RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 11 DICEMBRE 2012, N. 22655 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO COLLETTIVO - RIDUZIONE E CRITERI DI SCELTA DEL PERSONALE. Applicazione dei criteri di scelta con riferimento all’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda - Ammissibilità - Condizioni - Indicazioni delle ragioni ostative al trasferimento dei dipendenti ad altra unità - Necessità. In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva dell’azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti a tale unità sulla base di oggettive esigenze aziendali ed il datore di lavoro deve indicare nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge 223/1991 sia le ragioni alla base della limitazione dei licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritiene di ovviare ad alcuni licenziamenti con il trasferimento ad unità produttive geograficamente vicine a quella soppressa o ridotta, onde consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti. In senso conforme si veda Cassazione 2429/2012 la quale specifica inoltre che i motivi di restrizione della platea dei lavoratori da comparare devono essere adeguatamente esposti nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge 223/1991, onde consentire alle organizzazioni sindacali di verificare il nesso tra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che l’azienda intende concretamente espellere, ma l’eventuale incompletezza di tale comunicazione deve essere appositamente censurata da chi impugna il licenziamento. In argomento si veda anche Cassazione 24646/2007 per la quale in tema di licenziamento collettivo e di comunicazione ex art. 4, comma 3, legge 223/1991, non è ipotizzabile l’obbligo, in capo al datore, di indicazione dell’ impossibilità di adottare tutti i rimedi alternativi astrattamente” ipotizzabili, giacché questi - nella logica stessa ed alla luce delle finalità di intervento e controllo da parte delle organizzazioni sindacali cui la comunicazione ex art. legge 223/1991 è preordinata - non possono che avere come riferimento la situazione della singola azienda, di talché è sufficiente esporre le ragioni per cui, nel preciso contesto aziendale, non siano praticabili le misure cui più frequentemente ed efficacemente si ricorre per evitare la dichiarazione di esubero del personale. Inoltre, la procedura potrà considerarsi regolare solo ove la medesima comunicazione, conformatasi ai requisiti prescritti - l’indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza, nonché il numero, la collocazione aziendale ed i profili professionali del personale da eliminare - consenta alle organizzazioni sindacali di verificare il nesso tra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità che, in concreto, l’azienda intende espellere, di talché sia evidenziabile la connessione tra le enunciate esigenze aziendali e l’individuazione del personale da licenziare, risultando incongrua, una comunicazione di esubero per chiusura di una linea produttiva seguita dall’indicazione di espulsione di personale estraneo alla medesima. SEZIONE LAVORO 10 DICEMBRE 2012, N. 22392 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - DIRITTO ALLA CONSERVAZIONE DEL POSTO - INFORTUNI E MALATTIE – COMPORTO. Art. 19, comma 1, del c.c.n.l. metalmeccanici dell’8 giugno 1999 - Periodo di aspettativa aggiuntivo al periodo di malattia - Superamento - Licenziamento - Comporto per sommatoria - Richiesta del lavoratore di specificazione dei periodi - Inottemperanza del datore di lavoro - Conseguenze - Fondamento - Mancata richiesta del lavoratore - Precisazione in sede giudiziale - Ammissibilità - Fondamento. In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, l’art. 19, comma 1, del c.c.n.l. metalmeccanici dell’8 giugno 1999, nel prevedere che, in caso di superamento dei limiti di conservazione del posto per malattia, il lavoratore possa usufruire, su sua domanda, di un ulteriore, autonomo ma collegato, periodo di aspettativa aggiunto fino alla durata massima di 18 mesi, dopo il quale è nella facoltà dell’azienda procedere alla risoluzione del rapporto, configura una ipotesi di comporto per sommatoria. Ne consegue che, ove il recesso sia intimato senza precisare i diversi periodi di assenza, la mancata tempestiva ottemperanza dal datore di lavoro alla richiesta di specificazione del lavoratore particolarmente significativa le ipotesi di comporto per sommatoria ex art. 2 della legge 604/1966 esclude che di dette assenze possa tenersi conto ai fini della verifica del superamento del periodo di comporto, potendosi ritenere ammissibile una specificazione successiva, nella sede giudiziale, solo nell’ipotesi in cui il lavoratore abbia direttamente impugnato il licenziamento, non essendo ravvisabile in ciò una integrazione o modificazione della motivazione del recesso. Con riferimento al licenziamento che trovi giustificazione nelle assenze per malattia del lavoratore, per Cassazione 16421/2010 si applicano le regole dettate dall’art. 2 della legge 604/1966 modificato dall’art. 2 della legge 108/1990 sulla forma dell’atto e la comunicazione dei motivi del recesso, poiché nessuna norma speciale è al riguardo dettata dall’art. 2110 cc. Conseguentemente, qualora l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore - il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria, ha l’esigenza di poter opporre propri specifici rilievi - ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, e, nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, di dette assenze non può tenersi conto ai fini della verifica del superamento del periodo di comporto ove, invece, il lavoratore abbia direttamente impugnato il licenziamento, il datore di lavoro può precisare in giudizio i motivi di esso ed i fatti che hanno determinato il superamento del periodo di comporto, non essendo ravvisabile in ciò una integrazione o modificazione della motivazione del recesso. In senso conforma si veda Cassazione 14873/2004 secondo cui, in base alle regole dettate dall’art. 2 della legge 604/1966 modificato dall’art. 2 della legge 108/1990 sulla forma dell’atto e la comunicazione dei motivi del recesso, qualora l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore - il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria, ha l’esigenza di poter opporre propri specifici rilievi - ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, con la conseguenza che nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, il licenziamento deve considerarsi illegittimo.