Lo scopo era dare effettività ai crediti vantati per eccedenza di imposta poiché appariva iniquo che, a fronte del condono fiscale, non si restituissero a molti contribuenti gli importi pagati oltre il dovuto.
Nell’ordinanza numero 112 del 2013, la Consulta ha esaminato alcune questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, l. numero 350/2003 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2004» , dichiarando la manifesta inammissibilità di quella sollevata in riferimento agli articolo 3 e 6, comma 2, l. 27 luglio 2000, numero 212 il cosiddetto «Statuto dei diritti del contribuente» e la manifesta infondatezza della questione posta in riferimento agli articolo 3, 97 e 113, comma 2, Cost Il caso. In base all’articolo 2, comma 58, l. numero 350/2003, «nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze con i contribuenti, e di rimborso delle imposte, l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di IRPEF e IRPEG dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti». La disciplina trova applicazione in una controversia incardinata a seguito dell’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto ad una istanza di rimborso di credito d’imposta IRPEG relativo al periodo di imposta 1983, nell’ambito della quale l’Amministrazione finanziaria ha eccepito la prescrizione del credito. Uguaglianza, ragionevolezza e tutela giurisdizionale. Esclusa la possibilità di individuare una interpretazione costituzionalmente conforme, il Giudice a quo individua le seguenti violazioni di parametri costituzionali - il principio di uguaglianza fra le parti del processo, poiché solo all’Amministrazione finanziaria sarebbe vietato di esercitare una facoltà prevista in generale dall’ordinamento processuale e, fra i contribuenti, sarebbero favoriti solo quelli titolari di redditi IRPEF e IRPEG fino al periodo di imposta 1997 - l’articolo 3 della legge numero 212/2000, secondo il quale le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo e i termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati, dal momento che la disposizione censurata inciderebbe sull’istituto della prescrizione con efficacia retroattiva - il principio di ragionevolezza, giacché sarebbero riaperti rapporti giuridici di credito anche molto risalenti, senza che sussista una congrua giustificazione della deroga, e sarebbe impedito all’Amministrazione finanziaria di opporre difese a fronte di rivendicazioni remote o tardive - l’articolo 113, comma 2, Cost., poiché sarebbe esclusa la tutela giurisdizionale della stessa Pubblica Amministrazione con riguardo a determinate categorie di atti - i principi di buon andamento e di imparzialità della Pubblica Amministrazione ex articolo 97 Cost., anche in relazione all’articolo 6, l. numero 212/2000, perché la mancanza di una comunicazione formale al dichiarante del disconoscimento del credito d’imposta e l’assenza di dati cartacei o su supporto informatico relativi a dichiarazioni ultradecennali potrebbero consentire frodi a danno dell’Erario. Lo Statuto dei diritti del contribuente non è norma interposta nel giudizio di costituzionalità. La Corte Costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni sollevate in relazione a disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente. Seguendo la consolidata giurisprudenza costituzionale, il Collegio osserva che le norme richiamate non possono assumere la funzione di parametro di legittimità costituzionale neppure quali norme interposte sentenza numero 247/2011 . La disciplina censurata non ha carattere retroattivo ed è conforme a ragionevolezza. La Consulta dichiara la manifesta infondatezza delle altre questioni sottoposte al suo vaglio. Il Collegio esclude che la disciplina censurata abbia carattere retroattivo e si ponga in contrasto con il parametro della ragionevolezza. A tale ultimo proposito, il Giudice delle leggi rileva che, come confermato dai lavori parlamentari, la disciplina de qua è finalizzata a «dare effettività ai crediti vantati per eccedenza di imposta poiché appariva iniquo che, a fronte del condono fiscale, non si restituissero a molti contribuenti gli importi pagati oltre il dovuto» in questa prospettiva la norma impugnata «comporta un ragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore in quanto costituisce una disciplina eccezionale adottata per riequilibrare situazioni di disparità, in ragione di una complessiva situazione di ritardo nell’effettuare le restituzioni». Non è stato introdotto un trattamento discriminatorio. La delimitazione dell’ambito di applicazione di una disciplina che costituisce deroga a principi generali – come nel caso in esame – non è fonte di illegittimità costituzionale. Nessuna discriminazione è generata dalla scelta di ricondurre fattispecie identiche a disciplina diverse ratione temporis . Il richiamo all’articolo 133, comma 2, Cost. è inconferente. La Corte Costituzionale ritiene che sia inconferente il parametro di cui all’articolo 113, comma 2, Cost. Non sono lesi i principi di buon andamento e di imparzialità della Pubblica Amministrazione. La Consulta esclude altresì la lesione dei principi di buon andamento e di imparzialità della Pubblica Amministrazione, osservando che gli inconvenienti denunciati non sono direttamente riconducibili alla disciplina censurata e non rilevano ai fini del giudizio di legittimità costituzionale.
Corte Costituzionale, ordinanza 22 – 29 maggio 2013, numero 112 Presidente Gallo – Relatore Coraggio Ordinanza Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, numero 350 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2004 , promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Milano nel giudizio vertente tra la società Dresdner Bank A.G. e l’Agenzia delle entrate, ufficio di Milano 1, con ordinanza del 28 aprile 2010, iscritta al numero 276 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 49, prima serie speciale, dell’anno 2012. Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri udito nella camera di consiglio del 24 aprile 2013 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio. Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Milano, chiamata a decidere sul ricorso proposto dalla società Dresdner Bank A.G. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Milano 1, con ordinanza del 28 aprile 2010 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, numero 350 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2004 , in riferimento agli articolo 3 principio di uguaglianza e principio di ragionevolezza , 97 e 113, secondo comma, della Costituzione, anche in relazione agli articolo 3 e 6, comma 2, della legge 27 luglio 2000, numero 212 Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente che la disposizione sottoposta al vaglio di costituzionalità prevede che «nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze con i contribuenti, e di rimborso delle imposte, l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di IRPEF e IRPEG dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti» che l’Istituto bancario aveva adito la Commissione tributaria di Milano, impugnando il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso del credito di imposta IRPEG per l’anno 1983 che l’Agenzia delle entrate, costituitasi in giudizio, aveva eccepito la prescrizione del diritto che secondo la Commissione rimettente la prescrizione si deve ritenere maturata e che pertanto la norma impugnata diviene rilevante ai fini del decidere, in quanto impedirebbe di far valere la relativa eccezione che la norma sarebbe affetta dai seguenti vizi di costituzionalità − lederebbe il principio di uguaglianza fra le parti del processo, vietando solo all’amministrazione finanziaria di esercitare una facoltà prevista in generale dall’ordinamento processuale e, fra i contribuenti, favorendo solo quelli titolari di redditi IRPEF e IRPEG fino al 1997 − inciderebbe sull’istituto della prescrizione con efficacia retroattiva e in violazione dei principi di cui all’articolo 3 della legge numero 212 del 2000, secondo il quale le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo e i termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati − contrasterebbe, altresì, con il principio di ragionevolezza, in quanto riapre rapporti giuridici di credito anche molto risalenti, offre una giustificazione incongrua della deroga prevista, impedisce irragionevolmente all’amministrazione di opporre difese a fronte di rivendicazioni remote o tardive − escluderebbe la tutela giurisdizionale della stessa pubblica amministrazione con riguardo a determinate categorie di atti, in violazione dell’articolo 113, secondo comma, Cost. − potrebbe dar luogo a frodi in danno all’erario, con la conseguente lesione dell’articolo 97 Cost., anche in relazione all’articolo 6 della legge numero 212 del 2000 che è intervenuto nel giudizio, con memoria depositata il 2 gennaio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ed ha dedotto la non fondatezza della questione sollevata dalla Commissione tributaria di Milano che, in particolare, la difesa dello Stato ha rilevato il carattere eccezionale della norma impugnata, che tiene conto della diversa posizione delle parti nel giudizio e si pone come equo rimedio ai ritardi che si erano accumulati nel rimborso dei crediti di imposta IRPEF ed IRPEG nel periodo anteriore al 30 giugno 1997, con ingiusta discriminazione dei contribuenti che neppure sarebbe leso il diritto alla tutela giurisdizionale dell’amministrazione, in quanto la disposizione in esame si riferisce principalmente all’attività amministrativa di rimborso dei crediti di imposta e si riflette solo indirettamente sull’attività di difesa nel processo che la norma risponderebbe ai canoni di efficienza e di buona amministrazione stabiliti dall’articolo 97 Cost., e la possibilità di frodi o pagamenti indebiti costituirebbe un inconveniente di fatto non rilevante sul piano costituzionale. Considerato che, come correttamente rileva la Commissione tributaria provinciale di Milano, per decidere sull’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto all’istanza di rimborso del credito d’imposta IRPEG, anno 1983, deve farsi applicazione della norma in esame, essendo stata eccepita dal fisco la prescrizione del credito che in ragione del tenore letterale della disposizione non è possibile una diversa interpretazione, conforme a Costituzione, che la metta al riparo dal sospetto di illegittimità costituzionale, in quanto essa prevede che l’amministrazione debba provvedere all’erogazione degli indicati crediti d’imposta senza avvalersi della prescrizione che va ribadito, in proposito, che l’univoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale sentenze numero 78 del 2012, numero 26 del 2010 e numero 219 del 2008 che l’odierna questione, quindi, tende realmente a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale che, in via preliminare, va osservato che l’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, numero 212 Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente , invocato, in relazione al principio di uguaglianza, per la asserita lesione del principio di irretroattività delle disposizioni tributarie e di non prorogabilità dei termini di prescrizione e decadenza, e l’articolo 6, comma 2, della stessa legge, richiamato in ordine alla violazione dell’articolo 97 Cost., non possono essere assunti quale parametro di legittimità costituzionale, in quanto hanno rango di legge ordinaria e non costituiscono, neppure come norme interposte, parametro idoneo a fondare il giudizio di legittimità costituzionale di leggi statali ex multis, sentenza numero 247 del 2011 che, pertanto, la questione sollevata con riguardo a queste disposizioni legislative deve essere dichiarata manifestamente inammissibile che le altre questioni di legittimità costituzionale sono manifestamente infondate che la norma – priva di carattere retroattivo, in quanto conforma l’agire processuale dell’amministrazione dalla sua entrata in vigore – è espressione delle scelte discrezionali che competono al legislatore nella disciplina degli istituti processuali con il solo limite della loro non manifesta irragionevolezza ex multis, sentenza numero 10 del 2013 che, come emerge dal dibattito svoltosi nel corso dell’approvazione della legge finanziaria per il 2004 alla Camera dei deputati nella seduta del 15 dicembre 2003, con la disposizione impugnata si è inteso dare effettività ai crediti vantati per eccedenza di imposta poiché appariva iniquo che, a fronte del condono fiscale, non si restituissero a molti contribuenti gli importi pagati oltre il dovuto che in questa prospettiva la norma impugnata comporta un ragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore in quanto costituisce una disciplina eccezionale adottata per riequilibrare situazioni di disparità, in ragione di una complessiva situazione di ritardo nell’effettuare le restituzioni che non costituisce fonte di discriminazione costituzionalmente rilevante il fatto che il legislatore abbia delimitato l’ambito di applicazione della norma, in quanto, per costante giurisprudenza di questa Corte, non è fonte di illegittimità costituzionale il limite alla estensione di norme che, come quella ora in esame, costituiscono deroghe a principi generali ex multis, ordinanza numero 49 del 2013, sentenza numero 131 del 2009 che, inoltre, il naturale fluire del tempo costituisce idoneo elemento di differenziazione delle situazioni soggettive, cosicché non sussiste alcuna ingiustificata disparità di trattamento per il solo fatto che situazioni pur identiche siano soggette a diversa disciplina ratione temporis sentenza numero 273 del 2011, ordinanze numero 31 del 2011, numero 61 del 2010, numero 170 del 2009 e numero 212 del 2008 che non sussiste la violazione dell’articolo 113, secondo comma, Cost., in quanto il parametro, invocato con riguardo al diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, è palesemente inconferente che, infine, quanto alla lesione dell’articolo 97 Cost., sollevata dalla rimettente in considerazione del fatto che il disconoscimento del credito d’imposta non deve essere formalmente comunicato al dichiarante, nonché della circostanza che mancano dati cartacei o su supporto informatico delle dichiarazioni ultradecennali, con il rischio di frodi in danno dell’erario in violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, la censura non può trovare accoglimento, poiché gli inconvenienti di fatto denunciati, non direttamente riconducibili all’applicazione della disposizione censurata, sono irrilevanti ai fini del giudizio di legittimità costituzionale cfr., ex multis, ordinanza numero 270 del 2012 . Visti gli articolo 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1 dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, numero 350 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2004 , sollevata, in riferimento agli articolo 3 e 6, comma 2, della legge 27 luglio 2000, numero 212 Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente , dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe 2 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 58, della legge numero 350 del 2003, sollevata, in riferimento agli articolo 3, 97 e 113, secondo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe.