L’articolo 5 l. numero 47/2015 ha novellato l’articolo 276, comma 1-ter, c.p.p. ed ha interrotto il rigido automatismo fra evasione dalla misura più blanda degli arresti domiciliari ed irrogazione della misura più afflittiva della custodia cautelare. La trasgressione di “lieve entità”, secondo un giudizio funzionale di offensività della condotta evasiva, non consente la seguente custodia cautelare. Risultano irrilevanti le trasgressioni meramente formali agli obblighi impartiti.
Così la Cassazione, quarta sez. penale, numero 13348/18, depositata il 22 marzo. Una casistica frequente. Come noto, le riforme succedutesi in punto di misure cautelari personali – per ultima la l. numero 47/2015 - hanno inteso ridurre il ricorso alla custodia cautelare, ai fini del perseguimento di esigenze di politiche criminali di contenimento dei costi, di tutela della salute individuale e sulla scorta della valutazione degli effetti di special prevenzione che la misura più afflittiva determina sui sottoposti a misura. In particolare la novella impone più forti sostegni motivazionali giudizialmente da produrre in ordine ai presupposti applicativi alias esigenze cautelari dell’ordinanza genetica – articolo 274 c.p.p. -, alla scelta di non avvalersi di misure meno afflittive della custodia cautelare – articolo 275 c.p.p. – ed, in caso di trasgressione della misura degli arresti domiciliari, per cui il fatto evasivo “lieve” non legittimerebbe l’automatismo della mutazione della misura nella custodia cautelare. Casistica quest’ultima più che frequente. Il fatto. In particolare, dedotta la gravità di una pregressa condanna per fatti di evasione fiscale – oltre 17 anni di condanna alla reclusione -, i Giudici avevano rigettato l’appello avverso l’ordinanza che aveva disposto la custodia cautelare per un precedente fatto evasivo del sottoposto alla misura degli arresti domiciliari. Il fatto appariva tenue, in realtà. Si trattava di una visita del sottoposto, ai fini di una valutazione sanitaria comunque non consentita dalle disposizioni giudiziali sull’irrogazione della misura, in un luogo assai prossimo a quello di permanenza, appurata la preesistenza di una patologia da sottoporre a controllo. La valutazione negativa giudiziale dei Giudici dell’appello traeva leva sull’impossibilità di configurare in modo elastico ed informale le disposizioni di cui all’ordinanza applicativa della misura, richiesta in ogni caso una burocratizzazione ed una sequela procedimentale da osservare al fine di poter regolarizzare una seppur minimale trasgressione agli obblighi imposti. La Cassazione annulla la trasgressione delle esigenze cautelari deve essere realmente “offensiva” e non meramente formale. Gli Ermellini richiedono uno sforzo motivazionale più intenso, mirante ad indagare l’effettiva lesività della trasgressione, secondo un’ottica più finalistica e funzionale anziché formale – per cui i Giudici dell’appello avrebbero dedotto dall’inosservanza delle specifiche disposizioni la sintomatologia della necessità di più forti esigenze cautelari da soddisfare, a mezzo di una misura più afflittiva -. La trasgressione, in breve, deve essere tale da smentire la valutazione originaria sulle esigenze cautelari contestualmente alle altre circostanze componenti il fatto – la presenza di altri episodi analoghi ovvero la consistenza della trasgressione – ed essere parte di un corpo motivazionale che, qualora i giudici intendano revocare la misura meno afflittiva, non può contenere un succinto argomentare, bensì deve fornire compiutezza del grado di compressione e di incidenza della trasgressione sulle esigenze cautelari già cristallizzate con il provvedimento originario.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 febbraio – 22 marzo 2018, numero 13348 Presidente Blaiotta – Relatore Tornesi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 7 dicembre 2017 il Tribunale di Napoli - Sezione per il riesame - ha rigettato l’appello avverso il provvedimento emesso dalla Corte di appello di Napoli in data 21 settembre 2017 con cui veniva applicata, nei confronti di D.B.R., ai sensi dell’articolo 276, comma 1 ter cod. procomma penumero , la misura della custodia in carcere, quale aggravamento di quella degli arresti domiciliari nell’ambito del procedimento penale definito, in primo grado, con sentenza di condanna ad anni 17 e mesi quattro di reclusione. 1.1. L’episodio che ha determinato il ripristino della custodia cautelare in carcere è avvenuto il giorno OMISSIS quando il D.B. si è allontanato dal luogo di detenzione domiciliare e si è recato nella contigua abitazione dei genitori, sita nello stesso stabile e sul medesimo pianerottolo, per sottoporsi ad una visita medica non autorizzata da parte di un sanitario con il quale non aveva un rapporto di abituale assistenza. 1.2. Il Tribunale di Napoli - sezione per il riesame - riteneva irrilevanti, ai fini della esclusione della gravità della violazione commessa, le seguenti circostanze invocate dalla difesa dell’imputato nell’atto di appello a l’esistenza della prova in atti di una sua patologia che richiedeva la necessità di accertamenti ai fini di un intervento chirurgico b il fatto che era stato autorizzato ad uscire di casa una volta alla settimana per tre ore per recarsi a trovare il figlio, senza alcun divieto di incontro, e non aveva mai fruito di tale permesso c le numerose autorizzazioni ottenute per allontanarsi dal domicilio, libero e senza scorta, per recarsi dinanzi alla Corte di Appello di Napoli per presenziare alle udienze del processo pendente a suo carico. Nel provvedimento impugnato si dava atto che il D.B. aveva dato prova non solo di non ricevere alcun effetto deterrente dalla misura domiciliare a cui era sottoposto al momento dei fatti commettendo inopinatamente un nuovo reato , ma altresì di non tenere in alcun conto il limite impostogli dall’Autorità Giudiziaria, mostrandosi rispetto ad esso del tutto indifferente e si perveniva ad affermare, anche in ragione della gravità dei fatti che costituiscono titolo cautelare, che l’attuale misura della custodia in carcere è l’unica idonea a salvaguardare le persistenti esigenze social - preventive. 2. D.B.R. propone ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza deducendo la violazione degli articolo 125, comma 1, 274, 275, commi 1, 2 e 3 bis, 276, commi 1 e 1 ter, 310 cod. procomma penumero per mancanza di motivazione ed in ogni caso illogicità della ordinanza impugnata incentrata sui medesimi motivi che erano stati posti a fondamento dell’originaria misura della custodia cautelare in carcere, poi sostituita con quella domiciliare. Contesta che la violazione in cui è incorso possa ritenersi di gravità tale da imporre la custodia cautelare in carcere. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni che vengono qui di seguito esposte. 2. Come è noto, le modifiche apportate dall’ articolo 5 della legge numero 47 del 2015 hanno temperato il rigido automatismo previsto nell’articolo 276, comma 1 ter, cod. procomma penumero che imponeva inderogabilmente il ripristino della custodia in carcere nel caso di trasgressioni alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da ogni altro luogo di privata dimora, con l’aggiunta della locuzione salvo che il fatto sia di lieve entità . Il legislatore ha così dato valore normativo ai principi statuiti dalla giurisprudenza costituzionale Corte Cost., 6 marzo 2002, numero 40 che, pur ritenendo manifestamente infondata la questione di costituzionalità di detta norma, aveva evidenziato il dato fondante della ragionevolezza riconosciuta alla scelta legislativa una volta che alla nozione di allontanamento dalla propria abitazione si riconosca valenza rivelatrice in ordine alla sopravvenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari, non è escluso che il fatto idoneo a giustificare la sostituzione della misura, tipizzato dal legislatore nella anzidetta formula normativa, possa essere apprezzato dal giudice in tutte le sue connotazioni strutturali e finalistiche, per verificare se la condotta di trasgressione in concreto realizzata presenti quei caratteri di effettiva lesività alla cui stregua ritenere integrata la violazione che la norma assume a presupposto della sostituzione . La Consulta, senza entrare nel merito della corrispondenza tra la fattispecie disegnata dalla norma e quella penalistica dell’evasione, segnalava la necessità che il tipo legale della violazione fosse costruito in base ad un criterio di necessaria offensività di congruenza rispetto all’obiettivo di tutela ed alle connesse conseguenze sanzionatorie. Tale opzione interpretativa veniva recepita da un orientamento minoritario della giurisprudenza di legittimità Sez. 6, numero 21487 del 18/02/2008, Moccia, Rv. 240065 che, chiamata a valutare una trasgressione già qualificata come delitto di evasione in una sentenza di patteggiamento sul cui presupposto il giudice di merito aveva sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella della custodia cautelare in carcere, aveva annullato con rinvio siffatta decisione affinché fosse valutato in concreto il disvalore della condotta di trasgressione. Il principio ermeneutico della offensività della condotta ha, del resto, trovato significativi elementi di conferma anche in materia di evasione nei casi in cui è stata esclusa la sussistenza dei reato in presenza di dimostrati stati di necessità o di altri eccezionali eventi comprovanti che non vi era stata la sottrazione alla sfera di vigilanza integrante la condotta esecutiva del reato né alcuna apprezzabile soluzione di continuità dello status di restrizione Sez. 6, numero 32668 del 2/03/2010, Marchi, Rv. 247997 Sez. 6, numero 16673 del 13/04/2010, Parlato, Rv. 247051 . La giurisprudenza di legittimità ha altresì precisato l’ambito applicativo dell’articolo 276, comma 1 ter, cod. procomma penumero , che è riferibile alle ipotesi in cui l’allontanamento dall’abitazione sia avvenuto senza autorizzazione o in orario o per ragioni diverse da quelle previste nel provvedimento del giudice Sez. 3, numero 42847 del 22/10/2009, Palma, Rv. 244990 mentre rientrano nel disposto dell’articolo 276, comma primo, cod. procomma penumero le ipotesi in cui, pur verificandosi l’allontanamento nel rispetto dei limiti orari e per le finalità previste dal provvedimento giudiziale, vengano violate altre specifiche prescrizioni Sez.1, numero 46093 del 07/10/2014, Calculli , Rv. 261365 . La locuzione fatto di lieve entità allude evidentemente a violazioni di modesto rilievo e significato, ovvero a quelle che non siano in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari del caso concreto. Orbene, precisate le coordinate ermeneutiche di riferimento applicabili alla fattispecie in esame, si rileva che nel caso concreto non è stata adeguatamente valutata dai giudici di merito la eventuale sussumibilità della concreta condotta addebitata al D.B. nel fatto di lieve entità . Nel descritto contesto va peraltro considerato che il D.B., posto agli arresti domiciliari sin dal 15 settembre 2015, non risulta essersi reso responsabile di altre trasgressioni, così come chiarito dal Tribunale di Napoli nel provvedimento impugnato che, accogliendo gli argomenti difensivi, hanno escluso la sussistenza di precedenti elusioni delle disposizioni dell’Autorità Giudiziaria nella condotta del D.B. che era stato autorizzato a spostare il proprio domicilio da XXXXXXXX a OMISSIS in relazione alle scosse sismiche verificatesi nel centro Italia, senza l’indicazione di una precisa data di rientro presso l’originario indirizzo. Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli, il quale, nel procedere ad un nuovo esame, dovrà valutare se la condotta di trasgressione realizzata dal D.B. non sia riconducibile al fatto di lieve entità di cui all’articolo 276, comma 1 ter, cod. procomma penumero La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’articolo 94, comma 1 ter, disp. att. del cod. procomma penumero P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli - Sezione per il riesame - per nuovo esame. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’articolo 94 comma 1 ter disp. att. del c.p.p