Un dovere di iper-motivazione ... quanto è lontana l’oralità del processo!

Qualora venga lamentato il motivo di cui all’art. 360, n. 5, codice di rito, è richiesta a pena di inammissibilità una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in un’esposizione chiara e sintetica del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria.

L’omessa pronuncia su un punto rileva come motivo di cassazione solamente qualora possa conseguirne una statuizione che affermi il dovere del Giudice di esaminare la domanda di merito. Qualora l’appellante formula la censura in modo approssimativo, o scarno, non può ritenersi integrato l’obbligo del Giudice di gravame di pronunciarsi sul punto. L’obbligo non sussiste neppure qualora la domanda sia inammissibile stante l’impossibilità del Magistrato di pronunciarsi nel merito. A ribadirlo ancora una volta è la Corte di Cassazione, nella sentenza 8584 depositata il 9 aprile 2013. La fattispecie. Un guasto al motore ha dato modo alla Corte di legittimità di pronunciarsi su una molteplicità di questioni processuali con riferimento al c.d. motivo di sintesi e l’obbligo di pronuncia del Giudice. Nel caso in esame una sfortunata signora, dopo aver parcheggiato la macchina al margine della carreggiata a cagione di un malfunzionamento, è stata travolta da altro veicolo che sopraggiungeva da tergo. Nonostante la cristallina responsabilità nella causazione del sinistro si è radicata una lunga controversia giudiziale che si è conclusa con la sentenza oggetto di studio. La descrizione del fatto nel motivo. La Corte di Cassazione asserisce che l’avvocato, a pena di inammissibilità, qualora intenda sollevare il motivo di cui all’art. 360, n. 5, codice di rito deve formulare una sommaria esposizione del fatto controverso con riferimento al quale lamenta l’omessa o contraddittoria motivazione. Non solo è necessario anche un c.d. momento di sintesi ovverosia un quid pluris , per usare le parole della Cassazione, rispetto alla mera descrizione dei fatti in altre parole il ricorrente ha l’onere di esporre il fatto e spiegare esaustivamente le doglianze collegate evitando ogni attività interpretativa al Supremo Collegio. L’omessa pronuncia e l’obbligo del Giudice di pronunciarsi. Il Supremo Collegio ribadisce, ancora una volta, che il vizio di omessa pronuncia può integrare un motivo di cassazione solamente qualora sussista l’obbligo del Magistrato di pronunciarsi su un determinato aspetto della controversia. Nonostante tale precisazione paia addirittura scontata, a un primo sommario esame, è opportuno esaminare quanto asserito dal Giudice di legittimità con riferimento a tale obbligo. Detto, si badi bene, non sussiste qualora il motivo non sia sufficientemente motivato o scarno ovviamente tale valutazione, avente carattere meramente soggettivo, impone al legale che non vuole incorrere in facili eccezioni un dovere di iper-motivazione delle doglianze formulate. Quanto è lontana l’oralità del processo!

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 febbraio 9 aprile 2013, n. 8584 Presidente Massera Relatore Giacalone In fatto e in diritto 1. F.V. e R. convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, L D.M. e la RAS, chiedendone la condanna, in solido, al risarcimento di tutti i danni, morale e patrimoniali, subiti a seguito dell'incidente stradale occorso il omissis . Al riguardo, esponevano che a. il giorno del fatto, intorno alle ore 14,00, R F. percorreva la omissis a bordo dell'autovettura Y10 tg. omissis di proprietà del padre V. , allorquando si era dovuta fermare sul margine destro della carreggiata a causa di un guasto al motore. Mentre si trovava in piedi accanto allo sportello sinistro, in compagnia di F R. , che viaggiava con lei, e di un camionista di passaggio, era stata investita dall'autovettura Austin Metro tg omissis condotta dalla D.M. , che era andata a collidere anche con la Y10 b. a causa dell'investimento era stata ricoverata in prognosi riservata all'ospedale omissis c. a seguito delle lesioni subite, aveva riportato gravissimi danni con esiti permanenti, senza contare il fatto che si era reso necessario rottamare l'autovettura Y10 completamente distrutta d. inutili si erano rivelati i tentativi di ottenere il risarcimento dei danni subiti. Si costituivano la RAS e la D.M. , chiedendo il rigetto della domanda di cui contestavano il fondamento. Il giudizio veniva riunito ad altro intentato da P P. e R.F. , nei confronti della medesima convenuta e relativo al medesimo incidente stradale. A seguito del decesso di F.V. , si costituivano gli eredi F.R. e F. e M B. . Il giudice di primo grado, in ordine all’ an debeatur , riteneva che non fosse stata raggiunta la prova certa della esclusiva responsabilità della D.M. nella causazione del sinistro e, conseguentemente, applicava la presunzione di pari responsabilità tra la F. e la D.M. ai sensi dell'art. 2054 comma 2 c.c., condannando la seconda, in solido con la Compagnia di assicurazione, al pagamento dei danni subiti dalla prima in ragione del 50%. 2. - Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, depositata il 28.11.2006, la Corte d'Appello di Roma affermava la colpa esclusiva della D.M. nella causazione del sinistro e, pertanto, quest'ultima e la R.A.S. andavano condannate al pagamento in favore della F. di tutti i danni da lei subiti che dovevano essere oggetto di una nuova liquidazione e che venivano così determinati all'attualità incapacità temporanea totale giorni 180 incapacità temporanea parziale al 50% giorni 180 invalidità permanente pari al 30% comprensivo del danno estetico. I danni venivano liquidati nei seguenti termini A. danni da invalidità temporanea assoluta e relativa. Si determinava in moneta attuale in Euro 11.070,00 prendendo come base di calcolo le tabelle di riferimento per la liquidazione di tali voci di danno adottate nel distretto di Roma Euro 41,00 al giorno per il primo danno ed Euro 20,50 a giorno per il secondo danno da invalidità permanente si determina in moneta attuale in Euro 73.359,00, prendendo come base di calcolo le tabelle di riferimento per la liquidazione del danno da compromissione dell'integrità psicofisica adottate nel distretto di Roma percentuale di invalidità calcolata a 30% moltiplicata per il coefficiente di età dei soggetto pari a 0,90 . B. danno morale. Tale voce consegue al fatto lesivo pur se solo astrattamente sussumibile nella fattispecie di reato di cui all'art. 590 c.p In via equitativa, considerata l'entità delle lesioni e la durata dell'incapacità temporanea assoluta e relativa, la Corte territoriale ha ritenuto congruo liquidare la somma di Euro 15.571,00. Complessivamente, veniva quindi liquidata la somma di Euro 100.000,00 per danni. Su tale somma andava, però, calcolato il danno da lucro cessante, atteso il danno subito dall'appellante per il ritardo con cui avrebbe percepito la somma risarcitoria e l'utilità che la stessa avrebbe potuto trarre da una tempestiva, disponibilità. Tale voce andava calcolata in via equitativa, devalutando la somma liquidata alla data del fatto 1,49 , effettuando La media aritmetica tra la somma così ottenuta e quella liquidata, determinando su tale ultimo importa una somma pari ad un interesse del 5% e, quindi, moltiplicando il risultato per il numero di anni trascorsi dal fatto ad oggi, per complessivi Euro 62.667,78 Euro 100.000,00 + 67.114,09 2 = 83.557,04 su cui il 5% è pari ad Euro 4.177,85 x 15 per un totale di Euro 62.667,78 . All'attrice andavano anche riconosciute le spese mediche documentate, liquidate in Euro 24.531,00. In definitiva, pertanto, D.M.L. e la R.A.S. dovevano corrispondere,in solido, a F.R. l'ulteriore somma di Euro 121.317,78, oltre interessi legali dalla sentenza alla liquidazione effettiva. Circa il motivo di appello relativo al mancato risarcimento dei danni subiti dall'autovettura appartenente al defunto padre della F. , il GOA aveva rigettato la richiesta degli eredi in quanto la domanda non sarebbe stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni e, quindi, da ritenere rinunciata. Orbene, indipendentemente dalla fondatezza del gravame nel quale viene sostenuto che la domanda proposta in citazione non è stata mai rinunciata, nel merito non era stata prodotta alcuna prova della rottamazione dell'auto, per cui la richiesta di lire 10.000.000 non poteva essere accolta. 3. Ricorrono per cassazione i F. , sulla base di otto motivi, illustrati con memoria resiste l'Allianz con controricorso, illustrato anch'esso con memoria, e chiede il rigetto del ricorso. La D.M. non ha svolto attività difensiva. 3.1. Col primo motivo, i ricorrenti deducono insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, circa l'entità del danno morale, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c Nel procedere alla liquidazione del danno morale la Corte territoriale - diversamente da quanto praticato nella determinazione del danno biologico - avrebbe ignorato le tabelle in uso presso gli Uffici Giudiziari di Roma che prevedono, come è noto, che danno morale sia dovuto in un importo compreso tra 1/4 e 1/2 del danno biologico sicché nel caso di specie avrebbe dovuto essere liquidato in una somma compresa tra Euro 18.339,75 ed Euro 36.679,50 , e ha motivato genericamente che per tale voce di danno in via equitativa, considerata l'entità delle lesioni e la durata dell'incapacità temporanea assoluta e relativa, si ritiene congruo liquidare la somma di Euro 15.571,00 . Tali sintetiche considerazioni non integrerebbero una motivazione sufficiente, tenuto conto dell'insegnamento giurisprudenziale secondo cui il Giudice, procedendo alla determinazione del danno morale in via equitativa, deve comunque dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto a quel determinato risultato Cass. 12/5/2006 n. 11039 . La motivazione della sentenza impugnata apparirebbe contraddittoria laddove per un verso, a proposito della liquidazione del danno biologico, viene asserito che dalle tabelle adottate dal Tribunale di Roma non è giustificato discostarsi perché la loro funzione è proprio quella d'indicare criteri oggettivi da seguire per evitare liquidazioni divergenti per fattispecie identiche , e per altro verso, a proposito del danno morale, vengono disattese le stesse tabelle in uso presso il Tribunale di Roma nonostante il Giudice di merito abbia dichiarato di aver considerato l'entità delle lesioni e la durata dell'incapacità assoluta e relativa . 3.1.1 - Il motivo di ricorso si rivela inammissibile, per mancanza del momento di sintesi rispetto al dedotto vizio motivazionale, oltre che infondato. Infatti, l'art. 366-bis c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, nel prevede le modalità di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione, dispone che nell'eventualità in cui come nel ricorso in esame venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c. il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata è richiesta, a pena di inammissibilità, una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in un'esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione Cass. n. 4556/2009 . Nel caso in esame, il quesito formulato non può rappresentare un idoneo momento di sintesi , che come da questa Corte precisato, richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile v. Cass. 16002/2007 . L'individuazione dei denunciati vizi di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa all'attività esegetica del motivo da parte di questa Corte Cass. 9470/2008 . La censura è comunque infondata, poiché la Corte di Appello di Roma unitariamente valutando le complessive prospettazioni della parte, ha fornito adeguata e corretta giustificazione della decisione, indicando congrue ragioni del processo logico attraverso il quale è pervenuta alla liquidazione del danno e tenendo presenti tutti i dati di fatto risultanti dalla espletata istruttoria probatoria. In particolare, il giudice del merito ha effettuato la liquidazione del danno morale con l'adozione di un criterio necessariamente equitativo, corredando la sua decisione circa l'entità dello stesso con motivazione adeguata ed immune da errori giuridici. Si è, così, richiamato a tutte le circostanze del caso concreto, ritenendo correttamente attendibile indice della sofferenza patita l'entità ed il tipo delle lesioni subite, sia sotto il profilo della lunghezza del periodo di invalidità temporanea sia in relazione alla consistenza dei postumi invalidanti permanenti il giudice del merito non si è limitato ad enunciare un principio, ma ha effettuato una valutazione alla stregua degli elementi accertati e del tutto adeguati alla liquidazione del danno Cass. n. 15568/2004 n. 3289/2006 n. 2228/2012 . A tanto aggiungasi a che il risarcimento del danno morale, per pacifica giurisprudenza, non ha e non può avere funzioni reintegrative delle sofferenze, potendo solo soddisfare l'esigenza di assicurare al danneggiato un utilità sostitutiva delle sofferenze psichiche ricevute b che nel caso concreto la liquidazione dell'importo compensativo non ha assunto connotazioni meramente simboliche Cass. n. 1633/2000 n. 3414/2003 . 3.2. Col secondo motivo, i ricorrenti deducono nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., in merito all'omessa pronuncia sul quarto motivo di appello relativo alla mancata liquidazione del danno patrimoniale derivante dalla invalidità temporanea e dalla invalidità permanente, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c Chiedono alla Corte se integri un difetto di attività del Giudice, e la nullità della sentenza per violazione del disposto dell'art. 112 c.p.c., l'omessa pronuncia della Corte d'Appello sullo specifico motivo di appello proposto in relazione al risarcimento del danno da riduzione del reddito conseguente ad invalidità temporanea e permanente, quando il Giudice di merito si sia limitato a liquidare il danno biologico, il danno morale, il danno patrimoniale da esborsi per spese mediche e il danno da ritardato pagamento, senza emettere alcuna statuizione in ordine al danno patrimoniale da riduzione del reddito, pure richiesto dall'appellante . 3.2.1. Anche il secondo motivo è privo di pregio. Pur essendo esatto il rimedio impugnatorio scelto rispetto al vizio lamentato, la scarna formulazione della censura non consente di ritenere radicato l'obbligo del giudice di appello di provvedere sul punto. Secondo la giurisprudenza di questa S. C., in tanto l'omessa pronuncia rileva come motivo di cassazione in quanto possa conseguirne una statuizione che affermi il dovere del giudice di esaminare la domanda nel merito . Non rileva nemmeno come motivo di cassazione l'omessa pronuncia su una domanda inammissibile, perché alla proposizione di una tale domanda non consegue l'obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito Cass. n. 24445/2010 Cass. n. 5435/2010 Cass. n. 12412/2006 Cass. n. 11933/2003 Cass. n. 2080/2001 Cass. n. 16386/2002 . Proprio con riguardo a detto accertamento, deve precisarsi che la liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro e di guadagno non può costituire un'automatica conseguenza dell'accertata esistenza di lesioni personali, ma esige che sia verificata la attuale o prevedibile incidenza dei postumi sulla capacità di lavoro, anche generica, della vittima Cass. n. 4493/2011 . Quindi il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all'integrità psico-fisica non si riflette automaticamente sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e quindi di guadagno, spettando al giudice del merito valutarne in concreto l'incidenza, sulla scorta delle allegazioni e dei congruenti riscontri forniti dal danneggiato Cass. n. 15674/2011 . Ancora più specificamente riguardo al caso in esame, deve ricordarsi che questa Corte ha avuto moto di affermare che l'accertata esistenza d'un danno alla salute patito da uno studente, anche se di non lieve entità, non è di per sé sufficiente per ritenere necessariamente esistente un conseguente danno da riduzione della capacità di guadagno, a meno che il danneggiato non provi, sulla base di elementi concreti, o che a causa della lesione sia stato costretto a ritardare il compimento dei suoi studi e di conseguenza l'ingresso nel mondo del lavoro, ovvero una verosimile riduzione dei suoi redditi futuri Cass. n. 16541/2012 . Di conseguenza, emerge che il ricorrente avrebbe dovuto allegare e provare, già con i motivi di gravame, i lamentati danni da lesione della capacità lavorativa specifica. La circostanza che la Corte territoriale ha ritenuto di non provvedere su tale incapacità rispetto a quanto già liquidato a titolo di danno biologico è indice del fatto che ha ritenuto non dedotto né provato un peculiare deterioramento di tale capacità lavorativa. Di conseguenza, non vi è stata omessa pronuncia sul punto, piuttosto un implicito rigetto. 3.3. Col quarto motivo, i ricorrenti deducono nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine al quinto motivo di appello relativo all'insufficiente liquidazione delle spese mediche, in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c Chiedono alla Corte se integri un difetto di attività del giudice, e la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., l'omessa pronuncia della Corte d'Appello sullo specifico motivo di appello proposto in relazione alla necessità di rivalutare recte incrementare la liquidazione, perché all'adeguamento delle stesse sono dedicati il sesto ed il settimo motivo le somme pagate dal danneggiato per spese mediche, in misura pari alla variazione dell'indice del costo della vita tra la data dell'esborso e la data della decisione, qualora il giudice di merito si sia limitato a liquidare per spese mediche la stessa somma riconosciuta nella sentenza di primo grado, senza adeguata rivalutazione, e sia mancata nella sentenza di appello una statuizione in ordine alla rivalutazione della somma in corrispondenza alla variazione degli indici Istat richiesta dall'appellante . 3.3.1. Anche questo motivo non coglie nel segno. Per costante giurisprudenza di questa Corte, il vizio di omessa pronuncia da parte del Giudice di appello è configurabile allorché manchi completamente l'esame di una censura mossa alla sentenza del giudice di primo grado da ultimo Cass. n. 16254/2012 . Dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata, emerge che il giudice di appello non si è sottratto - seppur con motivazione succinta - al dovere di decidere sulla domanda in questione. Ha, infatti, affermato che all'attrice andavano anche riconosciute le spese mediche documentate e provvedeva alla liquidazione delle stesse. Ed è vero che i ricorrenti censurano il punto in questione col quinto motivo di ricorso anche sotto il profilo del vizio motivazionale, ma detto motivo, come si dirà qui di seguito, non può essere esaminato da questa Corte per i suoi plurimi profili di inammissibilità. 3.4. Col sesto motivo, deducono nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c., in ordine all'omessa pronuncia sul sesto motivo di appello, relativo all'insufficiente liquidazione del danno da ritardato pagamento. Chiedono alla Corte se integri un difetto di attività del giudice, e la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., l'omessa pronuncia della Corte d'Appello sullo specifico motivo di appello proposto in relazione al diritto del creditore di ottenere il danno da lucro cessante per il mancato godimento delle somme liquidate a titolo di risarcimento in relazione a tutti i danni subiti, compreso il danno da spese mediche sostenute a causa delle lesioni riportate nell'incidente, qualora il giudice di merito si sia limitato a liquidare il danno da ritardato pagamento esclusivamente sulle somme riconosciute a credito per danno biologico e per danno morale . 3.4.1. Il motivo è privo di pregio, dovendosi ribadire che l'omessa pronuncia rileva come motivo di cassazione solo se possa conseguirne una statuizione che affermi il dovere del giudice di esaminare la domanda di merito. Non rileva nemmeno come motivo di cassazione l'omessa pronuncia su domanda inammissibile, perché alla proposizione di una tale domanda non consegue l'obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito Cass. n. 24445/2010 Cass. n. 5435/2010 Cass. n. 12412/2006 Cass. n. 11933/2003 Cass. n. 2080/2001 Cass. n. 16386/2002 . Proprio con riguardo agli accessori dei crediti risarcitori, questa Corte ha avuto modo di affermare che, poiché l'interesse processuale all'impugnazione deve essere concreto e non teorico e va provato dal ricorrente, questi deve necessariamente indicare quale rivalutazione avrebbe dovuto essere correttamente effettuata, solo così potendo dimostrare che la determinazione operata dal giudice sia quantitativamente inferiore e, quindi, far risaltare il suo interesse alla censura Cass. n. 85/2012 id. n. 9727/2012 . La sinteticità del motivo di ricorso in esame e il mancato riferimento ai motivi di gravame allora formulati non pongono questa Corte in grado di valutare l'ammissibilità del motivo di gravame e quindi di verificare se fosse stato ritualmente radicato il dovere del giudice a quo di pronunciare sullo stesso, in modo da ritenere fondato il motivo in esame o al contrario ritenere un implicito rigetto da parte di quest'ultimo. La mancata trascrizione nel corpo del ricorso della censura formulata avverso la sentenza del giudice di prime cure e la mancata allegazione dell'atto di appello non sono circostanze idonee a soddisfare il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa , prescritto a pena di inammissibilità per il ricorso in cassazione dall'art. 366 comma n. 3 c.p.c., che come è noto, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, richiede che vengano indicati in modo specifico e puntuale tutti gli elementi utili affinché il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate Cass. 15808/2008 . 3.5. Rispettivamente col terzo, quinto e settimo motivo, i ricorrenti deducono - subordinatamente alla configurabilità del vizio di cui ai mezzi precedenti a ciascuno di essi quale motivo ex art. 360 n. 5 c.p.c. - omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quali la sussistenza di un danno patrimoniale per riduzione di reddito, dipendente dall'invalidità temporanea e permanente della F. III motivo , la necessità di rivalutare il credito per le spese mediche in relazione alla variazione degli indici ISTAT tra la data dell'esborso e la decisione V motivo e il diritto del creditore di ottenere il danno da lucro cessante per il mancato godimento delle somme liquidate a titolo di risarcimento in relazione a tutti i danni subiti, compreso il danno da spese mediche VII motivo . 3.5.1. Le tre censure, ripetitive di quanto già censurato coi motivi secondo, quarto e sesto come violazione dell'art. 112 c.p.c - omessa pronuncia, in relazione all'art. 360 comma n. 4 c.p.c. - sono prive di pregio. Con essi la parte ricorrente non fa altro che censurare, sotto il profilo del vizio motivazionale, la già invocata violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Si deve, al riguardo, ribadire che la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione - come avvenuto nella specie - non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione per relationem resa in modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame. Ne consegue, quindi, che, se il vizio è denunciato ai sensi dell'art. 360 n. 3 o n. 5 cod. proc. civ. anziché dell'art. 360 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all'art. 112 dello stesso codice di rito, trattandosi di denuncia di violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato - il mezzo si rivela inammissibile Cass. n. 7871 e 7268 del 2012 Cass. n. 12952/07 v. anche Cass. n. 26598 e 25825 del 2009 Cass. n. 24856, 3190 e 1701 del 2006 Cass. n. 9707/03 e n. 9159/02 . Senza contare l'ulteriore profilo di inammissibilità dei predetti motivi, inidonei, così come formulati a soddisfare i requisiti di cui all'art. 366 bis c.p.c 3.6. Con l'ottavo motivo, i ricorrenti deducono insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo rappresentato dal diritto dei ricorrenti al risarcimento dei danni subiti dall'autovettura, perché, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il danno in questione va risarcito anche allorché l'auto coinvolta in un sinistro non sia rottamata, ma in ogni caso in cui sia danneggiata nella carrozzeria o nelle parti meccaniche. Passate in rassegna le risultanze di causa che dimostrerebbero l’ an ed il quantum di tale voce di danno, i ricorrenti assumono la contraddittorietà tra la decisione sulla mancata prova e la ricostruzione dell'incidente e l'insufficienza della stessa, per l'omessa considerazione degli altri elementi agli atti rapporto dei Carabinieri, foto dell'auto incidentata, riviste automobilistiche dell'epoca del sinistro. 3.6.1. - Il motivo di ricorso, al pari del primo, si appalesa inammissibile sotto plurimi profili. Infatti, oltre a richiamare le considerazioni svolte con riguardo al primo motivo, atte ad evidenziare l'impropria formulazione del motivo di ricorso per mancanza del momento di sintesi , si deve evidenziare come, con la censura in esame, i ricorrenti in realtà ripropongono una diversa lettura delle risultanze istruttorie, non proponibile in questa sede. I vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova Cass. n. 6064/08 nonché Cass. n. 26886//08 e 21062/09, in motivazione . Con la sentenza impugnata, lungi dalle lamentate carenze motivazionali, il giudice, indipendentemente dalla circostanza che il giudice di primo grado avesse errato o meno nel ritenere la domanda rinunciata poiché non ribadita all'atto delle conclusioni , ha ritenuto non fornita la prova in merito ai lamentati danni all'autovettura, dovendosi intendere in senso non formalistico il riferimento alla mancata prova della rottamazione. 4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza nel rapporto con la Compagnia assicuratrice nulla per le spese nei confronti dell'altra intimata, che non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, in favore dell'Allianz, in Euro 6.700,00, di cui Euro 6.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.