Illegittimo il licenziamento di un autista straniero senza patente italiana

È sufficiente la licenza di guida estera per il cittadino straniero che lavora in Italia ma non è residente.

L'autista straniero che lavora in Italia senza essere residente non ha l'obbligo di convertire la sua licenza di guida estera ed è, quindi, ingiustificato il licenziamento se motivato proprio dal mancato conseguimento della patente italiana lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 10343/11, depositata l'11 maggio.La fattispecie. Un camionista veniva licenziato da una società di autotrasporti per giustificato motivo, perché non in possesso della patente di guida italiana e con il permesso di soggiorno scaduto. Impugnava il licenziamento, sostenendo che non era obbligato a conseguire la patente italiana, in quanto non residente in Italia, e che aveva ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno. Il Tribunale di Trento accoglieva parzialmente la domanda, dichiarando illegittimo il licenziamento, e la decisione veniva confermata dalla Corte d'Appello di Trento. La società di autotrasporti proponeva ricorso per cassazione.Le prassi amministrative sono mezzi di interpretazione delle leggi. Nel confermare la pronuncia dei giudici di merito, la Corte di Cassazione si richiama al principio, enunciato dalla Corte Costituzionale ord. numero 101/2011 , per cui fra i mezzi di interpretazione della legge rientrano le prassi amministrative, cioè il comportamento degli organi competenti alla sua applicazione.Basta la patente straniera per i lavoratori non residenti. Di conseguenza, appare corretto ritenere illegittimo il licenziamento di un camionista straniero motivato dal possesso di una patente di guida estera non convertita in patente italiana, quando la conversione con la patente italiana viene richiesta, ai sensi dell'articolo 135 c.d.s., soltanto se lo straniero sia iscritto da almeno un anno come residente nei registri anagrafici italiani. Nel caso di specie, l'accertamento sul rispetto delle prassi amministrative prescritte dal Codice della Strada, compiuto dai giudici di merito e incensurabile in cassazione, porta, quindi, a considerare ingiustificato il licenziamento.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 aprile -11 maggio 2011, numero 10343Presidente Roselli - Relatore MorcavalloRitenuto in fatto1. premesso di essere dipendente della società s.p.a., impugnava dinanzi al Tribunale di Trento il licenziamento per giustificato motivo intimatogli in data 8 giugno 2006. Deduceva che il recesso, motivato dalla datrice di lavoro con il mancato conseguimento della patente di guida italiana e con la scadenza del permesso di soggiorno, era ingiustificato in ogni profilo, che egli, non essendo residente in Italia, non era obbligato a conseguire la patente di guida italiana e, inoltre, aveva ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno. Costituitasi la società, il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda, dichiarava illegittimo il licenziamento e condannava la convenuta al pagamento della somma di euro 12.819,55 a titolo di risarcimento commisurato alla retribuzione globale di fatto dalla data del recesso a quella di esercizio, da parte del lavoratore, dell'opzione per l'indennità sostitutiva della reintegrazione.2. Tale decisione veniva confermata dalla Corte d'appello di Trento, che, con sentenza dell'8 giugno 2007, respingeva l'appello della società nonché quello proposto dal lavoratore in via incidentale. In particolare, per quanto interessa in questa sede di legittimità, la Corte di merito rilevava che a il essendo munito di patente di guida estera e non essendo residente in Italia, non era obbligato, ai sensi dell'articolo 185 del codice della strada, ad ottenere il rilascio della patente italiana e, d'altra parte, era pacifico che le circolari ministeriali, puntualmente applicate dalla polizia stradale, richiedevano la patente di guida italiana solo in caso di effettiva iscrizione nei registri anagrafici b il permesso di soggiorno era stato rinnovato e, al riguardo, erano del tutto irrilevanti, perché estranee alla contestazione, le deduzioni della società relative alla asserita illegittimità di tale rinnovo c il risarcimento era stato correttamente limitato sino alla data in cui il lavoratore aveva esercitato, nel corso del giudizio, l'opzione per l'indennità sostitutiva, poiché dopo tale data non sussisteva alcun obbligo di reintegrazione in capo alla datrice di lavoro d il credito era stato esattamente determinato dal Tribunale, considerato che, peraltro, non erano stati specificamente contestati i conteggi allegati al ricorso introduttivo e che, in particolare, nella retribuzione globale doveva essere ricompresa l'indennità di trasferta in ragione della continuità e abitualità delle relative prestazioni.2. Contro questa sentenza la società propone ricorso deducendo sei motivi di impugnazione. Il lavoratore resiste con controricorso e propone ricorso incidentale con un unico motivo.Considerato in diritto1. In via preliminare, i ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.2. Il ricorso della società si articola nelle seguenti censure.2.1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell'articolo 135 del codice della strada, si sostiene che il vivendo stabilmente in Italia, era obbligato a richiedere l'iscrizione nel registro dei residenti, e, comunque, era tenuto a richiedere la conversione della patente di guida estera, ovvero il rilascio della nuova patente italiana.2.2. Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'articolo 112 c.p.c, si lamenta che la Corte di merito non abbia pronunciato sulla specifica deduzione, ritualmente sollevata dalla società, relativa al predetto obbligo del lavoratore di richiedere la residenza italiana stante l'accertamento della sua residenza effettiva in Italia e sulla conseguente impossibilità della prestazione lavorativa in assenza del relativo adempimento.2.3. 11 terzo motivo denuncia violazione dell'articolo 18 della legge numero 300 del 1970. Si sostiene che, avendo il lavoratore domandato con l'atto introduttivo la reintegrazione nel posto di lavoro in conseguenza della declaratoria di illegittimità del licenziamento, la successiva richiesta di conseguire l'indennità sostitutiva era inammissibile, che il diritto di optare per tale indennità nasce solo a seguito della pronuncia giudiziale di ripristino del rapporto.2.4. Il quarto motivo denuncia violazione dell'articolo 416, terzo comma, c.p.c. Si lamenta che i giudici di merito abbiano erroneamente ritenuto incontestati i conteggi prodotti dal lavoratore, pur in presenza della espressa e globale contestazione della pretesa creditoria, e abbiano determinato il quantum senza verificare la rispondenza di tali conteggi alle effettive risultanze processuali.2.5. Con il quinto motivo, denunciando violazione dell'art, 18 cit., in relazione all'articolo 19 del c.c.numero l, sì lamenta che nella retribuzione globale di fatto, ai fini del risarcimento del danno, siano state incluse l'indennità di trasferta e quella di disagio, pur trattandosi di emolumenti che, in base alla contrattazione collettiva, hanno natura risarcitoria, e non retributiva.2.6. Con il sesto motivo si denuncia vizio di motivazione e violazione dell'articolo 425 c.p.c, rilevandosi che la retribuzione di fatto sia stata determinata solo in base ai conteggi del lavoratore e senza alcuna verifica delle previsioni contrattuali e delle risultanze processuali, omettendo altresì di disporre consulenza tecnico-contabile.3. L'unico motivo del ricorso incidentale denuncia violazione dell'articolo 18 cit., lamentando che il risarcimento del danno sia stato liquidato solo fino al momento della comunicazione dell'opzione per l'indennità sostitutiva, anziché sino alla data dell'effettivo pagamento di tale indennità.4. Il ricorso principale non merita accoglimento.4.1. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, non sono fondati. Infatti, alla stregua del principio, enunciato dalla Corte costituzionale nell'ordinanza numero 101 del 2011, secondo cui fra i mezzi di interpretazione della legge possono ricomprendersi le prassi amministrative, ossia il comportamento degli organi competenti all'applicazione di essa, non può ritenersi legittimo il licenziamento di un conducente straniero di autotreni, come il motivato con il possesso della patente di guida del Paese d'origine e la mancata conversione in patente italiana, quando il giudice di merito - come nella specie - abbia accertato, in modo incensurabile in cassazione, che per prassi amministrativa tale conversione viene richiesta solo quando il conducente straniero sia iscritto da almeno un anno come residente noi registri anagrafici italiani, ancorché egli possa di fatto dimorare abitualmente in Italia. E, con questo presupposto, resta irrilevanti! che il lavoratore, nel caso di specie, abbia trascurato di richiedere tale iscrizione, secondo la previsione dell'articolo 136 del codice della strada, poiché la violazione del relativo obbligo - come accertato nella decisione impugnata - non incide sulla possibilità di rendere la prestazione di lavoro, stante la richiamata prassi amministrativa.4.2. Infondato è anche il terzo motivo. La richiesta del lavoratore illegittimamente licenziato di ottenere, in luogo della reintegra/ione, l'indennità prevista dal quinto comma dell'articolo 18 legge numero 300 del 1970, come modificato dalla legge numero 108 del 1990, costituisce esercizio di un diritto derivante dall'illegittimità del licenziamento e riconosciuto al lavoratore dalla stessa norma di legge ne consegue che la domanda formulata dal lavoratore in corso di causa e volta ad ottenere l'indennità in sostituzione della reintegrazione richiesta con l'atto introduttivo non viola il principio dell'immutabilità della domanda, avendo sempre ad oggetto il risarcimento conseguente all'illegittimo recesso cfr. Cass. numero 15898 del 2005 .4.3. Le censure relative alla determinazione del danno, contenute nei restanti motivi ed. esaminabili congiuntamente in quanto connesse, non sono fondate poiché a l'ammontare del credito risulta fissato in base a puntuali verifiche compiute dai giudici di merito, tanto che, come risulta dalla sentenza impugnata, dal conteggio sono state escluse diverse indennità e altri emolumenti, come le indennità sostitutive di ferie, festività e riduzioni di orario b la determinazione della retribuzione globale di fatto è stata operata dai medesimi giudici con puntuale riferimento alle concrete modalità della prestazione e alle previsioni della contrattazione collettiva, anche in relazione all'indennità di trasferta e a quella di disagio, e, al riguardo, le censure della ricorrente sono del tutto prive di specificità, peraltro non riportando le clausole contrattuali che si assumono disattese, mentre neanche risulta prodotto il c.c.numero l. nella sua interezza essendosi prodotto solo un estratto, come indicato in calce al ricorso , così come prescritto dall'articolo 369 c.p.c. cfr. -ass., sez. unumero , numero 20075 del 2010 .5. Il ricorso incidentale è fondato.La questione che il ricorrente pone a questa Corte è se il danno sopportato dal prestatore di lavoro a causa del ritardo del datore nel pagamento dell'indennità sostitutiva debba essere pari alle retribuzioni mensili non percepite nel periodo intercorso fra l'esercizio della facoltà d'opzione ed il pagamento dell'indennità, oppure debba essere limitato sino alla data di comunicazione dell'opzione per l'indennità sostituiva come ritenuto dalla Corte d'appello. La giurisprudenza di questa Corte è costante nell'affermare che, nel caso di scelta, da parte del lavoratore illegittimamente licenziato, dell'indennità sostitutiva delta reintegrazione ai sensi dell'articolo 18, comma 5, fino all'effettivo pagamento dell'indennità il datore è obbligato a pagare le retribuzioni globali di fatto cfr. Cass. numero 3380, numero 11609 del 2003 numero 6342. numero 21199 del 2009 . Si è affermato, in particolare, che il sistema dell'articolo 18 cit. si fonda sul principio di effettiva realizzazione dell'interesse del lavoratore a non subire, o a subire al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo principio che è espressione dell'articolo 24 Cost. e che significa, per quanto qui interessa, che il rimedio risarcitorio, ossia del risarcimento del danno sopportato dal lavoratore per ritardato percepimento dell'indennità sostitutiva, deve ridurre il più possibile il pregiudizio subito dal lavoratore e, in corrispondenza, distogliere il datore di lavoro dall'inadempimento o dal ritardo nell'adempiere l'obbligo indennitario. Né sembra necessario stabilire se trattisi di obbligazione con facoltà alternativa schema che la dottrina dubita poter ricorrere quando la scelta spetti al creditore e che la Corte costituzionale evocò con l'ord. numero 291 del 1996 in specifica questione qui estranea , potendosi piuttosto ravvisare una dichiarazione di volontà negoziale del lavoratore, i cui effetti limitatamente all'ammontare dell'indennità sono sottoposti al termine dell'effettivo ricevimento di essa cfr. Cass. 24199/09, cit. . La sentenza della Corte d'appello non si sottrae perciò alle censure del ricorrente, avendo invece limitato il risarcimento alle retribuzioni maturate sino all'esercizio dell'opzione.6. In conclusione, è respinto il ricorso principale ed è accolto quello incidentale. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione a quest'ultimo ricorso, con rinvio alla Corte d'appello di Trento, in diversa composizione, per la definizione della controversia in base al principio di diritto sopra enunciato. Lo stesso giudice di rinvio pronuncerà anche sulle spese del giudizio di cassazione.P.Q.M.Riuniti i ricorsi, rigetta quello principale e accoglie l'incidentale cassa la sentenza impugnata, in relazione al ricorso accolto, e rinvia alla Corte d'appello di Trento, in diversa composizione. anche per le spese del giudizio di cassazione.