Nessuna interruzione di un ufficio pubblico se chiede un lavoro con insistenza al Comune!

La configurabilità del reato di interruzione di un ufficio o di un servizio pubblico art. 340 c.p. richiede che il turbamento della regolarità dell’ufficio si riferisca ad una alterazione del suo funzionamento, ancorché temporanea, intesa nel suo complesso, tanto da alterarne la concreta operatività globale.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28716/13, depositata il 4 luglio scorso. Continue richieste e turbamenti. Con sentenza del Tribunale di Agrigento, sezione distaccata di Licata, veniva assolto, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, l’imputato, a cui originariamente veniva contestato il reato continuato di cui all’art. 340 c.p. – che punisce chiunque cagioni una interruzione o turbi la regolarità di un ufficio o servizio pubblico di un servizio di pubblica necessità – per avere in più occasioni cagionato interruzioni e turbamenti della regolarità degli uffici del Comune di Licata. La Corte di Appello di Palermo, tuttavia, riformava parzialmente la decisione di primo grado, dichiarando il predetto imputato colpevole del reato ascrittogli, limitatamente a due specifiche condotte e confermando per il resto l’impugnata sentenza. Nessuna interruzione del servizio. Il ricorrente, nel proprio ricorso, tuttavia, lamentava che non era emerso dagli atti di causa che le condotte ritenute avessero impedito il regolare funzionamento degli uffici comunali, essendo consistite soltanto in richieste di lavoro ed assistenza, seppure talvolta manifestate con toni alterati, ma senza che ciò potesse comportare l’interruzione di un pubblico servizio. Obiter dictum della Corte in materia di riforma della sentenza assolutoria di primo grado. Ribadendo il proprio orientamento in materia, la Corte ha affermato che, per la riforma della sentenza assolutoria di primo grado, in mancanza di elementi sopravvenuti di apprezzabile consistenza probatoria, non basta una mera e diversa valutazione del materiale probatorio già ritenuto fondante la non colpevolezza in primo grado, in quanto occorre una forza persuasiva tale da fare venire meno ogni ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato. In sostanza, il giudice di secondo grado deve giungere a ritenere il quadro probatorio d’accusa, in assenza di vizi logici, come l’unico ricostruibile. Temporaneità della condotta ed alterazione del funzionamento dell’ufficio. La Corte ha ritenuto fondato il ricorso. Ed invero, con la pronuncia in commento, ha ritenuto che, affinché possa configurarsi il reato in esame, è necessario che il turbamento della regolarità dell’ufficio si riferisca ad una alterazione del suo funzionamento, finanche temporanea, intesa, però nel suo complesso e non già al turbamento di una singola prestazione o funzione. D’altro canto, tale è l’orientamento già, in precedenza, seguito dalla giurisprudenza di legittimità, che, con altra pronuncia Sez. VI, n. 36253/2011 aveva affermato, altresì, che il reato de quo è reato di evento la cui consumazione richiede un pregiudizio effettivo, e non necessariamente di particolare rilievo, nella continuità e regolarità di un servizio pubblico o di pubblica necessità. Ed infatti, l’interruzione o il turbamento possono pure essere temporalmente limitati, afferma la Corte, però, la condotta che determina una momentanea alterazione nella regolarità dell’ufficio o del servizio, affinché rilevi penalmente, deve essere oggettivamente apprezzabile.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 giugno – 4 luglio 2013, n. 28716 Presidente Agrò – Relatore Serpico Ritenuto in fatto e considerato in diritto Sull'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento avverso la sentenza del predetto Trlbunale - sez. dis.ta di Licata in data 29-10-2009 che aveva assolto F.G. dal reato continuato di cui all'articolo 340 cp. avendo in più occasioni cagionato interruzioni e turbamenti della regolarità degli uffici del Comune di , perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, la Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 9-11-2011, in parziale riforma della decisione di 1^ grado, dichiarava il predetto imputato colpevole del reato continuato ascrittogli, limitatamente alle condotte commesse il OMISSIS e lo condannava alla pena di mesi due di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata. Avverso la cennata decisione della Corte territoriale palermitana, il F. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, a mezzo del proprio difensore,la violazione dell'articolo 606 lett. e cpp., per manifesta illogicità della motivazione in punto di sussistenza del reato,non essendo emerso agli atti che le condotte ascritte al ricorrente avessero impedito il regolare funzionamento degli uffici comunali, essendosi limitate a richieste di lavoro ed assistenza, ancorché, talora, con toni alterati ma senza che questo determinasse alcuna interruzione di un pubblico servizio, come esattamente riconosciuto dal giudice di 1^ grado. Il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza perché il fatto non sussiste. Va preliminarmente ribadito il principio di diritto anche di recente affermato da questa Corte di legittimità, nella scia di un uniforme tracciato giurisprudenziale in materia che, nel giudizio di appello, per la riforma della sentenza assolutoria di 1^ grado, non basta in mancanza di elementi sopravvenuti di apprezzabile spessore probatorio, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza ancorché nella specie, limitata ai soli episodi del OMISSIS , occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato, imponendo in tal modo al giudice del gravame un argomentato apprezzamento circa la configurabilità di un quadro probatorio d’accusa quale unico riscostruibile in assenza di vizi logici ed inadeguatezza motivazionale a minata sostenibilità del primo giudizio cfr. in termini da ultima Cass. pen. Sez. VI, 24-01-2013 n. 8705 Rv 254113 idem 10-7-2012 b. 34847 Rv 253718 e tra le altre in senso conforme Cass. pen. Sex. VI n. 40159 del 3-11-2011 Rv. 251066 . Nella specie, alcuna apprezzabile rivalutazione adeguatamente giustificata nei termini di cui al suddetto principio di diritto, risulta operata circa la prova specifica Cfr. testi Pi. e C. e quella generica segnatamene in punto di collegamento eziologico tra la condotta dello imputato e la funzionalità dell’Ufficio. Al riguardo va ribadito quanto, peraltro puntualmente, già argomentato dal giudice di 1^ grado circa la configurabilità del reato in esame cfr. fol. I sentenza Tribunale Agrigento – Sez.ne dist.ta di Licata che, come più volte sottolineato da questa Corte di legittimità, richiede che il turbamento della regolarità dell’Ufficio si riferisca ad un’alterazione del suo funzionamento, ancorché temporanea, intesa nel suo complesso, tanto da alterarne la concreta operatività globale. Di qui l’intuibile conseguenza che gli effetti minimali prodotti dall’accertata condotta dell’imputato erano ragionevolmente controllabili con gli ordinari meccanismi di difesa, come argomentatamente e motivatamente segnalato dal giudice di 1^ grado, in piena sintonia con il richiamato indirizzo di questa Corte cfr. tra le altre ed in termini Cass. Pen. Sez. VI, 23-10-2006 n. 35399, Novella , P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.