Strade di sangue: le omissioni nell’assistenza dei medici non ‘salvano’ chi ha causato l’incidente

Confermata la responsabilità di un agricoltore per aver provocato un incidente rivelatosi poi mortale. Respinta la tesi difensiva che richiamava le omissioni acclarate dei medici, nell’assistenza al conducente poi morto, per rendere più lieve l’addebito nei confronti dell’uomo.

Strade spesso macchiate di sangue, purtroppo. A causa di imperizia, eccessiva sicurezza, manovre azzardate o semplice disattenzione. A contare, però, sono gli esiti drammatici, talora mortali, che comportano un carico immenso di responsabilità sulle spalle della persona che ha provocato l’incidente stradale. E tale carico non può essere reso più lieve dal ‘concorso’ fornito dalle omissioni dei medici nell’assistenza mal fornita alla vittima Cassazione, sentenza numero 15685/2013, Quarta Sezione Penale, depositata oggi . Buio. Fatale è la decisione di un agricoltore di percorrere una strada «alla guida del» proprio «motocoltivatore», per giunta senza «illuminazione». Come in una inarrestabile reazione a catena, l’esito ultimo è un «violento impatto» tra una Fiat Uno e una Volkswagen Polo, il cui conducente riporta «lesioni che lo conducevano alla morte». Colla ricostruzione dei fatti emerge, in maniera cristallina, la responsabilità dell’agricoltore, che, difatti, viene condannato, sia in primo che in secondo grado, per omicidio colposo. Ma l’uomo si difende – con ricorso per cassazione – appigliandosi alla corresponsabilità dei medici che hanno prestato assistenza alla persona del conducente secondo l’uomo, «il decesso sarebbe imputabile esclusivamente alle negligenze dei sanitari del presidio ospedaliero» dove «fu ricoverato» l’automobilista che guidava la Volkswagenumero Causa prima. Assolutamente da respingere, questa tesi, secondo i giudici della Cassazione, i quali, richiamandosi a precedenti giurisprudenziali ad hoc, sottolineano che «solo quando la colpa medica è commissiva» può essere valutata come «causa idonea a cagionare l’evento», ossia la morte dell’automobilista. Ebbene, in questa vicenda, le condotte dei medici sono state semplicemente omissive, e, quindi, tali errori non possono prescindere «mai dall’evento che ha fatto sorgere l’obbligo delle prestazioni sanitarie». Detto ancor più chiaramente, «l’eventuale negligenza o imperizia dei medici non elide il nesso di causalità tra la condotta lesiva» dell’agricoltore «e l’evento morte», perché «la colpa dei medici, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma, rispetto al comportamento che ha reco necessario l’intervento dei sanitari». Ciò comporta, automaticamente, la conferma della responsabilità assoluta dell’agricoltore, la cui condanna per omicidio colposo è, quindi, assolutamente legittima.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 16 ottobre 2012 – 4 aprile 2013, numero 15685 Presidente Marzano – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 20 settembre 2011 la Corte di Appello di Catania confermava la utenza del Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola in data 22 marzo 2006 appellata da C.N. Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena di giustizia 500 € di multa per rispondere del reato di cui all’articolo 589 1 e 2 comma c.p. perché percorrendo alla guida del motocoltivatore Pasquali la strada Noto-Pachino privo di illuminazione cagionava un violento impano tra la FIAT UNO condotta da A.P. e la Wolkwagen Polo condotta da C.C. impatto nel quale l’A. riportava lesioni che lo conducevano a morte. 2. Avverso tale decisione proponeva ricorso a mezzo del proprio difensore il C. deducendo la violazione dell’articolo 606 lett. b in relazione agli articolo 40 e 41 c.p. e della lettera e per manifesta illogicità dalla motivazione quanto all’affermazione di responsabilità di esso ricorrente Considerato in diritto 3. Il ricorso - che peraltro reitera le stesse doglianze formulate in sede di appello e a cui la Corte territoriale ha dato congrua e condivisibile risposta - è manifestamente infondato. Sostiene il ricorrente - il quale non contesta le sue responsabilità in ordine alla causazione del sinistro - che tuttavia il decesso dell’A. sarebbe imputabile esclusivamente alle negligenze dei sanitari del presidio ospedaliero di Noto ove questi fu ricoverato dopo il sinistro. Osserva la Corte la causa sopravvenuta capace di interrompere il nesso di causalità, è quella idonea a cagionare l’evento anche in assenza della condotta dell’agente ed a questa non è legata da un rapporto di dipendenza. Le cause sopravvenute sufficienti da sole a cagionare l’evento sono solo quelle del tutto indipendenti dal fatto del reo, avulse dalla condotta ed operanti con assoluta autonomia, in modo da sfuggire al di lui controllo ed alla di lui prevedibilità Cass., 29 aprile 1988, Parasacco . Resta, invece, ferma la rilevanza causale della condotta preesistente con la quale la causa sopravvenuta risulti in relazione di interdipendenza, sì che, disgiunta da essa ed isolatamente considerata, non si rivela capace di realizzare l’evento, stante il collegamento derivativo con la serie causale antecedente, di cui quella sopravvenuta appare uno sviluppo evolutivo v. ex pluribus, cass. 3 giugno 1988, Claveri . Tale conclusions, poi, non può mai essere posta in discussione quando la colpa medica di natura omissiva, come nella specie, poiché solo quando essa è commissiva la condotta dei sanitari può assumere i caratteri di atipicità. L’errore per omissione non prescinde mai dall’evento che ha fatto sorgere l’obbligo delle prestazioni sanitarie Cass. 1 novembre 1997, Van Custem . Ne deriva cfr. Sezione I, ottobre 1995, La Paglia RV 202686 che nel caso di lesioni personali seguite dal decesso della vittima dell’azione delittuosa, l’eventuale negligenza o imperizia dei medici non elide il nesso di causalità tra la condotta lesiva dell'agente e l'evento morte. La colpa dei medici, infatti, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma e indipendente rispetto al comportamento, dell’agente che, provocando il fatto lesivo, ha reso necessario l’intervento dei sanitari. Tale intervento nei confronti dl una persona lesa costituisce un fatto tipico e prevedibile, e si inserisce perfettamente nella serie causale originata dall’azione offensiva, rispetto alla quale costituisce momento di normale evoluzione. Le modalità con le quali i sanitari operano, pur connotate da colpa grave, non realizzano quella situazione di sufficienza della causa intervenuta a determinare l’evento, dalla quale il leglslatore fa dipendere l’esclusione del rapporto di causalità. 4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della causa delle ammende, non sussistendo ragioni di esonero. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della causa delle ammende.