Il sequestro preventivo adottato in data antecedente alla notificazione dell’informazione di garanzia non può assumersi illegittimo quando l’esecuzione della misura sia contestuale o successiva alla notifica, e comunque rispetti i diritti di difesa del destinatario.
Lo ha stabilito la Terza sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 22898, depositata il 3 giugno 2014. Evasione Ires e Iva scatta il sequestro preventivo. Nel caso di specie, il rappresentante legale di una società è stato sottoposto a procedimento penale per il reato di cui all’articolo 5, D.lgs. numero 74/2000 “omessa dichiarazione” , con l’accusa si aver evaso imposte sui redditi e sul valore aggiunto per un ammontare di quasi due milioni di euro. La Procura ha chiesto e ottenuto dal G.i.p. il sequestro preventivo per equivalente, ma il quantum oggetto della misura cautelare è stato grandemente abbattuto dal Tribunale del riesame, sul presupposto dell’incompletezza degli accertamenti effettuati sui libri contabili dell’imprenditore. L’ordinanza del Tribunale è stata sottoposta a vaglio censorio tanto dalla Procura quanto dalla difesa. La prima ha contestato l’esistenza delle riferite lacune negli accertamenti degli organi della Guardia di Finanza nonché la ricostruzione del consulente circa la quantificazione dell’effettivo ammontare delle imposte evase, orfana – a dire del Procuratore generale – di un riscontro documentale. Il difensore dell’imprenditore, di contro, ha eccepito la nullità del provvedimento del G.i.p., posto che l’adozione del decreto di sequestro portava una data antecedente a quella dalla notificazione dell’informazione di garanzia quest’ultima, infatti, è pervenuta all’indagato due giorni dopo la data di adozione del provvedimento, sicchè sotto questo profilo è stata lamentata la violazione dell’articolo 369, c.p.p. nonostante l’effettiva esecuzione della misura cautelare sia comunque avvenuta successivamente alla notificazione dell’avviso concernente i diritti di difesa. La scansione processuale degli atti prodromici al sequestro. Entrambi i ricorsi sono stati rigettati, e tuttavia la pronuncia in esame assume notevole importanza per la soluzione che gli Ermellini hanno offerto quanto alla nullità o meno del sequestro preventivo allorchè la formale adozione del decreto abbia preceduto la notificazione dell’informazione di garanzia. Come sopra anticipato, la difesa ha sostenuto la nullità del provvedimento ritenendo che l’articolo 369, c.p.p. imponga una precisa scansione temporale degli atti processuali, per cui alla richiesta della misura cautelare - una volta accolta dal G.i.p. - dovrebbe far seguito la notificazione dell’informativa, e solo successivamente a tale ultimo adempimento sarebbe possibile adottare il decreto di sequestro. Per i diritti di difesa conta l’esecuzione, non l’adozione. La Corte di Cassazione, nel ritenere erronea la ricostruzione difensiva, ha preliminarmente osservato come la norma citata non imponga affatto che la notificazione dell’informativa debba necessariamente precedere l’adozione del decreto di sequestro dal tenore testuale della disposizione, infatti, emerge che la notificazione dell’avviso debba precedere il “compimento”, id est l’esecuzione della misura, non già l’adozione del decreto che la dispone. La netta scelta di campo riposa sulla ratio della informazione di garanzia questa deve precedere o, comunque, deve accompagnarsi a tutti gli atti ai quali il difensore ha diritto di assistere perché l’imputato deve poter essere messo in condizione di conoscere le norme di legge che si assumono violate, la date e il luogo del fatto che gli si contesta, nonché la facoltà di nominare un difensore di fiducia. È, allora, all’evidenza come l’esigenza di garantire i diritti di difesa nasca nella momento in cui deve darsi esecuzione alla misura, non quando il provvedimento che la legittima è stato formalmente adottato. Più precisamente l’omissione dell’informazione di garanzia prima dell’adozione del sequestro o, comunque, la mancata indicazione dei suoi elementi nel decreto in caso di contestuale avviso ed esecuzione della misura, porta alla nullità nei soli limiti in cui dette omissioni impediscano l’intervento del difensore di fiducia o di ufficio nel corso delle operazioni di indagine. A contrario il sequestro non può assumersi nullo quando l’esercizio di difesa non sia stato - di fatto - reso impossibile ovvero quando il difensore sia stato comunque notiziato o intervenuto all’atto di indagine. Parimenti il provvedimento deve assumersi legittimo allorchè la censura della difesa si limiti a prospettare una violazione meramente formale – come nel caso in esame – cui non si accompagni una violazione sostanziale in grado di minare il diritto di difesa del diretto interessato.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 febbraio - 3 giugno 2014, numero 22898 Presidente Mannino – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 30 settembre 2013, il Tribunale di Messina ha parzialmente accolto la richiesta di riesame proposta nell'interesse dell'indagato avverso il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal Gip dello stesso Tribunale, avente ad oggetto denaro dello stesso indagato fino alla concorrenza di Euro 1.740.371,34, in relazione all'ipotesi di reato di cui all'articolo 5 del d.lgs. numero 74 del 2000, contestatogli perché, nella sua qualità di legale rappresentante di una società, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, non presentava la dichiarazione annuale relativa a dette imposte afferenti all'anno 2011, così ponendo in essere un'evasione dell'IRES di Euro 1.510.067,73 e dell'Iva di Euro 230.303,61. Il Tribunale ha ridotto l'importo del sequestro ad Euro 348.135,61 sul rilievo che gli organi accertatori non avevano attestato di aver esaminato i libri contabili per gli anni d'imposta anteriori al 2011, mentre il consulente di parte avrebbe determinato il dovuto ai fini IRES in Euro 117.832,00. 2. - Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina, rilevando, con unico motivo di doglianza, che la consulenza contabile, con allegata documentazione, da cui emerge un differente computo dell'imposta evasa sarebbe basata essenzialmente su una scrittura privata e un atto pubblico di compravendita, non essendo stata prodotta la documentazione comprovante l'effettiva spesa sostenuta fatture e documentazione bancaria , sulla cui base il consulente di parte ha ricalcolato imponibile. Né il tribunale avrebbe potuto ritenere incompleta la verifica effettuata dalla Guardia di Finanza perché un tale rilievo sarebbe riservato al giudice di merito “il tribunale del riesame si è spinto fino a valutare e riconoscere insussistenti i gravi indizi di colpevolezza” . 3. - Avverso l'ordinanza anche l'indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 3.1. - Con un primo motivo di doglianza, si sostiene che il sequestro preventivo sarebbe nullo per omessa notificazione dell'informazione di garanzia. Evidenzia la difesa che la richiesta di sequestro è stata formulata il 2 settembre 2013 e che il giudice ha emesso il decreto il 4 settembre 2013, mentre l'informazione di garanzia è stata emessa soltanto il 6 settembre 2013. Sarebbe violato l'articolo 369 cod. proc. penumero , che impone al pubblico ministero di notificare all'indagato l'informazione di garanzia con contestuale informazione del diritto di difesa prima dell'adozione del decreto di sequestro preventivo o almeno contestualmente al compimento dell'atto stesso. 3.2. - Il secondo motivo di doglianza è relativo alla mancanza delle esigenze cautelari e più in generale della ragioni giustificative del sequestro. Evidenzia la difesa che l'indagato ha provveduto alla presentazione di dichiarazione IRAP 2012 e del modello unico 2012 e al deposito del bilancio di esercizio al 31/12/2011, sostenendo che tale comportamento farebbe venire meno “sia la funzione cautelare sia quella sanzionatoria della misura in contestazione”, perché - a suo dire - la finalità del sequestro preventivo per equivalente viene meno attraverso la presentazione e il deposito dei documenti contabili interessati. 3.3. - Si sostiene, in terzo luogo, che non si sarebbe considerata la mancanza del dolo specifico in capo all'indagato, perché tale dolo sarebbe da escludere proprio in considerazione del fatto che il contribuente ha regolarizzato le dichiarazioni mancanti. 3.4. - Si lamenta, in quarto luogo, l'erroneità della ricostruzione della documentazione contabile dell'indagato fatta dalla Guardia di Finanza. In particolare, i calcoli effettuati dagli organi accertatori non sarebbero corrispondenti alla situazione economica reale, per la palese incongruenza del totale dei costi presi in considerazione, a fronte di ricavi realizzati per la vendita di oltre 40 unità immobiliari dovendosi intendere come costi le spese sostenute per la realizzazione del fabbricato da costruire, restando esclusi tutti gli altri costi generali estranei alla costruzione come gli ammortamenti, le spese di gestione, i compensi agli amministratori . Secondo la difesa, nell'anno d'imposta di riferimento, vi sarebbero ricavi per Euro 6.841.290,23 e costi per Euro 6.662.428,42, con la conseguenza che l'imposta evasa sarebbe di Euro 117.832,00, importo facilmente recuperabile mentre il Tribunale del riesame si sarebbe solo limitato ad evidenziare un errore di calcolo. 3.5. - La motivazione del provvedimento sarebbe, inoltre, carente in punto di esigenze cautelari, perché le stesse non sarebbero ancora attuali. 3.6. - Con memoria depositata in prossimità dell'udienza in camera di consiglio davanti a questa Corte, la difesa sostiene che il ricorso del pubblico ministero è inammissibile perché è stato presentato oltre il termine perentorio di 10 giorni previsto dall'articolo 311 cod. proc. penumero . Si evidenzia altresì che la consulenza tecnica di parte che ha condotto al nuovo calcolo dell'imposta evasa deve ritenersi corretta, perché confermata dalla perizia del direttore dei lavori del complesso edilizio, allegata alla memoria stessa. Si ribadisce, inoltre, la mancanza dell'elemento soggettivo sul rilievo che l'indagato avrebbe provveduto a regolare la sua posizione contabile, depositando tutta la documentazione necessaria presso l'amministrazione finanziaria. Considerato in diritto 4. - Il ricorso del pubblico ministero è infondato. Deve preliminarmente essere rigettata l'eccezione proposta dalla difesa dell'indagato circa la tardività del ricorso stesso. Il ricorso è stato, infatti, proposto il 14 ottobre 2013, a fronte della comunicazione del provvedimento impugnato avvenuta il 2 ottobre 2013. Risulta, dunque, rispettato il termine generale di 15 giorni di cui all'articolo 585, comma 1, lettera a , per l'impugnazione dei provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio. Contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa, il ricorso per cassazione ex articolo 325 cod. proc. penumero è soggetto a tale termine e non al più breve termine di cui all'articolo 311 cod. proc. penumero . L'articolo 325 richiama, infatti, i soli commi 3 e 4 dell'articolo 311 e non anche il comma 1, che è la disposizione che prevede il termine di impugnazione di 10 giorni. Tale ultimo termine trova applicazione anche nel caso - diverso da quello di specie - di ricorso in cassazione per saltum contro il decreto di sequestro, in forza del richiamo espresso operato dall'articolo 325, comma 2 sez. unumero , 20 aprile 1994, numero 5, rv. 197701 sez. 1, 5 giugno 1997, numero 3962, rv. 207954 . Venendo all'esame della doglianza proposta dal ricorrente, deve rilevarsi che la stessa - sostanzialmente riferita al fatto che il Tribunale avrebbe anticipatamente valutato il merito della responsabilità penale - risulta inidonea a scalfire la puntuale motivazione dell'ordinanza impugnata sul punto. Il Tribunale, lungi dall'anticipare un giudizio di merito, evidenzia, infatti, che tra la prospettazione difensiva, supportata dai calcoli del consulente di parte e dalla documentazione prodotta in udienza - comprensiva dei bilanci della società per gli anni dal 2007 al 2010 - e la prospettazione accusatoria, la prima deve essere ritenuta preferibile perché consente - seppure ai limitati fini della determinazione del quantum del sequestro - di operare un più esatto computo dell'imposta evasa, in particolare conteggiando le rimanenze degli esercizi precedenti quali costi. 5. - Il ricorso proposto nell'interesse dell'indagato è infondato. 5.1. - Con primo il motivo di doglianza, la difesa evidenzia che la richiesta di sequestro è stata formulata il 2 settembre 2013 e che il giudice ha emesso il decreto il 4 settembre 2013, mentre l'informazione di garanzia è stata emessa soltanto il 6 settembre 2013 sarebbe perciò violato l'articolo 369 cod. proc. penumero , che - secondo la stessa difesa - impone al pubblico ministero di notificare all'indagato l'informazione di garanzia, con contestuale informazione del diritto di difesa, prima dell'adozione del decreto di sequestro preventivo. In altri termini, la difesa non contesta che l'informazione di garanzia sia stata notificata prima del decreto di sequestro. Si limita invece a sostenere che il decreto di sequestro non possa essere adottato se non dopo la notificazione dell'informazione di garanzia. Tale ricostruzione in punto di diritto è erronea. 5.1.1. - L'articolo 369 richiamato non impone, infatti che la notificazione dell'informazione di garanzia sia precedente all'adozione del provvedimento di sequestro ma solo che sia precedente al compimento del sequestro perché è al compimento del sequestro che il difensore ha diritto di assistere, ai sensi dell'articolo 365 cod. proc. penumero In altri termini, la ragione per cui gli atti ai quali il difensore ha diritto di assistere devono essere preceduti - o comunque accompagnati - dall'informazione di garanzia risiede proprio nel fatto che l'imputato deve essere messo a conoscenza delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, nonché della facoltà di nominare un difensore di fiducia. Si tratta di un'interpretazione che trova ampio conforto proprio nella giurisprudenza citata dalla stessa difesa nel ricorso sez. 5, 7 maggio 2013, numero 28336, rv. 256776 . Come precisato da questa Corte, l'omissione dell'informazione di garanzia prima dell'adozione del decreto di sequestro, ovvero la mancata indicazione degli elementi di essa nello stesso decreto in caso di contestualità, in tanto comporta la nullità del provvedimento per violazione dell'articolo 178, comma 1, lettera e , cod. proc. penumero , in quanto dette omissioni impediscano l'intervento del difensore di fiducia o di ufficio alle operazioni di esecuzione del sequestro nullità che si verifica anche quando il provvedimento rechi tutti gli elementi richiesti dall'articolo 369 cod. proc. penumero qualificazione giuridica, data e luogo del fatto , ad eccezione dell'invito all'indagato ad esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia, giacché la relativa omissione determina la violazione del diritto di difesa per la mancata possibilità di partecipazione, conseguente a tale omissione, del difensore alle suddette operazioni sez. 2, 28 ottobre 1997, numero 5752, rv. 209927 . Vale a dire che l'esecuzione del decreto di sequestro che non sia stata preceduta dalla rituale informazione di garanzia, deve comunque avvenire in condizioni tali da assicurare all'indagato la presenza e l'assistenza del difensore. Tanto ciò è vero che, la mancanza dell'invito di cui all'articolo 369 cod. proc. penumero diviene irrilevante ai fini della validità dell'atto, qualora il pubblico ministero o la polizia giudiziaria abbiano chiesto all'indagato presente, in adempimento dell'obbligo imposto dall'articolo 365 cod. proc. penumero , se è assistito da un difensore di fiducia, ovvero, in mancanza, ne abbiano designato uno d'ufficio e ciò in quanto non potrebbe parlarsi di intempestività dell'interpello rispetto all'avviso di cui all'articolo 369 cod. proc. penumero , considerato che l'interessato viene a conoscenza del decreto di sequestro e della eventuale informazione di garanzia , quale tipico atto a sorpresa, solo al momento della sua esecuzione. L'incorporazione dell'informazione di garanzia nel decreto di sequestro, insomma, svolge la funzione di consentire al destinatario dell'atto di esercitare, tramite la eventuale presenza del difensore, il suo diritto di difesa. 5.1.2. - Tali principi trovano applicazione anche nel caso in esame, in cui il ricorrente non specifica se l'esercizio del diritto di difesa sia stato reso in effetti impossibile, ovvero se il difensore sia stato comunque notiziato o sia comunque intervenuto. Deve inoltre ribadirsi che la stessa difesa non afferma che la notificazione dell'informazione di garanzia non sia stata precedente o comunque contestuale al compimento del sequestro e, dunque, non prospetta alcuna sostanziale violazione dell'articolo 369 cod. proc. penumero come sopra interpretato. 5.2. - Il secondo motivo di doglianza - relativo alla mancanza delle esigenze cautelari e più in generale delle ragioni giustificative del sequestro - è manifestamente infondato. La circostanza - evidenziata dalla difesa - che l'indagato abbia provveduto alla presentazione della dichiarazione IRAP 2012 e del modello unico 2012 e al deposito del bilancio di esercizio al 31/12/2011 è, infatti, irrilevante ai fini della sussistenza del fumus commissi delicti, perché il reato contestato, di cui all'articolo 5 del decreto-legge numero 74 del 2000, si perfeziona con l'omessa presentazione delle dichiarazioni relative all'imposta entro i termini di legge e non viene meno in caso di successiva presentazione delle stesse. Ai fini del periculum in mora, poi, non assume alcuna rilevanza la semplice presentazione delle dichiarazioni, perché rilevante potrebbe essere, al più, l'adempimento tardivo dell'obbligazione tributaria adempimento neanche dedotto nel caso di specie. 5.3. - Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di doglianza, con cui si lamenta che non si sarebbe considerata la mancanza del dolo specifico in capo all'indagato, perché tale dolo sarebbe da escludere proprio in considerazione del fatto che il contribuente ha regolarizzato le dichiarazioni mancanti. L'elemento soggettivo deve essere, infatti, valutato al momento del compimento del reato e non nel momento, necessariamente successivo, della affermata regolarizzazione delle dichiarazioni mancanti. 5.4. - Anche il quarto motivo di doglianza - con il quale si deduce l'erroneità della ricostruzione fatta dalla Guardia di Finanza della documentazione contabile dell'indagato - è manifestamente infondato. Il calcolo finale dell'imposta IRES e IRAP dovuta a cui giunge la difesa Euro 117.832,00 pag. 12 del ricorso è, infatti, corrispondente a quello fatto proprio dal Tribunale alla penultima pagina dell'ordinanza impugnata , il quale ha così diminuito, proprio in accoglimento delle istanze difensive sul punto, l'importo originariamente indicato nel provvedimento di sequestro. 5.5. - Inammissibile per genericità è il quinto motivo di ricorso, con cui si sostiene che la motivazione del provvedimento sarebbe carente in punto di esigenze cautelari, perché le stesse non sarebbero più attuali. La difesa non precisa, infatti, quali sarebbero le ragioni del venire meno delle esigenze cautelari. Del resto, come correttamente osservato dal Tribunale, il periculum in mora consiste nella stessa confiscabilità dei beni che permane integralmente, in mancanza dell'adempimento dell'obbligazione tributaria. 6. - I ricorsi devono essere perciò rigettati, con condanna del solo ricorrente I. al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna I.R. al pagamento delle spese processuali.