Legale gratis solo se il dipendente ne fa tempestivamente richiesta

Il dipendente pubblico deve comunicare tempestivamente al proprio datore di lavoro la volontà di usufruire di assistenza legale gratuita in caso contrario decade dal diritto.

Questo è quanto emerge dalla sentenza n. 4978 del 4 marzo 2014 Il fatto. Il dirigente di una Asl chiedeva al Giudice del lavoro la condanna dell’Azienda ospedaliera presso cui lavorava al rimborso delle spese legali sostenute nel procedimento penale. A seguito di decreto ingiuntivo, l’Asl ricorre per ottenerne la revoca, rilevando che il dirigente non si era attenuto al regolamento della struttura sanitaria che regolava il rimborso delle spese legali in favore dei dipendenti sottoposti a processo penale a causa di comportamenti tenuti durante l’espletamento delle funzioni del proprio ufficio, successivamente assolti,e, pertanto non aveva diritto al richiesto rimborso. La Corte territoriale accoglie il ricorso e revoca il decreto ingiuntivo, conseguentemente ricorre per cassazione il dirigente. Il dirigente pretende il rimborso. Il dipendente pubblico contesta in primo luogo la decadenza dal diritto al rimborso delle spese legali per aver tardivamente comunicato l’avvio del procedimento penale a suo carico, in quanto il termine che si assumeva violato era meramente ordinatorio, sia perché non è comminata alcuna decadenza,sia perché comunque il dipendente poteva nominare un difensore di fiducia in luogo di quello designato dall’Asl. In secondo luogo deduce, sulla base del recepimento di alcuni accordi sindacali, che i dipendenti pubblici e gli amministratori devono essere tenuti indenni dall’onere delle spese legali sostenute per difendersi nei giudizi penali che abbiano dovuto affrontare per atti, fatti o omissioni connessi all’esercizio delle loro funzioni e favorevolmente risolti. Condizioni per la gratuità dell’assistenza legale. È pacifico per i giudici di legittimità che sia a carico dell’azienda ospedaliera la difesa del dirigente o genericamente del dipendente per giudizi amministrativi, penali, civili riconnessi all’espletamento del servizio ed all’adempimento dei compiti d’ufficio, come d’altronde si evincerebbe anche dalla disciplina di settore art. 25 ccnl 1998-2001 dell’area di Dirigenza medica e veterinaria del S.N.N. art. 26 ccnl nazionale integrativo del personale del comparto sanità .Posto ciò,con riguardo al caso di specie, la Corte evidenzia che il regolamento dell’Asl prevede che indistintamente tutto il personale possa godere della copertura legale, a condizione che il dipendente, dopo l’inizio del giudizio ed entro e non oltre 10 gg. dalla piena conoscenza dello stesso, abbia comunicato la volontà di fruire di idonea assistenza legale a totale carico dell’Azienda. Conseguentemente il diritto al rimborso sorgerebbe solo nel caso in cui il funzionario abbia tempestivamente comunicato l’esistenza del procedimento penale ed abbia manifestato la volontà di usufruire dell’assistenza legale a carico dell’ente. Il termine deve essere rispettato. Nella fattispecie, come hanno correttamente sottolineato i giudici di merito, detta comunicazione era stata effettuata tardivamente, e quindi non era dovuto il rimborso. Infine il Collegio conclude sostenendo che la normativa regolamentare dell’azienda, abbia fissato un termine perentorio, per comunicare l’inizio del procedimento al dipendente, per questioni che attengono all’obbligo di programmazione della spesa e ai vincoli di bilancio. Pertanto, l’inosservanza di detti oneri d’informazione dà luogo ad una vera e propria decadenza che, seppur non esplicitamente menzionata nel testo regolamentare, è tuttavia evidentemente desumibile dal complesso della normativa in oggetto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 dicembre 2013– 4 marzo 2014, n. 4978 Presidente Roselli – Relatore Mammone Svolgimento del processo 1.- Con ricorso per ingiunzione al Giudice del lavoro di Palmi, R.R. , premesso di essere stato assolto dal reato di omissione di atti di ufficio contestatogli in ragione del suo ufficio di direttore sanitario dell'ospedale civile di omissis , chiedeva la condanna dell'Azienda Sanitaria Locale n. XX di Palmi a rimborsargli le spese legali sostenute nel procedimento penale. 2.- Concesso decreto ingiuntivo per la somma di Euro 3.826,69, proponeva opposizione l'Azienda Sanitaria Locale. Rigettata con sentenza l'opposizione e proposto appello dall'Azienda, la Corte d'appello di Reggio Calabria con sentenza del 6.07.10 accoglieva l'impugnazione e revocava il decreto ingiuntivo, rilevando che il R. non si era attenuto al regolamento della A.S.L. di Palmi che regolava il rimborso delle spese legali in favore dei dipendenti sottoposti a processo penale per comportamenti tenuti durante l'espletamento delle funzioni del proprio ufficio, successivamente assolti, e, pertanto, non aveva diritto al richiesto rimborso. 3.- Propone ricorso per cassazione R. risponde con controricorso l'Azienda Sanitaria provinciale di Reggio Calabria, subentrata all'Azienda Sanitaria Locale. Motivi della decisione 4.- Parte ricorrente deduce due motivi di ricorso 4.1.- Con il primo mezzo di impugnazione censura la sentenza nella parte in cui afferma che il dipendente sarebbe decaduto dal diritto al rimborso delle spese legali per aver tardivamente comunicato l'avvio del procedimento penale a suo carico. Nella realtà il termine ha carattere meramente ordinatorio, sia perché non è comminata alcuna decadenza, sia perché è comunque consentito al dipendente di valersi di un difensore di fiducia in luogo di quello designato dall'Azienda. Pertanto, la decadenza deve ritenersi comminata per la sola ipotesi che il dipendente intenda valersi del legale designato e pagato dall'Azienda. 4.2.- Con il secondo motivo deduce violazione del combinato disposto degli artt. 67 del d.P.R. n. 268 del 1987 e dell'art. 50 del d.P.R. 3.08.90 n. 333, concernenti il recepimento di alcuni accordi sindacali per il personale del comparto regioni ed enti pubblici non economici, dai quali si desume il principio che i dipendenti pubblici e gli amministratori debbono essere tenuti indenni dall'onere delle spese legali sostenute per difendersi nei giudizi penali che abbiano dovuto affrontare per atti, fatti o omissioni connessi all'esercizio delle loro funzioni e favorevolmente risolti. Sulla base dell'art. 67 del d.P.R. n. 68 che richiama l'art. 16 del d.P.R. 1.06.79 n. 191 , inoltre non sussisterebbe ostacolo al rimborso ex post delle spese autonomamente sostenute dal dipendente, di modo che la sola tardività della richiesta non può essere ritenuta ostativa. 5.- La disciplina applicabile al caso di specie, come posto in rilievo dall'Azienda controricorrente, è contenuta nell'art. 25 del ceni 1998-2001 dell'area della Dirigenza medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale, stipulato in data 8.06.00, e nell'art. 26 del ceni nazionale integrativo del personale del comparto Sanità 7.04.99, stipulato il 20.09.01, i quali con formulazione identica prevedono che l'Azienda sanitaria — verificate l'assenza di conflitto di interesse — assuma a proprio carico la difesa del dirigente art. 25 o genericamente del dipendente art. 26 per i giudizi amministrativi, civili o penali riconnessi all'espletamento del servizio ed all'adempimento dei compiti di ufficio. Le stesse disposizioni prevedono che gli oneri della difesa, in caso di assoluzione, siano a carico dell'azienda nel caso il dipendente sia stato assistito da un legale da essa prescelto gli stessi oneri sono invece a carico del dipendente, nel caso lo stesso intenda nominare un difensore di sua fiducia in sostituzione di quello indicato dall'azienda. Entrambe le norme danno atto della non applicabilità dell'art. 41 del d.P.R. 20.05.87 n. 270, recante norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale per il triennio 1985-1987 e relativa al comparto del personale dipendente del servizio sanitario nazionale, che, ai sensi della legge 29.03.83 n. 93, disciplinava la stessa materia nel sistema contrattuale antecedente la privatizzazione del pubblico impiego. Le disposizioni negoziali sono state trasfuse nel regolamento dell'Azienda sanitaria n. 10 di Palmi, di cui il R. era dipendente. Detto regolamento prevede che indistintamente tutto il personale possa godere di detta copertura, a condizione che per quanto qui interessa il dipendente, dopo l'inizio del giudizio ed entro e non oltre gg. 10 dalla piena conoscenza dello stesso, abbia comunicato la volontà di fruire di idonea assistenza legale a totale carico dell'Azienda art. 1 . Detto regolamento prevede, comunque, che nelle ipotesi in cui l'amministratore, funzionario o dipendente proceda alla nomina di un legale di fiducia in sostituzione di quello indicato dall'azienda oppure a supporto dello stesso, i relativi oneri saranno interamente a carico dell'interessato art. 3 . 6.- La Corte di merito ha interpretato queste disposizioni nel senso che il diritto al rimborso sorge solo nel caso che il funzionario abbia tempestivamente comunicato l'esistenza del procedimento penale ed abbia manifestato la volontà di usufruire dell'assistenza legale a carico dell'ente pertanto, preso atto che detta comunicazione era stata tardivamente effettuata e che, soprattutto, non era stata manifestata la volontà di godere dell'assistenza a carico dell'azienda, lo stesso giudice ha ritenuto non dovuto il richiesto rimborso. Le già richiamate norme contrattuali, su cui è fondato il diritto al rimborso, non prevedono esplicitamente l'obbligo del dipendente di indicare preventivamente ed entro un breve termine l'esistenza del procedimento giudiziario, né che l'interessato debba manifestare la volontà di volersi valere dell'assistenza legale dell'azienda. Le norme in questione, tuttavia, prevedono che l'azienda debba far assistere il dipendente da un legale fin dall'inizio del procedimento e per tutti i gradi di giudizio, assumendosene le spese, e che debba comunicare al dipendente il nominativo del legale per ottenere il suo gradimento. Tali ultime disposizioni presuppongono, dunque, che l'azienda sia stata informata dell'esistenza del giudizio, sia stata portata a conoscenza dal dipendente della propria volontà di ottenere l'assistenza legale e che abbia nominato un difensore. Le norme contrattuali consentono tuttavia che il funzionario respinga il professionista indicato dall'azienda e ne nomini un altro di suo gradimento, nel qual caso il dipendente può chiedere il rimborso delle spese sostenute entro il limite di quanto l'azienda avrebbe dovuto corrispondere ad un legale da essa stessa nominato. Nel caso di specie, l'azienda in sede regolamentare ha correttamente attuato la normativa contrattuale, subordinando il godimento del diritto al godimento dell'assistenza e per quanto qui interessa al rimborso delle spese sostenute per la difesa di fiducia ad una serie di oneri procedimentali. Essa, infatti, in quanto astretta da vincoli di bilancio e dall'obbligo di programmazione della spesa, non poteva non essere portata a tempestiva conoscenza dell'esistenza del procedimento penale e della volontà del dipendente di godere dell'assistenza legale. In altre parole, la formulazione della norma regolamentare è un corretto bilanciamento dell'interesse al contenimento della spesa da parte dell'azienda e l'interesse a non sostenere le spese legali da parte del dipendente e sul piano giuridico impone di quali6care il termine assegnato al dipendente come perentorio. Per queste ragioni l'inosservanza dei detti oneri di informazione da luogo ad una vera e propria decadenza che, seppure non esplicitamente menzionata nel testo regolamentare, è pur tuttavia con evidenza desumibile dal complesso della normativa in oggetto. Tale conclusione impone il rigetto del primo motivo di ricorso. 7.- Il secondo motivo è invece inconferente. La normativa che si assume violata è, infatti, non solo riferibile ad un diverso comparto del pubblico impiego quello degli enti locali , ma non era neanche più applicabile al momento della maturazione delle condizioni che legittimerebbero il diritto vantato, essendo essa venuta meno, ai sensi dell'art. 71 del d.lgs. 30.03.01 n. 165 tab. A-B , a seguito della stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997. 8.- In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità. I compensi professionali vanno liquidati in Euro 3.000 in base al d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento a solo due delle tre fasi studio e introduzione del giudizio di cassazione ed al parametro del valore indeterminato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condannando il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità nella misura di Euro 100 cento per esborsi e di Euro 3.000 tremila per compensi professionali, oltre Iva e Cpa.