La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 40350/2011 depositata l'8 novembre, ha affermato che il verbale di udienza - il più delle volte redatto direttamente dalle parti - non è un atto pubblico, almeno fino a quando il giudice in qualità di pubblico ufficiale non lo sottoscrive.
Il caso. Un giudice di pace pugliese, durante un'udienza civile che si svolgeva avanti alla sua persona, - ritenendo che ogni scritto dovesse essere apposto su appositi moduli prestampati - strappava fogli recanti annotazioni manoscritte dalle parti. Il processo, così, diventava penale e a carico dello stesso giudice. Il Tribunale prima, e la Corte d'appello di Lecce poi, avevano però assolto dall'accusa di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri articolo 490 c.p. . Che la verbalizzazione venga fatta dalle parti è ormai prassi consolidata Il Procuratore generale, nel ricorso proposto per cassazione, ritiene errata la convinzione che, mancando la firma del cancelliere, non possa configurarsi il reato contestato, «essendo prassi consolidata che le parti si assumano il compito della verbalizzazione dell'udienza civile, sostituendosi alla funzione rogante del pubblico ufficiale. La redazione di un riepilogo dei fatti occorsi nello svolgimento dell'udienza tiene infatti luogo di un verbale e diviene oggetto materiale del reato qui invocato». ma diventa atto pubblico una volta che il pubblico ufficiale la sottoscrive. La S.C. chiarisce, in primis, che il presupposto del reato di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri articolo 490 c.p. «è l'esistenza di un atto pubblico, indebitamente distrutto o, comunque, soppresso dal soggetto attivo». Nel caso di specie, afferma il Collegio, mancando la sottoscrizione del giudice di pace, non può parlarsi di distruzione di atto pubblico, perché «è la sottoscrizione che ne garantisce la provenienza dal pubblico ufficiale e la genuinità». Gli Ermellini, pertanto, concludendo che «il documento distrutto non recava la sottoscrizione del cancelliere o di altro pubblico ufficiale rogante, sicché giuridicamente corretta è la lettura resa dalla decisione impugnata», rigettano il ricorso del Procuratore generale.
In una zuffa tra 2 cani non rimane ferito il cane più piccolo, ma il suo proprietario. Risponde di lesioni l'affidataria del cane che ha cagionato il danno, anche se non ne è la proprietaria. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 36069/2011 depositata il 5 ottobre.La fattispecie. Passeggiare in centro con il cane può essere piacevole, ma a volte può trasformarsi addirittura in una condanna per lesioni personali. È successo a una donna 50enne che, avuto in affidamento dal proprietario un cane di grossa taglia, passeggiava con il cane al guinzaglio. A un certo punto, l'animale azzannava un altro cane di dimensioni più piccole e il padrone di quest'ultimo, al fine di salvare la vita al suo amico a quattro zampe, veniva a sua volta azzannato alla mano. Fortunatamente, con un calcio sferrato da un passante al cane aggressore, tutto tornava alla normalità anche se il morso cagionava all'uomo l'asportazione della falange. Per questo, la donna, pur non essendo proprietaria del cane, veniva condannata.Proprietaria o no Nel ricorso per cassazione, presentato dall'imputata, si sostiene che gli effetti della zuffa tra i due cani sarebbero rimasti circoscritti agli stessi se la persona offesa non si fosse sciaguratamente determinata a separare con le nude mani gli animali in lotta . La ricorrente aggiunge che il suo animale non figura nella lista dei cani pericolosi, dunque, non vi era nessun obbligo di museruola. Si deve escludere così ogni profilo di colpa dell'imputata e riconoscere il caso fortuito .chi ha in affidamento un cane è tenuto alla sua custodia. Per la Suprema Corte è evidente che se il cane aggressore avesse avuto la museruola, non avrebbe potuto azzannare l'altro cane e comunque, a prescindere dall'esistenza o meno di tale obbligo, la donna non è stata in grado di controllare il comportamento del cane . In conclusione, secondo i giudici con l'ermellino, la donna, che pure aveva il cane al guinzaglio, non è stata in grado di intervenire tempestivamente e di fronteggiare la situazione, che non può considerarsi imprevedibile dal momento che nel comportamento degli animali vi è sempre una componente di aggressività . Il ricorso viene quindi rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese di giudizio.Potrebbe interessarti anche - I cani scappano in strada proprietario condannato, DirittoeGiustizi@ 16 settembre 2011- Aggredita da un cane randagio il Comune deve risarcire i danni, DirittoeGiustizi@ 9 settembre 2011- Bimba aggredita dal cane lasciato libero in giardino. Il padrone risarcisce i danni non è caso fortuito, DirittoeGiustizi@ 26 luglio 2011- Cane randagio morde un passante condannato il Comune, DirittoeGiustizi@ 20 maggio 2011