Legittima la pretesa avanzata dalla madre. Evidenti le ripercussioni negative provocate dall’errore compiuto dal medico. Il ragazzo per due anni ha considerato il padre un uomo con cui non aveva alcun legame di sangue, come certificato da un secondo test del Dna.
Disattenzione gravissima, quella compiuta da un medico nell’effettuazione di un test del Dna relativo a una procedura di “riconoscimento di paternità”. Così, per anni, un ragazzo ha erroneamente considerato come padre biologico un uomo che aveva semplicemente avuto una relazione con sua madre. Solo un secondo test del Dna ha consentito di scoprire la verità, rompendo il legame tra l’uomo e il ragazzo, che per la vicissitudine subita ha diritto a un corposo risarcimento da parte del medico e della struttura ospedaliera Cassazione, ordinanza numero 20835, sezione terza civile, depositata oggi . Perdita. Ricostruita l’assurda vicenda, i Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, hanno ritenuto legittima la «richiesta di risarcimento» presentata dalla madre del ragazzo. Evidenti le ripercussioni negative provocate dalla disattenzione del medico nell’effettuazione del test del Dna, che aveva identificato erroneamente il padre biologico del ragazzo. In primo grado il risarcimento è stato fissato in 36mila e 808 euro. La cifra è stata poi portata a 47mila euro in secondo grado. Nonostante ciò, però, la donna ha deciso di presentare ricorso in Cassazione, chiedendo anche il riconoscimento del «danno subito dal figlio» e costituito dalla «perdita del rapporto parentale», perdita arrivata in maniera brusca in occasione dell’effettuazione del secondo test del Dna, che ha finalmente dato l’esito corretto. Su questo fronte i giudici del Palazzaccio respingono l’ipotesi di un aumento della cifra fissata in Appello. Allo stesso tempo, però, essi aggiungono che i 47mila euro includono anche il «danno da perdita di rapporto parentale», contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di secondo grado. In particolare, i magistrati della Cassazione chiariscono che «il danno conseguente alla lesione del rapporto parentale e non soltanto alla sua perdita deve essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con la persona danneggiata analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nella persona danneggiata quel sentimento di protezione e di sicurezza insito», come in questa vicenda, «nel rapporto padre-figlio».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 7 febbraio – 21 agosto 2018, numero 20835 Presidente Travaglino – Relatore Armano Fatti di causa As. Ci., in proprio e quale genitore esercente la potestà sul figlio minore Mi. Ci., ha citato in giudizio davanti al Tribunale di Como l'Azienda Ospedaliera Sant'Anna di Como ed il medico Ri. Li., per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti in proprio e dal figlio a seguito di errata esecuzione dell'esame del DNA del bambino, ai fini del riconoscimento della paternità, che in base ad un primo esame di DNA, eseguito in data 6-2-2001, aveva accertato che il padre era tale Si. Ga., con cui ella aveva intrattenuto una relazione dal 1993 al 1998, mentre, in seguito ad un nuovo esame di DNA eseguito in data 28-3-2003 , era stato accertato che quest'ultimo non era il padre. L'Azienda Ospedaliera Sant'Anna di Como ed il medico Ri. Li., nel costituirsi, chiesero il rigetto della domanda. Il Li. chiese altresì di chiamare in causa le società assicuratrici dell'Ospedale Sant'Anna e dei suoi medici. Autorizzata la chiamata in causa, si costituirono la UGF Assicurazioni, ora Unipol Assicurazioni, l'Ina Assitalia S.p.A. e la nuova Tirrena Assicurazioni, che negarono la propria legittimazione passiva. Intervenne volontariamente nel giudizio Le assicurazioni Generali S.p.A., mentre la Allianz S.p.A. rimase contumace. Il Tribunale di Como ha accolto la domanda e condannato il medico e l'azienda ospedaliera Sant'Anna a pagare in solido tra loro in favore di As. Ci., in proprio e quale genitore esercente la potestà sul figlio minore Mi., la somma complessiva di Euro 36.808,00 per danno non patrimoniale da lesione di integrità psico -fisica nella misura dell'11% per il minore e del 5% per la madre, espressamente rigettando il risarcimento del danno da perdita di rapporto parentale in mancanza di prova che si fosse instaurato un vero e proprio rapporto parentale tra il minore ed il Ga. ha condannato inoltre le compagnie assicuratrici UGF Assicurazioni ora Unipol Assicurazioni, l'Allianz e Le Assicurazioni Generali S.p.A. a manlevare Ri. Li. da quanto sarà tenuto a pagare in forza della sentenza. La sentenza è stata appellata da As. Ci., in proprio e nella qualità, dall'Azienda Ospedaliera Sant'Anna e da UGF Assicurazioni, ora Unipol Assicurazioni, da Ina Assitalia e da Le Assicurazioni Generali s.p.a Non si sono costituiti il dottor Ri. Li. e la società Allianz. La Corte d'appello ha accolto in parte l'impugnazione principale della Ci., aumentando l'entità del danno non patrimoniale subito dal solo bambino a complessivi Euro 47.000,00 ha rigettato le domande proposte dalla Ci. nei confronti dell'Ina e di Groupama, avendo la prima incontestabilmente trasferito il suo portafoglio alle Assicurazioni Generali già nel 2000 e l'altra non era più assicuratrice dell'Ospedale fin dall'agosto 2000 ha posto le spese del giudizio a carico in solido dell'Azienda Ospedaliera e delle Assicurazioni Generali. Avverso detta sentenza propone ricorso la Ci. in qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore con due motivi, illustrati da successiva memoria. Resiste con controricorso l'Unipol Sai Assicurazioni S.p.A., già UGF Assicurazioni. Gli altri intimati non si sono difesi. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione dell'articolo 1218 c.c. ex articolo 360 numero 3 c.p.c. Si contesta la motivazione della Corte d'appello che, pur avendo accertata l'esistenza di un legame affettivo da parte del bambino nei confronti del Ga. e dei nonni , ha affermato che non poteva essere liquidato il danno da perdita di rapporto parentale tra il bambino ed il presunto padre per la ragione che %& lt %& lt il ancora= ci.= congiunto= di= era= essere= mi.= non= padre= prossimo= risultato= & gt & gt , liquidando in aumento il danno morale e non il danno da perdita dal legame parentale. La ricorrente denunzia motivazione illogica e perplessa che ha portato la Corte d'appello ad ancorare il danno non patrimoniale, nella sua componente morale ed esistenziale, unicamente al danno biologico riscontrato dal c.t.u. nella misura dell'11% nell'aver utilizzato le tabelle per il risarcimento del danno adottate presso il Tribunale di Milano, senza riconoscere al danno da perdita del rapporto parentale come autonoma voce risarcitoria, con congrua ed equa valorizzazione per non essersi discostata dalla massima personalizzazione del danno consentito da tali tabelle per non aver riconosciuto il danno da lesione del rapporto parentale in mancanza di vincolo naturale tra i due, o di paternità o comunque di altra parentela, essendo il presunto padre ancora vivente. Inoltre la ricorrente contesta la personalizzazione del danno nella sola misura del 48% del valore tabellare di riferimento. 2. Con il secondo motivo si denunzia, ex articolo 360 numero 5 c.p.c, motivazione illogica, perplessa e apparente in ordine un punto decisivo della controversia, individuato nella circostanza che la Corte avrebbe, da un canto, affermato l'esistenza d'un danno da perdita di rapporto parentale, ma contemporaneamente ne ha negato la risarcibilità per la mancanza di rapporto di parentela naturale con la figura del presunto padre. 3. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, attesane la intrinseca connessione, sono infondati. Va premesso che, sul piano del diritto positivo, l'ordinamento riconosce e disciplina soltanto le fattispecie di danno patrimoniale, nelle forme del danno emergente e lucro cessante ex articolo 1223 c.c., e di danno non patrimoniale ex articolo 2059 c.c. e 185 cp. La natura unitaria e onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo l'insegnamento della Corte Costituzionale e delle Sezioni Unite di questa Corte Cost. 233/2003 e Cass. S.U. numero 26972/2008 , deve essere interpretata rispettivamente nel senso di unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica e come obbligo per il giudice di merito di tenere conto ai fini risarcitori di tutte le conseguenze modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato derivanti dall'evento danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitone attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, procedendo, in sede di compiuta, approfondita ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto della vicenda di danno, all'uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni. 4. Nel procedere all'accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito, alla luce del recente insegnamento della Corte Costituzionale sentenza numero 235 del 20014 e del recente intervento del legislatore articolo 138 e 139 C.d.A., come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la concorrenza del 2 agosto 2017 , deve congiuntamente, ma distintamente valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale e cioè tanto l'aspetto interiore del danno sofferto - i.e. il danno morale - quanto quello, testualmente definito in sede legislativa come dinamico-relazionale, che incide sulla vita di relazione del soggetto in tali termini dovendo essere rettamente inteso il sintagma danno esistenziale . 5. Nella valutazione del danno alla salute il giudice, al di là della terminologia definitoria da tempo adottata dal legislatore danno cosiddetto biologico , dovrà valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale, che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con se stesso, quanto quelle incidenti sul piano dinamico relazionale della sua vita, che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna con tutto ciò che in altri termini costituisce altro da sé . 6. Costituisce pertanto duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno cosiddetto esistenziale, appartenendo tali categorie di danno alla stessa area protetto dalla norma costituzionale, mentre una differente autonoma valutazione andrà compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come confermato dalla nuova formulazione dell'articolo 138 C.d.A., lett. e . 7. In assenza di lesione della salute, ogni vulnus arrecato ad un altro valore o interesse costituzionalmente tutelato così, testualmente, Corte cost. 233/2003 andrà specularmente valutato e accertato all'esito di compiuta istruttoria, ed in assenza di qualsiasi automatismo, sotto il medesimo e duplice aspetto della sofferenza morale e della alterazione delle attività dinamico relazionale precedentemente esplicate dal soggetto danneggiato in tal senso, espressamente, già Cass. S.U numero 6572 del 2006 più di recente, funditus, Cass. 901/2018 e 7513/2018 . 8. La liquidazione unitaria di tale danno, non diversamente da quella prevista per il danno patrimoniale che tiene a sua volta conto del duplice aspetto risarcitone costituito dal danno emergente e dal lucro cessante , avrà pertanto il significato di attribuire al soggetto una somma di denaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito tanto sotto l'aspetto della sofferenza interiore quanto sotto il profilo dell'alterazione/modificazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche. 9. La Corte d'appello ha effettuato una liquidazione del danno non patrimoniale subito dal minore a seguito dell'errore del primo test del DNA, che lo ha indotto a ritenere che il proprio padre fosse il Ga. e ad intrattenere con costui per alcuni anni una relazione di tipo parentale, nella entità di Euro 47.000,00, in linea con tali principi. Deve peraltro correggersi, ex articolo 384 4.comma c.p.c, la motivazione della sentenza di appello nella parte in cui ha erroneamente ritenuto che il danno da perdita del rapporto parentale sia configurabile solo nel caso di morte di un prossimo congiunto, e che quindi, nel caso concreto, tale voce di danno non fosse risarcibile, non per mancanza di prova di un'intensa relazione interpersonale tra il Ga. ed il bambino, ma per l'assorbente e preliminare ragione che Ga., ancora vivente, non era risultato essere né padre né prossimo congiunto. 10. Questa Corte ha più volte affermato, per converso, che il danno conseguente alla lesione del rapporto parentale e non soltanto alla sua perdita deve essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini ,e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito, riferendosi alla presente fattispecie, nel rapporto padre figlio. Il danno deve, in particolare, essere riconosciuto in relazione a qualsiasi causa interrompa questo rapporto, che non deve essere necessariamente la morte del padre. Di conseguenza, deve correggersi la motivazione nel senso che il danno da perdita del rapporto parentale spetta quando vi sia la rottura di tale rapporto anche con un soggetto non consanguineo, ma che rappresenti per il danneggiato la identica figura del padre, e che la lesione del rapporto parentale può essere determinata anche da un evento diverso dalla morte. Nella specie, peraltro, l'errore in iure così compiuto non ha impedito alla Corte d'appello, nella sostanza, di tenere rettamente conto del danno subito dal bambino per la perdita del rapporto con il presunto padre, aumentando l'importo del risarcimento dovuto a 47.000,00 Euro e personalizzando la misura dell'11% del danno all'integrità psico fisica accertato dal primo giudice tenendo conto delle tabelle milanesi. Di conseguenza, con pronuncia conforme a diritto nella sua parte dispositiva, ha liquidato in aumento il danno subito da Mi. Ci., unitariamente considerato , con una somma idonea a risarcire anche tale profilo del danno non patrimoniale. 11. L'ulteriore censura di vizio di motivazione è poi contenuta in tutti e due motivi di ricorso nel primo motivo non espressamente denunziata nella rubrica, ma nella sostanza sviluppata nel corpo della doglianza, nel secondo espressamente formulata con la censura ex articolo 360 numero 5. 12. I detti profili di censura, con cui si deduce motivazione perplessa e contraddittoria in ordine al mancato riconoscimento del danno da lesione da perdita del rapporto parentale, sono inammissibili perché formulati non rispettando il modello legale di vizio di motivazione oggi denunciarle in sede di legittimità, ma anche alla luce della correzione della motivazione di cui al primo motivo di ricorso. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato. Si compensano le spese in considerazione della particolarità della materia trattata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso .Compensa le spese del giudizio. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.