Scontri a Napoli, protagonisti gli attivisti di ‘Casapound’. Semplici episodi di violenza? No, sovversione

Secondo il Tribunale non è plausibile addebitare i gravissimi reati di associazione eversiva e banda armata . A ribaltare completamente tale ottica provvedono i giudici della Cassazione, ricordando come le azioni messe in atto da ‘Casapound’ non sono da valutare come occasionali episodi di violenza , bensì come strategia ideologicamente orientata alla sovversione del fondamento democratico del sistema .

Prima faccia della medaglia il ‘biglietto da visita’ online , dove si legge che politica è azione, partecipazione diretta e popolare alla individuazione della via più semplice per risolvere conflitti e ingiustizie sociali . Seconda faccia della medaglia le polemiche, e i pesanti strascichi giudiziari, per le azioni violente messe in atto da alcuni attivisti del gruppo. Ma qual è il vero volto di ‘Casapound’? A dare una risposta, netta, tranchant , sono i giudici, che, in riferimento ad alcuni episodi di violenza verificatisi a Napoli nel 2011, sostengono di dover considerare tale movimento come una associazione eversiva Cass., sent. n. 40111, Quinta Sezione Penale, depositata oggi . Scontri politici. Punta dell’iceberg è una manifestazione realizzata a Napoli nel 2011, protagonisti alcuni attivisti neofascisti del ‘circolo sociale Casapound’ partenopeo, e culminata con azioni violente nei confronti dei componenti del movimento ‘Sinistra antagonista’, che avevano occupato la Facoltà di Lettere e Filosofia . Cronaca a parte – abbondantemente riportata dai media –, resta il nodo gordiano della valutazione delle azioni compiute da alcuni esponenti di ‘Casapound’. Ebbene, su questo fronte vengono contestati i reati gravissimi di associazione sovversiva e banda armata . Per i giudici del Tribunale, però, tali addebiti non sono fondati di conseguenza, le misure cautelari decise dal Gip vengono azzerate. Come si spiega questa decisione? Ampio il raggio delle motivazioni, per i giudici del Tribunale non è notoria la matrice sovversiva di ‘Casapound Italia’ non era stato sequestrato nessun manifesto, volantino o scritto dal quale inferire l’adesione del movimento ad una strategia eversiva o la esaltazione della lotta armata come strumento di sovversione dell’ordinamento anche l’opera di proselitismo e di indottrinamento, svolta con assiduità, non varca la soglia della mera ideologia fascista, non punibile, e non si concreta in attività funzionalmente e consapevolmente diretta al perseguimento di obiettivi di sovversione le manifestazioni di violenza erano finalizzate all’esigenza di affermazione sulla contrapposta compagine politica della ‘Sinistra antagonista’, che aveva occupato la Facoltà di Lettere e Filosofia, e traevano origine dal proposito di ristabilire, anche violentemente, un equilibrio alterato anche l’organizzarsi in armi aveva il fine di essere pronti alla reazione in caso di attacco della sinistra mai la progettazione di azioni eversive da porre in essere in occasione di qualche evento importante o nei confronti di enti o istituzioni, anche universitarie, o ancora delle forze dell’ordine . Quindi, secondo i giudici, non è possibile ravvisare un’azione violenta mirante al sovvertimento dei principi fondamentali che formano il nucleo intangibile dell’assetto ordinamentale , né, ovviamente, un relativo programma ideologico . Libertà. A ribellarsi duramente a tale pronunzia è il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Napoli, il quale, dinanzi ai giudici della Cassazione, sottolinea, soprattutto, che il delitto di associazione sovversiva” si concretizza nella lesione dell’ordinamento o degli ordinamenti, anche con connotazione localistica, esistenti nello Stato, e non deve necessariamente accompagnarsi alla distruzione o alla destabilizzazione delle strutture politiche fondamentali della Costituzione . Per questo, vanno tutelati, secondo il Procuratore, anche quelle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità dell’uomo, attraverso l’esercizio dei diritti inviolabili, riconosciuti e garantiti dalla Costituzione. E in questo quadro va sanzionata, sempre secondo il Procuratore, la violenza, di natura comune, eletta a metodo politico, servente e strumentale alla sovversione del pluralismo giuridico dello Stato e finalizzata a contrastare il metodo democratico e a mortificare i diritti inviolabili dell’uomo . Ebbene, questa prospettiva viene pienamente condivisa dai giudici della Cassazione, i quali, rifacendosi al delitto di associazione sovversiva , sottolineano la necessità di tutelare l’ assetto costituzionale dello Stato . Da questa visione d’insieme, però, bisogna scendere nei dettagli, per ‘scoprire’ che il riferimento al tessuto democratico e pluralistico del nuovo assetto costituzionale dello Stato identifica quegli ordinamenti economici e sociali, che caratterizzano le strutture portanti dello Stato . Detto ancora più chiaramente, in un sistema pluralistico, ogni uomo è protetto, nella titolarità e nell’esercizio dei propri diritti fondamentali, sia come singolo sia nelle formazioni sociali , dove può realizzare personalità e diritti, come circolare liberamente, associarsi liberamente, manifestare liberamente il proprio pensiero, associarsi liberamente in partiti . Per questo, ogni condotta violenta, programmaticamente diretta a menomare tali libertà, esprime la sovversione del fondamentale ordinamento sociale dello Stato . Tale visione si attaglia perfettamente alla vicenda in esame, soprattutto tenendo presente, come sottolineano i giudici, la tendenza del gruppo di ‘Casapound’ a sottrarsi al confronto democratico e a scegliere, invece, il ricorso ad una strategia violenta di repressione di appartenenti a gruppi portatori di una diversa ideologia . Esattamente ciò che è successo a Napoli rispetto a tali episodi, sottolineano i giudici – riaffidando la questione alle valutazioni del Tribunale –, non si può parlare di occasionali episodi di violenza , bensì di una strategia ideologicamente orientata alla sovversione del fondamento democratico del sistema .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 giugno – 27 settembre 2013, n. 40111 Presidente Zecca – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12/02/2013 il Tribunale di Napoli, per quanto ancora rileva 1 ha annullato l’ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti di E.F. in relazione al capo a dell’imputazione provvisoria, riguardante il reato di cui all’art. 270, commi primo e secondo, cod. pen., e, nei confronti della F., di G.S. e di G.G., in relazione al capo b , concernente il reato di cui all’art. 306, commi primo e secondo, cod. pen. 2 ha confermato il titolo nei confronti del S., in relazione ai reati di cui ai capi d lesioni cagionate in danno di soggetto non identificato in data 12/05/2011 - ed m illegale detenzione e posto in luogo pubblico di due bombe carta in due distinte occasioni. 1.1. Per quanto concerne il capo a e il capo b , il Tribunale ha orientato le sue argomentazioni sia nella direzione del profilo fattuale della vicenda, sia nella prospettiva della qualificazione giuridica. L’ordinanza del G.i.p. ha per oggetto alcune azioni violente degli attivisti neofascisti facenti capo al circolo sociale C. di Napoli, inaugurato nel 2008 e poi, dopo l’occupazione abusiva dell’immobile sito alla salita San Raffaele, trasferitosi presso la sede di via Foria, 169, cd. Berta. Nell’occasione nel gruppo era confluito il movimento HCM Stupor Mundi, facente capo al T. Capi riconosciuti del movimento, seconda la ricostruzione dei giudici della cautela sono il T., E.F. e G.S., in costante contatto con gli esponenti di rilievo delle altre sedi nazionali e punto di riferimento per i vari componenti che frequentavano la sede Berta, presso la quale ricevevano un indottrinamento continuo sulle ideologie fasciste. Ciò posto, il Tribunale ha rilevato a che non è notoria la matrice sovversiva di Casapound Italia e che nel corso delle lunghe indagini non era stato sequestrato nessun manifesto, volantino o scritto dal quale inferire l’adesione del movimento ad una strategia eversiva o la esaltazione della lotta armata come strumento di sovversione dell’ordinamento b che anche l’opera di proselitismo e di indottrinamento svolta con assiduità non varca la soglia della mera ideologia fascista, non punibile, e non si concreta in attività funzionalmente e consapevolmente diretta al perseguimento di obiettivi di sovversione c che le manifestazioni di violenza erano finalizzate all’esigenza di affermazione sulla contrapposta compagine politica della sinistra antagonista che aveva occupato la facoltà di Lettere e Filosofia e traevano origine dal proposito di ristabilire - anche violentemente - un equilibrio alterato d che anche l’organizzarsi in armi in occasione della manifestazione del 26/11/2011 aveva il fine di essere pronti alla reazione in caso di attacco della sinistra e che anche le conversazioni intercettate non evidenziavano mai la progettazione di azioni eversive da porre in essere in occasione di qualche importante evento o nei confronti di enti o istituzioni, anche universitarie, o ancora delle forze dell’ordine f che, in definitiva, non era dato ravvisare un’azione violenta mirante al sovvertimento dei principi fondamentali che formano il nucleo intangibile dell’assetto ordinamentale e che mancava un programma ideologico contrastante con tale assetto. 1.2. Per quanto riguarda il capo d , il Tribunale ha desunto la gravità del quadro indiziario dalla captazione di una conversazione, nella quale emergeva che il S. e il coindagato G.S. avevano picchiato un ragazzino dei movimenti studenteschi. Peraltro, la circostanza era stata sostanzialmente ammessa dal S. 1.3. Per quanto riguarda il capo m , l’ordinanza impugnata ha ritenuto di collegare anche al S. sia la detenzione della bomba carta, rinvenuta dalle forze dell’ordine presso la sede Berta e che, analizzata dai carabinieri, era risultata avere una potenzialità offensiva tale da poter essere assimilata ad un esplosivo, sia la detenzione di altra bomba carta rinvenuta addosso ad A.M., che peraltro era stata sottratta da circa quaranta militanti che avevano accerchiato gli agenti per impedire loro di portare a termine i controlli. Secondo il Tribunale, il contenuto delle conversazioni e la logica inducevano a ritenere che anche la seconda bomba avesse la medesima natura della prima e che della disponibilità di entrambe dovesse rispondere il S., il quale, insieme ad altri, aveva organizzato la manifestazione del 26/11/2011 anche nei suoi aspetti militari . 2. Sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e nell’interesse del S. 3. Il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli investe il capo dell’ordinanza del Tribunale del riesame che ha annullato il provvedimento impositivo della misura cautelare, in relazione ai capi a e b dell’imputazione provvisoria, e lamenta vizi motivazionali nonché inosservanza ed erronea applicazione di legge. In particolare, si sostiene che l’elemento essenziale della fattispecie di cui all’art. 270 cod. pen. va colto nella lesione dell’ordinamento o degli ordinamenti, anche con connotazione localistica, esistenti nello Stato e non deve necessariamente accompagnarsi alla distruzione o alla destabilizzazione delle strutture politiche fondamentali della Costituzione. In definitiva, la norma, secondo il ricorrente, tutela anche i cd. corpi intermedi, ossia le formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità dell’uomo, attraverso l’esercizio dei diritti inviolabili, riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost. In punto di fatto, il ricorrente richiama l’ordinanza del G.i.p. che, dopo avere delineato la stabile e perdurante organizzazione, munita di mezzi di comunicazione e di strumenti di finanziamento, che fornisce assistenza legale gratuita ai propri associati e dispone di armi bianche e di esplosivi, esamina i singoli atti illeciti, attuati e programmati, attraverso i quali si realizza la violenza di natura comune eletta a metodo politico, servente e strumentale alla sovversione del pluralismo giuridico dello Stato, che costituisce fondamentale valore costituzionale. Il disegno violento riconducibile all’organizzazione, in tale prospettiva, si pone in contrasto con il metodo democratico e mortifica i diritti inviolabili dell’uomo. Con riguardo al delitto di banda armata di cui al capo b , il P.M. rileva che, accanto alla struttura organizzativa della quale s’è detto, emerge il quid pluris dato dall’intensità del vincolo degli appartenenti alla fazione armata, alimentato dal fanatismo neofascista, rispetto al legame degli appartenenti ad una mera associazione a delinquere. 4. Il ricorso proposto nell’interesse del S. si affida ai seguenti motivi. 4.1. Con il primo e il secondo motivo del ricorso, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli artt. 192 e 273, comma 1, cod. proc. pen., in ordine all’affermata sussistenza della gravità indiziaria, sia con riguardo all’effettiva sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui al capo d - primo motivo - sia quanto alla riferibilità soggettiva dello stesso al S. - secondo motivo. In particolare, si lamenta a che la notizia del fatto, non emergente da alcuna informativa di reato o anche da semplici annotazioni di polizia, si ritrae esclusivamente dalla consultazione di un sito Internet ricollegabile al gruppo antagonista di sinistra Indymedia b che il S. non aveva affatto ammesso gli addebiti, limitandosi a prospettare la propria versione dei fatti in relazione alla sua risposta alle invettive provocatorie lanciate all’indirizzo del S. e di altri presenti fuori della sede di Casa Pound c che dalla conversazione valorizzata dal Tribunale emergeva in modo chiaro che non era stato il S. ad aggredire il ragazzino d che, per un verso, la tendenza all’esagerazione e alla mitizzazione propria del bagaglio culturale degli indagati impedisce di ricostruire i fatti sulla base delle emergenze delle conversazioni, mentre, per altro verso, la mancata identificazione della persona offesa non consente neppure di verificare se la condotta contestata abbia determinato delle lesioni. 4.2. Con il terzo e il quarto motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli artt. 192 e 273, comma 1, cod. proc. pen., in ordine all’affermata sussistenza della gravità indiziaria, sia con riguardo all’effettiva sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui al capo m, con riferimento al requisito della micidialità - terzo motivo - sia quanto alla riferibilità soggettiva dello stesso al S. - quarto motivo. Il ricorrente rileva che l’ordinanza non argomenta, per un verso, in ordine la correlazione tra gli ordigni, sequestrati, l’uno in furgone, l’altro in un locale nei quali non era stata rilevata la presenza del S. e, per altro verso, in ordine alla micidialità degli stessi, né in relazione al profilo quantitativo, né in ordine a quello qualitativo. 4.3. Con il quinto e il sesto motivo, afferente alle esigenze cautelari, si lamentano vizi motivazionali e violazioni di legge, sia in ordine all’attualità dei pericolo di recidiva, sia in ordine all’adeguatezza esclusiva della misura degli arresti domiciliari a fronteggiare siffatto pericolo. In particolare, si critica l’esistenza di un percorso argomentativo di carattere generale e non incentrato sulla specifica posizione del ricorrente e, in ogni caso, l’omessa valutazione sia del tempo trascorso dall’ultimo episodio contestato, risalente al novembre 2011, sia dell’abbandono, da parte del ricorrente, del gruppo Casa Pound almeno a far data del luglio 2012, quando, ancorché giovanissimo, lo stesso è stato colpito da un gravissimo infarto acuto del miocardio. Considerato in diritto 1. Il ricorso del P.M. è fondato. 1.1. L’art. 270, comma primo, cod. pen., punisce chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l’ordinamento politico e giuridico dello Stato. Il comma secondo sanziona la partecipazione a tali associazioni. La riformulazione dell’art. 270, attuata con l’art. 2 della l. n. 85 del 2006, in sintesi, ha delimitato la categoria delle associazioni sovversive e ha introdotto il requisito dell’idoneità delle stesse al raggiungimento degli scopi illeciti. Sotto il primo profilo, l’intervento legislativo ha confermato l’orientamento giurisprudenziale che si era espresso in senso favorevole alla sopravvivenza della norma, pur dopo la caduta del fascismo Sez. 1, n. 9333 del 01/07/1981, De Montis, Rv. 150610 la norma incriminatrice del delitto di associazione sovversiva, per quanto creata in un momento storico diverso dall’attuale al fine di tutelare lo stato autoritario nei suoi rapporti con le associazioni politiche e non politiche preesistenti alla sua nascita, si inserisce, per la sua forza espansiva, nel tessuto democratico e pluralistica del nuovo assetto costituzionale dello Stato, che mira a difendere dalle associazioni che tale assetto intendono sovvertire con un programma di violenza . Anzi, approfondendo la ricostruzione del sistema normativo, dopo le modifiche recate dal il d.l. n. 374 del 2001, conv. in l. n. 438 del 2001, dalla menzionata l. n. 85 del 2006 e, soprattutto, dal d.l. n. 144 del 2005, conv. in l. n. 155 del 2005, che, introducendo l’art. 270 sexies cod. pen., ha definito le condotte con finalità di terrorismo, questa Corte ha chiarito che la fattispecie di associazione eversiva di cui all’art. 270 bis cod. pen. si caratterizza in termini di specialità rispetto a quella di associazione sovversiva di cui all’art. 270 dello stesso codice, in quanto la natura della violenza che il sodalizio si propone di esercitare assume connotazione terroristica in motivazione la sentenza ha precisato che quella del terrorismo, nonostante la formulazione letterale dell’art. 270 bis citato, non è lo scopo che caratterizza l’associazione, bensì la modalità adottata per realizzare la finalità eversiva che la stessa si prefigga . Sez. 5, n. 12252 del 23/02/2012, Bortolato, Rv. 251919 . Ciò posto, proprio il riferimento al tessuto democratico e pluralistico del nuovo assetto costituzionale dello stato vale ad identificare, sul piano interpretativo, la nozione di ordinamenti economici e sociali, che caratterizzano le strutture portanti dello Stato prefigurato dalla Carta fondamentale e che il legislatore intende proteggere da condotte violente idonee a realizzarne la sovversione. In un sistema pluralistico, nel quale ogni uomo è protetto, nella titolarità e nell’esercizio dei propri diritti fondamentali, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità art. 3 Cost. e nel quale a garantito a tutti il diritto di circolare liberamente art. 16 Cost. di associarsi liberamente art. 18 Cost. , di manifestare liberamente il proprio pensiero art. 21 Cost. , di associarsi liberamente in partiti art. 49 Cost. , ogni condotta violenta programmaticamente diretta a menomare tali libertà esprime la sovversione del fondamentale ordinamento sociale dello Stato sanzionata dall’art. 270 cod. pen. Invero ogni attività volta a realizzare un valore politico è subordinata al rispetto del sistema democratico, fondato sul riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, della pari dignità delle persone e, in definitiva, delle regole che concorrono a realizzare la partecipazione dei consociati alla vita economica, sociale e politica della comunità. In tale cornice interpretativa di riferimento, va, quindi, rilevata la sussistenza della denunciata inosservanza della legge penale, nella parte in cui l’ordinanza impugnata attribuisce rilevanza decisiva alla mancata progettazione di azioni eversive da porre in essere in occasione di qualche importante evento o nei confronti di enti o istituzioni, anche universitarie, o ancora delle forze dell’ordine, giacché, per le ragioni sopra illustrate, gli ordinamenti sociali della collettività non si esauriscono nelle istituzioni, latamente intese, ma esprimono le fondamentali articolazioni di libertà che realizzano il modello pluralistica disegnato dalla Costituzione a tutela della persona e che nelle istituzioni trovano piuttosto la loro rappresentanza e protezione. Inoltre, tale cornice giuridica di riferimento consente anche di apprezzare i denunciati vizi motivazionali, in quanto la sottolineata assenza di manifesti, volantini o scritti dai quali inferire l’adesione del movimento ad una strategia eversiva o la esaltazione della lotta armata come strumento di sovversione dell’ordinamento, assume scarso rilievo, alla luce della pluralità delle condotte esaminate dallo stesso provvedimento impugnato, che denunciano un sistematico sottrarsi degli associati al confronto democratico, in vista del ricorso ad una strategia violenta di repressione di appartenenti a gruppi portatori di una diversa ideologia. Proprio l’analisi delle concrete vicende fatturali peraltro rivela il significato della accertata opera di proselitismo e di indottrinamento svolta con assiduità, la quale certamente irrilevante, quando non varchi la soglia della mera ideologia fascista, illumina il significato delle condotte tenute, che non possono essere circoscritte a occasionali episodi di violenza, ma esprimono una strategia ideologicamente orientata alla sovversione del fondamento democratico del sistema. Per tali considerazioni, le manifestazioni di violenta, proprio perché ideologicamente sorrette e finalizzate, come rileva l’ordinanza impugnata, all’esigenza di affermazione sulla contrapposta compagine politica della sinistra antagonista che aveva occupato la facoltà di Lettere e Filosofia, con il proposito di ristabilire - anche violentemente - un equilibrio alterato, non possono essere relegate al rango di scontri tra contrapposte bande, divise dalle più futili ragioni di diversità. 1.2. Quanto sopra sottolineato impone una rivisitazione motivazionale anche del profilo concernente la sussistenza del reato di cui all’art. 306 cod. pen., esclusa dal Tribunale di Napoli in ragione della affermata inapplicabilità dell’art. 270 cod. pen. 2. Il ricorso del S. è infondato. 2.1. Il primo e il secondo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente per ragioni di connessione, sono inammissibili. Al riguardo, va ribatio che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguenza che sono inammissibili in sede di legittimità le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del materiale probatorio di recente, v. Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168 e, in motivazione, Sez. 5, n. 49362 del 19/12/2012, Consorte . Ora, per quanto concerne la realtà dell’accadimento storico e le conseguenze provocate, così come per la sua riconducibilità al ricorrente, le ammissioni di quest’ultimo sono sufficientemente univoche nella descrizione della condotta tenuta - irrilevante rimanendo nella fase presente l’individuazione della persona offesa -, mentre la frammentaria esposizione contenuta nel ricorso non consente di apprezzare l’idoneità di altre dichiarazioni concernenti l’aggressione di un ragazzo da parte di terzi ad elidere la portata delle ammissioni. In tale prospettiva, la generica spiegazione delle dichiarazioni come vanterie non riposa su alcuna base obiettiva dalla quale inferire siffatto tratto della personalità del ricorrente. 2.2. Inammissibili, del pari, sono il terzo e il quarto motivo, in quanto il provvedimento impugnato ha valorizzato, con motivazione che non esibisce alcuna manifesta illogicità, per un verso, le risultanze dell’analisi degli artificieri dei carabinieri, che non risultano oggetto di alcuna specifica contestazione, quanto alla metodica adoperata, e, per altro verso, la prova logica in relazione ad altra bomba, sottratta durante l’operazione di polizia e che ragionevolmente, anche in relazione al contenuto delle conversazioni intercettate, doveva essere della medesima fattura della prima. Quanto alla soggettiva riferibilità del reato al S., il Tribunale ha esattamente considerato che il ricorrente era uno degli organizzatori della manifestazione, anche nei suoi aspetti militari, e ad essa avrebbe partecipato e ha sottolineato che egli si era ripromesso di progettare qualche arma nuova per la stessa manifestazione. Rispetto a tale apparato argomentativi, l’assenza del S. al momento del sequestro è elemento privo di rilievo. 2.3. Infondati sono il quinto e il sesto motivo. L’iter motivazionale del Tribunale ha carattere generale, atteso il coinvolgimento degli indagati nei vari episodi, ma non generico, in quanto dall’esame delle argomentazioni spese per ricostruire questi ultimi e dalla disinvoltura manifestata nel far ricorso alla violenza e all’uso delle armi, emergono i profili di elevata pericolosità anche del S., cui è stata applicata la misura degli arresti domiciliari. Proprio tali elementi e il radicamento nella struttura associativa rendono privo di rilievo il tempo trascorso dall’ultimo degli episodi contestati. Del tutto generici e sforniti di qualunque specifico riferimento agli atti del procedimento sono, infine, gli argomenti relativi al dedotto allontanamento del S. dall’associazione per effetto di un’invalidità conseguente ad infarto. 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso di S.G. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento annulla il provvedimento impugnato limitatamente alle statuizioni relative agli art. 270 e 306 cod. pen., con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.