Quarto grado di giudizio dichiarato subito inammissibile

Un emendamento al D.l. Sviluppo presentato al Senato il 21 novembre 2012 proponeva di introdurre la possibilità di riaprire i processi in caso di manifesta violazione del diritto comunitario ad opera della Corte di Cassazione la modifica, però, è stata dichiarata inammissibile per estraneità di materia.

La manifesta violazione del diritto UE. La novità, subito ribattezzata «quarto grado di giudizio», avrebbe consentito anche di riaprire i processi chiusi nei due anni precedenti all’entrata in vigore della nuova norma. In pratica, nei 180 giorni successivi i condannati in via definitiva negli ultimi due anni avrebbero potuto presentare ricorso alle Sezioni Unite della S.C. per denunciare la manifesta violazione del diritto comunitario commessa dalla Corte stessa. Gli effetti del ricorso. La proposizione del ricorso avrebbe comportato la sospensione dell’esecuzione della pena, con esclusione dei casi di eccezionale gravità in caso di accoglimento la condanna sarebbe stata revocata e per il ricorrente si sarebbe aperta la possibilità di chiedere il risarcimento del danno ai giudici. Le reazioni. Non si sono fatte attendere le reazioni dei protagonisti del mondo giuridico secondo il Vicepresidente del CSM Vietti, la Suprema Corte finirebbe così per fare il giudice di merito di se stessa. Il Presidente della Cassazione Lupo ha aggiunto che prevedere un ulteriore ricorso alle Sezioni Unite significherebbe mettere la Corte, già oberata da 80.000 ricorsi all’anno, nell'impossibilità di lavorare. La bocciatura. L’emendamento, in conclusione, è stato dichiarato inammissibile dal Presidente della Commissione Industria del Senato, in quanto si occupa di una materia estranea al D.l. Sviluppo. Il provvedimento, peraltro, era poi stato riformulato con l’aggiunta di un’ulteriore ipotesi di ricorso in caso di «violazione di legge» la modifica è subito apparsa pleonastica, in quanto la normativa attuale prevede già il ricorso in Cassazione anche per violazione di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale.