Sentenza di patteggiamento in materia di droghe leggere, pena illegale e incidente di esecuzione

Rimandando ad una più accurata riflessione le rilevanti implicazioni sistematiche rivenienti dalla sentenza Sez. Un. n. 37107/15, ci si limiterà, in questa sede, ad alcune riflessioni a voce alta” su un tema non espressamente affrontato nel richiamato arresto del giudice nomofilattico, ma pregno di rilevanza per rendere concretamente operativo” il decisum ivi condensato.

Conviene brevemente ricordare che la Suprema Corte, con la suddetta pronuncia, ha affermato, tra l’altro, che la pena applicata con la sentenza di patteggiamento, avente ad oggetto uno o più delitti previsti dall'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 - relativi alle droghe c.d. leggere - e divenuta irrevocabile prima della sentenza n. 32/14 della Corte Costituzionale , può essere rideterminata in sede di esecuzione in quanto pena illegale la rideterminazione avviene ad iniziativa delle parti, con le modalità di cui al procedimento previsto dall'art. 188 disp. att. c.p.p., sottoponendo al giudice dell'esecuzione una nuova pena su cui è stato raggiunto l'accordo. In caso di mancato accordo o di pena concordata ritenuta non congrua il giudice dell'esecuzione provvede autonomamente alla rideterminazione della pena ai sensi degli artt. 132 e 133 c.p La necessità, quantomeno in prima battuta, di una riedizione” dell’accordo delle parti pone due interrogativi se, da un lato, sia necessario il conferimento al difensore di una nuova procura speciale dovendosi rinnovare l’accordo delle parti e, in caso affermativo, quali scenari si aprano ove ciò non avvenga. Nuova procura speciale. Alla prima domanda dovrebbe fornirsi risposta affermativa a parere di chi scrive, per almeno tre distinti ordini di ragioni. Anzitutto, ad imporlo sono i principi generali affermati dalla giurisprudenza di legittimità il rapporto assistito-difensore, instaurato per effetto del conferimento del mandato difensivo nel giudizio di merito, è eliso, infatti, dal sopraggiungere del giudicato. D’altronde, la Suprema Corte, proprio con riferimento all’incidente di esecuzione, ha affermato che la nomina del difensore di fiducia effettuata per il giudizio di cognizione non è efficace per la fase esecutiva salvo che per la specifica ipotesi della sospensione dell'esecuzione con termine, per la presentazione di istanza finalizzata alla concessione di misure alternative alla detenzione, prevista dall'art. 656, comma 5, c.p.p. cfr. Cass pen., Sez. I, 04/05/2017, dep. 10/05/2017, n. 22945 Cassazione penale, sez. III, 23/01/2003, n. 9890 . In secondo luogo, è ben possibile che l’incidente di esecuzione sia proposto da difensore diverso da quello nominato nel corso del giudizio conclusosi con la sentenza passata in giudicato, all’uopo munito di mandato difensivo ma non di procura speciale . Infine, nulla esclude che a chiedere la revisione” della pena illegale sia proprio la pubblica accusa nel qual caso, in ossequio a quanto detto sopra, occorrerebbe nominare un difensore d’ufficio al prevenuto, essendo cessato l’originario rapporto difensore-assistito . Più complessa la risposta al secondo dei quesiti proposti. Le soluzioni astrattamente ipotizzabili sono tre. Potrebbe ipotizzarsi l’ultrattività della procura speciale illo tempore conferita ma, per le ragioni innanzi enucleate, detta soluzione non convince se cessa l’incarico professionale, non si vede come si possa ritenere la perduranza della procura speciale conferita ai fini del prescelto rito alternativo nel corso del processo ormai definito con sentenza passata in giudicato. Peraltro, tale soluzione lascia irrisolto il problema nell’ipotesi in cui l’incidente di esecuzione sia proposto da difensore diverso da quello della fase di cognizione, munito di mandato professionale, ma non anche di procura speciale, oltre che nel caso in cui esso sia proposto dalla pubblica accusa. A ben vedere, l’unico modo per percorrere una siffatta soluzione o meglio, per superare il problema della necessità di una procura speciale sarebbe quello di ritenere che il mandato professionale conferito dall’imputato per la proposizione di tale speciale” incidente di esecuzione ricomprenda in sé senz’altro anche la procura a rinegoziare” la pena ciò in quanto l’incarico conferito è preordinato proprio alla rideterminazione della pena per il tramite di una riedizione dell’accordo”. Altra via per convalidare detta soluzione sarebbe quella di valorizzare al massimo grado un passaggio dell’iter motivazionale delle citate SS.UU., ove testualmente si afferma che l’illegalità della pena applicata” per effetto della pronuncia di incostituzionalità determina che, in siffatta ipotesi, il giudicato, da una parte, deve essere mantenuto , quanto ai profili relativi alla sussistenza del fatto, alla sua attribuzione soggettiva e alla sua qualificazione giuridica, ma, dall'altra, deve essere riconformato , quanto ai profili sanzionatori []. Dalla flessibilizzazione del giudicato registrata nella fase esecutiva, sembra emergere una duplice dimensione del giudicato penale la prima relativa all'accertamento del fatto, realmente intangibile, non essendo consentita, al di fuori delle speciali ipotesi rescissorie, una rivalutazione del fatto oggetto del giudizio, e tendenzialmente posta a garanzia del reo presunzione di innocenza e divieto di bis in idem la seconda relativa alla determinazione della pena, che, sprovvista di reale copertura costituzionale o convenzionale , appare maggiormente permeabile alle sollecitazioni provenienti ab extra rispetto alla res iudicata . Sembrerebbe, dunque, che i profili sanzionatori sarebbero insuscettibili di essere irreversibilmente coperti dal giudicato e, dunque, la ultrattività della procura speciale e, più in generale, del mandato professionale illo tempore conferito discenderebbe dai principi generali innanzi richiamati. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di assegnare al difensore - che non ne sia munito - un termine per ottenere il conferimento della procura speciale ove ciò non avvenga, il ricorso per incidente di esecuzione dovrà ritenersi improcedibile per difetto di una indefettibile precondizione per la rinnovazione dell’accordo salva la possibilità di riproporlo da parte di difensore successivamente munito di procura speciale . Altra soluzione potrebbe ancorarsi ad una lettura estensiva della pronuncia della Suprema Corte innanzi citata, la quale, nell’ammettere l’applicazione analogica dell’art. 188 disp. att. c.p.p al caso di specie, ha affermato che la rideterminazione avviene ad iniziativa delle parti, con le modalità di cui al procedimento previsto dall'art. 188 disp. att. c.p.p., sottoponendo al giudice dell'esecuzione una nuova pena su cui è stato raggiunto l'accordo. In caso di mancato accordo o di pena concordata ritenuta non congrua il giudice dell'esecuzione provvede autonomamente alla rideterminazione della pena ai sensi degli artt. 132 e 133 c.p. . Dalla lettura attenta dell’iter motivazionale sembrerebbe, dunque, che la Corte di Cassazione abbia inteso riferirsi, per legittimare una determinazione autonoma della pena da parte del giudice dell’esecuzione, al caso in cui le parti non siano riuscite a raggiungere un rinnovato accordo sulla nuova pena” da applicarsi o detto nuovo accordo contempli una pena ritenuta incongrua dal giudice. In altri termini, l’intervento postumo ed autonomo” del giudice scaturirebbe da un incidente di percorso” riveniente o dalla non condivisione, da parte della pubblica accusa e della difesa, della pena da applicarsi in concreto per effetto della riperimetrazione della cornice edittale all’esito della citata declaratoria di incostituzionalità oppure da una valutazione di non congruità di quella dedotta nel nuovo accordo da parte del giudice. Non parrebbe, quindi, che la Suprema Corte abbia inteso riferirsi anche alla ben diversa ipotesi in cui difetti, ex ante , una condicio sine qua non per la riedizione dell’accordo la procura speciale . In conclusione, ove si ritenga di non poter percorrere le altre due soluzioni innanzi prospettate, il problema dell’assenza della procura speciale in capo al difensore potrebbe essere risolto, in attesa che la giurisprudenza faccia definitivamente chiarezza, mediante una lettura analogica” di detta pronuncia, ammettendo la possibilità di una determinazione autonoma della pena da parte del giudice dell’esecuzione anche in quei casi in cui la riedizione dell’accordo sia resa impossibile da una condotta poco solerte del prevenuto che abbia mancato di conferire al difensore i poteri necessari per la rinegoziazione della pena.