La Consulta, nel respingere per infondatezza le questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articolo 54 L. numero 69/09, 3 e 14 d.lgs. numero 150/11, ha ribadito l’inapplicabilità dell’articolo 702 ter c.p.c. e la correttezza della scelta del legislatore di devolvere al Collegio queste peculiari liti, ritenendola più garantista, stante l’impossibilità di creare parallelismi ed analogie tra questo rito speciale e le altre liti devolute al giudice monocratico.
È quanto affermato dalla Corte Costituzionale numero 65, depositata il 01 aprile 2014. Il caso. Le questioni d’incostituzionalità sono state sollevate, con 2 distinte ordinanze, dal tribunale ordinario di Verona nel decidere 2 liti sulla liquidazione delle parcelle dell’avvocato ex articolo 28 L. numero 794/42, stante il contrasto normativo creato dalle sopra citate norme. Infatti, mentre la previgente normativa d.lgs. numero 51/98 le devolveva «di regola» al giudice monocratico, la nuova le attribuisce al Collegio articolo 50 ter c.p.c. . Il procedimento deve svolgersi nelle forme del rito sommario di cognizione. Ciò, ad avviso del remittente, costituisce un eccesso di delega, tanto più che questa normativa speciale non è prevista dai criteri degli articolo 29 e 30 L. numero 794/42 né dall’articolo 54, che, però, la richiama al comma IV alle lett. b e c . Altre problematiche esegetiche sorgono in caso di contestazioni da parte dei clienti circa i fatti costitutivi od estintivi del credito e/o nel caso in cui il legale, oltre alla liquidazione dei compensi, richieda la declaratoria «dell’esistenza del credito o l’effettività delle prestazioni forensi». Ciò comporterebbe un ampliamento del thema decidendum e, poiché l’articolo 3 d.lgs. numero 150/11 esclude l’applicabilità dell’articolo 702 ter c.p.c. conversione del rito , «l’unico esito possibile sarebbe la declaratoria di inammissibilità del procedimento speciale e l’onere, per il creditore, di reintrodurre il giudizio nelle forme del rito ordinario di cognizione per l’effetto, il giudice monocratico sarebbe investito della cognizione di procedimenti più complessi, quelli che vertono anche sull’an della pretesa creditoria, mentre i procedimenti più semplici, aventi ad oggetto la sola liquidazione della pretesa creditoria, sono affidati al giudice in composizione collegiale tale risultato si porrebbe in contrasto con gli obiettivi di semplificazione dei modelli processuali che la legge delega mira a perseguire» principio di ragionevolezza , nonché con la deflazione dei carichi della giustizia e violerebbe anche gli articolo 3 e 97 Cost Questo rito speciale è sempre stato collegiale. La Corte evidenzia le incongruenze e gli errori esegetici commessi dal G.O., respingendo la questione anche per carenza di motivazione. Infatti sin dal 1942 è devoluto al collegio come ribadito dalle successive riforme processuali, comprese quelle contestate Cass., SSUU, numero 12609/12 . Esclusione della conversione del rito. Era già riconosciuta dalla L. numero 794/42 e si applica solo alle controversie regolate dall’articolo 702 bis c.p.c. «conseguentemente la richiesta caducazione di tale divieto, riferita ai soli procedimenti di liquidazione degli onorari forensi, costituirebbe un’eccezione rispetto al modello procedimentale prescelto dal medesimo d.lgs. numero 150/2011» incompatibile con la ratio della riforma del 2011, «introducendo un’ulteriore particolarità ad un sistema processuale che – pur essendo ispirato alla finalità di riportare una molteplicità di procedimenti speciali ad una almeno tendenziale uniformità – conserva tuttora elementi di innegabile eccentricità». Discrezionalità ed insindacabilità delle scelte del legislatore. Sono limiti alla non manifesta irragionevolezza di una legge C. Cost. nnumero 10/13 e 304/12 . La Corte ribadisce poi la sua tesi costante «il principio di cui all’articolo 97 Cost. si riferisce agli organi dell’amministrazione della giustizia unicamente per profili concernenti l’ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l’aspetto amministrativo, ma non riguarda l’esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e i provvedimenti che ne costituiscono espressione» C. Cost. nnumero 44/06, 287/07 e 272/08 . Impossibile paragonare i due riti. Il remittente, infine, non ha considerato le peculiarità di questa materia «che non si esauriscono nella sola riserva di collegialità, ma che attengono anche ai criteri di determinazione della competenza, al regime delle impugnazioni, alla possibilità di incardinare il giudizio in unico grado dinanzi alla Corte di appello, nonché di partecipare personalmente al procedimento, senza l’assistenza di un difensore». La riserva di collegialità, quindi, «ben può costituire una delle modalità attraverso le quali il legislatore ha disciplinato in maniera differenziata situazioni processuali eterogenee rispetto al modello ordinario». Ergo risultano valorizzate le «garanzie defensionali» e, anche per queste caratteristiche speciali, è impossibile fare paragoni con le altre cause trattate col rito ordinario di cognizione.
Corte Costituzionale, sentenza 26 marzo – 1° aprile 2014, numero 65 Presidente Silvestri – Redattore Amato Sentenza Nel giudizio di legittimità costituzionale degli articolo 3, comma 1, e 14, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150 Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, numero 69 , nonché dell’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge 18 giugno 2009, numero 69 Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile , promosso dal Tribunale ordinario di Verona, nel procedimento vertente tra B.M. ed altro e A.P.A. ed altri, con ordinanza del 23 maggio 2013, iscritta al numero 202 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 40, prima serie speciale, dell’anno 2013. Visto l’atto di intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri Udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2014 il Giudice relatore Giuliano Amato. Ritenuto in fatto 1.– Con ordinanza del 28 febbraio 2013, il Tribunale ordinario di Verona ha sollevato, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articolo 3, comma 1, e 14, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150 Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, numero 69 in via subordinata, il medesimo Tribunale ha altresì sollevato, in riferimento agli articolo 3 e 97 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge 18 giugno 2009, numero 69 Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile . 1.2.– Il Tribunale rimettente riferisce di essere chiamato a decidere in composizione collegiale – in conformità all’articolo 14, comma 2, del d.lgs. numero 150 del 2011 – una controversia in materia di liquidazione di onorari di avvocato, ai sensi dell’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, numero 794 Onorari di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile , controversia per la quale il legislatore delegato ha previsto la trattazione dinanzi al giudice in composizione collegiale, nelle forme del rito sommario di cognizione il Tribunale evidenzia che nel giudizio a quo, per effetto della contestazione dei fatti costitutivi del credito dedotto in giudizio e del conseguente ampliamento del thema decidendum, si determinerebbe l’inammissibilità del rito sommario, attesa l’esclusione, prevista dall’articolo 3, comma 1, del d.lgs. numero 150 del 2011, della possibilità di conversione del rito sommario articolo 702-ter, comma 2, cod. proc. civ. e l’onere per la parte ricorrente di riproporre il giudizio nelle forme del rito ordinario. 1.3.– Il rimettente dubita, in primo luogo, della legittimità costituzionale degli articolo 3, comma 1, e 14, comma 2, del d.lgs. numero 150 del 2011 sotto il profilo della violazione dell’articolo 76 Cost., per contrasto con il principio di delega stabilito dall’articolo 54 della legge numero 69 del 2009 in particolare, ad avviso del giudice a quo, l’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge delega, laddove prevede il mantenimento dei «criteri di composizione dell’organo giudicante previsti dalla legislazione vigente», si riferirebbe al criterio generale di composizione monocratica del giudice stabilito dall’articolo 50-ter cod. proc. civ., e non già ai criteri speciali previsti dagli articolo 29 e 30 della legge numero 794 del 1942, relativa ai procedimenti di liquidazione degli onorari di avvocato. 1.3.1.– A sostegno di tale interpretazione, il Tribunale evidenzia che l’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge numero 69 del 2009, non fa alcun richiamo alla normativa speciale, che è invece richiamata dalle successive lettere b e c del medesimo articolo. 1.3.2.– Inoltre la lettura, offerta dal rimettente, del criterio posto dall’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge delega risulterebbe coerente con il criterio fissato dal comma 2 dello stesso articolo 54, il quale richiedeva che la riforma realizzasse «il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti» ad avviso del Tribunale, tale criterio costituisce affermazione di un’esigenza di coerenza con l’ordinamento previgente nel quale, a partire dal d.lgs. 19 febbraio 1998, numero 51 Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado , il giudizio monocratico ha costituito la regola. 1.3.3.– E d’altra parte, ad avviso del collegio rimettente, il disposto dell’articolo 3 del d.lgs. numero 150 del 2011, nell’escludere l’applicabilità dell’articolo 702-ter, comma 2, cod. proc. civ. alle controversie in materia di liquidazione degli onorari determina la conseguenza che, in caso di ampliamento del thema decidendum ai fatti costitutivi o estintivi del credito, l’unico esito possibile sarebbe la declaratoria di inammissibilità del procedimento speciale e l’onere, per il creditore, di reintrodurre il giudizio nelle forme del rito ordinario di cognizione per l’effetto, il giudice monocratico sarebbe investito della cognizione di procedimenti più complessi, quelli che vertono anche sull’an della pretesa creditoria, mentre i procedimenti più semplici, aventi ad oggetto la sola liquidazione della pretesa creditoria, sono affidati al giudice in composizione collegiale tale risultato si porrebbe in contrasto con gli obiettivi di semplificazione dei modelli processuali che la legge delega mira a perseguire. 1.4.– Il Tribunale ha inoltre sollevato in via subordinata, nell’ipotesi in cui la Corte non ritenesse di condividere le censure formulate in via principale, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge delega numero 69 del 2009, e – per conseguenza – degli articolo 3 e 14 del d.lgs. numero 150 del 2011, per violazione degli articolo 3 e 97, primo comma, Cost., nella parte in cui lo stesso articolo 54 fa salvi i criteri di composizione dell’organo giudicante che erano previsti dall’articolo 29 della legge numero 794 del 1942. 1.4.1.– A questo riguardo, il Tribunale evidenzia in particolare che, laddove la controversia riguardi non solo la liquidazione del compenso, ma anche l’esistenza del credito o l’effettività delle prestazioni forensi, l’unica conseguenza possibile sul piano processuale è l’inammissibilità della speciale procedura di cui all’articolo 28 della legge numero 794 del 1942 né sarebbe possibile la conversione del rito ai sensi dell’articolo 702-ter, comma 3, cod. proc. civ., essendo la stessa esclusa dall’articolo 3, comma 1, del d.lgs. numero 150 del 2011 pertanto, a seguito della pronuncia di inammissibilità del ricorso, il creditore ha l’onere di riproporre la domanda nelle forme del giudizio ordinario di cognizione, ovvero in quelle del procedimento sommario ordinario, con decisione – in entrambi i casi – del Tribunale in composizione monocratica, secondo la regola generale dell’articolo 50-ter cod. proc. civ. 1.4.2.– Ad avviso del Tribunale, tale risultato contrasta col principio di ragionevolezza, che trova espressione nell’articolo 3 Cost. si avrebbe infatti una disciplina che, nel caso di ampliamento della materia del contendere, finisce per riservare al collegio i giudizi, più semplici e circoscritti, sul quantum della pretesa dell’avvocato, e al giudice monocratico i giudizi – verosimilmente più complessi – di accertamento della sussistenza dei fatti costitutivi o estintivi del credito del professionista. 1.4.3.– La trattazione in forma collegiale di un procedimento semplificato come quello per la liquidazione degli onorari forensi richiederebbe, secondo il rimettente, tempi e adempimenti maggiori di quelli che sarebbero richiesti se le medesime controversie si svolgessero davanti ad un giudice monocratico pertanto, il complesso di norme in esame si porrebbe in contrasto anche con le esigenze di buona amministrazione, rapidità ed economia delle risorse dell’amministrazione della giustizia che la Corte costituzionale ha ravvisato a giustificazione degli interventi normativi che hanno inteso valorizzare il ruolo del giudice unico, consentendo di recuperare risorse umane in un’ottica deflattiva e di maggiore efficienza del sistema processuale di qui il loro contrasto con il principio di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, sancito dall’articolo 97, primo comma, Cost. 2.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l’inammissibilità e per l’infondatezza della questione sollevata. 2.1.– L’Avvocatura dello Stato ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza delle censure di costituzionalità. 2.2.– Nel merito, con riferimento alla deduzione dell’eccesso di delega insito nella previsione della riserva di collegialità, l’Avvocatura dello Stato ha affermato la piena conformità della disciplina censurata ai principi e criteri direttivi impartiti dalla legge delega la difesa erariale ha altresì dedotto l’infondatezza delle censure formulate in via subordinata, riferite alla violazione dei principi di cui agli articolo 3 e 97 Cost. Considerato in diritto 1.– Il Tribunale ordinario di Verona ha sollevato, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articolo 3, comma 1, e 14, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150 Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, numero 69 , nella parte in cui rispettivamente prevedono che — nei procedimenti in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati — il Tribunale decida in composizione collegiale, anziché monocratica, e che ai medesimi procedimenti non si applichi il secondo comma dell’articolo 702-ter codice di procedura civile. 1.1.– In via subordinata, il Tribunale di Verona ha sollevato, in riferimento agli articolo 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge 18 giugno 2009, numero 69 Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile , nella parte in cui fa salvi i criteri di composizione dell’organo giudicante previsti dall’articolo 29, primo comma, della legge 13 giugno 1942, numero 794 Onorari di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile , e – per derivazione – degli articolo 14, comma 2, e 3, comma 1, del d.lgs. numero 150 del 2011, nella parte in cui rispettivamente prevedono che – nei procedimenti in materia di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato – il Tribunale decida in composizione collegiale, anziché monocratica, e che ai medesimi procedimenti non si applichi il secondo comma dell’articolo 702-ter cod. proc. civ. 2.– Preliminarmente va rilevato che l’eccezione di inammissibilità riferita al difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza delle censure di costituzionalità, non appare meritevole di accoglimento al contrario, il tessuto argomentativo dell’ordinanza di rimessione appare articolato e ponderato con riferimento a ciascuna delle censure formulate e dei parametri evocati. 3.– Nel merito, le questioni non sono fondate. 3.1.– Con riferimento alla denunciata violazione dell’articolo 76 Cost., va in primo luogo rilevato che l’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge numero 69 del 2009, nello stabilire i principi direttivi ai quali il Governo era tenuto ad attenersi, ha prescritto che rimanessero «fermi i criteri di competenza, nonché i criteri di composizione dell’organo giudicante, previsti dalla legislazione vigente». In attuazione della predetta delega, l’articolo 14 del d.lgs. numero 150 del 2011, ha ricondotto i procedimenti in materia di liquidazione degli onorari di avvocato al modello dei procedimenti sommari di cognizione, modello al quale ha apportato alcuni adattamenti in particolare, dopo avere previsto una particolare disciplina della competenza per territorio, l’articolo 14, comma 2, dispone che «Il Tribunale decide in composizione collegiale». L’articolo 50-bis cod. proc. civ., inserito dall’articolo 56 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, numero 51 Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado , impone al Tribunale di giudicare in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio, disciplinati dall’articolo 737 cod. proc. civ. e seguenti. Va inoltre rilevato che lo svolgimento in camera di consiglio dei procedimenti di liquidazione degli onorari forensi era già espressamente previsto dall’articolo 29 della legge numero 794 del 1942 dal riconoscimento della natura camerale dei procedimenti di liquidazione degli onorari nel periodo precedente alla riforma introdotta dalla legge numero 51 del 1998, discende pertanto, ai sensi dell’articolo 50-bis cod. proc. civ., la composizione collegiale dell’organo giudicante. Tale è l’interpretazione accolta dalla giurisprudenza di legittimità, laddove ha affermato che le controversie in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati rientrano fra quelle da trattare in composizione collegiale, in base alla riserva prevista per i procedimenti in camera di consiglio dall’articolo 50-bis, comma 2, cod. proc. civ. Corte di cassazione, Sezioni unite, sentenza numero 12609 del 2012 . Pertanto, nell’affermare la collegialità del giudicante, l’articolo 14, comma 2, del d.lgs. numero 150 del 2011, non fa che ribadire quei criteri che erano già propri del previgente modello processuale, in applicazione del criterio direttivo di cui all’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge delega numero 69 del 2009. 3.2.– D’altra parte, con riferimento alla dedotta violazione dei principi della legge delega riferita all’articolo 3, comma 1, del d.lgs. numero 150 del 2011, ed in particolare all’esclusione della convertibilità del rito sommario, va rilevato che la norma in esame costituisce immediata applicazione del criterio direttivo di cui all’articolo 54, comma 4, lettera b , numero 2 , della legge numero 69 del 2009, il quale – nel ricondurre al modello del procedimento sommario quei procedimenti nei quali sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa – afferma che resta «esclusa per tali procedimenti la possibilità di conversione nel rito ordinario». La non convertibilità del rito sommario discende quindi dalla espressa prescrizione impartita dalla legge delega articolo 54, comma 4, lettera b, numero 2, della legge numero 69 del 2009 e corrisponde altresì alla inammissibilità – ripetutamente affermata anche prima della riforma del 2009 – del procedimento speciale previsto dalla legge numero 794 del 1942 nel caso in cui il thema decidendum si estenda a questioni che esulano dalla mera determinazione del compenso. Il divieto di conversione del rito è stabilito dall’articolo 3, comma 1, del d.lgs. numero 150 del 2011 per le controversie regolate dal rito sommario di cognizione conseguentemente la richiesta caducazione di tale divieto, riferita ai soli procedimenti di liquidazione degli onorari forensi, costituirebbe un’eccezione rispetto al modello procedimentale prescelto dal medesimo d.lgs. numero 150 del 2011. Siffatta eccezione risulterebbe incompatibile con le finalità, perseguite dalla riforma del 2011, di riduzione e semplificazione dei riti civili, introducendo un’ulteriore particolarità ad un sistema processuale, che – pur essendo ispirato alla finalità di riportare una molteplicità di procedimenti speciali ad una almeno tendenziale uniformità – conserva tuttora elementi di innegabile eccentricità. 4.– Anche le censure aventi ad oggetto l’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge numero 69 del 2009, in riferimento agli articolo 3 e 97 Cost., sono infondate. 4.1.– In particolare, ad avviso del Tribunale, la scelta legislativa di mantenere i criteri di composizione dell’organo giudicante previsti dall’articolo 29, primo comma, della legge numero 794 del 1942, riservando così al collegio, anziché al giudice monocratico, la trattazione e la decisione delle controversie in materia di liquidazione di onorari forensi non troverebbe alcuna plausibile giustificazione inoltre tale scelta contrasterebbe con esigenze di efficienza ed economia nell’impiego delle risorse dell’amministrazione della giustizia. 4.2.– In primo luogo va rilevato che la lesione del principio di cui all’articolo 97 Cost. viene denunciata con riferimento ad una disposizione, quella dell’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge numero 69 del 2009 avente natura squisitamente processuale al riguardo la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che il principio di cui all’articolo 97 Cost. si riferisce agli organi dell’amministrazione della giustizia unicamente per profili concernenti l’ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l’aspetto amministrativo, ma non riguarda l’esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e i provvedimenti che ne costituiscono espressione ex multis, sentenze numero 272 del 2008, numero 287 del 2007 e numero 44 del 2006 . 4.3.– D’altra parte, con riferimento alla denunciata violazione del principio di ragionevolezza, di cui all’articolo 3 Cost., la giurisprudenza della Corte è costante nell’affermare che nella disciplina degli istituti processuali vige il principio della discrezionalità e insindacabilità delle scelte operate dal legislatore con il limite della non manifesta irragionevolezza ex multis, sentenze numero 10 del 2013, numero 304 del 2012 e ordinanza numero 141 del 2011 . 4.3.1.– Con riferimento alla disposizione in esame, va altresì escluso che il limite della non manifesta irragionevolezza sia stato superato. La prospettazione del Tribunale rimettente non tiene in debito conto le molteplici peculiarità proprie del rito previsto per le controversie in materia di onorari forensi, peculiarità che non si esauriscono nella sola riserva di collegialità, ma che attengono anche ai criteri di determinazione della competenza, al regime delle impugnazioni, alla possibilità di incardinare il giudizio in unico grado dinanzi alla Corte di appello, nonché di partecipare personalmente al procedimento, senza l’assistenza di un difensore. 4.3.2.– La valutazione di tali peculiarità impedisce una valutazione comparativa con i procedimenti – trattati dal giudice monocratico nelle forme del rito ordinario di cognizione – relativi alle controversie sulla sussistenza del credito del professionista ed invero, in un’ottica di valorizzazione delle garanzie defensionali, la riserva di collegialità prevista per i procedimenti di liquidazione degli onorari forensi può giustificarsi in termini di bilanciamento che il legislatore, con valutazione discrezionale insindacabile, ha ritenuto adeguato per compensare la riduzione dei rimedi e delle garanzie connessa, da un lato, all’esclusione dell’appello e, dall’altro lato, alla possibilità di partecipare personalmente al giudizio, rinunciando ad avvalersi dell’assistenza tecnica di un difensore. 4.3.3.– Pertanto, la riserva di collegialità per i procedimenti in esame ben può costituire una delle modalità attraverso le quali il legislatore ha disciplinato in maniera differenziata situazioni processuali eterogenee rispetto al modello ordinario. Visti gli articolo 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per Questi Motivi la Corte Costituzionale 1 dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articolo 3, comma 1, e 14, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150 Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, numero 69 , sollevata, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Verona con l’ordinanza in epigrafe 2 dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 54, comma 4, lettera a , della legge 18 giugno 2009, numero 69 Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile , sollevata, in riferimento agli articolo 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Verona con l’ordinanza indicata in epigrafe.