Provvedimento tranchant, quello adottato dall’azienda nei confronti di un uomo, accusato, non solo, di non avere consegnato alcune assicurate, ma anche di avere provveduto a prelevarne il contenuto. Secondo i giudici di merito, però, l’azione nei confronti del dipendente è tardiva, perché arrivata a ben sei mesi dai primi problemi. Ma il ragionamento è viziato da un errore di fondo non si può trascurare, difatti, la complessità dell’indagine aziendale interna, né la scelta, cautelativa, di ‘Poste’ di sospendere il dipendente.
Disservizi sospetti a richiamare l’attenzione dell’azienda – ‘Poste Italiane’ – è lo smarrimento di diverse assicurate, o mai pervenute ai destinatari oppure consegnate sì ma manomesse, cioè aperte. E a subire gli ‘strali’ aziendali è il ‘portalettere’, responsabile della ‘zona’ divenuta una sorta di ‘triangolo delle Bermuda’ per lui arriva la missiva peggiore, quella che gli comunica ufficialmente il licenziamento. Cassazione, ordinanza numero 8467, VI sez. civ., depositata oggi Tempi e colpe. Però, i primi due ‘round’ sono a favore del lavoratore sia in Tribunale che in Corte d’Appello, difatti, i giudici valutano come «tardiva e generica» la «contestazione» mossa dall’azienda nei confronti del dipendente, aggiungendo, poi, che vi è un’evidente «mancanza di proporzione tra l’addebito e la sanzione irrogata». Conseguenziale è la decisione dei giudici di dichiarare «illegittimo il recesso», con relativa condanna per ‘Poste Italiane’ «alla reintegrazione e al risarcimento del danno» a favore del lavoratore. Questa visione, però, viene messa in discussione, in maniera netta, dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, in premessa, rileggono la vicenda, da cui emerge, in sostanza, che ‘Poste Italiane’, a luglio 2005, «avviò una complessa indagine interna a seguito della denunzia di smarrimento di varie ‘assicurate’» nella zona di competenza dell’uomo, «assicurate mai pervenute ai destinatari oppure consegnate manomesse», e poi optò per la «sospensione dal servizio» del portalettere, sanzione a cui seguì, infine, la contestazione dell’«addebito» e, dulcis in fundo, la comunicazione, a gennaio 2006, del «licenziamento». Ebbene, questa rapida ricostruzione è utilissima, secondo i giudici, perché essa permette, innanzitutto, di porre in dubbio la tardività della contestazione –sostenuta in Corte d’Appello –, anche tenendo presente, evidenziano ancora i giudici, «la laboriosità delle indagini, dimensioni aziendali, irrogazione di sospensione». Allo stesso tempo, è davvero difficile comprendere la linea di pensiero – tracciata sempre in Appello – che ha portato ad «escludere la responsabilità» dell’uomo, soprattutto ricordando «l’indebito possesso», da parte sua, di un «oggetto» prelevato, quasi sicuramente, da una delle assicurate manomesse. Molto più logico, quindi, ritenere corretta la decisione di ‘Poste Italiane’ di optare per il licenziamento. Ma una nuova decisione dovrà ora essere presa dai giudici della Corte d’Appello, proprio alla luce delle considerazioni espresse dai giudici del ‘Palazzaccio’.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 3 febbraio – 10 aprile 2014, numero 8467 Presidente/Relatore Mammone Ritenuto in fatto e diritto 1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Milano P.G., dipendente di Poste Italiane spa con mansioni di portalettere, accusato dell'indebito possesso di oggetti contenuti in una assicurata, impugnava il licenziamento per giusta causa irrogatogli il 24.01.06. Il Tribunale, ritenendo tardiva e generica la contestazione, dichiarava illegittimo il recesso e condannava Poste Italiane alla reintegrazione e al risarcimento del danno. 2.- Proposto appello dal datore di lavoro, la Corte di appello di Milano con sentenza 21.05.10 rigettava l'impugnazione, ribadendo il giudizio di tardività e genericità espresso dal primo giudice e rilevando la mancanza di proporzione tra l'addebito e la sanzione irrogata. 3.- Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione. Rispondeva con controricorso e ricorso incidentale P. Il Consigliere relatore, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., ha depositato relazione ed ha proposto che la decisione avvenisse in camera di consiglio. Fissata la camera di consiglio, entrambe le parti hanno depositato memoria. 4.- Con il ricorso per cassazione Poste Italiane propone quattro motivi, che possono essere sintetizzati come segue a quanto alla tardività della contestazione, lamenta motivazione contraddittoria e violazione dell'articolo 7 della 1. 20.05.70 numero 300, dato che il giudice di appello dopo aver affermato di volerne tener conto, non ha considerato la complessità delle indagini necessarie per accertare l'illecito, senza peraltro considerare che nelle more il lavoratore era stato sospeso in via cautelare motivi 1 e 2 b quanto alla genericità violazione del detto articolo 7, deduce che la lettera di contestazione 20.12.05 conteneva un'articolata contestazione, nascente da precedenti ammissioni del lavoratore, non correttamente considerata dalla Corte di merito motivo 3 c quanto alla mancanza di proporzionalità, deduce violazione dell'articolo 2119 c.c., non avendo il giudice considerato il comportamento nella sua materialità e nella sua intrinseca gravità, giungendo ad un immotivato giudizio di lievità del comportamento, tale da non giustificare la sanzione irrogata motivo 4 . 5.- Con il ricorso incidentale P. censura la sentenza per la compensazione delle spese del grado di appello, ritenendo al riguardo erroneamente applicato l'articolo 92, comma 2, c.p.comma 6.- Preliminarmente deve darsi atto della tempestiva proposizione del controricorso recante il ricorso incidentale, così correggendo la relazione depositata ex articolo 380 bis c.p.comma Deve, pertanto, procedersi alla riunione dei due ricorsi. 7.- Passando all'esame del ricorso principale, deve rilevarsi che dalla prospettazione dei fatti risultante dal ricorso introduttivo presa in considerazione dai giudici di merito, come riportata dalla ricorrente in ottemperanza all'obbligo di autosufficienza, risulta che nel luglio 2005 Poste Italiane avviò una complessa indagine interna a seguito della denunzia di smarrimento di varie assicurate dirette ad alcuni laboratori di oreficeria ed orologeria ricadenti nella zona CAP 20123 servita dal P. , ivi pervenute nei mesi precedenti e mai pervenute ai destinatari, oppure agli stessi consegnate manomesse. All'esito dell'indagine Poste Italiane sospendeva dal servizio il P. 24.08.05 , in quanto era stato accertato che a suo nome era stato presentato ad uno dei detti laboratori, al fine di ottenere un preventivo di riparazione, un meccanismo di orologio marca Cartier, sottratto da uno dei plichi assicurati. Il P. contestava la sospensione assumendo che detto meccanismo era stato da lui casualmente ritrovato ed affidato ad un collega di lavoro perché si rivolgesse ad un orologiaio per acquisire detto preventivo lettera 31.08.05 . Revocata la sospensione 6.12.05 , Poste Italiane contestava al dipendente l'addebito 29.12.05 e, rimasto lo stesso silente, irrogava il licenziamento per giusta causa 24.01.06 . 8.- Quanto alla tardività del licenziamento ritenuta dal giudice sulla base di questa ricostruzione dei fatti motivi 1-2 , deve osservarsi che la giurisprudenza di legittimità ritiene che l'immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto al momento della mancanza o a quello della contestazione, è elemento costitutivo del diritto di recesso del datore, in quanto la non immediatezza induce ragionevolmente a ritenere che il datore stesso abbia soprasseduto ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la mancanza del lavoratore. La stessa giurisprudenza ritiene, peraltro, che il requisito della immediatezza debba intendersi in senso relativo, essendo esso compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l'accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell'impresa possa ritardare il recesso, restando comunque riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustifichi o meno il ritardo v. per tutte, da ultimo, Cass. 1.07.10 numero 15649 . E' ritenuto, inoltre, elemento sintomatico della permanente volontà del datore di irrogare il licenziamento e quindi dell'incompatibilità degli addebiti con la prosecuzione del rapporto l'irrogazione di eventuali misure cautelari quale la sospensione dal servizio v. per tutte Cass. 2.02.09 numero 2580 . 9.- Nell'esprimere il suo giudizio di tardività il giudice di merito non si è attenuto a questi principi, in quanto pur essendo consapevole che l'addebito era stato formulato all'esito di approfondite indagini e che era stata disposta la sospensione cautelare, è giunto alla conclusione che la contestazione era tardiva limitandosi a considerare il tempo trascorso dall'episodio alla contestazione , senza svolgere alcuna valutazione a proposito della rilevanza delle circostanze poste in evidenza dalla giurisprudenza citata laboriosità delle indagini e dimensioni aziendali, irrogazione di sospensione cautelare, tutte esistenti nel caso di specie . La scansione temporale sopra rilevata è desumibile dalla stessa sentenza impugnata, di modo che nessun rilievo assumono le contestazioni al riguardo formulate con il controricorso dal P. 10.- Quanto al motivo numero 3, il giudice perviene alla conclusione che la contestazione fu effettuata in termine generici senza considerare che la incolpazione mossa al dipendente non era quella di aver manomesso la corrispondenza, ma quella di essere in possesso indebito di oggetto sottratto da corrispondenza assicurata in distribuzione presso l'ufficio di sua pertinenza, e di aver tenuto al riguardo un atteggiamento reticente e non collaborativo. In ogni caso, è incongruo l'iter argomentativo adottato per escludere la responsabilità del P., in quanto il giudice, pur dando per scontato che il dipendente avesse avuto per sua ammissione l'indebito possesso dell'oggetto, da tale circostanza trae la conclusione che non esisterebbe prova di una responsabilità diretta o indiretta del dipendente e che la circostanza in questione poteva essere considerata solo occasione di sospetto che qualche leggerezza fosse stata commessa , nella sostanza giungendo ad un giudizio perplesso, che non vale a dichiarare la responsabilità, ma neppure ad escluderla. 11.- Le insufficienze e le incongruenze motivazionali rilevate sub 9 e 10 impongono l'accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, cui consegue l'assorbimento del quarto motivo del ricorso principale e dell'unico motivo del ricorso incidentale. La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale procederà a nuova valutazione della fattispecie sulla base dei principi di diritto sopra enunziati e secondo l'indicato corretto iter logico. Lo stesso giudice regolerà le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, accoglie i primi tre motivi del principale, dichiara assorbiti il quarto motivo e il ricorso incidentale e rinvia alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.