Mediazione, procura, frode le categorie astratte per certi versi beneficiano di una luce particolare, un po’ come l’iperuranio platonico, nel quale le idee non patiscono compromessi né contaminazioni. Sulla terra, però, le cose cambiano.
In terra mediationis. Mediare è un tema tradizionalmente proprio della comunicazione, preso in prestito dal diritto per farne un contenitore di nuove speranze. La procura è invece figura propriamente giuridica, che il linguaggio comune non trova familiare. La frode, in qualche modo, ha una forte connotazione in entrambi gli ambiti il senso giuridico non differisce da quello comune. Parole, concetti, idee in un percorso che si affranchi senza mai travolgerli dai modelli tipici e si misuri più arditamente con i rivoli dell’esperienza giuridica quotidiana, il “verbo” procura va coniugato al tempo “mediazione”, senza meccanismi fraudolenti, sempre in agguato. Le norme imperative in mediazione. Se le norme imperative sono quelle sottratte alla disponibilità delle parti, di certo la regola della partecipazione alla media-conciliazione è norma imperativa non una partecipazione qualsiasi, di qualcuno piuttosto che qualchedun altro, bensì, indefettibilmente, della parte e del suo avvocato una deroga a questo imperativo lasciata alla disponibilità della parte significherebbe semplicemente nessun imperativo per gli effetti, la disciplina di dettaglio della partecipazione in mediazione risulterebbe meramente simbolica. Alterum datur devono necessariamente partecipare alla mediazione sia la parte sia l’avvocato. Scrivere – lo fa il legislatore – che la parte presenzia e non richiedere – lo fa qualche mediatore/Organismo – che essa effettivamente presenzi significa travolgere la regula iuris. Si badi, non è un problema di interpretazione testuale, perché il senso delle cose muta profondamente a seconda che si ritenga di dover coinvolgere la parte nella dialettica dinnanzi al mediatore oppure, al contrario, di poter celebrare un convegno triadico che sia una cattiva imitazione del processo. A fronte del nuovo assetto normativo, a meno di ritenere gli articolo 5 e 8, d.lgs. numero 28/2010 una svista del legislatore italiano, peraltro piuttosto difficile da spiegare in quanto riveniente da una modifica delle norme dopo i primi anni di rodaggio cfr. Tribunale di Verona, ord. 1626/2017, critiche in Romeo, Giulietta, il Duca di Modena e la famiglia Ardengo, nel Quotidiano del 12 luglio 2017 , vanno tracciate le necessarie ricadute. La procura. Quanto, specificamente, alla possibile sostituzione della parte in mediazione, da parte di altro soggetto che ne rappresenti gli interessi, vero è che con la procura – mi scuso per la didascalia – si conferiscono poteri di rappresentanza al soggetto che interviene in mediazione procuratore sostanziale e procuratore processuale, ma la scelta di politica legislativa deve restare ferma. Se, dunque, non è pensabile assimilare in un’unica persona qualità che la legge vuole distinte, imperativamente distinte, si può ritenere che un’elusione di questa disciplina si risolva in un «mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa». La categoria è quella del negozio contratto in frode alla legge, di cui si legge nell’articolo 1344 c.c., sempre che del negozio giuridico si rinvengano tutti i connotati. Negozio o no, di frode si tratta. Per linearità, occorre pensare all’ipotesi in cui il soggetto impossibilitato a intervenire, nondimeno obbligato al rispetto delle norme, debba “confezionare” due atti distinti un atto di delega informale per la rappresentanza sostanziale ed una procura alle liti autenticata nella sottoscrizione dal difensore come chiarito limpidamente dal Tribunale di Patti, in Eccellenze siciliane per chi crede nella mediazione , nel quotidiano del 12 giugno 2017. Ben altre sono le criticità dell’esperienza pratica quid iuris se un soggetto rende l’avvocato proprio alter ego, conferendogli poteri di rappresentanza sostanziale non disgiunti dall’assistenza in mediazione, ovvero conferisca solo i primi, rimettendogli la facoltà di nominare, a sua volta, un difensore? La sostanza non cambia, così come la torsione della regola alla fin dei conti, in mediazione non va la parte ma l’avvocato solo o in compagnia di un gentile collega , secondo un explicit perfettamente coincidente con quello che la normativa intende scongiurare. Vero è che le critiche ai colleghi avvocati intervenuti in mediazione “absente domino” prestano il fianco ad una contestazione elementare la rappresentanza in giudizio conferisce al legale i più ampi poteri, ben compatibili con tutto quanto è necessario per garantire la regolarità della procedura a maggior ragione, se la rappresentanza sostanziale rinviene da un atto pubblico notarile, a favore di un avvocato, come non considerare sanato ogni possibile vizio della sua posizione? Questi elementi tralasciano tuttavia altri elementi, di pari o maggior rilievo, ove si volesse percorrere una logica di sistema. Tra gli altri se il matrimonio per procura, di cui all’articolo 111 c.c., è connotato in termini di eccezionalità, siccome atto personalissimo ed infungibile, è ben possibile che l’ordinamento abbia riconosciuto e riconosca anche altre situazioni nelle quali gli spazi per deleghe più o meno titolate si possano esplicare. Ancora mutatis mutandis, nella conciliazione in materia di lavoro la presenza personale del lavoratore è massimamente valorizzata con profili di infungibilità tutt’affatto simili a quanto accade in mediazione in linea generale, il ruolo infungibile del lavoratore è ben distinto da chi lo assiste e lo “accompagna” anche in sede stragiudiziale, i.e. organizzazioni sindacali di più, ex articolo 420 c.p.c. « la mancata comparizione personale delle parti o , senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio». Nessun dubbio, dunque, sulla circostanza che il legislatore assegni a sua discrezione particolare valore alla presenza personale della parte, siccome riscontrato da un arresto giurisprudenziale risalente ma ben attuale «il conferimento ad un soggetto di procura speciale perché rappresenti una parte nel processo del lavoro con potere di conciliare e transigere la controversia, non comporta una legittimazione sostanziale del procuratore» Cassazione civile, sez. Lav., numero 3503/1988, in DeJure . Se, poi, non c’è incompatibilità preconcetta tra la disciplina della mediazione e quella del processo, per altro verso unicuique suum, non foss’altro che per un criterio sistematico indissolubile dal principio di conservazione degli atti giuridici nel processo, giusta il dettato dell’articolo 86 c.p.c. intitolato alla difesa personale della parte , la persona che rappresenta o assiste la parte può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore, quando ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito. Ubi lex distinguit et nos distinguere debemus. Siamo al punto di partenza una disciplina quella della mediazione che non vuole la confusione dei ruoli risulta elusa irrimediabilmente, per non dire abrogata per via interpretativa, in concomitanza con meccanismi di surroga unum et idem. Ius superveniens. Di significato analogo – è dunque un argomento risolutivo, a mio avviso – è la vicenda della procura conferita ante riforma dell’agosto 2013 riforma della media-conciliazione, già in d.l. numero 69/2013 in un contesto normativo che consentiva all’avvocato di “fare tutto da solo”. La normativa, allora, non imponeva sic! alle parti di intervenire in mediazione personalmente. L’attuale media-conciliazione civile e commerciale non è incolore, inodore, insapore essa si conforma a un modello sì informale ma caratteristico per e caratterizzato da un coinvolgimento profondo della parte, siccome confermato mutatis mutandis dal modello consumeristico. Al vincolo del legislatore non può farsi riscontro con meccanismi elusivi della presenza della parte in mediazione, ma, soprattutto, non può in alcun modo tollerarsi che un avvocato, rivestendosi dei panni di rappresentante sostanziale del proprio assistito, si affacci in mediazione con altro collega che ne assuma la difesa. In questo caso, della parte non v’è nemmeno l’ombra né il sapore, né l’odore e si consuma un tradimento della legge, che prende inesorabilmente il nome di frode.