Omesso pagamento dei contributi: il datore deve versare anche la quota a carico del lavoratore

Nell’ipotesi patologica dell’omissione del pagamento dei contributi previdenziali o dell’adempimento tardivo, il datore di lavoro resta tenuto al pagamento dei contributi o delle parti di contributi non versate, tanto per la quota a proprio carico che per la quota a carico del lavoratore.

Lo ha confermato la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 18232, depositata il 17 settembre 2015. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. al fine di vedersi riconosciuto il diritto al rimborso della quota a carico del lavoratore dei contributi versati al Fondo Pensione FS in relazione ad un dipendente per il quale era stata accertata la nullità dell’appalto di manodopera ex articolo 1, l. numero 1369/1960 ed era stata disposta, per l’effetto, la costituzione ex lege di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’allora Ente Ferrovie dello Stato. I giudici di merito hanno escluso il diritto di rivalsa di Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. in forza dell’articolo 211, d.P.R. numero 1092/1973, di disciplina del Fondo Pensioni FS, non trattandosi di una disposizione idonea a derogare la previsione anteriore di cui all’articolo 23, l. numero 218/1952, in base alla quale il datore di lavoro che non provvede al pagamento dei contributi entro il termine stabilito o vi provvede in misura inferiore a quella dovuta è tenuto al pagamento dei contributi non versati tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a carico dei lavoratori. Interposizione fittizia di manodopera l’effettivo datore di lavoro deve pagare anche i contributi a carico del lavoratore. La pronuncia in commento ritiene che la decisione di merito sia esente da censure, avendo dato corretta applicazione alla disciplina vigente in tema di distribuzione dell’obbligo di contribuzione previdenziale nell’ipotesi di costituzione ex lege di rapporto di lavoro con interponente a norma dell’articolo 1, l. numero 1369/1960. Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il principio fissato dall’articolo 23, l. numero 218/1952, avendo carattere generale nell’ordinamento previdenziale, per essere espressione del principio di buona fede e correttezza nell’attuazione del contratto di lavoro, deve trovare applicazione ad un rapporto lavorativo ormai del tutto provvisto di connotati privatistici, non essendo neppure ravvisabile un contrasto tra siffatta interpretazione e l’articolo 2115 c. c Ed infatti, il combinato disposto degli articolo 19 e 23, l. numero 218/1952 delinea il regime giuridico di due distinte fattispecie, la prima delle quali ha ad oggetto l’ipotesi normale e fisiologica del pagamento della contribuzione alla scadenza del periodo di paga, mentre la seconda quella patologica dell’omissione del pagamento o dell’adempimento tardivo, facendone derivare conseguenze rilevanti in punto di responsabilità del datore di lavoro nella prima ipotesi, la legge garantisce al datore di lavoro operante come mero adiectus solutionis causa nei confronti dell’ente creditore il diritto a trattenere «il contributo a carico del lavoratore . sulla retribuzione corrisposta . alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce», laddove, nella seconda, il datore di lavoro resta «tenuto al pagamento dei contributi o delle parti di contributi non versate, tanto per la quota a proprio carico che per la quota a carico del lavoratore» cfr. Cass., numero 6848/2009 . La concentrazione del debito contributivo non è una pena privata, ma la conseguenza di un inadempimento colpevole. Tale interpretazione è coerente con la ratio sottesa alla disciplina in questione, che è appunto quella di evitare che, in conseguenza dell’inadempimento del datore di lavoro, venga riversato sul lavoratore il pagamento delle somme arretrate, il cui livello si accresce per il tempo dell’inadempimento, assumendo proporzioni apprezzabili e direttamente proporzionali al perdurare dell’inadempimento del soggetto obbligato cfr. Cass., numero 5916/1998 . La Suprema Corte precisa, altresì, che, a fronte di un comportamento antigiuridico del datore di lavoro che ometta o ritardi il pagamento dei contributi , deve essere riconosciuta la possibilità per lo stesso di dimostrare l’impossibilità di adempiere la prestazione dovuta per causa non imputabile cfr. Cass. numero 5916/1998 Cass. numero 4399/1988 , senza nemmeno la necessità di configurare nella concentrazione del debito contributivo una pena privata, secondo una prospettiva eccedente la struttura della fattispecie, nella quale rileva essenzialmente un inadempimento colpevole, valutabile secondo i rimedi comuni cfr. Cass., numero 14631/2013, numero 15004/2013 e numero 15070/2013 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 giugno – 17 settembre 2015, numero 18232 Presidente Macioce – Relatore Patti Svolgimento del processo Con sentenza 4 novembre 2008, La Corte d'appello di Firenze rigettava l'appello di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato su domanda di W.S., già dipendente di Bucalossi Walton & amp Figli s.p.a. ed in riferimento al quale era stata accertata, con sentenze delle Corti fiorentine in giudicato, la nullità per illiceità dell'appalto ai sensi dell'articolo 1 1. 1369/1960 e la costituzione ex lege di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell'allora Ente Ferrovie dello Stato dal 5 febbraio 1988, con sua condanna al pagamento, a titolo retributivo, della somma complessiva di £ 99.305.845 in favore del primo, quindi condannato alla sua restituzione in esito a giudizio di revocazione l'inesistenza del diritto della società datrice al rimborso della quota a carico del lavoratore dei contributi versati al Fondo Pensione FS definitivamente liquidati in € 4.856,21 . A motivo della decisione, la Corte territoriale ribadiva l'esclusione del diritto di rivalsa di R.F.I. s.p.a. sulla base dell'articolo 211 d.p.r. 1092/1973, di disciplina del Fondo Pensioni FS, non derogante, in quanto neppure disposizione speciale, a quella generale anteriore dell'articolo 23 1. 218/1952, di posizione a carico datoriale, se l'omissione non dipendente da una sua impossibilità oggettiva, anche della contribuzione gravante sul lavoratore neppure potendosi applicare il principio previsto dall'articolo 2115 c.c., relativo all'ipotesi fisiologica di anticipazione datoriale del contributo del lavoratore. Ed essa negava ancora la necessità di chiamata in causa dell'Inps, non autorizzata dal primo giudice, in quanto privo della qualità di litisconsorte necessario, né ravvisatine i presupposti ai sensi degli articolo 106 o 103 c.p.c., pure insindacabili in appello. Con atto notificato il 7 aprile 2009, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ricorre per cassazione con due motivi, cui resiste W.S. con controricorso e memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione Il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata. Con il primo motivo, la ricorrente deduce vizio di insufficiente motivazione in riferimento all'applicazione degli articolo 23 1. 218/1952, 211 d.p.r. 1092/1973 e 25 1. 42/1979, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c., per la concentrazione essenziale della Corte territoriale sulla natura di norma generale dell'articolo 23 1. 218/1952, senza alcuna indagine sulla legislazione speciale previdenziale dei ferrovieri e segnatamente dell'articolo 25 1. 42/1979. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 23 1. 218/1952, 211 d.p.r. 1092/1973 e 25 1. 42/1979, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., per esclusione del carattere generale del principio contenuto nella prima norma denunciata, applicabile unicamente ai settori non regolati da altro regime contributivo e previdenziale particolare, dovendosi poi ritenere nei rapporti lavorativi interessati, come quello di specie, da novazione soggettiva a norma dell'articolo 1 1. 1369/1960 per accertamento di intermediazione illecita, l'utile versamento dei contributi dalle aziende appaltatrici interposte , satisfattivo ad ogni effetto degli obblighi contributivi sopravvenuti in capo all'appaltante interponente , non configurandosi un'omissione contributiva ai sensi dell'articolo 23 1. 218/1952 tenuto infine conto della specialità ed autonomia del regime previdenziale dei ferrovieri, come regolato dal d.p.r. 1092/1979 e dalla 1. 42/1979, assolutamente esaustivo e non derogabile nel principio di distribuzione dell'onere contributivo, cui in ogni caso concorrente anche il lavoratore. I due motivi, rispettivamente relativi ad insufficiente motivazione per concentrazione essenziale della Corte territoriale sulla natura di norma generale dell'articolo 23 1. 218/1952 ed a violazione e falsa applicazione degli arti. 23 1. 218/1952, 211 d.p.r. 1092/1973 e 25 1.42/1979, per esclusione del carattere generale del principio contenuto nella prima norma denunciata, applicabile unicamente ai settori non regolati da altro regime contributivo e previdenziale particolare, possono essere congiuntamente esaminati per la loro stretta connessione. Essi sono infondati. La Corte territoriale ha, infatti, correttamente applicato la normativa denunciata ed illustrato il proprio convincimento alla base del ragionamento decisorio con argomentazione congrua ed esauriente, esente da vizi logici e giuridici a pgg. da 3 a 5 della sentenza , in aderenza alla peculiarità della fattispecie di distribuzione dell'obbligo di contribuzione previdenziale nell'ipotesi di costituzione ex lege di rapporto di lavoro con interponente per nullità a norma dell'articolo 11. 1639/1960. Secondo l'insegnamento consolidato di questa Corte, cui va data continuità in assenza di censure che già non abbiano ricevuto argomentata e persuasiva risposta, nel contesto normativo denunciato, il principio fissato dall'articolo 23 1. 218/1952, avendo carattere generale nell'ordinamento previdenziale, per essere espressione del principio di buona fede e correttezza nell'attuazione del contratto di lavoro, deve trovare applicazione ad un rapporto lavorativo ormai del tutto provvisto di connotati privatistici neppure essendo ravvisabile un contrasto tra siffatta interpretazione e l'articolo 2115 c.c. Ed infatti, come puntualizzato da questa Corte in analoghe occasioni cfr. Cass. numero 6848/2009 , il combinato disposto degli arti. 19 e 23 1. 218/1952 delinea il regime giuridico di due distinte fattispecie, la prima delle quali ha ad oggetto l'ipotesi normale e fisiologica del pagamento della contribuzione alla scadenza del periodo di paga, mentre la seconda quella patologica dell'omissione del pagamento o dell'adempimento tardivo, facendone derivare conseguenze rilevanti in punto di responsabilità del datore di lavoro nella prima ipotesi, la legge garantisce al datore di lavoro operante come mero adiectus solutionis causa nei confronti dell'ente creditore il diritto a trattenere il contributo a carico del lavoratore sulla retribuzione corrisposta alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce , laddove, nella seconda, il datore di lavoro resta tenuto al pagamento dei contributi o delle parti di contributi non versate, tanto per la quota a proprio carico che per la quota a carico del lavoratore . La concentrazione in via definitiva del debito contributivo in capo al datore di lavoro secondo un principio acquisito nella legislazione previdenziale già con l'articolo 111 r.d.l. 1827/1935, in materia di assicurazioni obbligatorie appare l'evidente elemento distintivo delle situazioni tipizzate dal legislatore attraverso disposizioni che risulterebbero prive di alcuna concreta utilità normativa ove l'articolo 23 si limitasse a confermare quanto già previsto nell'articolo 19, trascurando che esso qualifica il datore di lavoro come responsabile del pagamento dei contributi, contestualmente regolando il diritto di ritenzione a favore dello stesso, laddove l'articolo 23 prevede che il datore di lavoro è tenuto al pagamento per l'intero, senza null'altro aggiungere. Così realizzandosi una coerente simmetria tra diversità di presupposti e diversità di effetti, che rende ragione della distinta individualità delle previsioni normative in relazione all'imputabilità o antigiuridicità del comportamento del datore di lavoro, che ne costituisce la ratio giustificatrice. E tanto più se si considera che l'azione di rivalsa si inserisce, comunque, nell'ambito del sistema previdenziale, restando qualificata dai suoi fini e dai suoi scopi di tutela, per cui non si vede come, in virtù di una asserita prevalenza della norma civilistica, si possano escludere effetti come la concentrazione del debito contributivo rispetto ai quali la norma speciale, alla prima pari ordinata, è sicuramente abilitata. E ciò al fine di evitare per come correttamente avverte Cass. numero 5916/1998 che, in conseguenza dell'inadempimento del datore di lavoro, venga riversato sul lavoratore il pagamento delle somme arretrate, il cui livello si accresce per il tempo dell'inadempimento, assumendo proporzioni apprezzabili e direttamente proporzionali al perdurare dell'inadempimento del soggetto obbligato. Infine, ribadendosi come, a fronte di un comportamento antigiuridico del datore di lavoro che ometta o ritardi il pagamento dei contributi , vada riconosciuta la possibilità per lo stesso di dimostrare l'impossibilità di adempiere la prestazione dovuta per causa non imputabile cfr. Cass. numero 5916/1998 Cass. numero 4399/1988 , senza nemmeno la necessità di configurare nella concentrazione del debito contributivo una pena privata così Cass. numero 8800/2008 , secondo una prospettiva in realtà eccedente la struttura della fattispecie, nella quale rileva essenzialmente un inadempimento colpevole, valutabile secondo i rimedi comuni Cass. 11 giugno 2013, numero 14631 Cass. 14 giugno 2013, numero 15004 Cass. 17 giugno 2013, numero 15070 Cass. 17 giugno 2013, numero 15071 Cass. 25 giugno 2013, numero 15924 . Sicchè, alla luce dei superiori principi di diritto confermati, nella diversità da quella in esame delle ipotesi di prestazioni lavorative rese dal personale ferroviario alle dipendenze di imprese esercenti appalti di fornitura di mano d'opera all'azienda autonoma delle ferrovie dello stato, e pertanto lecito articolo 25, primo, secondo e terzo comma 1. 42/1979 e dai cottimisti articolo 25, quarto e quinto comma 1. cit. , infondatamente invocate in via di assimilazione comparativa dalla società ricorrente, discende coerente il rigetto del ricorso, con regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. alla rifusione, in favore dei controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 2.000,00 per compenso professionale, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.