Incidente in moto: senza la prova del danno patrimoniale da invalidità non si può ottenere il risarcimento

In caso di compromissione della capacità lavorativa specifica e di conseguente riduzione della capacità di guadagno, il risarcimento del danno patrimoniale non è automatico ma necessita di una concreta dimostrazione .

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 25939 del 19 novembre 2013. Il fatto. La Suprema Corte conferma la sentenza di appello impugnata da un motociclista coinvolto in un incidente il Tribunale di Messina gli aveva negato il risarcimento del danno patrimoniale relativo al decremento dei propri redditi in conseguenza del sinistro in quanto ritenuto non provato e attribuendo valenza ai riflessi negativi dei postumi permanenti solo in termini di capacità lavorativa generica, per la permanente riduzione della resistenza fisica al lavoro. Il ricorrente lamenta la qualificazione di tale danno, da parte della Corte territoriale, solo in termini di danno biologico, sostenendo, invece, la presenza di elementi tali da poterne affermare il carattere patrimoniale. La compromissione della capacità lavorativa specifica non fa scattare automaticamente l’obbligo di risarcimento. La Corte di Appello ha correttamente rigettato la richiesta di risarcimento sulla base degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico, dai quali risultava una ridotta inabilità permanente da parte del ricorrente che avrebbe reso soltanto più onerosa ed usurante l’attività lavorativa specifica e non avrebbe determinato alcuna perdita di guadagno. Elementi, questi, che non fanno assolutamente scattare l’obbligo di risarcimento. Il giudice di legittimità non può occuparsi della ricostruzione dei fatti. La Cassazione ribadisce che spetta al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllare l’attendibilità e la concludenza, dare prevalenza all’uno piuttosto che all’altro mezzo di prova, senza che sia tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive. Dunque, l’omessa pronuncia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di Cassazione attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 c.p.c. Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato , non già tramite la denuncia della violazione di una norma sostanziale o di un vizio di motivazione. Alla luce di questa conclusioni, gli ermellini rigettano il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato e condividendo i motivi in fatto e in diritto esposti dal giudice di merito. Condannano, di conseguenza, il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 – 19 novembre 2013, numero 25939 Presidente Finocchiaro – Relatore Giacalone In fatto e in diritto Nella causa indicata in premessa, é stata depositata la seguente relazione 1. - La sentenza impugnata Corte d'Appello Messina, 20/07/2012 ha, per quanto qui rileva, rigettato l'appello proposto da M.F. avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Messina, che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno patrimoniale promossa contro P.A. e S. - rispettivamente proprietario e conducente dell'auto Fiat Punto - e la Allianz Spa già Lloyd Adriatico , a seguito del sinistro in cui veniva coinvolto alla guida del suo motoveicolo Yamaha, investito dalla Fiato Punto, che non si fermava allo stop. La Corte d'Appello dichiarava infondata la doglianza relativa alla mancata liquidazione del danno patrimoniale, da parte dei giudici di primo grado, relativo al decremento dei proprio redditi in conseguenza del verificarsi del sinistro, osservando che, mentre il danno alla capacità di lavoro generica è compreso in quello biologico, il danno alla capacità di lavoro specifica, consistente nella diminuzione di reddito cagionata dal fatto lesivo, ha natura patrimoniale ed è soggetto all'ordinario onere probatorio. In particolare, alla luce della relazione del consulente dell'assicurazione, concludeva confermando la sentenza del Tribunale, che aveva ritenuto non provati i danni patrimoniali e attribuito valenza ai riflessi negativi dei postumi permanenti solo in termini di capacità lavorativa generica, per la permanente riduzione della resistenza fisica al lavoro in quanto espressione di una menomazione dell'integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico. 2. - Ricorrono per Cassazione M U. e M.D. , N. , S. , P. , A. e Ni. , quali eredi legittimi del defunto F M. resiste con controricorso la Allianz S.p.A I ricorrenti lamentano 2.1 - I ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056, 2697 c.c., art. 4 D.L. numero 857/1976, artt. 112, 113, 115, 116 c.p.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio Art. 360 numero ri 3 e 5 c.p.c. , perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che i postumi permanenti sarebbero risarcibili soltanto sotto il riflesso del danno biologico, in quanto gli atti processuali offrirebbero elementi idonei alla sussistenza, nel caso concreto, dei presupposti per la determinazione e la liquidazione del danno patrimoniale in particolare, i giudici del merito avrebbero omesso qualsiasi motivazione in ordine alla perdita immediata di guadagno in conseguenza del sinistro, nonostante le relazioni medico-legali redatte dai consulenti della società di assicurazione, dalle quali dedurre l'impossibilità per il M. di svolgere la sua normale attività di comandante in navi mercantili. 3. - Il ricorso è manifestamente privo di pregio. I ricorrenti, infatti, non tengono conto dell'orientamento di questa S.C. secondo cui l'accertamento di postumi permanenti, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l'automatico obbligo del danneggiarne di risarcire il danno patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno - derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica - e quindi di produzione di reddito detto danno patrimoniale da invalidità deve perciò essere accertato in concreto, attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse o, trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa, presumibilmente avrebbe svolto, un'attività produttiva di reddito. La liquidazione del danno, peraltro, non può essere effettuata in modo automatico in base ai criteri dettati dall'art. 4 legge 26 febbraio 1977 numero 39, che non comporta alcun automatismo di calcolo, ma si limita ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa che incombe al danneggiato e può essere anche data in via presuntiva, purché sia certa la riduzione di capacità lavorativa specifica Cass. 23761/2011 1120/2006 10026/2004 . Ciò premesso, si deve rilevare che le censure involgono accertamenti di fatto e valutazioni di merito non censurabili in sede di legittimità, poiché, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sé, che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, Cass. numero 12690/10, in motivazione numero 5797/05 15693/04 . Del resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova Cass. numero 6064/08 nonché Cass. numero 26886/08 e 21062/09, in motivazione . L'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata Cass. numero 5328/07, in motivazione 12362/06 . Nel caso di specie, la Corte territoriale ha aderito a tali principi e, con congrua e corretta motivazione, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, affermando che dalla relazione del consulente tecnico dell'assicurazione si dovesse evincere che il M. , a causa del sinistro, avesse subito una inabilità permanente del 15-16% e che le riscontrate affezioni avrebbero reso solo più onerosa ed usurante l'attività lavorativa specifica, non riscontrando alcuna riduzione della capacità lavorativa specifica inoltre la Corte ha aggiunto che la deduzione del M. circa la totale limitazione alla propria deambulazione non risulta poi in altro modo riscontrata agli atti del giudizio e che non ha neanche provato di aver subito una perdita di guadagno per effetto della malattia conseguente alle lesioni, essendosi limitato a produrre le buste paga relative agli anni 2002, 2003, 2004, senza nulla documentare in ordine ai propri redditi conseguiti dopo l'incidente intervenuto nel novembre 2004. D'altra parte, occorre evidenziare che, con la censura relativa al vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., per non avere la Corte d'Appello pronunciato sulla domanda proposta dal M. , l'odierno ricorrente non tiene conto dell'orientamento di questa S.C. secondo cui l'omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di Cassazione attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360, numero 5 cod. proc. civ. Cass. 7871/2012 26598/2009 12952/07 . 4. - Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso . La relazione é stata comunicata al P. G. e notificata ai difensori delle parti costituite. La parte ricorrente ha presentato memoria, affermando che, con il ricorso, non ha inteso censurare né un'omessa pronuncia, né una valutazione delle prove, bensì semplicemente vizi della motivazione. Al riguardo, il Collegio ribadisce che la Corte territoriale ha espresso e reso perfettamente evidenti le ragioni per le quali ha ritenuto non provato il preteso danno da riduzione di capacità lavorativa. Pertanto, le argomentazioni addotte con la memoria, non inficiano i motivi in fatto e in diritto posti a base della relazione, risolvendosi, come già evidenziato, in valutazioni di merito precluse nel giudizio di legittimità. La parte resistente ha presentato memoria, insistendo per il rigetto del ricorso. Ritenuto che, a seguito della discussione in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, aggiungendo che la violazione dell'art. 112 c.p.c. deve ritenersi sussistente allorché non vi sia stata pronuncia su una specifica domanda o su un determinato motivo di appello, non già quando il giudice di merito si sia limitato a non considerare una delle argomentazioni o delle osservazioni prospettate dalla parte che il ricorso deve, perciò, essere rigettato essendo manifestamente infondato le spese seguono la soccombenza nel rapporto con la parte costituita Nulla per le spese nei confronti degli altri intimati, non avendo essi svolto attività difensiva in questa sede visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio a favore di Allianz, che liquida in Euro 2000,00, di cui Euro 1800,00 per compensi, oltre accessori di legge.