L’elisione di una lettera non è sufficiente a caratterizzare il marchio come forte

La Suprema Corte è interrogata sulla rilevanza dell’elisione di una lettera dalla denominazione del marchio di una società, in relazione all’identificazione di quest’ultimo come complesso , e, secondo la società ricorrente, di conseguenza “forte”.

Sul punto la Cassazione con ordinanza numero 12368/18 depositata il 18 maggio. La vicenda. La Corte d’Appello di Bologna, confermando la sentenza di prime cure, rigettava il gravame promosso da una società, la quale in qualità di titolare del marchio nazionale registrato “Art Casa”, conveniva in giudizio un’altra società. L’appellante chiedeva al Giudice di merito l’accertamento della contraffazione e dell’illecito concorrenziale, ex articolo 2598 c.c. Atti di concorrenza sleale , posti in essere dalla società appellata denominata “Arte Casa Ceramiche”. Secondo la Corte territoriale doveva confermarsi il carattere debole del segno di titolarità dell’appellante, «in quanto formato dall’abbinamento di due parole, divenute di uso comune nel linguaggio e nei usi del commercio», ed, inoltre, l’elisione della lettera “e” «non aveva carattere di variante concettualmente significativa, idonea a conferire “reale carattere individualizzante” al segno». Infine, rilevavano i Giudici, la concorrente aveva adottato sotto il profilo grafico e stilistico varianti sufficienti ad evitare il rischio di confusione. Contro la decisione di merito la società soccombente ha proposto ricorso per cassazione lamentando con il primo motivo di ricorso che il marchio oggetto di contenzioso rappresentava “un marchio d’insieme” e, come tale, aveva carattere forte e le varianti apposte dal concorrente non risultavano sufficienti. L’elisione di una lettera e confondibilità del marchio. La Suprema Corte ha ricordato che i marchi sono deboli quando sono «concettualmente legati al prodotto per non essere andata, la fantasia che li ha concepiti, oltre il rilievo di un carattere, o di un elemento dello stesso, ovvero per l’uso di parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo». Inoltre, per identificare l’attitudine individualizzante del marchio debole è sufficiente escludere la confondibilità anche con lievi modificazioni o aggiunte. Ciò premesso, secondo la Cassazione, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che il marchio “Art Casa” sia un marchio debole in quanto costituito «dall’insieme di due parole ritenute di uso comune nel settore merceologico». A ciò consegue che l’elisione della lettera “e” da sola è insufficiente per escludere «un collegamento concettuale con il prodotto». Marchio complesso ma non forte. Infine, la Corte ha precisato che anche se il marchio fosse definito “complesso”, non per questo si tratta necessariamente di un marchio forte posto che «il marchio complesso, che consiste nella combinazione di più elementi, ciascuno dei quali dotato di capacità caratterizzante e suscettibile di essere autonomamente tutelabile non necessariamente è un marchio forte, ma lo è solo se lo sono i singoli segni che lo compongono, o quanto meno uno di essi». Al contrario, continuano i Giudici di legittimità, quando i singoli elementi hanno capacità distintiva, ma priva «di particolare forza individualizzante» il marchio deve considerarsi debole. Per queste ragioni, secondo il Supremo Collegio, la Corte d’Appello ha correttamente escluso l’illecito concorrenziale nel caso di specie. In conclusione la Corte ha rigettato, anche nel resto, il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 8 marzo – 18 maggio 2018, numero 12368 Presidente Genovese – Relatore Iofrida Fatti di causa La Corte d’appello di Bologna, con sentenza numero 275/2014, pronunciata in giudizio promosso dalla Comedil srl titolare dal 1994 del marchio nazionale registrato Art Casa , denominativo, con caratterizzazioni grafiche e cromatiche in carattere stilizzato, in cui le lettere iniziali delle due parole A e C sono scritte in colore rosso, mentre le restanti lettere sono scritte in nero , utilizzato per distinguere i propri prodotti piastrelle ceramiche , al fine di sentire accertare la contraffazione, ai sensi dell’articolo 20 c.p.i., e l’illecito concorrenziale, ex articolo 2598 numero 1 c.c., posti in essere dalla Arte Casa Ceramiche srl società operante nel settore della rivendita all’ingrosso di materiale ceramico, con l’utilizzo dell’espressione Arte Casa con piccola losanga di colore rosso tra le due parole e con colori ulteriori, rispetto al rosso ed al nero rivendicati nel marchio registrato da Comedil, quali l’argento ed il bianco nella denominazione sociale, ditta ed insegna e del marchio successivamente registrato Armonie by Arte Casa Ceramiche , con inibitoria e condanna al risarcimento dei danni - rigettando il gravame della Comedil, ha confermato, la decisione di primo grado, che aveva respinto le domande attrici. In particolare, la Corte d’appello ha confermato la statuizione di primo grado in ordine al carattere debole del segno di titolarità dell’attrice, in quanto formato dall’abbinamento di due parole, divenute di uso comune nel linguaggio e negli usi del commercio, largamente utilizzate, da sole o abbinate, quali segni distintivi di prodotti destinati all’arredamento, in particolare nel settore del materiale ceramico per pavimenti e rivestimenti, rilevando che l’elisione della lettera e , nel segno di titolarità Comedil, non aveva carattere di variante concettualmente significativa, idonea a conferire reale carattere individualizzante al segno, cosicché la tutela e l’indagine sulla confondibilità andava condotta con minor rigore, essendo sufficiente anche una lieve variazione sotto l’aspetto morfologico. Nella specie, ad avviso della Corte, la concorrente aveva adottato varianti, comunque sufficienti ad evitare il rischio di confusione, sotto l’aspetto grafico, stilistico e morfologico, sino al 2003 essendo il segno, utilizzato dalla concorrente, Arte Casa Ceramiche , con colori e grafia diversi da quello di titolarità della Comedil , e, successivamente, dal 2003, con la registrazione e l’effettivo utilizzo del marchio Armonie by Arte Casa Ceramiche marchio denominativo complesso, il cui elemento individualizzante è rappresentato dal termine Armonie , rivendicato espressamente in caratteri di stampa più grandi rispetto alle altre parole e, dal 2005, con assunzione della nuova suddetta denominazione sociale, utilizzata anche come ditta ed insegna. Infine, non erano stati offerti elementi idonei ad integrare i presupposti del secondary meaning, essendo la prova testimoniale articolata, non ammessa in primo grado, in ordine all’investimento pubblicitario sostenuto ed alla partecipazione a manifestazioni fieristiche, non sufficiente a comprovare che il segno Art Casa avesse acquisito, per effetto dell’uso, una particolare rinomanza idonea a rafforzarne l’originario carattere debole . Nessuna censura era stata poi svolta in ordine alle statuizioni del Tribunale di rigetto delle domande sull’illecito concorrenziale ex articolo 2598 c.c. e di risarcimento danni. Avverso la suddetta decisione, la Comedil propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di Armonie by Arte Casa Ceramiche che resiste con controricorso . Il P.G. ha depositato conclusioni scritte. La controricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1.La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., degli articolo 1 e 13 l.m., ora articolo 14 b , 14 c , 20 e 22 c.p.i. e 2569 c.c., nonché 2697 c.c., avendo la Corte d’appello negato la tutela richiesta, pur essendo, da un lato, il marchio di titolarità Comedil un marchio d’insieme , come tale avente carattere forte e non debole , dando vita le espressioni comune congiunte ad un unicum originale e distintivo , anche per le connotazioni grafiche e cromatiche del logo e non evocando con immediatezza il materiale ceramico, mentre il marchio registrato ed utilizzato dalla concorrente, dal 2003, non aveva introdotto varianti sufficienti, dovendo ritenersi costituire cure del marchio proprio l’endiadi Arte Casa . Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articolo 1 e 13 l.m., ora articolo 14 b , 14 c , 20 e 22 c.p.i. e 2569 c.c., nonché articolo 2697 c.c., avendo la Corte d’appello negato l’acquisita capacità distintiva forte per effetto del secondary meaning, non ammettendo prove volte a dimostrare la rilevante diffusione e promozione avuta, negli anni, dal marchio in questione. Infine, con il terzo motivo, la ricorrente deduce sempre la violazione e falsa applicazione degli articolo 1 e 13 l.m., ora articolo 14 b , 14 c , 20 e 22 c.p.i. e 2569 c.c., nonché 2697 c.c., ma in rapporto alla esclusione del rischio di confusione o di associazione, pur in presenza di concreti episodi confusori allegati. 2. La prima e la terza censura, da trattare unitariamente in quanto connesse attenendo al giudizio di confondibilità tra i segni contrapposti , sono infondate. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte Cass. 13170/2016 Cass. 14787/2007 quello secondo cui, in tema di marchi d’impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio cd. debole non incide sull’attitudine dello stesso alla registrazione, ma soltanto sull’intensità della tutela che ne deriva, nel senso che, a differenza del marchio c.d. forte, in relazione al quale vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo - costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante -, per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte. I cosiddetti marchi deboli sono tali in quanto risultano concettualmente legati al prodotto per non essere andata, la fantasia che li ha concepiti, oltre il rilievo di un carattere, o di un elemento dello stesso, ovvero per l’uso di parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo Cass.1267/2016 . Ora, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto che il marchio Art Casa di titolarità della Comedil, in quanto utilizzato per identificare prodotti destinati ai rivestimenti delle case di abitazione, costituito dall’insieme di due parole ritenute di uso comune in questo settore merceologico, è un segno valido ma debole. In sostanza, l’elisione della lettera e è stata da sola ritenuta insufficiente ad escludere un collegamento concettuale con il prodotto, poiché, secondo la Corte d’appello, l’elemento concretamente individualizzante va ricercato non tanto nelle citate espressioni divenute di uso comune ma nell’aspetto complessivo, grafico e stilistico del segno , cosicché, stante la debolezza del segno di titolarità Comedil, sono state ritenute sufficienti le differenziazioni, nei colori e nei caratteri di stampa, introdotte nel marchio denominativo complesso della concorrente. Pur potendo lo stesso segno essere anche definito un marchio complesso, non per questo esso è necessariamente un marchio forte. Questa Corte ha, in effetti, ribadito Cass. 10071/2008 Cass. 26420/2010 Cass. 1249/2013 Cass. 5099/2014 che il marchio complesso, che consiste nella combinazione di più elementi, ciascuno dei quali dotato di capacità caratterizzante e suscettibile di essere autonomamente tutelabile pur essendone, generalmente, la forza distintiva affidata all’elemento costituente il c.d. cuore del marchio , non necessariamente è un marchio forte, ma lo è solo se lo sono i singoli segni che lo compongono, o quanto meno uno di essi, ovvero se la loro combinazione rivesta un particolare carattere distintivo in ragione dell’originalità e della fantasia nel relativo accostamento. Quando, invece, i singoli componenti siano dotati di capacità distintiva, ma quest’ultima ovvero la loro combinazione sia priva di una particolare forza individualizzante, il marchio deve essere qualificato debole tale seconda fattispecie differenziandosi, peraltro, dal marchio di insieme in ragione del fatto che i segni costitutivi di quest’ultimo sono privi di un’autonoma capacità distintiva, essendolo solo la loro combinazione. Alla luce di tali considerazioni, correttamente la Corte d’appello, con riguardo all’illecito concorrenziale pure contestato, ha ritenuto che le modificazioni nell’associazione dei termini, nella grafia, nei colori introdotte dalla concorrente Armonie by Arte Casa Ceramiche, anche nella denominazione sociale, nella ditta e nella insegna, erano sufficienti ad escludere la contraffazione del marchio di titolarità della Comedil. 3. Anche il secondo motivo è infondato. La notorietà, conseguente al secondary meaning vale a dire l’acquisizione, per effetto del consolidarsi dell’uso del segno nel tempo e sul mercato, di un significato ulteriore, in aggiunta al significato originario, secondario appunto, di segno distintivo della provenienza dei prodotti da una certa impresa , estensibile anche al caso di trasformazione di un marchio originariamente debole in uno forte Cass. 22953/2015 , e quindi la tutela propria dei marchi forti operante anche a fronte di modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo, che costituisce l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante Cass. 1267/2016 , nella specie, secondo la Corte d’appello, non è stata dimostrata, essendo state articolate prove orali ritenute del tutto irrilevanti. Ora, non sono ravvisabili violazioni di legge nella mancata ammissione di prove orali vertenti sulle spese in investimenti pubblicitari e sulla partecipazione a manifestazioni fieristiche, non rilevando, al riguardo, la mera presenza del prodotto nel mercato, se non accompagnata dalla prova della rilevante diffusione e promozione dello stesso Cass.10071/2008 ovvero della significativa penetrazione nello stesso Cass. 9617/1998 . 3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonché rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.