L’articolo 311 del d.lgs. 152/2006, che ha conservato in capo allo Stato, per il tramite del Ministro dell’ambiente, la legittimazione all’azione di risarcimento del danno ambientale, non ha abrogato l’articolo 13 della l. numero 349/86 ne consegue che anche tutti gli altri soggetti, singoli o associati, comprese le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, possono esercitare l’azione civile in sede penale, ai sensi dell’articolo 2043 c. c., solo per ottenere il risarcimento di un danno patrimoniale e non patrimoniale, ulteriore e concreto, conseguente alla lesione di altri loro diritti particolari diversi dall’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente, pur se derivante dalla stessa condotta lesiva.
E’ quanto affermato dal Tribunale di Novara, con l'ordinanza 21 gennaio 2016. Il danno di cui il soggetto collettivo chiede ristoro deve coincidere con la lesione di un diritto soggettivo del soggetto stesso. Fondamento della legittimazione processuale degli enti portatori di interessi diffusi o collettivi è il diritto degli stessi alla tutela del loro patrimonio morale o al perseguimento dei loro scopi statutari in casi di tal genere, purché l’interesse azionato costituisca il patrimonio morale imprescindibile dell’ente, il reato ipotizzato, oltre a ledere naturalmente l’interesse tutelato in via diretta dalla norma penale, finisce con il produrre un danno dell’ente o dell’associazione che abbia fatto della tutela del medesimo interesse il proprio scopo esclusivo o prevalente. La legittimazione all’esercizio dell’azione civile in sede penale deve, dunque, essere valutata alla luce dell’effettività del perseguimento dello scopo dell’ente collettivo, solo in tale ipotesi potendo, quest’ultimo, vantare una significativa posizione soggettiva legittimante l’azione, ex articolo 2043 c.c. e 185 c.p. . Il danno di cui il soggetto collettivo chiede ristoro deve coincidere con la lesione di un diritto soggettivo del soggetto stesso, come avviene nel caso in cui offeso sia l’interesse perseguito da un’associazione in riferimento ad una situazione storicamente circostanziata, da essa associazione assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza ed azione. La Cassazione formula il principio di diritto che esclude la terzietà del Comune rispetto alle persone fisiche suoi organi che hanno operato, integrando la condotta tipica richiesta dalla fattispecie incriminante. La Corte, inoltre, definisce il perimetro dell’illecito profitto nella truffa ai danni dell’ente pubblico. Il caso. Il Tribunale di Novara, nell’ambito di un procedimento penale promosso nei confronti di imputati accusati di aver, in concorso fra di loro, operato in spregio della normativa inerente e relativa la gestione dei rifiuti, si è trovato ad affrontare la questione, proposta dalla difesa degli imputati, relativa alla sussistenza in capo a soggetti differenti rispetto al Ministero dell’Ambiente, rectius allo Stato, della legittimazione all’esercizio dell’azione civile nel processo penale. La soluzione prospettata dalla Curia Novarese, seppur formalmente in linea con le pronunce rese dalla Suprema Corte, apre il campo ad alcune considerazioni di carattere generale che, anche alla luce della tipologia di illecito di cui si tratta, torneranno certamente ad occupare gli interpreti. La parte civile. Il nostro sistema processuale, come è noto, costituisce l’ibrida figura della parte civile, ovvero di quella parte che richiede, al giudice penale, e nell’ambito del processo penale, di ottenere ristoro dei danni subiti in forza della condotta posta in essere dall’imputato. Si tratta di un istituto di difficile collocazione sistemica, nell’ambito di un processo penale di stampo prevalentemente accusatorio, che il legislatore del 1989 non ha avuto il coraggio di abolire, pur se il tema ha occupato non poco la Commissione incaricata di occuparsi della riforma del codice di rito. La riprova delle particolarità della “parte” processuale di cui si discute è fornita dalla disciplina codicistica, cui essa deve attenersi, ai fini di poter accedere nell’agone dibattimentale, caratterizzata da un formalismo che non trova altro confronto nel codice. Basti por mente alle disposizioni contenute negli articolo 78 e seguenti del codice di rito. Indubitabile, dunque, che il legislatore abbia inteso limitare, presenza ed importanza, della parte civile nell’ambito del processo penale che, per come strutturato, non appare volto a fornire tutela al “singolo”, vittima del reato, ma a riaffermare la primazia dello Stato e delle sue regole norme sul singolo che le abbia violate. A fronte di una tale scelta di campo, forse discutibile ma indubbia, si è assistito negli ultimi tempi ad una sempre maggior disponibilità del giudice, ad ammettere le costituzioni di parte civile, soprattutto agli enti portatori di interessi collettivi o diffusi, forse nella convinzione di rendere maggiormente democratico il rito penale che, invece, proprio per la sua ontologica struttura, appare essere strumento poco incline alla “partecipazione” diffusa. Proprio sul punto della partecipazione al processo in veste di parte processuale degli enti portatori di interessi collettivi o diffusi, la pronuncia, ordinanza, pare offrire spunti interessanti. L’articolo 311 del d.lgs. numero 152/2006. Il tenore letterale della norma appare essere chiarissimo. Il risarcimento del danno ambientale può essere richiesto unicamente dallo Stato, e per esso, dal Ministero dell’Ambiente. In claris non fit interpretatio , e, francamente, non pare che sul punto si possa aggiungere altro. Però un legislatore più distratto che razionale non ha abrogato l’articolo 13 della l. numero 349/86 che consente alle associazioni, presenti in almeno cinque regioni, che abbiano agito con continuità e rilevanza esterna, di essere riconosciute dal Ministero dell’Ambiente medesimo e, conseguentemente, ai sensi dell’articolo 4 della l. 3 agosto 1999 numero 265, di proporre le «azioni risarcitorie di competenze del giudice ordinario che spettino al Comune e alla Provincia, conseguenti al danno ambientale». Se, quindi, le azioni per il risarcimento del danno ambientale spettano solo al Ministero, altre e differenti azioni possono spettare agli enti o alle associazioni portatrici di interessi diffusi o collettivi. Le caratteristiche delle associazioni. Non tutte le associazioni possono essere legittimate all’esercizio dell’azione civile nel processo penale. Oltre alle formalità necessarie e richieste dalle norme ordinarie, esse devono dimostrare d’aver dato corso alla procedura prevista nell’articolo 13 della l. numero 349/86. Dunque, esse devono essere presenti in almeno cinque Regioni. Aver formulato le necessarie richieste al Ministero, aver agito con continuità e rilevanza esterna. Se in relazione ai primi due punti non pare che possano sussistere dubbi, certamente qualche difficoltà di interpretazione la recano le caratteristiche d’azione continua e rilevante dell’associazioni o dell’ente il cui apprezzamento, rebus sic stantibus , pare riservato ad insindacabile giudizio di merito del giudicante. Ciò che, invece, apre le porte ad una piuttosto complessa discussione, cui pare non sottrarsi neppure la Curia Novarese, è l’ultima delle condizioni previste dalla norma, ovvero l’esercizio delle azioni risarcitorie che esse possono esperire. Le azioni risarcitorie. Indubitabile e correttamente indicato come esse possano e debbano individuarsi quali riferibili al disposto dell’articolo 2043 c.c. e, quindi, si versi in ambito di responsabilità aquiliana. L’azione che ha causato il danno ingiusto è certamente identificabile con il reato contestato. Il danno arrecato deve essere individuato in un danno differente e diverso rispetto al danno ambientale. Gli interessi diffusi e collettivi sono rappresentati nel territorio dai Comuni e dalle Province soggetti sospesi tra la vita e la morte considerati ancora centro di imputazione di interesse ed enti od associazioni. È possibile, per esempio, che il danno alla salute o alla salubrità dell’ambiente o al paesaggio, interessi diffusi o collettivi astrattamente rilevabili in capo a Comune, Provincie ed associazioni, possa essere richiesto da tutti i soggetti ? Non si correrebbe il rischio di risarcire il medesimo danno agli stessi soggetti posto che essi altro non sono che la somma dei singoli portatori di interessi individuali divenuti collettivi ? Il cittadino che si associa non è il medesimo che costituisce popolazione del Comune, della Provincia e della Regione che il medesimo danno richiedono ? Se l’interesse è diffuso, non può dirsi che esso vada e debba essere tutelato, sotto il profilo risarcitorio, con unico risarcimento ? Proprio lo specifico riferimento alla disciplina ricostruita dal Tribunale di Novara, in tema di risarcimento del danno ambientale, apre il campo a questi interrogativi che, al momento, restano privi di risposta. Per ora. sotto a chi tocca.
Tribunale di Novara, sez. Penale, sentenza 21 gennaio 2016 Giudice Pironti Osserva 1 quanto alla asserita nullità del decreto che dispone il giudizio per indeterminatezza del fatto ex articolo 429 comma 1 lett. c Va osservato, in via generale, che nel decreto che dispone il giudizio l'imputazione deve contenere l'individuazione dei tratti essenziali del fatto di reato attribuito, dotati di adeguata specificità, in modo da consentire all'imputato di difendersi, mentre non è necessaria un'indicazione assolutamente dettagliata dell'imputazione. Sulla base di un orientamento giurisprudenziale ampiamente consolidato e risalente, inoltre, deve ritenersi sufficiente l'enunciazione del fatto in modo da consentire la difesa su ogni elemento di accusa, e può parlarsi di insufficiente indicazione solo quando non sia possibile collocare nel tempo e nello spazio l'episodio criminoso, mentre l'omissione è improduttiva di conseguenze giuridiche quando dagli altri elementi enunciati, e dai richiami contenuti nel decreto, ed eventualmente anche in altri provvedimenti, risultino chiari i profili fondamentali del fatto per il quale il giudizio è stato disposto. In altre parole, non sussiste alcuna incertezza sull'imputazione, quando il fatto sia contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa la contestazione, inoltre, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l'imputato in condizione di conoscere in modo ampio l'addebito si veda, da ultimo, Cass. Sez. 2, numero 36438/2015 si veda anche Cass. Sez. 3, numero 6102/2014 in tema di contestazione del reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti . Nel caso di specie, se pure strutturata in modo non del tutto lineare e di immediata leggibilità, l’imputazione contiene l’indicazione sia delle rispettive qualifiche degli imputati con riferimento all’attività imprenditoriale svolta, sia dei quantitativi di rifiuti pericolosi e non pericolosi oggetto del traffico contestato con relativa riferibilità ai singoli, sia, ancora, delle condotte dei trasportatori attenendo evidentemente al merito della causa stabilire, per rispondere ai rilievi difensivi, la qualifica come rifiuto delle “terre” di cui al punto A3 , ovvero il concorso di tutti i fratelli MORELLO tra loro e con il FANTINI. Va inoltre osservato, quanto alla specifica imputazione mossa al CESCO, che anche in questo caso essa contiene, pur se in modo sintetico, l’indicazione del ruolo dell’imputato con riferimento al traffico di rifiuti di cui al punto a , con indicazione, altresì, al punto A3 , dei rifiuti trattati. Seguendo la linea ermeneutica della Suprema Corte appena citata, va inoltre notato, con riferimento allo stesso CESCO, che la contestazione va letta unitamente agli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, ivi compreso l’allegato 8 alla nota del 25/1/12 della GDF di Novara, relativo alla ditta Borgotti Teresa srl. In tale contesto, le tavole allegate alla suddetta nota non devono pertanto ritenersi come parte integrante dell’imputazione, bensì come atto richiamato per meglio esplicitare la contestazione mossa a ciascun imputato. I profili essenziali del fatto contestato agli imputati risultano, conseguentemente, nella specie, di chiarezza tale da consentire loro di esercitare in modo pieno il diritto di difesa. 2 quanto alle eccezioni relative alle costituzioni di parte civile Partendo dalla richiesta di esclusione della parte civile Ministero dell’Ambiente, deve ricordarsi che la costituzione di parte civile per mezzo dell' Avvocatura dello Stato non richiede il conferimento di una procura da parte dell'Amministrazione rappresentata in giudizio, perché l' Avvocatura dello Stato deriva lo ius postulandi direttamente dalla legge, con l'ulteriore conseguenza che non è neppure onerata della produzione della documentazione attestante la volontà della stessa amministrazione di procedere giudizialmente cfr per tutte, Cass. Sez. 6, numero 5447/09 a mente dell’articolo 1 -Annesso A RD 1611/33, inoltre, gli Avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualità ai sensi dell’articolo 2, inoltre, per la rappresentanza delle amministrazioni dello Stato nei giudizi che si svolgono fuori dalla sede degli uffici dell’Avvocatura dello Stato, questa ha facoltà di delegare, in casi eccezionali, anche procuratori legali esercenti nel circondario ove si svolge il giudizio il che rende del tutto rituale la delega conferita all’avv. Edoardo Pozzi, rinnovata oralmente per l’udienza del 12/1/15. Ciò premesso, si osserva che, secondo la Suprema Corte, è ammissibile la costituzione di parte civile formalizzata facendo riferimento alla generalità degli imputati di uno specifico addebito, poiché anche in tal caso i destinatari dell'azione civile sono identificabili senza incertezze sulla base degli atti così, da ultimo, Cass. Sez. 2, numero 34147/15 risultando comunque nel caso di specie, i destinatari della richiesta risarcitoria, indicati nominativamente Si osserva, ancora, che l'esposizione delle ragioni che giustificano la domanda concerne unicamente la causa petendi, vale a dire il nesso tra le conseguenze pregiudizievoli per la parte offesa ed il reato, mentre il petitum è, di per sé, insito nella costituzione stessa, che nel caso concreto è conforme all'astratta previsione del risarcimento del danno Cass. Sez. 6, numero 32705/14 . Quanto alla richiesta di esclusione della Provincia di Novara e del Comune di Romentino, va premesso che gli enti esponenziali, pur avendo, ai sensi dell'articolo 91 c.p.p., la possibilità di essere presenti e partecipare al processo penale, possono tuttavia anche costituirsi parte civile qualora anche nei loro confronti si possa individuare la condizione di danneggiati dal reato. Fondamento della legittimazione processuale degli enti portatori di interessi diffusi o collettivi, infatti, è il diritto degli stessi alla tutela del loro patrimonio morale o al perseguimento dei loro scopi statutari in casi di tal genere, purché l'interesse azionato costituisca il patrimonio morale imprescindibile dell'ente, il reato ipotizzato, oltre a ledere naturalmente l'interesse tutelato in via diretta dalla norma penale, finisce con il produrre un danno dell'ente o dell'associazione che abbia fatto della tutela del medesimo interesse il proprio scopo esclusivo o prevalente. La lesione della posizione soggettiva legittimante la costituzione di parte civile nel giudizio penale può assumere, com’è noto, le manifestazioni più diverse, riconoscendo la giurisprudenza della Suprema Corte legitimatio ad causam ad enti ed associazioni in ipotesi, ad esempio, di lamentata lesione conseguente al discredito derivante alla sfera funzionale del soggetto collettivo dalla condotta illecita al pregiudizio conseguente alla frustrazione dello scopo dell’ente al danno all’ambiente nella dimensione privata e non pubblicistica facente capo al soggetto collettivo, per citare solo alcune delle ipotesi cui ha avuto riguardo la Suprema Corte. Per evidenziare la linea di discrimine tra le posizioni soggettive che consentono l’intervento degli enti collettivi ex articolo 91 ss c.p.p. e quelle che permettono l’esercizio dell’azione civile nel processo penale ex articolo 74 ss c.p.p., al fine della verifica della legittimazione ad agire, si deve avere riguardo alla prospettazione della titolarità in capo al soggetto collettivo di una posizione soggettiva meritevole di tutela giuridica e di un danno derivante in nesso eziologico dal reato. In particolare, un ente collettivo potrà agire in sede penale ogni volta che lamenti una lesione provocata, a seguito di un reato, ad un diritto proprio diritto alla salute, diritto all’ambiente salubre sotto il riflesso della tutela della salute e del paesaggio ecc. , costituzionalmente tutelato anche in capo alle formazioni sociali in forza dell’articolo 2 Cost Al riguardo, va anche brevemente ricordato che la disposizione di cui all’articolo 18 legge 349/86, ad eccezione del comma 5, è stata abrogata dall’articolo 311 del d. l.vo 152/2006, che ha conservato in capo allo Stato, per il tramite del Ministro dell’Ambiente, la legittimazione all’azione di risarcimento del danno ambientale tale norma non ha, peraltro, abrogato l’articolo 13 della citata legge, e la giurisprudenza della Suprema Corte, alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale, in specie con la sentenza numero 641/07, ha statuito che anche dopo l'entrata in vigore del d. l.vo numero 152/2006, ed in particolare degli articolo 300 e seguenti, tutti gli altri soggetti, singoli o associati, comprese le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, possono esercitare l'azione civile in sede penale ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ. solo per ottenere il risarcimento di un danno patrimoniale e non patrimoniale, ulteriore e concreto, conseguente alla lesione di altri loro diritti particolari diversi dall'interesse pubblico alla tutela dell'ambiente, pur se derivante dalla stessa condotta lesiva così Cass. Sez. 3, numero 24677 /2015 . La legittimazione viene, dunque, valutata alla luce della effettività del perseguimento dello scopo dell’ente collettivo, solo in tale ipotesi potendo il soggetto collettivo vantare una significativa posizione soggettiva legittimante l’azione ex articolo 2043 c.c. e 185 c.p. In altre parole, un soggetto può costituirsi parte civile non soltanto quando il danno riguardi un bene su cui egli vanti un diritto patrimoniale, ma più in generale quando il danno coincida con la lesione di un diritto soggettivo del soggetto stesso, come avviene nel caso in cui offeso sia l'interesse perseguito da un'associazione in riferimento a una situazione storicamente circostanziata, da essa associazione assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza ed azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell'ente a causa dell'immedesimazione fra il sodalizio e l’interesse perseguito. In tal caso, infatti, l'interesse storicizzato individua il sodalizio, con l'effetto che ogni attentato all'interesse in esso incarnatosi si configura come lesione del diritto di personalità o all'identità, che dir si voglia, del sodalizio stesso. Alla stregua di tale principio, deve quindi ritenersi che quando l'interesse diffuso alla tutela di un bene giuridico non è solo astrattamente configurato, ma si concretizza in una determinata realtà storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo diventando la ragione e, per ciò, elemento costitutivo di esso, è ammissibile la costituzione di parte civile di tale ente, sempre che dal reato sia derivata una lesione di un diritto soggettivo inerente allo scopo specifico perseguito così Sez. U, numero 38343/14 . Ciò premesso, si osserva che la Provincia di Novara lamenta il danno non patrimoniale derivante dalla frustrazione del diritto all’ambiente salubre sostanzialmente insanabile per le criticità dell’effettuazione della bonifica nonché dalla lesione dell’immagine e del prestigio connesso alla menomazione del rilievo istituzionale inerente l’affidamento dei compiti di controllo, tutela e gestione del territorio, oltre al danno diretto derivante dalle risorse materiali impiegate per gestire le criticità derivate all’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale. Quanto al Comune di Romentino, esso lamenta il deterioramento significativo e misurabile delle risorse naturali dell’Ente, ovvero la lesione dell’interesse all’assetto del territorio, valore diffuso e collettivo. Ne consegue che tali Enti non agiscono, come prospettato dalle difese, per lamentare un danno all'interesse pubblico alla tutela dell'ambiente, ma per ottenere il ristoro del danno patito dalla collettività con riferimento all’integrità del territorio, all’equilibrio dell’habitat naturale e alla salute, nonché della lesione del diritto dell’ente territoriale esponenziale alla propria identità culturale, politica ed economica. Quanto alla richiesta di esclusione della parte civile Fallimento Romentino Inerti srl, basterà osservare che, come evidenziato nell’atto di costituzione, l’area della cava di proprietà della società fallita, rientrante tra i beni dell’attivo patrimoniale, ha subito, in conseguenza dell’attività illecita un grave danno e che, ai sensi dell’articolo 245 dlgs 152/06, il curatore ha provveduto agli adempimenti di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale del sito, essendo prevedibile che il fallimento debba sostenere ingenti costi per poter vendere l’area e ricavare attivo con la precisazione che se i costi si rivelassero superiori al valore della cava, il danno per la curatela sarebbe rappresentato dall’azzeramento del suo valore. Il che conferma la piena legittimazione del Fallimento a costituirsi parte civile nel presente giudizio, attenendo tutte le altre doglianze difensive alla quantificazione del danno, giudizio di merito da operarsi evidentemente in esito al dibattimento. Quanto infine alla costituzione dell’Associazione La Torre Mattarella LTM , costituita il 18/2/2011, che ha una sezione in Romentino, si osserva che il suo statuto, all’articolo 3, prevede fra le finalità la tutela dei diritti di protezione, tutela e fruizione compatibile del territorio, nonché dei beni artistici culturali e ambientali. Si tratta dunque di un’associazione che trae dalla tutela del territorio una delle sue ragioni d’essere, come confermato dalla copiosa documentazione allegata all’atto di costituzione, dalla quale si evince l’attivazione del sodalizio, e il suo coinvolgimento da parte del Comune di Romentino, con riferimento alla denuncia della situazione delle cave ivi presenti si veda la lettera al Ministero dell’Ambiente del 29/8/11, relativa proprio alle attività estrattive della cava Marcoli . L’Associazione lamenta quindi il pregiudizio conseguente alla frustrazione di uno degli scopi perseguiti, il che comporta il riconoscimento in capo alla stessa di legitimatio ad causam. Quanto poi alla considerazione che LTM è stata costituita in epoca successiva a quella di commissione dei reati, va rilevato che alla disposizione di cui all’articolo 91 cpp deve attribuirsi l’evidente ratio di evitare la costituzione di enti o associazioni artatamente finalizzata all’esercizio dell’azione civile nel processo penale. Nel caso di specie, tuttavia, deve osservarsi, da un lato, come all’atto di costituzione dell’associazione l’esistenza di un procedimento penale doveva essere certamente ignota agli interessati e come, d’altro lato, l’attività di tale ente esponenziale deve ricollegarsi ad interessi tutela dell’ambiente, integrità del territorio che si assumono tuttora lesi dai reati in contestazione, non essendosi evidentemente il danno al territorio esaurito con la commissione dei reati per cui si procede. PQM Ammette la costituzione di parte civile dell’Associazione La Torre Mattarella. Respinge le ulteriori eccezioni e ordina procedersi oltre.