estrema gravità - si legge nella sentenza della Cassazione - integranti una condotta contraria ai doveri primari del dipendente, di natura fraudolenta e tale da minare il legame fiduciario tra le parti». L’ultima telefonata con il cellulare aziendale. Fatto questo, che ha indotto la Suprema Corte a ritenere inesistenti le violazioni dell’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori e delle disposizioni in materia di interpretazione dei contratti, addotte dal ricorrente a sostegno del primo motivo di ricorso volto, appunto, a censurare la decisione di merito, adducendo l’inesistenza dei presupposti del licenziamento per giusta causa. Idem per quanto riguarda il secondo e ultimo motivo con il quale il ricorrente aveva ritenuto di censurare la sentenza di merito, per non avere tenuto nel debito conto il fatto che l’impresa non avesse contestato ritualmente i comportamenti precedenti a quello accertato e che non vi fossero precedenti disciplinari a suo carico. A questo proposito, infatti, la Corte ha ritenuto il motivo infondato proprio perché i fatti accertati erano di per sé sufficienti ad integrare la giusta causa di licenziamento, a nulla rilevando l’inesistenza di precedenti disciplinari. Di qui la conferma della decisione di merito e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, fissate nell’ordine di oltre 2500 euro.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 aprile – 14 giugno 2012, numero 9701 Presidente De Renzis – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Con ricorso ex articolo 700 cpc M C. chiedeva in via di urgenza al Tribunale di Terni di dichiarare l'illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli dalla Telecom Italia il 2.12.2005 la Telecom si costituiva contestando la fondatezza della domanda. Il Tribunale con ordinanza del 24.4.2006 rigettava la domanda. Con ricorso ex articolo 414 c.p.c. il C. riproponeva la domanda allegava che la violazione addebitatagli di uso fraudolento del telefono aziendale per uso personale non era di tale gravità da comportare la sanzione espulsiva irrogata e che difettava la giusta causa. Nella lettera di contestazione, pur menzionando la Telecom varie telefonate a suo dire effettuate dal ricorrente, aveva addebitato allo stesso solo quella del 9.11.2005 il cui costo era stato per la società di soli 12 Euro in precedenza non vi era stata nessun altra contestazione. Il Tribunale con sentenza del 18.3.2008 rigettava il ricorso. Sull'appello del Conti, la Corte di appello di Perugia con sentenza del 3.6.2009 lo rigettava. La Corte territoriale richiamava i complessi accertamenti sulle telefonate abusive partite da Centrali Telecom ove era presente il C. e l'intervento dei C.C. di Terni che avevano sorpreso il C. a compiere il 9.11.2005 telefonate abusive, effettuate anche il giorno prima per 15 volte verso lo stesso numero telefonico. Tali accertamenti erano stati esposti nella lettera di contestazione Ora la tesi per cui la contestazione riguardasse solo l'episodio del 9.11 si fondava su un' illogica interpretazione della stessa. Questa era divisa in due parti nella prima si erano riportati tutti i fatti occorsi nell'ottobre ed integranti una responsabilità disciplinare del C. , nella seconda parte la contestazione della telefonata del 9.11, accertata direttamente dai CC le due parti erano intimamente legate, come dimostrato anche dall'interrogatorio formale nel quale il ricorrente aveva dichiarato che le telefonate le facevano anche altri colleghi. Lo stesso lavoratore aveva in sostanza ammesso il fatto e molte telefonate erano partite da numeri di Centrali dove il ricorrente era l'unica persona presente. Il fatto era certamente di tale gravità da comportare il venir meno del legame fiduciario tra le parti e le circostanze indicate nella lettera in ogni caso erano elementi ad colorandum la contestazione relativa alle telefonate riscontrate dai C.C., idonee a giustificare comunque la grave sanzione irrogata. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il C. con tre motivi resiste la Telecom con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione degli articolo 1324, 1362, 1363, 1366 c.c. e dell'articolo 7 L. 300/70. Si era violato il criterio letterale nell'interpretazione della contestazione, nonché il criterio logico ed il principio di buona fede. L'unica contestazione effettuata era quella relativa al traffico telefonico del 9.11.2005, mentre si erano considerati in sentenza fatti mai contestati e nemmeno provati la risposta del C. si riferiva al traffico telefonico del 9.11.2005 e non anche ai fatti precedenti. Il motivo appare infondato. È ben vero che la sentenza impugnata assume che la lettera di contestazione sia divisa in due parti, la prima concernente l'insieme dei fatti occorsi nell'Ottobre del 2005 relative alle telefonate abusive da Centrali Telecom ed integranti una responsabilità disciplinare del C. per la sua condotta fraudolenta in quanto riportagli ad una presenza dello stesso nelle centrali alcune volte senza alcuna plausibile giustificazione e la seconda più specifica concernente la contestazione del traffico telefonico del 9.11.2005 riscontrato direttamente dall'intervento dei C.C. di Terni che operarono anche il fermo del ricorrente. Per la Corte territoriale cfr. pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata le due parti sono strettamente connesse ed è indubbia la responsabilità complessiva del C. che peraltro ha sostanzialmente ammesso il fatto in sede di interrogatorio libero. Parte ricorrente, tuttavia, sostiene che questa soluzione interpretativa appare in contrasto con la lettera dei 25.11 nella quale solo l'ultimo fatto e cioè il traffico telefonico del 9.11.2005 è esplicitamente contestato cfr. l'ultima parte della detta lettera riprodotta nel ricorso . Si trascura, tuttavia, che nella parte finale della sentenza la Corte territoriale ha esaminato anche l'ipotesi prospettata dalla difesa del ricorrente per cui in effetti risultano contestati formalmente solo gli eventi del 9.11.2005 osservando che comunque si tratterebbe di fatti di estrema gravità, integranti una condotta contraria ai doveri primari del dipendente, di natura fraudolenta e tale da minare il legame fiduciario tra la parti. La Corte territoriale ha altresì aggiunto che comunque gli episodi menzionati nella prima parte certamente potevano essere presi in considerazione anche se non specificamente e previamente contestati cfr. Cass. numero 7523/2009, Cass. numero 1894/1998 , come elementi ad colorandum costituendo indubbiamente lo sfondo, allarmante, entro il quale va collocato l'episodio, in sé e per sé, di notevole gravità del 9.11.2005. Sotto quest'ultimo profilo la sentenza appare congruamente e logicamente motivata, avendo correttamente esaminato i fatti obiettivamente e specificamente contestati e peraltro in buona sostanza ammessi dal ricorrente, che si è limitato a sostenere che non era il solo ad aver commesso degli abusi alla luce del contesto anche nel suo risvolto personale in cui tali fatti si sono svolti e degli episodi avvenuti nell'Ottobre, giudicandoli così gravi con una valutazione di per sé insindacabile in questa sede tale da ledere irreversibilmente il legame fiduciario tra le parti. Non si ravvisano per tali ragioni violazioni né dell'articolo 7 L. numero 300/70, né dei canoni codicistici richiamati nel motivo in materia di interpretazione dei contratti. Con il secondo motivo si allega l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata si è affermato che la lettera è divisa in due parti di cui solo la seconda procede alla contestazione formale dei fatti relativi al 9.11.2005, poi si sono considerati anche i fatti previamente esposti. La Telecom non aveva certezza della responsabilità anche per le altre telefonate tanto è vero che non le ha contestate. Sul punto si è già detto supra. Nella seconda parte della motivazione la Corte territoriale ha valutato anche la gravità dello specifico episodio contestato e relativo al traffico telefonico del 9.11.2005, anche alla luce delle dichiarazioni rese dal ricorrente e degli episodi che l'avevano preceduto. Pertanto sotto tale profilo la motivazione non appare né carente, né contraddittoria o illogica. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2106 c.c., dell'articolo 7 e degli articolo 1321,1372 c.c. e degli arti 421 e 425 4 comma c.p.c Il danno era stato lievissimo, pari a 12 Euro. L'articolo 48 CCNL prevedeva il licenziamento solo per danni rilevanti per 20 anni il C. non aveva subito procedimenti disciplinari di sorta. Anche tale motivo appare infondato. Il richiamo alla disposizione del contratto collettivo sul licenziamento per danni patrimoniali appare inconferente in quanto nel caso non rileva di certo il danno prodotto dal traffico telefonico abusivo del 9.11.2005, ma la condotta infedele del dipendente, presente senza giustificazione in una Centrale Telecom Filiale onde effettuare gratis telefonate private, che non ha esitato come correttamente osservato nella sentenza impugnata a sottrarsi ai doveri primari di ogni lavoratore per esigenze futili e superflue. Ad colorandum la Corte territoriale ha ricordato poi che le telefonate illegali compiute nel periodo immediatamente precedente erano, comunque, di entità economica non banale. La mancanza di precedenti disciplinare non appare elemento idoneo ad incrinare la motivazione della sentenza impugnata. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese di lite del giudizio di legittimità liquidate come al dispositivo della presente sentenza seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 40,00 per esborsi, nonché in Euro 2.500,00 oltre IVA, CPA e spese generali per onorari di avvocato.