La domanda di condanna per lite temeraria non incide sul valore della controversia

Qualora il giudice adito, per i limiti di valore della controversia, debba emettere una pronuncia secondo equità, la proposizione di domanda riconvenzionale di risarcimento ex art. 96 c.p.c. non influisce sui criteri della decisione e non può – pertanto – imporre al giudice di seguire le norme di diritto.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17704, depositata il 19 luglio 2013. Il caso. Un condomino aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il giudice di Pace, su istanza del condominio, lo aveva condannato al pagamento di una somma quale quota parte delle spese condominiali su di lui gravanti per l’acquisto di una nuova caldaia. L’opponente aveva insistito per la condanna dell’ingiungente al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., in base al quale se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza. Il Giudice di Pace aveva accolto l’opposizione, perciò il condominio aveva proposto gravame, accolto dal Tribunale, il quale, quindi, aveva revocato la sentenza di prime cure e il decreto ingiuntivo, condannando il condomino al pagamento di una somma in favore del condominio. Avverso tale sentenza, il soccombente ha presentato ricorso. Oggetto delle critiche è il rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello argomentata dal giudice di merito con il rilievo che la connessione tra la domanda principale e la domanda di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., e cioè tra una domanda non eccedente i limiti previsti dalla legge per la decisione secondo equità e una domanda riconvenzionale di valore indeterminato - come tale soggetta a decisione secondo diritto – comportava la decisione secondo diritto anche della domanda principale. A tal proposito, il ricorrente ha sostenuto che, per consolidata giurisprudenza, la domanda ai sensi dell’art. 96 c.p.c. non incide sul valore della controversia, sui criteri della decisione e sul connesso regime di impugnazione. La domanda di condanna della controparte per lite temeraria attiene esclusivamente al profilo del regolamento delle spese processuali. Per la Suprema Corte il ricorso è fondato. Infatti, gli Ermellini hanno ricordato che la domanda di risarcimento danni per responsabilità aggravata – che rientra nella competenza funzionale del giudice che è competente a conoscere della domanda principale - attiene esclusivamente al profilo del regolamento delle spese processuali, di talché il suo valore non incide su quello della controversia, non potendo essere cumulato con il valore di quella principale, con conseguente sua inidoneità a determinare uno spostamento di competenza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 maggio - 19 luglio 2013, n. 17704 Presidente Finocchiaro – Relatore Amendola Svolgimento del processo Con citazione notificata il 18 luglio 2003 G M. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo in data 21 maggio 2003 con il quale il Giudice di Pace di Terni, a istanza del Condominio di via omissis , lo aveva condannato al pagamento della somma di Euro 762,66, oltre accessori, quale quota parte delle spese condominiali su di lui gravanti per l'acquisto della nuova caldaia di riscaldamento. L'opponente eccepì il giudicato esterno negativo in ordine alla pretesa ex adverso azionata, insistendo per la condanna dell'ingiungente al risarcimento dei danni ex art. 96 cod. proc. civ., nella misura di Euro 1.000,00, o in quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, nei limiti della competenza del giudice adito. L'opposto Condominio, nel resistere, chiese, a sua volta, la condanna della controparte ai danni per lite temeraria. Con sentenza del 5 gennaio 2004 il Giudice di Pace di Terni accolse l'opposizione, conseguentemente dichiarando nullo il provvedimento monitorio e condannando il Condominio al pagamento delle spese di giudizio. Proposto gravame dal soccombente, il Tribunale di Terni, in data 4 dicembre 2006, revocati la sentenza di prime cure e il decreto ingiuntivo, ha condannato G M. al pagamento in favore del Condominio della somma di Euro 232,40, oltre interessi e spese. Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte L M. e B M. , formulando un solo motivo. Resiste con controricorso, illustrato anche da memoria, il Comune di Terni. Motivi della decisione 1 Con l'unico motivo gli impugnanti lamentano violazione degli artt. 113, secondo comma, e 339, terzo comma, cod. proc. civ. Oggetto delle critiche è il rigetto dell'eccezione di inammissibilità dell'appello argomentata dal giudice di merito con il rilievo che la connessione tra la domanda principale e la domanda di risarcimento del danno ex art. 96 cod. proc. civ., e cioè tra una domanda non eccedente i limiti previsti dalla legge per la decisione secondo equità e una domanda riconvenzionale di valore indeterminato - come tale soggetta a decisione secondo diritto - comportava la decisione secondo diritto anche della domanda principale, con conseguente preclusione all'applicabilità del disposto dell'art. 339 cod. proc. civ., e cioè della regola dell'inappellabilità sancita da tale norma, nel testo vigente ratione temporis . Sostengono per contro gli esponenti che, per consolidata giurisprudenza della Corte Regolatrice, la domanda di condanna della controparte per lite temeraria, ai sensi dell'art. 96 cod. proc. civ., attiene esclusivamente al profilo del regolamento delle spese processuali senza incidere sul valore della controversia, sui criteri della decisione e sul connesso regime di impugnazione confr. Cass. civ. sez. un. 15 novembre 2007, n. 23726 . 2 Il ricorso è fondato. Va premesso che alla fattispecie dedotta in giudizio si applica l'art. 339, terzo comma, cod. proc. civ., nella formulazione antecedente alla entrata in vigore dell'art. 1 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. E invero la disposizione novellata, che ha, entro certi limiti, reintrodotto il rimedio dell'appello avverso le sentenze del Giudice di Pace pronunziate secondo equità, a norma dell'art. 113, secondo comma, cod. proc. civ., si applica sì ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto, ma con esclusione di quelli in cui il provvedimento decisorio fosse, all'epoca, già stato pubblicato, con la conseguenza che siffatti provvedimenti sono soggetti alla disciplina previgente confr. Cass. civ. 3 gennaio 2013, n. 74 Cass. civ. 24 aprile 2008, n. 10774 . 3 Sotto altro, concorrente profilo, si osserva poi quanto segue. L'art. 10 cod. proc. civ., dopo aver stabilito al primo comma che il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda, stabilisce, al capoverso successivo, che a tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione si sommano col capitale. Ciò significa che, a tali fini, al valore del bene preteso dall'attore non possono essere sommate le spese del procedimento instaurato per conseguire il bene medesimo e, segnatamente, ove, per conseguire quel bene, sia stato chiesto e ottenuto un provvedimento monitorio, le spese processuali liquidate dal giudice che lo ha pronunciato. Tale principio trova applicazione anche quando si tratti di stabilire l'appellabilità o meno della sentenza che ha concluso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, secondo i criteri fissati dall'art. 339 cod. proc. civ., con la conseguenza che il valore originario della controversia non può essere dilatato attraverso l'aggiunta delle spese liquidate con il decreto opposto, essendo queste non anteriori ma successive alla proposizione della domanda, la quale si realizza con il deposito del ricorso ex art. 638 cod. proc. civ. confr. Cass. civ. 26 giugno 2012, n. 10626 Cass. civ. 1 febbraio 1985, n. 680 . Non è superfluo in proposito ricordare che la domanda di risarcimento danni per responsabilità aggravata - che rientra nella competenza funzionale del giudice che è competente a conoscere della domanda principale confr. Cass. civ. 26 gennaio 2004, n. 1322 Cass. civ. 15 novembre 2007, n. 23726 - attiene esclusivamente al profilo del regolamento delle spese processuali, di talché il suo valore non incide su quello della controversia Cass. sez. un. 15 novembre 2007, n. 23726 , non potendo essere cumulato, ex art. 10 cod. proc. civ., con il valore di quella principale, con conseguente sua inidoneità a determinare uno spostamento di competenza, ai sensi e per gli effetti degli artt. 34 e 36 cod. proc. civ. Cass. civ. 16 giugno 1997, n. 5391 . 4 Conclusivamente, in ipotesi di procedimento pendente innanzi al giudice di pace a qualora il giudice adito, per i limiti di valore della controversia, debba emettere una pronuncia secondo equità, la proposizione di domanda riconvenzionale di risarcimento ex art. 96 cod. proc. civ. non influisce sui criteri della decisione e non può - pertanto - imporre al giudice di seguire le norme di diritto confr. Cass. civ. 19 maggio 1999, n. 4849 b qualora una controversia abbia ad oggetto un credito contenuto nei limiti del giudizio di equità, la relativa sentenza, nel regime processuale anteriore alla entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, è impugnabile con il ricorso per cassazione e non con l'appello, senza che a diversa conclusione possa giungersi per il fatto che sia stata avanzata domanda di condanna per lite temeraria, ex art. 96 cod. proc. civ. confr. Cass. civ. 26 giugno 2012, n. 10626 Cass. civ. 17 giugno 2011, n. 13387 . 5 Consegue da quanto sin qui detto che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata. Peraltro, non ostando alla decisione della causa nel merito la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, in applicazione dell'art. 384 cod. proc. civ., dichiara inammissibile l'appello. Le spese, sia del giudizio di gravame che di quello di legittimità, seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l'appello. Condanna il Comune di Terni al pagamento delle spese del giudizio di appello, liquidate in Euro 600,00 per diritti, Euro 800,00 per onorari ed Euro 7,90 per esborsi, nonché al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.900,00 di cui Euro 200,00 per esborsi , oltre IVA e CPA, come per legge.