Irregolare tenuta delle scritture: qual è lo scopo?

In tema di accertamento del dolo nel reato di bancarotta fraudolenta documentale è compito del giudice di merito vagliare con attenzione l’atteggiamento psicologico dell’agire dell’imputato, che deve concretizzarsi nella volontà e nella consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio della società.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 29220, depositata il 4 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Milano confermava la condanna dell’imputato, ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e di bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria. Avverso tale sentenza ricorreva per cassazione il soccombente che lamentava il carattere apparente della motivazione con la quale era stata affermata la responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Secondo la difesa la Corte d’appello aveva del tutto ignorato la circostanza dedotta dall’imputato della riconducibilità della sospensione temporanea della gestione contabile alla sospensione della prestazione della società incaricata della gestione informatica. I giudici non avevano nemmeno considerato rilevante l’atteggiamento collaborativo dell’imputato, per cercar di porre rimedio a questa situazione, propensione che quindi era del tutto incompatibile con il dolo del reato. E’ necessario un vaglio rigoroso sull’accertamento del dolo generico. La Cassazione, nell’affrontare il problema in esame, ricorda che il reato di bancarotta fraudolenta documentale richiede il dolo soltanto generico, e che quindi devono essere dimostrate la consapevolezza e la volontà che la confusa tenuta della contabilità abbia reso, o possa aver reso, impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio. Aggiunge, poi, la Corte che tale dimostrazione deve fondarsi su un rigoroso vaglio ad opera del Giudice di merito, soprattutto nell’eventuale prospettiva che valga a far risaltare la differenza rispetto al dolo che è sufficiente a connotare il reato di bancarotta documentale semplice. In quest’ultimo, l’elemento psicologico è rappresentato da dolo o indifferentemente da colpa, ravvisabili se l’agente ometta con coscienza, volontà nel primo caso o negligenza nel secondo di tenere la scritture contabili. Nel caso di specie, la sentenza impugnata si limitava ad affermare la responsabilità dell’imputato senza addentrarsi più di tanto nel vaglio della dimensione psicologica delle sue azioni. Il ragionamento dei Giudici territoriali appare del tutto inadeguato e illegittimo, essendo stato addebitato il reato sul rilievo della sospensione dell’assistenza informatica esterna e sul rimprovero all’imputato che avrebbe potuto provvedere con risorse interne. Le contestazioni poste dai Giudici di merito, osserva la Corte Suprema, sono di natura meramente colposa, riferite però poi all’accertamento di una condotta che invece il legislatore ha previsto come dolosa. Per tali motivi la Cassazione annulla la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta documentale e rinvia ad altra sezione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 aprile .- 4 luglio 2014, numero 29220 Presidente Marasca – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione S.B.E. , avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano in data 28 maggio 2012, con la quale, per quanto qui di interesse, è stata confermata la condanna inflitta in primo grado del 2008 , in ordine al reato di cui al capo la , in esso compresi anche i capi 1b , 1c , 1d , 1e , 1f , 1h e 1m . L'imputato è stato, cioè, ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, nonché di quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria realizzata con operazioni dolose idonee a cagionare il dissesto e poi il fallimento della Factor industriale S.p.A. società del cui consiglio di amministrazione l'imputato era stato componente, dal 14 luglio 1998 fino alla data del fallimento, ossia fino al 18 maggio 2000. I reati sono stati contestati come aggravati ai sensi dell'articolo 219 comma primo e comma secondo numero 1 legge fallimentare, nonché ai sensi dell'articolo 99 commi primo e secondo c.p. e all'imputato non sono state riconosciute circostanze attenuanti. Deduce 1 il carattere apparente della motivazione con la quale è stata affermata la responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Era stata del tutto ignorata, dalla Corte d'appello, la circostanza, dedotta dall'imputato ma anche sostenuta dal teste N. , della riconducibilità della sospensione temporanea della gestione contabile, al fatto che la società incaricata della gestione del correlato sistema informatico aveva sospeso le proprie prestazioni per la morosità della Factor industriale. Era anche emerso l'atteggiamento collaborativo dell'imputato che aveva avviato una trattativa per superare tale impasse, così peraltro denunciando un atteggiamento psicologico incompatibile con il dolo del reato 2 il vizio della motivazione sulla responsabilità per il residuo reato di bancarotta fraudolenta impropria. L'operazione dolosa causativa del fallimento, addebitata all'imputato, è stata impropriamente ravvisata nell'avere consentito, all'immobiliare Cometa Srl, di assumere il controllo della fallenda, sottoscrivendo un aumento del capitale sociale in relazione al quale quella aveva versato un credito in realtà incerto e illiquido. Ed invece era emerso, sulla base delle dichiarazioni il curatore, che lo stato di decozione era cominciato molto tempo prima e cioè nel 1994, a causa della riduzione del fatturato e, altresì, a causa di precedenti cessioni di quote azionarie a società prive di consistenza patrimoniale. Semmai, l'acquisizione del credito sopra menzionato costituiva l'unica realtà economica di valore constatata dalla curatela 3 il vizio della motivazione in ordine al diniego della esclusione dell'aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità. Il giudice del merito, nella valutazione del danno cagionato dalla condotta dell'imputato, avrebbe dovuto rilevare che costui aveva realizzato, in favore della società, la acquisizione di un credito importante grazie al quale non si era verificata una sostanziale diminuzione patrimoniale 4 il vizio della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, nonostante il fatto positivo sopra segnalato e la carica marginale rivestita dall'imputato. Il ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto nei limiti che si indicheranno. È indubbio che il reato di bancarotta documentale per il quale si procede richieda il dolo soltanto generico, nel senso che, a dovere essere dimostrata, è la consapevolezza e soprattutto la volontà che la confusa tenuta della contabilità abbia reso o possa avere reso impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio. È anche vero, tuttavia, che tale elemento deve formare oggetto di un rigoroso vaglio ad opera del giudice del merito, soprattutto nella eventuale prospettiva che valga a far risaltare la differenza rispetto al dolo che è sufficiente a connotare il reato di bancarotta documentale semplice in questo, infatti, l'elemento psicologico è rappresentato dal dolo o indifferentemente dalla colpa, che sono ravvisabili quando l'agente ometta, rispettivamente, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture. Orbene, nel caso di specie, la sentenza impugnata limita la analisi alla affermazione, di cui è evidente il connotato di apoditticità, secondo cui il dolo generico non poteva mancare nello S. , attesa la dimensione psicologica del suo agire, in considerazione del livello della sua ingerenza e delle sue scelte di gestione . Ma anche effettuando una lettura complementare di tale testo con la motivazione del primo giudice, riportata nella prima pagina della motivazione, si ricava soltanto che il reato è stato addebitato sul rilievo della sospensione della assistenza informatica esterna da novembre 1999 a aprile 2000, per morosità, e sul rimprovero rivolto all'imputato, che, secondo i giudici, avrebbe potuto provvedere con risorse interne. Si tratta, com'è evidente, di un ragionamento del tutto inadeguato e illegittimo, rispetto alla soluzione poi adottata, non fosse altro che per la ragione che esso appare sviluppato partendo dal rilievo di omissioni per giungere a rimproveri su quanto avrebbe potuto essere fatto e non lo è stato, ossia a contestazioni di natura meramente colposa, riferite all'accertamento di una condotta che, invece, il legislatore ha previsto come dolosa. Va anche notato, sul piano della evidenziata carenza della motivazione, che non risulta valorizzata dal giudice a quo, neppure una concreta correlazione funzionale tra la bancarotta distrattiva e quella documentale - che può costituire un indizio di integrazione della seconda -, risultando, piuttosto, che una parte delle condotte risoltesi in un depauperamento sono state realizzate quando il servizio di assistenza contabile non era stato ancora sospeso. 11 giudice del rinvio è chiamato, dunque, ad analizzare anche tale evenienza ai fini del giudizio sulla consapevole volontà, dell'imputato, di servirsi della ingenerata confusione contabile, per determinare coscientemente e volontariamente la situazione di impossibilità di ricostruzione del patrimonio della società. Il secondo motivo è invece infondato. Secondo il ragionamento della Corte d'appello, la bancarotta impropria, contestata ex articolo 223 comma 2 numero 2 L. fall., e cioè quella consistente in condotte dolose dell'agente, che abbiano cagionato il dissesto della società, si individua nel fatto che - essendosi trovata la società in difficoltà finanziarie, e avendo bisogno di un aumento di capitale per la necessità di un apporto di liquidità- l'imputato aveva realizzato l'opposto del risultato auspicato e cioè aveva concorso a deliberare, si, un aumento di capitale, ma facendolo poi sottoscrivere ad una società Immobiliare Cometa priva della necessaria disponibilità finanziaria circostanza ben nota all'imputato il quale, infatti, avendo accettato in pagamento, anziché contanti, la cessione di un credito vantato da Cometa verso il Comune di Roma, tuttavia di dubbia liquidità e, di fatto, rimasto inerte, aveva piuttosto determinato una situazione di controllo azionario, da parte di Cometa, tale da avere costituto la premessa per la successiva opera di drenaggio dei conti della società, descritta nei capi da 1a ad 1f. Si tratta di una ricostruzione del tutto logica e conforme al paradigma normativo in contestazione, laddove il carattere doloso della operazione risultata idonea a cagionare il dissesto è stato correttamente desunto dal pregresso rilievo, non contestato nemmeno dalla difesa, che la società Factor versava effettivamente in una situazione di difficoltà finanziaria e che l’avere, di fatto, procrastinato sine die la sua effettiva ricapitalizzazione, con una operazione di mera cosmesi sul capitale, su precisa iniziativa dolosa dell'imputato, ha determinato la definitiva perdita di competitività della stessa e della affidabilità presso il settore bancario, con inevitabile determinazione del relativo dissesto, non prima però di essersi assicurati - i responsabili - il tempo necessario alle ulteriori spoliazioni. A fronte di tale completa motivazione, le critiche sviluppate dal difensore solo apparentemente attengono alla completezza e alla logicità della motivazione, ma in sostanza tentano di accreditare una alternativa ricostruzione del fatto volta semplicemente a by-passare del tutto i rilevanti segnali indicatori di dolo ricavati dal carattere quantomeno del tutto inefficace e privo di senso, per la vitalità della società, della operazione di ricapitalizzazione posta in essere nei termini sopra descritti e a sottolineare il dato, rivelatosi invece inidoneo a scongiurare il dissesto, della acquisizione di un credito mai incassato. Il terzo motivo è inammissibile poiché con esso si tenta di accreditare, nella prospettiva di una diversa quantificazione del danno cagionato, una valutazione del credito acquisito per cessione operata da Cometa in favore della fallenda, diversa da quella compiutamente effettuata dalla Corte di merito una valutazione, quest'ultima che da atto della assoluta illiquidità del credito stesso e della sua sostanziale inidoneità a costituire un elemento positivo del patrimonio della società. L'ultimo motivo resta assorbito. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta documentale, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Rigetto nel resto.