Le mansioni superiori di fatto danno diritto solo al corrispondete trattamento retributivo, giusto il divieto di automaticità di mansioni superiori nel pubblico impiego.
Il caso. La Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi sul ricorso promosso da un’Azienda Sanitaria Locale, fondato sul presupposto secondo il quale stante una corretta e razionale lettura della norma ex-art.54 comma 5 CCNL di riferimento contratto collettivo nazionale di categoria – comparto della dirigenza sanitaria, parte normativa quadriennio 1994-1997 alcuna progressione di carriera può riconoscersi sulla base dell’espletamento di mere funzioni di fatto, ancorché le stesse siano state accertate in sede di giustizia amministrativa, provvedeva a cassare la sentenza di appello, cui conseguiva quindi la conferma del “decisum” originariamente adottato dal giudice di prime cure. Divieto di riconoscimento automatico di mansioni superiori nel pubblico impiego. La sentenza in commento, pertanto, pur dipanando una vertenza alquanto lineare sotto il profilo fattuale, ritorna ad affrontare delle questioni di diritto di perdurante attualità nel settore c.d. del pubblico impiego privatizzato in primis, facendo riferimento alla ricorrente inferenza delle mansioni superiori espletate di fatto nell’ambito dell’inquadramento normativo ed economico del personale dipendente dei Soggetti Pubblici. Mansioni superiori di fatto? Sì alla pretesa risarcitoria. Sul tema, la Cassazione conferma un orientamento ormai consolidato secondo il quale, l’interesse ad una progressione e/o avanzamento di carriera del dipendente pubblico adibito allo svolgimento di mansioni superiori, rispetto al suo profilo contrattuale non assurge a posizione soggettiva piena, secondo quanto è previsto nel settore privato, ma, rileva semplicemente sotto il profilo di una pretesa risarcitoria azionabile avverso il datore di lavoro “pubblico”, tenuto al pagamento delle differenze retributive nel rispetto del comando precettivo contenuto nella norma di rango costituzionale contenuta nell’art.36 Cost Ricognizione del differente regime giuridico processuale dei contratti collettivi. In secondo luogo, altro importante ed attuale tema ribadito dal Supremo Consesso nomofilattico, concerne la natura giuridica dei contratti collettivi di diritto pubblico alla luce della riforma processuale civile intervenuta con il d.lgs. numero 40/2006, oggetto ancora oggi di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale non ancora compiutamente risolto. Precisamente, in occasione della predetta riforma, il dettato letterale della disposizione processuale ex-art.360 c.p.c. riepilogativa delle cc.dd. censure di legittimità riferibili ai provvedimenti giurisdizionali impugnabili innanzi alla Corte di Cassazione, è stato ampliato annoverando tra gli “errores in judicando” anche il vizio di violazione e/o falsa applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, modifica questa, però, che non ha modificato la natura giuridica degli accordi collettivi i quali, in quanto atti negoziali, rimangono sempre assoggettati ai criteri ermeneutici propri dei contratti in generale, ovvero ai cc.dd. canoni interpretativi letterali e/o sistematici e canoni interpretativi integrativi comune volontà dei contraenti, buona fede delle parti, equità, ecc. . I contratti collettivi di diritto pubblico assorbenza del principio jura novit curia. Naturalmente, però, in sede di deduzione in giudizio della violazione da parte della sentenza di appello di una norma pattizia fissata in sede collettiva, non vi è l’obbligo per la parte, di indicare precipuamente il canone ermeneutico negoziale dal quale il giudice si sarebbe discostato applicando la fonte negoziale in discorso alla fattispecie controversa, in quanto il giudice di legittimità, in virtù della predetta previsione dei contratti collettivi in discorso tra le norme di diritto, potrà direttamente operare il controllo di legittimità sulle stesse applicando direttamente i predetti canoni ermeneutici, tanto, al pari della deduzione della violazione della norma di diritto, dove appunto, non si richiede alla parte di indicare il criterio interpretativo della norma di legge, contemplato dalle disposizioni preliminari al codice civile, erroneamente applicato dal giudice di merito. Ciò, a differenza dei contratti collettivi di diritto privato, che invece sono applicati ai fini della ricostruzione del «fatto storico sostanziale» dai giudici di merito attraverso l’esame diretto dei canoni ermeneutici negoziali sopra richiamati, mentre in sede di legittimità la Cassazione può sindacarne solamente indirettamente le risultanze, verificando se il percorso motivazionale enunciato dal giudice del merito, risponde a criteri di coerenza e razionalità in relazione alla normativa in materia di canoni interpretativi dei contratti in generale. In altri termini, mentre con riferimento ai contratti collettivi di diritto pubblico la Cassazione può direttamente ricostruire la normativa concreta ivi fissata, applicando «sic et simpliciter» i canoni di ermeneutica negoziale, per quanto concerne i contratti collettivi di diritto privato, la Cassazione può solo verificare se nel ricostruire la disciplina concreta ivi contenuta, il giudice del merito, ha correttamente applicato i predetti canoni ermeneutici attenendosi al significato attribuito agli stessi, secondo l’interpretazione comune e costante data dalla Cassazione medesima.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 marzo – 12 aprile 2012, numero 5801 Presidente Roselli – Relatore Bandini Svolgimento del processo Con sentenza del 1.10.2009 - 28.1.2010 la Corte d'Appello dell'Aquila, accogliendo il gravame proposto da G.F. nei confronti della ASL - Azienda Unità Sanitaria Locale di Pescara qui di seguito, per brevità, anche indicata come ASL avverso la pronuncia di prime cure, condannò l'Amministrazione sanitaria a corrispondere all'appellante la retribuzione prevista per i dirigenti di struttura complessa di cui alla lettera a del comma 1 dell'articolo 54 CCNL Area dirigenza ruoli sanitari e successive modificazioni, nonché ogni altra ed ulteriore componente retributiva derivante dal suddetto riconoscimento, con decorrenza dal 1 luglio 1998, oltre agli interessi legali dalle singole scadenze. A sostegno del decisum la Corte territoriale, premesso che l'appellante aveva già svolto avanti al Giudice amministrativo domanda fondata sull'espletamento di fatto delle funzioni di dirigente ingegnere coordinatore , ottenendo in quella sede il riconoscimento al riguardo dell'XI livello del CCNL, osservò che la relazione fra graduazione delle posizioni dirigenziali e trattamento economico, prevista dall'articolo 50 CCNL per l'area della dirigenza sanitaria - professionale - tecnica e amministrativa, parte normativa quadriennio 1994-1997, del 5.12.1996, nel caso di specie - conformemente all'assunto della parte appellante - era stata compiuta in via generale dall'articolo 54, comma 5, del medesimo CCNL, laddove era stato previsto che ai dirigenti di più elevato livello, già appartenenti all'XI livello, era attribuita la stessa valenza economica degli incarichi affidati ai dirigenti di II livello del ruolo sanitario. Avverso tale sentenza della Corte territoriale, la ASL di Pescara ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo e illustrato con memoria. L'intimato G.F. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo parte ricorrente denuncia violazione di legge e di contratto collettivo, deducendo che la Corte territoriale, nel fare applicazione dell'articolo 54, comma 5, del CCNL, non aveva tenuto conto che al G. non era stato mai riconosciuto l'XI livello, ma soltanto, in sede giudiziaria, l'avvenuto svolgimento di fatto delle funzioni dirigenziali a tale livello corrispondenti. 2. Deve anzitutto rilevarsi l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso svolta dal controricorrente per la mancata indicazione da parte della ricorrente dei canoni ermeneutici da cui il Giudice del merito si sarebbe discostato e del modo con cui ciò sarebbe avvenuto. L'articolo 360, comma 1, numero 3, cpc, come modificato dall'articolo 2 dlvo 2.2.2006, numero 40, permette il ricorso in cassazione per violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Ciò significa che, ai fini del controllo di legittimità, il contratto collettivo è inserito tra le norme di diritto, la cui violazione può essere denunciata senza necessario riferimento alle norme di ermeneutica articolo 1362 e ss cc asseritamente violate, così come la violazione di legge può essere denunciata senza necessario riferimento agli articolo 10 - 12 delle preleggi. 3. L'articolo 26, comma 2 quinquies, divo numero 29/93, espressamente richiamato dall'articolo 54, comma 5, CCNL per l'area della dirigenza sanitaria - professionale - tecnica e amministrativa, parte normativa quadriennio 1994-1997, del 5.12.1996, prevede che Nell'attribuzione degli incarichi dirigenziali , determinati in relazione alla struttura organizzativa derivante dalle leggi regionali , si deve tenere conto della posizione funzionale posseduta dal relativo personale all'atto dell'inquadramento nella qualifica di dirigente. È assicurata la corrispondenza di funzioni, a parità di struttura organizzativa, dei dirigenti di più elevato livello dei ruoli di cui al comma 1 con i dirigenti di secondo livello del ruolo sanitario”. A sua volta il ridetto articolo 54, comma 5, CCNL del 5.12.1996 dispone che, Nel rispetto dell'articolo 26 comma 2- quinquies del d.lgs. 29/93, ai Dirigenti di più elevato livello dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo - già appartenenti all'ex XI livello - è attribuita la stessa valenza economica degli incarichi affidati ai Dirigenti di II livello del ruolo sanitario ai sensi del comma 1 lett. a del presente articolo . La sentenza impugnata mostra di avere ben compreso la portata precettiva della suddetta norma pattizia e, in particolare, l'avvenuta attribuzione ai dirigenti già appartenenti all'ex XI livello della stessa valenza economica degli incarichi affidati ai dirigenti di II livello del ruolo sanitario, ovvero il trattamento economico relativo ai dirigenti di struttura complessa , ma non ha considerato che il G. - come del resto viene riconosciuto anche nel controricorso – aveva avuto il riconoscimento in sede di giudizio amministrativo dell'avvenuto svolgimento delle funzioni di cui all'XI livello, con conseguente diritto al corrispondente trattamento economico, ma non già l'inquadramento in tale superiore livello conseguentemente ha erroneamente applicato la norma pattizia invocata ad un dirigente che, pur avendo svolto di fatto le funzioni corrispondenti, non rientrava fra quelli, espressamente contemplati, come già appartenenti all'ex XI livello. Al contempo ne è risultata violata anche la previsione di cui al ridetto articolo 26, comma 2 quinquies, dl.vo numero 29/93, espressamente richiamato dall'ari 54, comma 5, CCNL del 5.12.1996, laddove, inequivocamente, fa riferimento alla posizione funzionale posseduta - e non dunque anche all'eventuale avvenuto espletamento di funzioni superiori - e, allo specifico fine di assicurare la corrispondenza di funzioni, ai dirigenti di più elevato livello dei ruoli”. Il motivo risulta dunque fondato. 4. In definitiva il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda. Le spese dell'intero processo, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda condanna il controricorrente alla rifusione delle spese dell'intero processo, che liquida quanto al primo grado in complessivi Euro 2.300,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, Euro 750,00 per diritti ed il residuo per esborsi quanto al secondo grado in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 1.900,00 per onorari, Euro 750,00 per diritti ed il residuo per esborsi quanto al giudizio di cassazione, in Euro 50,00 oltre ad Euro 3.000,00 tremila per onorari il tutto oltre a spese generali, Iva e Cpa come per legge.