La delega a terzi, sul piano delle scelte, dell’esercizio dei diritti e doveri personalissimi attinenti al regime patrimoniale della famiglia, non contrasta con l’ordine pubblico.
La Seconda Sezione Civile della Cassazione sent. numero 9425/15 dell’8 maggio 2015 nell’accogliere il ricorso di un notaio che era stato disciplinarmente sanzionato per aver accettato due procure generali in asserito contrasto con “l’ordine pubblico”, precisa la portata di questo importante limite generale, dai contorni non sempre ben definiti. Il caso. Ad un notaio veniva inflitta la una sanzione disciplinare di tipo pecuniario euro 2.500 per aver ricevuto nella medesima data due procure generali nelle quali era stata inserita la clausola che prevedeva la facoltà del rappresentante di «stipulate convenzioni matrimoniali, ed in particolare convenzioni di separazioni dei beni, di comunioni convenzionali, di costituzione di fondi patrimoniali, e le medesime convenzioni modificare». Dette procure erano ritenute in violazione della disposizione dell’articolo 28, Legge notarile. Proposto reclamo dal notaio, la Corte d’appello rigettava l’impugnazione. Le procure avevano oggetto «impossibile» e quindi erano «nulle». Infatti, le due suddette identiche procure, con la loro smisurata ampiezza, conferivano al rappresentante la scelta che l’ordinamento, e prima ancora il contesto socio-economico, attribuiscono in via esclusiva a ciascun coniuge, cosicché esse erano da considerarsi nulle per l’impossibilità dell'oggetto ai sensi degli articolo 1346 e 1418, comma 2, c.c Il contrasto con l’ordine pubblico. Inoltre, le clausole erano manifestamente contrarie all’ordine pubblico, inteso come il complesso di valori e consuetudini osservati in un dato momento storico dei consociati, considerate che tale ordine pubblico non consentiva che l’esercizio dei diritti e doveri personalissimi attinenti al regime patrimoniale della famiglia, sul piano delle scelte, potesse essere delegato a terzi. Ma per la Cassazione non sussisteva l’illecito perché le procure non erano in contrasto con l’ordine pubblico. Con riferimento agli addebiti contestati in sede disciplinare al notaio, riguardanti la violazione dell'articolo 28, Legge notarile, per aver ricevuto due procure generali aventi ad oggetto il conferimento al rappresentante della facoltà di stipulare convenzioni matrimoniali, tra le quali anche la costituzione di fondi patrimoniali, si pone il problema di verificare se in ordine alla ammissibilità o meno della rappresentanza nella stipula di tali convenzioni si sia formato in dottrina ed in giurisprudenza un orientamento consolidato in uno o nell'altro senso, posta che solo nell'ipotesi affermativa sussiste per il notaio il divieto di cui all'articolo 28 menzionato. Manca una presa di posizione esplicita della Cassazione in materia. Secondo i giudici di legittimità, nell'assenza di pronunce ex professo della Corte Suprema al riguardo, e di mancanza quindi di un orientamento della giurisprudenza di legittimità valutabile ai suddetti fini, si registrano invece numerosi contributi dottrinali. Vi sono indirizzi contrastanti in dottrina. Indubbiamente sussiste un indirizzo della dottrina che, sulla base della natura personale delle convenzioni matrimoniali in quanta finalizzate alia realizzazione dei fini inerenti allo status matrimoniale, esclude la legittimità del conferimento di una procura avente ad oggetto la facoltà di stipulare dette convenzioni. Nondimeno si è pure affermato un diverso orientamento dottrinario in senso contrario che valorizza il profilo patrimoniale di tali convenzioni, che quindi ritiene che il potere di rappresentanza conferito con la procura ha ad oggetto diritti di natura patrimoniale, e che le convenzioni matrimoniali non incidono direttamente sullo “ status ” personale dei coniugi. In sede disciplinare la Cassazione si limita a prendere atto di tale contrasto interpretativo e quindi della mancanza di un indirizzo consolidato nell'uno o nell'altro senso ai fini della valutazione della configurabilità o meno della infrazione disciplinare addebitata al notaio. Per queste ragioni la Cassazione non condivide l’opinione espressa dalla Corte di merito che aveva confermato la sanzione disciplinare ritenendo ma senza fondamento che l’orientamento dottrinale fosse univoco nel senso del divieto. Se c’è contrasto in dottrina non può parlarsi di contrasto con l’ordine pubblico. L'evidenziato contrasto in dottrina in ordine alla ammissibilità o meno del rilascio di una procura avente ad oggetto la facoltà del rappresentante di stipulare convenzioni matrimoniali comporta l'erroneità dell'ulteriore assunto del giudice di appello in ordine alla manifesta contrarietà all'ordine pubblico delle due procure generali ricevute dal notaio, posta che la sussistenza di un indirizzo della dottrina che ritiene l’ammissibilità di una siffatta procura esclude in radice una tale evenienza, considerato l’ordine pubblico come il complesso dei principi e dei valori che informano l’organizzazione politica dello State, e che sono immanenti nell’ordinamento giuridico vigente nello Stato in una determinata fase storica.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 marzo – 8 maggio 2015, numero 9425 Presidente Bucciante – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo Il notaio T.V. proponeva reclamo avverso la decisione della CO.RE.DI. per le circoscrizioni del Piemonte e della Valle d'Aosta del 18-1-2010 con la quale gli era stata irrogata la sanzione pecuniaria di Euro 2.500,00 con riferimento alla violazione dell'articolo 28 della L N., in essa assorbita la violazione dell'articolo 48 della stesa legge, per aver ricevuto in data 10-7-2007 due procure generali nelle quali era stata inserita la clausola che prevedeva la facoltà del rappresentante di stipulare convenzioni matrimoniali, ed in particolare convenzioni di separazioni dei beni, di comunioni convenzionali, di costituzione di fondi patrimoniali, e le medesime convenzioni modificare . Si costituivano in giudizio il Ministero della Giustizia e l'Archivio Notarile Distrettuale di Cuneo chiedendo il rigetto del reclamo ed introducendo un reclamo incidentale. La Corte di Appello di Torino con sentenza del 15-12-2010 ha rigettato entrambe le impugnazioni. La Corte territoriale, esaminando il primo motivo del reclamo del notaio T. , ha ritenuto che le due suddette identiche procure, con la loro smisurata ampiezza, conferivano al rappresentante la scelta che l'ordinamento, e prima ancora il contesto socio-economico, attribuiscono in via esclusiva a ciascun coniuge, cosicché essere erano nulle per l'impossibilità dell'oggetto ai sensi degli articolo 1346 e 1418 secondo comma c.c. ha altresì osservato che le suddette clausole erano manifestamente contrarie all'ordine pubblico, inteso come il complesso di valori e consuetudini osservati in un dato momento storico dei consociati, considerato che tale ordine pubblico non consentiva che l'esercizio dei diritti e doveri personalissimi attinenti al regime patrimoniale della famiglia, sul piano delle scelte, potesse essere delegato a terzi. La sentenza impugnata inoltre ha respinto anche il secondo motivo di reclamo basato sull'argomentazione che non si era formato un orientamento interpretativo consolidato contrario alla ammissione della rappresentanza volontaria in materia di convenzioni matrimoniali. Per la cassazione di tale sentenza il notaio T. ha proposto un ricorso articolato in tre motivi cui il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso. Questa Corte con ordinanza del 21-11-2012 ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 146 primo e secondo comma della L. 16-2-1913 numero 89 come sostituito dall'articolo 29 del D.LGS. 1-8-2006 numero 249 per eccesso di delega in riferimento all'articolo 76 Cost. ed ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 7 della L. 28-11-2005 numero 246 e, segnatamente, al comma primo lett. e , numero 3, il quale concerne unicamente la previsione della sospensione della prescrizione in caso di procedimento penale, mentre non riguarda la disciplina dell'interruzione della prescrizione in precedenza non prevista , né l'allungamento del relativo termine da quattro a cinque anni , ha disposto l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale ed ha sospeso il presente giudizio. Il ricorrente ha successivamente depositato una memoria. Motivi della decisione Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione pregiudiziale del Ministero di Giustizia di inammissibilità del ricorso in quanto proposto oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza ai sensi dell'articolo 327 c.p.c. come modificato dall'articolo 46 comma 17 della L. 18-6-2009 numero 69 a decorrere dal 4-7-2009, applicabile ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. L'eccezione è infondata, posto che l'articolo 158 ter secondo comma della L. N. applicabile ratione temporis nella fattispecie prevede che, in difetto della notificazione della sentenza impugnata, il ricorso per cassazione deve essere proposto nel termine di un anno dal deposito della sentenza, così contemplando una specifica disciplina per la materia dei procedimenti disciplinari notarili la cui specialità, perciò, non può ritenersi anche in difetto della previsione di specifiche disposizioni contrarie derogata dalla sopravvenuta previsione del novellato articolo 327 primo comma c.p.c. applicabile, invece, in generale, ove non diversamente disposto pertanto ti ricorrente si è correttamente conformato ai termini per la proposizione del ricorso per cassazione autonomamente disciplinati dalla L. N., posto che, a fronte della pubblicazione della sentenza della Corte territoriale il 15-12-2010, egli ha notificato il ricorso il 14-11-2011, e quindi entro l'anno d'altra parte la riprova della correttezza di questa impostazione si desume dal fatto che il legislatore solo successivamente con l'articolo 26 del D. LGS. numero 150 del 2011 ed applicabile ai sensi dell'articolo 36 dello stesso D. LGS. ai procedimenti instaurati successivamente alla data della sua entrata in vigore , ha adottato una nuova disciplina relativa ai termini per la formulazione del ricorso in cassazione nella materia disciplinare notarile, fissando quello breve in sessanta giorni dalla notifica della sentenza e quello cosiddetto lungo in sei mesi dalla pubblicazione della sentenza medesima, così confermando la specialità della regolamentazione processuale espressa in detta materia e, quindi, l'applicabilità, per i giudizi ricadenti nel vigore del citato articolo 158 “ter della L. N., della disciplina dei termini impugnatori ivi contemplati. Tanto premesso, si rileva che con il primo motivo il ricorrente deduce l'intervenuta prescrizione dell'illecito disciplinare, prospettando, in ogni caso, la non manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimità costituzionale dell'articolo 146 della L. ti. come sostituito dall'articolo 29 del D. LGS. 1-8-2006 numero 249 per supposto eccesso di delega della nuova previsione rispetto alla legge delega 28-11-2005 numero 246. Tale motivo deve essere disatteso alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale del 6-10-2014 numero 229 che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sopra menzionata, cosicché non si pone nella fattispecie un possibile profilo di prescrizione dell'illecito disciplinare contestato al notaio T. . Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli articolo 162-167-1343-1346 e 1418 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che le convenzioni matrimoniali ivi incluse le costituzioni di fondi patrimoniali siano diritti strettamente personali, non delegabili dall'interessato ad altro soggetto, sia pure quest'ultimo il procuratore generale del mandante il ricorrente premette che la Corte territoriale sembra abbia espresso tale convincimento laddove il disponente di una convenzione matrimoniale sia uno dei coniugi, essendo difficile sostenere che il principio enunciato valga anche quando si tratti di un terzo, posto che un terzo che voglia costituire un fondo patrimoniale dispone unicamente di propri diritti o cespiti patrimoniali, cosicché sarebbe incomprensibile la ragione per la quale non potrebbe conferire a terzi una procura per addivenirvi. Il notaio T. comunque rileva che, anche laddove si tratti di una convenzione matrimoniale intercorrente tra coniugi, l'orientamento di autorevole dottrina è contrario alla tesi della indelegabilità dell'atto ad un fiduciario di uno dei due coniugi il fatto poi che si disponga di diritti personalissimi non preclude il rilascio di una procura, come nel caso del matrimonio celebrato per procura articolo 111 c.c0 d'altra parte il legislatore riconosce a ciascuno dei coniugi la delegabilità dei propri diritti, come nel caso del conferimento da parte di un coniuge all'altro coniuge di una procura per l'amministrazione dei beni comuni articolo 182 primo e secondo comma c.c. Il ricorrente quindi ritiene improprio ipotizzare un contrasto strutturale tra il diritto strettamente personale ed il suo esercizio tramite un procuratore, il problema, semmai, dovendosi porre in termini diversi, ovvero se sia sufficiente una procura generale o una procura speciale. Il ricorrente conclude affermando che l'ordine pubblico è una cornice che evolve nel tempo, e che i diritti strettamente personali sono in progressiva rarefazione, in uno sviluppo normativo che sempre più consente spazi e facoltà ai consociati. Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione dell'articolo 28 primo comma L. N. nonché carenza ed erroneità della motivazione, assume che la ricezione da parte di un notaio di un atto contrario all'ordine pubblico non costituisce di per sé infrazione disciplinare, essendo il notaio responsabile sotto il profilo disciplinare solo se l'atto da lui ricevuto sia manifestamente contrario all'ordine pubblico, ovvero quando prima facie sia evidente che si sia superato il confine certo ed invalicabile per l'ordine sociale orbene, considerato che la possibilità di rilasciare una procura anche nel settore delle convenzioni matrimoniali è ammessa da autorevole dottrina, nella fattispecie non poteva sostenersi che le due procure ricevute dall'esponente il 10-7-2007 fossero manifestamente contrario all'ordine pubblico se poi invece si trattava non di atto contrario all'ordine pubblico, ma di atto contrario alla legge, non poteva dirsi espressamente contra legem un atto del quale non solo la legge non prevedeva la nullità, ma che significativi autori considerano legittimo. Pertanto il ricorrente afferma che l'interpretazione della Corte territoriale appare per un verso oscillante tra la violazione di una norma imperativa e l'infrazione dell'ordine pubblico, e per altro verso apodittica laddove, in entrambi i casi, considera irrilevante l'esistenza di zone grigie quando sia possibile l'esistenza di più scelte interpretative. Gli enunciati motivi, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono fondati. Con riferimento agli addebiti contestati in sede disciplinare al notaio T. , riguardanti la violazione dell'articolo 28 della LN. per aver ricevuto due procure generali aventi ad oggetto il conferimento al rappresentante della facoltà di stipulare convenzioni matrimoniali, tra le quali anche la costituzione di fondi patrimoniali, si pone il problema di verificare se in ordine alla ammissibilità o meno della rappresentanza nella stipula di tali convenzioni si sia formato in dottrina ed in giurisprudenza un orientamento consolidato in uno o nell'altro senso, posto che solo nell'ipotesi affermativa sussiste per il notaio il divieto di cui all'articolo 28 menzionato invero l'avverbio espressamente che in tale disposizione qualifica la categoria degli atti proibiti dalla legge , deve intendersi come inequivocamente pertanto tale divieto si riferisce a contrasti dell'atto con la legge che risultino in termini inequivoci, anche se la sanzione deriva solo attraverso la disposizione generale dell'articolo 1418 primo comma c.c., per effetto di un consolidato orientamento interpretativo giurisprudenziale o dottrinale Cass. 11-11-1997 numero 11128 Cass. 11-3-2011 numero 5913 Cass. 20-7-2011 numero 15892 . Orbene, nell'assenza di pronunce ex professo di questa Corte al riguardo, e di mancanza quindi di un orientamento della giurisprudenza di legittimità valutabile ai suddetti fini, si segnalano invece numerosi contributi dottrinali in tale materia. Indubbiamente sussiste un indirizzo della dottrina che, sulla base della natura personale delle convenzioni matrimoniali in quanto finalizzate alla realizzazione dei fini inerenti allo status matrimoniale, esclude la legittimità del conferimento di una procura avente ad oggetto la facoltà di stipulare dette convenzioni. Nondimeno si è pure affermato un diverso orientamento dottrinario in senso contrario che valorizza il profilo patrimoniale di tali convenzioni, che quindi ritiene che il potere di rappresentanza conferito con la procura ha ad oggetto diritti di natura patrimoniale, e che e convenzioni matrimoniali non incidono direttamente sullo status personale dei coniugi. È evidente che in questa sede non spetta a questa Corte prendere posizione per l'uno o per l'altro di tali orientamenti, ma prendere atto di tale contrasto e quindi della mancanza di un indirizzo consolidato nell'uno o nell'altro senso ai fini della valutazione della configurabilità o meno della infrazione disciplinare addebitata al notaio T. . Tali considerazioni inducono a non condividere il diverso assunto della Corte territoriale, che ha concluso per la sussistenza della responsabilità disciplinare dell'attuale ricorrente sulla base del proprio convincimento personale, invero irrilevante ai fini del decidere, e sul generico rilievo che non sussisterebbe un reale contrasto tra i due sopra enunciati indirizzi dottrinari, concordi nel ritenere l'inammissibilità di una procura avente ad oggetto la stipulazione di una convenzione matrimoniale, senza peraltro addurre specifici elementi di riscontro in proposito. L'evidenziato contrasto in dottrina in ordine alla ammissibilità o meno del rilascio di una procura avente ad oggetto la facoltà del rappresentante di stipulare convenzioni matrimoniali comporta l'erroneità dell'ulteriore assunto del giudice di appello in ordine alla manifesta contrarietà all'ordine pubblico delle due procure generali ricevute dal notaio T. , posto che la sussistenza di un indirizzo della dottrina che ritiene l'ammissibilità di una siffatta procura esclude in radice una tale evenienza, considerato l'ordine pubblico come il complesso dei principi e dei valori che informano l'organizzazione politica dello Stato, e che sono immanenti nell'ordinamento giuridico vigente nello Stato in una determinata fase storica. Il ricorso deve quindi essere accolto con la conseguente cassazione della sentenza impugnata non essendo poi necessari ulteriori accertamenti di fatto, e decidendo pertanto nel merito ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. il ricorrente deve essere assolto dall'incolpazione ascrittagli. Ricorrono giusti motivi, data la natura peculiare della controversia e le ragioni della decisione, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di appello e di quello di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, assolve il notaio T. dalla incolpazione ascrittagli, e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di appello e di quello di legittimità.