L’azione esercitata sulla psiche dall’alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato non impedisce di accertare il dolo diretto per la cui esistenza non è richiesta un’analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto.
Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 27576, depositata il 25 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello de L’Aquila condannava un uomo per aver usato violenza e minacciato degli agenti di polizia, per averli costretti ad omettere atti del loro ufficio ed aver cagionato delle lesioni personali a due di loro. Secondo i giudici di merito, l’accertato stato di ubriachezza non era idoneo ad escludere la consapevolezza che il prevenuto aveva avuto alla consumazione di quegli illeciti. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando l’assenza del dolo necessario per la configurabilità dei reati. La situazione di perturbamento psichico lo avrebbe condotto ad agire senza volere. Effetti deleteri, ma non scusano. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’azione esercitata sulla psiche dall’alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato non impedisce di accertare il dolo diretto per la cui esistenza non è richiesta un’analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto. Nel caso di specie, quindi, correttamente la Corte d’appello aveva escluso che lo stato di ubriachezza in cui si trovava l’imputato al momento della commissione dei reati avesse precluso la sua imputabilità, avendo egli, peraltro, ammesso di essere consapevole delle proprie azioni nella successiva fase di interrogatorio, scusandosi anche delle proprie iniziative. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 – 25 giugno 2014, numero 27576 Presidente Di Virginio – Relatore Aprile Ritenuto in fatto e Considerato in diritto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello dell'Aquila confermava la pronuncia di primo grado del 02/02/2011 con la quale il Tribunale di Teramo aveva condannato M.V.P. alla pena di giustizia in relazione ai reati di cui agli articolo 337, 582, 585, 576, 61 numero 2 e 10 cod. penumero , in Tortoreto il 20/08/2010, usato violenza e minacciato gli agenti di polizia, per costringerli ad omettere atti del loro ufficio agenti che erano intervenuti per evitare che il P., in evidente stato di ubriachezza, continuasse ad importunare i villeggianti che si trovavano in uno stabilimento balneare , e per avere cagionato lesioni personali a due di quegli agenti. Rilevava la Corte territoriale come gli elementi di prova acquisiti avessero dimostrato la colpevolezza dell'imputato in ordine ad entrambi i reati contestatigli e come l'accertato stato di ubriachezza non fosse idoneo ad escludere la consapevolezza che il prevenuto aveva avuto al momento della consumazione di quegli illeciti. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il P., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. A.F., il quale ha dedotto il vizio di motivazione, per illogicità e contraddittorietà, per avere la Corte di appello ingiustificatamente escluso che l'imputato avesse agito in assenza del dolo necessario per la configurabilità dei reati allo stesso ascritti. Con memoria depositata il 11/06/2014 l'avv. F. è tornata a sottolineare come la grave situazione di perturbamento psichico in cui si trovava l'imputato, colpito da una delicata vicenda familiare, avesse comportato che lo stesso, al momento dei fatti per i quali è stato giudicato, si era effettivamente trovato fuori di sé ed aveva agito senza volere il reato per il quale era stato poi arrestato. 3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile, per la manifesta infondatezza del relativo motivo. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio per il quale l'azione esercitata sulla psiche dall'alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato, non impedisce di accertare il dolo diretto per la cui esistenza non è richiesta un'analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l'evento ideato e voluto così, da ultimo, Sez. 1, Sentenza numero 5175/13 del 17/12/2012, Salvaggio, Rv. 255179 . Di tale chiara regula iuris la Corte di appello dell'Aquila ha fatto corretta applicazione, osservando, con motivazione congrua e logicamente adeguata - censurata dal ricorrente in termini molto generici - che, escluso che lo stato di ubriachezza in cui si trovava l'imputato al momento della commissione dei reati de qui bus avesse escluso l'imputabilità del prevenuto, la prova dell'atteggiamento psichico tenuto dal P. in occasione della commissione di quei delitti - e cioè che egli, nonostante i condizionamenti dovuti all'abuso di alcool, fosse consapevole di quanto stava accadendo e del significato antigiuridico della sua iniziativa - fosse stato dato sia dal contenuto delle frasi pronunciate dal predetto all'indirizzo degli agenti di polizia tra l'altro sbirri di merda con il vostro distintivo mi ci pulisco il culo dovete lasciarmi subito altrimenti vi ammazzo, con le vostre divise da fascisti ' , che dal comportamento tenuto subito dopo i fatti, avendo egli escluso, in occasione del suo interrogatorio in sede di convalida dell'arresto, di non essere stato consapevole delle proprie azioni, ed essendosi, anzi, scusato delle proprie iniziative, a suo dire provocate dal fatto di essersi trovato fuori di sé perché lasciato dalla propria fidanzata v. pagg. 3-4 sent. impugnumero . 4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorso consegue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna dei ricorrente al pagamento in favore dell'erario delle spese dei presente procedimento e in favore della cassa delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell'importo indicato nel dispositivo che segue. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.