Atti sessuali con infraquattordicenne: necessario chiarire alcuni aspetti

Complessa e ricca di dettagli la vicenda all’origine della pronuncia in esame necessarie, quindi, alcune indicazioni relative alle dichiarazioni del minore persona offesa e alla concessione delle attenuanti alla luce delle particolarità del caso di specie.

Il caso. La sentenza della Corte di Cassazione n. 6374 dell’11 febbraio 2014 trae origine dal ricorso proposta da un uomo avverso la sentenza d’appello che lo condannava per atti sessuali continuati con una ragazza infraquattordicenne e atti osceni in luogo pubblico toccamenti dei seni, masturbazioni, rapporti orali avvenuti in auto , sulla base delle dichiarazioni della parte offesa, ritenute attendibili, anche alla stregua degli elementi di riscontro rappresentati da alcune conversazioni via chat . All’imputato, inoltre, venivano negate le attenuanti generiche. La perizia non è prova decisiva. In primo luogo, la Corte di Cassazione pone in luce l’infondatezza della censura riguardante la mancata assunzione di prova decisiva consulenza medico-legale per accertare se la patologia all’organo genitale dell’imputato – parafimosi – impediva la consumazione di rapporti del tipi di quelli descritti dalla parte offesa la perizia, infatti, non rientra in tale categoria e, tra l’altro, quella dell’imputato è una patologia lieve che non ostacola la consumazione del rapporto, anche se con maggiore cautela scorrimento solo parziale del prepuzio sul glande , come, del resto, affermato dallo stesso ricorrente, a dire del quale poteva avere qualsiasi tipo di rapporto sessuale. Dichiarazioni della persona offesa. Il ricorrente lamenta il fatto che siano state ritenute pienamente attendibili le dichiarazioni della persona offesa. La Suprema Corte respinge anche tale addebito in quanto esse, se verificate in relazione all’attendibilità intrinseca del racconto del dichiarante con maggiore rigorosità rispetto alle dichiarazioni di qualsiasi altro testimone, possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione della penale responsabilità dell’imputato. Nel caso di specie, trattandosi di minore persona offesa di reati sessuali, la sua credibilità va valutata in termini onnicomprensivi, tenendo conto della sua attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, della capacità di recepire informazioni, ricordarle e raccordarle, delle sue dinamiche familiari, dei processi di rielaborazione del vissuto e, proprio nel rispetto di quanto appena detto, i giudici di merito hanno sottolineato la precisione del racconto della ragazzina, l’assenza di elementi che potessero far dubitare della sua sanità mentale, il riscontro delle sue dichiarazioni nelle conversazioni via chat . Inoltre, il parziale handicap al polso destro lamentato dal ricorrente non gli impediva di masturbare la vittima e le modalità del rapporto non richiedendosi atti acrobatici particolari non erano tali da impedire la sua consumazioni in un’auto, tra l’altro abbastanza confortevole come un’ Audi A4”. Attenuante del fatto di minore gravità. Il ricorrente si duole, ancora, per il mancato riconoscimento dell’attenuante del fatto di minore gravità, richiamando il consenso e il coinvolgimento attivo prestato dalla ragazza. Piazza Cavour ricorda che ai fini della concessione dell’attenuante di cui all’art. 609 -bis , ult. co., c.p. è necessaria la compromissione non grave della libertà di determinazione della vittima nella sfera sessuale, avuto riguardo alla tipologia dell’atto sessuale, alle modalità di perpetrazione del reato, al grado di coartazione esercitato sulla parte lesa, al danno causato, all’eventuale minore età della vittima. Nel caso oggetto di esame, l’attentante de qua è stata esclusa per l’invadenza e la lesività sotto il profilo psichico dell’atto sessuale posto in essere non consistente in leggeri toccamenti ma, al contrario, in masturbazioni e rapporti orali . Decisiva anche la minore età della vittima. Gli Ermellini giudicano irrilevante anche il consenso della vittima, dato l’incompleto sviluppo psichico dei minori, specie in materia sessuale l’approfittare di rapporti di simpatia, di confidenza, di affetto o addirittura di affidamento per avere rapporti sessuali, costituisce un inquinamento e una corruzione della loro personalità, ben lungi dall’essere reputato un fatto di minore gravità, approfittandosi della loro immaturità. Attenuanti generiche. Per quanto concerne il mancato riconoscimento delle attenenti generiche, la loro concessione o il loro diniego rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che deve adeguare la pena alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, in base a una valutazione complessiva delle particolarità del caso. Giustamente, la Corte d’Appello ha motivato il diniego delle attenuanti generiche in considerazione della mancata resipiscenza dell’imputato e dell’assenza di ogni forma di risarcimento, non bastando il solo dato dell’incensuratezza. Il ricorso va, quindi, respinto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 novembre 2013 – 11 febbraio 2014, n. 6374 Presidente Fiale – Relatore Orilia Ritenuto in fatto Con sentenza 21.9.2012 la Corte d'Appello di Bologna ha confermato la pronuncia di colpevolezza emessa a seguito di giudizio abbreviato dal GIP di Bologna nei confronti di M.F. in relazione all'imputazione di atti sessuali continuati con l'infraquattordicenne Z.L. e atti osceni in luogo pubblico le condotte contestate consistevano in toccamenti dei seni, masturbazioni e rapporti orali avvenuti in auto . La Corte di merito ha fondato il proprio giudizio sulle dichiarazioni della parte offesa, ritenute attendibili, anche alla stregua degli elementi di riscontro rappresentati dalle conversazioni via chat . Sotto il profilo sanzionatorio, ha negato all'imputato le attenuanti generiche. Il difensore ricorre per cassazione con tre motivi. Considerato in diritto 1. Col primo motivo denunzia ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. c e lett. e cpp l'inosservanza degli artt. 192 e 533 cpp nonché il vizio di motivazione. Denuncia poi ai sensi dell'art. 606 lett. d cpp la mancata assunzione di una prova decisiva. In particolare, rimprovera alla Corte di Appello di avere dato piena credibilità alla parte offesa che tramite i propri legali rappresentanti aveva chiesto di costituirsi parte civile manifestando un rilevante interesse economico attraverso la richiesta risarcitoria nella misura di 40.000 Euro di non avere considerato le particolari condizioni psicologiche della ragazza, che avendo già avuto un precedente rapporto sessuale con altro soggetto, aveva subito strascichi di natura psicologica tali da condizionarne l'inconscio c.d. traslazione di ricordi di non avere considerato il salvataggio solo parziale delle conversazioni via chat e la possibilità di modifica una volta trasferite sull'hard disk del computer di non avere considerato che il rapporto sessuale all'interno dell'auto era difficilmente praticabile di non avere considerato il disturbo all'organo genitale da cui era affetto l'imputato che impediva di avere quel tipo di rapporti e di avere disatteso la richiesta di consulenza medico legale che avrebbe potuto costituire un necessario riscontro alla veridicità o meno della narrazione della ragazza di non avere considerato la menomazione al polso destro che gli impediva il compimento degli atti sessuali con le modalità contestate di non avere considerato il mancato rinvenimento presso l'imputato di indumenti intimi di tipo boxer, particolare tutt'altro che irrilevante, perché connesso alla credibilità soggettiva della dichiarante, che invece aveva parlato di un tale indumento di non avere dato il giusto peso al fatto che si trattasse di una quattordicenne confusa, disinibita e toccata da esperienze maturate in ambienti non consoni. Innanzitutto va dichiarata l'inammissibilità, per manifesta infondatezza, della censura, proposta ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. d cpp riguardante la mancata assunzione di prova decisiva [consulenza medico-legale per accertare se la patologia all'organo genitale del M. parafimosi impediva la consumazione di rapporti del tipo di quelli descritti dalla parte offesa]. Come infatti costantemente affermato da questa Corte, la perizia non rientra nella categoria della prova decisiva ed il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. d , cod. proc. pen., in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione cfr. tra le varie, Sez. 6, Sentenza n. 43526 del 03/10/2012 Ud. dep. 09/11/2012 Rv. 253707 Sez. 4, Sentenza n. 14130 del 22/01/2007 Ud. dep. 05/04/2007 Rv. 236191 Sez. 4, Sentenza n. 4981 del 05/12/2003 Ud. dep. 06/02/2004 Rv. 229665 . Nel caso di specie, la Corte di merito ha motivato anche sulla dedotta infermità all'organo genitale dell'imputato, ritenendo trattarsi di una lieve patologia non in grado di ostacolare quella pratica che può essere agevolmente compiuta usando cautela scorrimento solo parziale del prepuzio sul glande , con la quale, a dire dello stesso imputato, egli poteva avere qualsiasi tipo di rapporto sessuale la motivazione esiste ed è adeguata. Per il resto, il motivo è infondato. Le regole dettate dall'art. 192 comma terzo cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone cfr. da ultima, Sez. U, Sentenza n. 41461 del 19/07/2012 Ud. dep. 24/10/2012 cfr. altresì Sez. 3, Sentenza n. 44408 del 18/10/2011 Ud. dep. 30/11/2011 Rv. 251610, in motivazione . Inoltre, la valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore persona offesa di reati sessuali presuppone un esame della sua credibilità in senso onnicomprensivo, dovendo tenersi conto a tal riguardo dell'attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, della capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, delle condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, della qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni. cfr. Sez. 3, Sentenza n. 29612 del 05/05/2010 Ud. dep. 27/07/2010 Rv. 247740 cfr. anche Sez. 3, Sentenza n. 39994 del 26/09/2007 Ud. dep. 29/10/2007 Rv. 237952 . Ciò premesso, nella fattispecie in esame la Corte d'Appello ha motivato sulla attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa richiamando la genesi della denunzia presentata dai genitori a seguito di alcune rivelazioni fatte al padre dall'altra figlia, accortasi della relazione a mezzo chat e telefono tra la sorella L. e un uomo adulto , l'assenza di accuse da parte della minore che si era mostrata consenziente, la mancata esasperazione dell'accaduto da parte dei genitori. Ha quindi ritenuto infondata la tesi della sovrapposizione degli eventi sostenuta dalla difesa dell'imputato con riferimento ad una pregressa esperienza, ed in proposito ha richiamato la precisione del racconto, la diversità degli episodi e l'assenza di elementi non riscontrati dallo psicologo che potessero far dubitare della sanità mentale della ragazza o comunque far trapelare un trauma tale da originare un racconto mendace finalizzato a scaricare la responsabilità di un rapporto che pesava sulla sua coscienza . Ha ritenuto che le dichiarazioni della minore trovavano elementi di riscontro nelle conversazioni a mezzo chat, della cui veridicità non era dato di dubitare, non ravvisandosi elementi per sostenere una manipolazione dei dati da parte della ragazza, anche in considerazione dell'affetto mostrato verso l'imputato ha poi ritenuto irrilevante un esame comparato del pc dell'imputato che certamente aveva cancellato tutti i dialoghi rilevanti, essendosi allarmato dopo avere ricevuto la telefonata del padre della ragazza. Ha rilevato che il mancato uso dei boxer da parte dell'imputato non escludeva che per l'occasione egli avesse potuto indossarli aggiungendo in ogni caso che ben potrebbe esservi stato un errore della ragazzina sull'esatta definizione dell'indumento o un errore nella verbalizzazione, non essendo quello un elemento di maggior rilievo. Inoltre, ha ritenuto che il parziale handicap al polso desto non impediva all'imputato di masturbare a sua volta la ragazza. Replicando poi allo specifico rilievo difensivo ha ritenuto che le modalità del rapporto fossero compatibili con la consumazione in auto una Audi A4, vettura confortevole non richiedendosi atti acrobatici particolari , contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa. Sulla base di tali dati, la Corte di merito ha ritenuto dimostrata l'ipotesi accusatoria al di la di ogni ragionevole dubbio. Tale conclusione, coerente con le emergenze processuali, è sorretta da apparato argomentativo logico e completo e, pertanto, non è censurabile in questa sede perché come è noto -. il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene solo alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo. Al giudice di legittimità è infatti preclusa in sede di controllo sulla motivazione la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente e plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa . Queste operazioni trasformerebbero infatti la Corte nell'ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza rispetti sempre uno standard minimo di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione cass. Sez. 6, Sentenza n. 9923 del 05/12/2011 Ud. dep. 14/03/2012 Rv. 252349 . Il motivo di ricorso, che invece, tende proprio a proporre una diversa chiave di lettura del materiale istruttorio, va pertanto rigettato. 2. Col secondo motivo il ricorrente deduce l'inosservanza dell'art. 609 bis comma 3 e il vizio di motivazione dolendosi del mancato riconoscimento dell'attenuante del fatto di minore gravità e in proposito richiama il consenso e il coinvolgimento attivo prestato dalla ragazza che la Corte ha erroneamente considerato irrilevanti e il tipo di atti posti in essere soltanto baci e carezze alle parti intime osservando che il danno andava commisurato in concreto alla persona della vittima e non già, in maniera del tutto astratta, al comune sentire, come ha invece fatto la Corte d'Appello. Il motivo è infondato. Nel silenzio normativo circa gli indici utilizzabili per ritenere la ipotesi attenuata prevista dall'art. 609 bis c.p., u.c., la giurisprudenza cfr. tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 27272 del 15/06/2010 Ud. dep. 14/07/2010 Rv. 247931 ritiene che la fattispecie sia applicabile nel caso in cui avendo riguardo a tutte le circostanze e conseguenze della condotta criminosa la libertà di determinazione della vittima nella sfera sessuale bene tutelato dalla norma incriminatrice sia stata compressa in modo non grave. A tale fine, deve essere effettuata una globale valutazione di tutte le componenti del fatto ed assumono rilevanza la tipologia dell'atto sessuale, le modalità di perpetrazione del reato, il grado di coartazione esercitato sulla parte lesa, le condizioni psicofisiche di questa ed il danno causato, avendo come riferimento, se la vittima è un minore, la sua particolare e vulnerabile personalità ex plurimis Cass. Sez. 3 sentenza n 5002/2007 . Nel caso di specie la Corte territoriale a pag. 13 della sentenza ha ritenuto di escludere l'attenuante della minore gravità per l'invadenza e la lesività sotto il profilo psichico dell'atto sessuale posto in essere, replicando anche all'opposta tesi della difesa secondo cui la minore non era nuova ad esperienze sessuali di questo genere ha precisato in proposito che si trattava di circostanza non solo indimostrata, ma anche smentita dalla stessa persona offesa, che ha riferito di avere avuto una sola esperienza sessuale, tre mesi prima, con un ragazzo di venti anni originariamente imputato nel medesimo procedimento che però non si concluse con l'atto sessuale così forte compiuto con il trentaquattrenne M. . Quanto al consenso prestato dalla ragazza, elemento utilizzato decisamente dal ricorrente per sostenere la fondatezza della richiesta, la Corte ha ritenuto che la sua mancanza avrebbe comportato una condotta più grave, punita dagli artt. 609 bis e ter cp. Ebbene, il percorso argomentativo seguito dai giudici di appello si regge su un accertamento in fatto che ha innanzitutto escluso la minima intrusività dei rapporti sessuali contestati che, è bene ricordarlo ancora una volta, consistevano, non certo in leggeri toccamenti, ma anche in masturbazioni e rapporti orali nonché su una valutazione anch'essa riservata al giudice di merito della lesività degli stessi per la sfera psichica della minore. Trattasi dunque di accertamento correttamente motivato anche in ordine all'irrilevanza del consenso ai fini della gravità della condotta perché, come già affermato da questa Corte, dato l'incompleto sviluppo psichico dei minori, specie in materia sessuale, l'approfittare dei rapporti di simpatia, di confidenza, di affetto, od addirittura di affidamento per avere dei rapporti sessuali, costituisce un inquinamento ed una corruzione della loro personalità, ben lungi dall'essere reputato un fatto di minore gravità, trattandosi di un subdolo approfittamento della loro immaturità Sez. 3, Sentenza n. 11252 del 10/02/2010 Ud. dep. 24/03/2010 Rv. 246593 . Anche sotto tale profilo, la sentenza impugnata si sottrae alla censura, che in sostanza ripropone solo una diversa opzione valutativa. 3. Col terzo ed ultimo motivo, denunziando l'inosservanza dell'art. 62 bis cp nonché la mancanza, l'illogicità e contraddittorietà della motivazione, il ricorrente si duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche sottoponendo a critica il ragionamento della Corte d'Appello e procedendo ad una ricostruzione del proprio comportamento processuale. Anche questa censura è priva di fondamento. La concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Anche il giudice di appello pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell'appellante non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione cfr. tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 19639 del 27/01/2012 Ud. dep. 24/05/2012 Rv. 252900 . Nella fattispecie in esame, la Corte d'Appello ha motivato il diniego delle attenuanti generiche in considerazione della mancanza di resipiscenza, precisando in proposito che l'imputato interruppe i contatti con la ragazza solo per paura di essere denunziato, dopo avere ricevuto una telefonata dal padre. Ha poi considerato la mancanza di ogni forma di risarcimento alla persona offesa, offerta solo a parole e sulla base di tali elementi, ha ritenuto irrilevante il solo dato dell'incensuratezza peraltro g,a considerato nella determinazione della pena base nel minimo edittale. Il percorso motivazionale appare esaustivo e privo di salti logici, come tale insuscettibile di essere tranciato dalla critica del ricorrente che, invece, ripropone anche in tal caso una diversa valutazione della propria condotta, non consentita davanti alla Corte di Cassazione. In conclusione, il ricorso va rigettato. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.