Nell’occhio del ciclone un docente, oggetto di diverse denunce da parte dei genitori dei ragazzi ritratti in foto e ripresi in video. Ma l’applicazione del sequestro del materiale in possesso del docente può essere messa in discussione, soprattutto se non vi è chiarezza sulla concretezza della violazione della privacy attribuita all’uomo.
Fotografie e videoriprese dei propri studenti. Autore il docente di religione, subito finito nel mirino dei genitori dei ragazzi. Ipotizzabile una violazione del ‘Codice in materia di protezione dei dati personali’, ma ciò va dimostrato concretamente, prima di provvedere addirittura al sequestro di materiale cartaceo e informatico in possesso del docente Cassazione, sentenza numero 11412/2013, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Occhio elettronico. A dare il ‘la’ alla vicenda, come detto, le «denunce sporte dai genitori», lamentatisi per la «utilizzazione» da parte dell’insegnante di religione «di dati personali» – quelli relativi ai loro ragazzi – «acquisiti» senza autorizzazione. Più precisamente, secondo le accuse, l’uomo «avrebbe effettuato, nella scuola in cui insegnava, fotografie e videoriprese dei propri alunni, senza autorizzazione espressa dei genitori, per finalità diverse da quelle istituzionali o didattiche». Passaggio successivo, in questa ottica, è il decreto di sequestro di «alcuni fogli contenenti gli elenchi degli alunni» nonché di «tutti i computer e degli strumenti informatici» utilizzati dall’uomo. Utilizzo. E proprio il sequestro rappresenta il nodo del ricorso proposto per cassazione dall’uomo, il quale, innanzitutto, afferma che sono «stati attinti dal sequestro, senza alcuna selezione, anche computer e documenti estranei all’indagine», e poi aggiunge che non vi è stato «alcun uso divulgativo del materiale» né tantomeno è stato dimostrato il fine del «profitto proprio» o del «danno altrui». Rispetto a queste osservazioni, secondo i giudici di Cassazione non si può ignorare che «il reato di trattamento illecito di dati personali non è integrato se il trattamento dei dati avvenga per fini esclusivamente personali, senza una loro diffusione o destinazione ad una comunicazione sistematica». Proprio per questo, è, sempre secondo i giudici, evidente la lacuna motivazionale, non solo sulla decisione del sequestro ma addirittura sulla «sussistenza del reato» contestato all’uomo, soprattutto tenendo presente la tesi portata avanti dal docente, ossia una «utilizzazione di tali beni nell’ambito di attività lecite», ossia per la gestione di una emittente televisiva cattolica. Conseguenziale, quindi, è la decisione di rimettere in discussione il decreto di sequestro e di riaffidare l’intera questione alla valutazione del Tribunale.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 dicembre 2012 – 11 marzo 2013, numero 11412 Presidente Gentile – Relatore Sarno Considerato in fatto N.G. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Ancona ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro di alcuni fogli contenenti elenchi degli alunni ai quali il ricorrente insegnava religione in alcuni istituti, nonché di tutti i computer e degli strumenti informatici in uso allo stesso. Tale materiale risulta essere stato appreso all’esito di perquisizione locale e personale disposta dalla procura della Repubblica di Ancona nell’ambito di indagine penale per il delitto di cui all’articolo 167 DLvo 196/2003 a seguito di denunce sporte dai genitori degli alunni che si erano doluti della utilizzazione, da parte del ricorrente di dati personali acquisiti in violazione degli articolo 18 co. 2 e 23 del decreto citato. In particolare, secondo la contestazione, il N. avrebbe effettuato nella scuola in cui insegnava fotografie e videoriprese dei propri alunni senza autorizzazione espressa dei genitori per finalità diverse da quelle istituzionali o didattiche. In sede di riesame il ricorrente aveva formulato richiesta di revoca del provvedimento di sequestro difettando il dolo specifico. Inoltre la difesa aveva formulato richiesta di dissequestro del materiale informatico sul presupposto che lo stesso fosse necessario all’espletamento della gestione dell’emittente tele Maria. Il tribunale in motivazione evidenziava che non può ritenersi rientrante nelle finalità istituzionali e didattiche quella di memorizzare i volti degli alunni e che non emergeva, quindi, ictu oculi l’insussistenza del fumus del reato ipotizzato. Rilevava altresì che l’esigenza di rientrare in possesso di specifici documenti o supporti informatici per finalità estranee alla contestazione avrebbe potuto essere soddisfatta mediante specifica istanza al PM. Deduce in questa sede il ricorrente la violazione di legge sul presupposto che sarebbero stati attinti dal sequestro senza alcuna selezione anche computer e documenti estranei all’indagine ed, inoltre, che, non essendo ascritto al ricorrente alcun uso divulgativo del materiale, fotografico, non vi sarebbe stata alcuna necessità di autorizzazione. In più si assume difettare nella specie qualsiasi elemento indicativo del fine di profitto proprio e di danno altrui. Conclusivamente vi è richiesta di revoca e/o annullamento del decreto di perquisizione e di sequestro. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate. Va anzitutto rilevato che, come più volte affermato da questa Corte, il reato di trattamento illecito di dati personali articolo 35 L. 31 dicembre 1996, numero 675, oggi articolo 167 del D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196 non e integrato se il trattamento dei dati avvenga per fini esclusivamente personali, senza una loro diffusione o destinazione ad una comunicazione sistematica Sez. 5, Sentenza numero 46454 del 22/10/2008 Rv. 241966 . Orbene, è senz’altro fondato il rilievo secondo cui manca nella motivazione del tribunale qualsiasi elemento indicativo al riguardo pure in presenza di espressa contestazione sul punto. Poiché la questione attiene alla sussistenza del reato, si rende evidente la necessità di affrontare la questione, sia pure nei limiti ristretti della dimostrazione del fumus della sussistenza del reato, e, di conseguenza, la rilevata mancanza di motivazione giustifica di per se stessa l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Sostanzialmente elusa è anche la ulteriore questione posta dal ricorrente e, cioè, della mancata indicazione delle ragioni che rendono necessario il sequestro di tutto il compendio appreso computer, materiale informatico, ecc. che il ricorrente assume essere estraneo alla vicenda originata dalle denunce in atti. Va ribadito, infatti, che anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti Sez. U, Sentenza numero 5876 del 28/01/2004 Rv. 226711 . Né può ritenersi appagante la risposta del riesame che ingiustificatamente rimanda la decisione sul punto senza farsi carico di esaminare quanto già segnalato dal ricorrente sulla asserita utilizzazione di tali beni nell’ambito di attività lecite specificamente indicate. Conclusivamente deve essere disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al tribunale di Ancona.