Notifica tardiva del ricorso contro il licenziamento: le differenze tra rito del lavoro e ordinario

In caso di inosservanza del termine dilatorio a comparire, in sede di appello, nel rito del lavoro non si configura un vizio di forma e di contenuto atteso che, a differenza di quanto avviene nel rito ordinario, l’inosservanza «si verifica quando l’impugnazione è stata già proposta mediante il deposito del ricorso in cancelleria».

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza numero 20079/18, depositata il 30 luglio. La vicenda e la fondatezza del ricorso. La Corte d’Appello di Napoli dichiarava improcedibile il gravame proposto dall’appellante avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda di illegittimità del licenziamento disciplinare disposto nei suoi confronti. Secondo la Corte territoriale la notifica del ricorso veniva effettuata in violazione del termine previsto dall’articolo 435, comma 3, c.p.c Contro detta decisione l’appellante ha proposto ricorso per cassazione. La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso. Infatti, osserva il Supremo Collegio, come precedentemente affermato dalle Sezioni Unite SS.UU. numero 20604/2008 , l’improcedibilità dell’appello può essere dichiarata solo nei casi di inesistenza della notifica e non anche quando, come nel caso di specie, la notifica sia stata effettuata dall’appellante sia pure in violazione del termine imposto dall’articolo 435, comma 3, c.p.c Inosservanza del termine e differenze tra rito del lavoro e ordinario. Inoltre i Giudici di legittimità hanno richiamato il consolidato principio, al quale si ritiene di dover dare continuità, secondo cui «nel rito del lavoro l’inosservanza, in sede di ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire non è configurabile come vizio di forma e di contenuto dell’atto introduttivo, atteso che, a differenza di quanto avviene nel rito ordinario, essa si verifica quando l’impugnazione è stata già proposta mediante il deposito del ricorso in cancelleria, mentre nel procedimento ordinario di cognizione il giorno dell’udienza di comparizione è fissato dalla parte articolo 163, numero 7, c. p.c. e 342 c.p.c. , considerato, altresì, che tale giorno è fissato, nel rito del lavoro, dal giudice col suo provvedimento». In ragione di ciò tale inosservanza non comporta la nullità dello stesso atto di appello, ma solo della sua notificazione, sanabile ex tunc per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, ex articolo 291 c.p.c., «costituendo questa norma espressione di un principio generale dell’ordinamento, riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili ex tunc, con effetto retroattivo a seguito della rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate dall’articolo 160 c.p.c., ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all’atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato». In conclusione la Cassazione ha cassato l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che dovrà attenersi al principio di diritto ribadito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 dicembre 2017 – 30 luglio 2018, numero 20079 Presidente Bronzini – Relatore Negri Della Torre Fatti di causa 1. Con sentenza numero 3796/2015, depositata il 15 settembre 2015, la Corte di appello di Napoli dichiarava improcedibile il gravame di V.G. avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, che ne aveva rigettato le domande volte alla dichiarazione di illegittimità dei provvedimenti, disposti nei suoi confronti da Enel Distribuzione S.p.A., di risoluzione del rapporto in data 22/9/2001 e di licenziamento disciplinare in data 17/11/2001. 2. La Corte osservava a sostegno della propria decisione che la notifica del ricorso, da parte dell’appellante, era stata effettuata il 21/4/2015 per l’udienza del 5/5 successivo e, pertanto, in violazione del termine non minore di 25 giorni previsto dall’articolo 435, co. 3, c.p.c. osservava, inoltre, che l’atto risultava trasmesso allorquando il termine era già decorso, pur essendo stato comunicato il decreto di fissazione dell’udienza il 18/2/2015, né la parte appellante aveva allegato alcuna causa che dimostrasse la non imputabilità del ritardo di conseguenza, ad avviso della Corte, la fattispecie doveva essere ricondotta alla giurisprudenza di legittimità in tema di omessa notifica o di notifica giuridicamente inesistente. 3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il lavoratore, affidato a cinque motivi. 4. Enel Distribuzione S.p.A. ha resistito con controricorso, assistito da memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione degli articolo 435 e 153 cod. proc. civ., nonché degli articolo 12 e 14 delle Disposizioni sulla legge in generale, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto perentorio il termine che deve intercorrere tra la data di notificazione all’appellato del ricorso e del decreto di fissazione e quella dell’udienza di discussione. 2. Con il secondo, deducendo violazione o falsa applicazione degli articolo 70, 101 e 111 della Costituzione, nonché violazione degli articolo 152 e 291 cod. proc. civ. e di vari principi fondamentali dell’ordinamento, il ricorrente censura la sentenza per avere erroneamente fatto applicazione della giurisprudenza di legittimità in particolare, di Sezioni Unite numero 20604/2008 , formatasi per l’ipotesi di omessa notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, alla fattispecie concretamente esaminata, nella quale, invece, tali atti erano stati notificati. 3. Con il terzo motivo, deducendo la nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’articolo 111 Cost. e dell’articolo 23 l. 11 marzo 1953, numero 87, il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia richiamato a fondamento della decisione il principio di ragionevole durata , senza peraltro considerare che esso può ritenersi leso solo in presenza di norme che comportino una dilatazione dei tempi del processo non sorrette da alcuna logica esigenza, e senza promuovere - come invece sarebbe stato necessario - un giudizio di legittimità costituzionale di norme processuali destinate, con l’interpretazione adottata, alla disapplicazione. 4. Con il quarto e con il quinto il ricorrente deduce nuovamente la nullità della sentenza rispettivamente per violazione o falsa applicazione della l. 4 agosto 1955, numero 848 di ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, avendo utilizzato l’istituto dell’interpretazione per disapplicare la norma processuale e per violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., essendosi pronunciato su una questione che poteva solo essere oggetto di eccezione di parte. 5. Il ricorso è fondato e deve essere accolto. 6. La vicenda in esame risulta, infatti, identica a quella decisa da Cass. numero 20335/2016, che, facendo applicazione di quanto ritenuto fin da Sez. U numero 20604/2008, ha accolto il motivo, per il quale l’improcedibilità dell’appello può essere dichiarata unicamente nei casi di inesistenza della notifica e non anche nei casi in cui - come quello esaminato in tale sentenza e come il presente - la notifica sia stata effettuata dall’appellante, sia pure in violazione del termine posto dall’articolo 435, comma terzo. 7. In particolare, Cass. numero 20335/2016 ha precisato come la questione fosse già stata oggetto di esame da parte della Corte in numerose occasioni Cass. numero 16479/2015 numero 16154/2015 numero 7378/2014 numero 19818/2013 numero 8125/2013 numero 10775/2016 ord. Sez. U numero 9331/996 con la correzione apportata da Sez. U numero 20604/2008, per la quale il termine può essere concesso ove la notifica sia nulla ma non quando sia inesistente ed ha ribadito il principio di diritto, a cui ritiene il Collegio di dare continuità, secondo il quale nel rito del lavoro l’inosservanza, in sede di ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire non è configurabile come vizio di forma e di contenuto dell’atto introduttivo, atteso che, a differenza di quanto avviene nel rito ordinario, essa si verifica quando l’impugnazione è stata già proposta mediante il deposito del ricorso in cancelleria, mentre nel procedimento ordinario di cognizione il giorno dell’udienza di comparizione è fissato dalla parte articolo 163 numero 7 cod. proc. civ. e articolo 342 cod. proc. civ. , considerato, altresì, che tale giorno è fissato, nel rito del lavoro, dal giudice col suo provvedimento. Pertanto, tale inosservanza non comporta la nullità dello stesso atto di appello, bensì quella della sua notificazione, sanabile ex tunc per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ex articolo 291 cod. proc. civ., costituendo questa norma espressione di un principio generale dell’ordinamento, riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili ex tunc, con effetto retroattivo a seguito della rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate dall’articolo 160 cod. proc. civ., ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all’atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato articolo 156, co. 3, cod. proc. civ. , ossia la regolare costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali nullità trovino la loro origine in una causa imputabile all’ufficiale giudiziario o alla parte istante . 8. L’impugnata sentenza della Corte di appello di Napoli numero 3796/2015 deve, pertanto, essere cassata e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale si atterrà al principio di diritto sopra richiamato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.