Si ha violazione del principio di correlazione tra sentenza ed accusa quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito.
Così ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 11824, depositata il 13 marzo 2013. L’accusa latte con candeggina. Una donna viene condannata al pagamento di 3mila euro di ammenda per aver violato l’articolo 5, lett. d , legge numero 283/1962, che vieta di vendere, o detenere per la vendita, sostanze alimentari «insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione». L’imputata avrebbe infatti detenuto 5 kg di latte fresco, inquinato da candeggina ed emanante un forte odore di cloro. L’intenzione sarebbe stata quella di vendere tale prodotto nell’esercizio della propria attività presso il proprio bar. La condanna mozzarella inquinata. Questo il capo di imputazione, ma dal verbale dell’ASL risulta la detenzione di 5 kg di fiordilatte maleodorante. La sentenza condanna la donna per la detenzione, finalizzata alla vendita, di 5 kg di mozzarella inquinata – e non di latte - «e per di più in un luogo che viene indicato in modo contraddittorio all’interno della stessa motivazione e rispetto al capo di imputazione». La donna ricorre in Cassazione per manifesta illogicità della sentenza. E’ vero che per fare la mozzarella ci vuole il latte, ma non sono la stessa cosa. La Corte annulla la sentenza con rinvio per un nuovo giudizio, perché è stato violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza, sia rispetto all’oggetto – latte o mozzarella – sia rispetto al luogo, non essendo univoca l’indicazione della via e della località del Comune dove sarebbe ubicato il bar. Il principio di correlazione tra accusa e sentenza. La funzione di tale principio è infatti quella di salvaguardare il diritto di difesa dell’imputato, che può essere garantito solo quando la sentenza decide in base agli stessi fatti emersi nel contraddittorio tra le parti. La Corte ricorda che «si ha violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa». In questo caso l’imputata non è stata posta «in grado di confutare e difendersi concretamente anche sulla parte di condotta non formalmente inserita nel capo di imputazione».
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 febbraio – 13 marzo 2013, numero 11824 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 28.10.2011 il Tribunale di Torre Annunziata, sez. dist. di Sorrento, in composizione monocratica, condannava S.P. alla pena di Euro 3.000,00 di ammenda per il reato di cui all'articolo 5 lett. d L 283/1962 perché, presso il proprio esercizio di bar sito in omissis , deteneva al fine di porti in vendita Kg. 5 di latte fresco inquinato da candeggina ed emanante forte odore di cloro sia all'esterno che all'interno della confezione pena sospesa e non menzione. Rilevava il Tribunale che da un controllo eseguito, in data 2.8.2007, da personale della ASL , presso l'esercizio della S. in località omissis , era stato accertato che la prevenuta deteneva per la vendita una partita di fiordilatte maleodorante, che veniva sottoposta a sequestro. Tanto premesso in fatto, riteneva il Tribunale che fosse configurabile il reato contestato, in quanto la presenza di cloro faceva presumere la tossicità degli alimenti detenuti per la vendita. 2. Propone ricorso per cassazione S.P. , a mezzo del difensore, denunciando la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché l'erronea e carente valutazione delle prove documentali. Il verbale di accertamento del 2.8.2007, acquisito al fascicolo del dibattimento, è in aperta contraddizione con il capo di imputazione in ordine al luogo del commesso reato. In detto verbale si fa, infatti, riferimento all'esercizio commerciale sito in omissis , nell'imputazione si indica, invece, l'esercizio di bar sito in omissis . È evidente, pertanto, il travisamento della prova. Il Tribunale ha omesso di valutare adeguatamente tale unica prova documentale il P.M. aveva rinunciato all'escussione dei testi , indicando in motivazione una località ancora diversa ovvero , dove si troverebbe il chiosco pag. 6 sent. . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Risulta dalla stessa sentenza Impugnata che il Tribunale, con motivazione contraddittoria ed in aperto contrasto con l'imputazione, ha condannato l'imputata per un fatto diverso da quello contestato. 3. È pacifico che si ha violazione del principio di correlazione tra sentenza ed accusa contestata solo quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito. La verifica dell'osservanza del principio di correlazione va, invero, condotta in funzione della salvaguardia del diritto di difesa dell'imputato cui il principio stesso è ispirato. Ne consegue che la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta che realizza l'ipotesi astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazione venga mutata nel suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell'originaria contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l'imputato non ha avuto modo di difendersi cfr. ex multis Cass. penumero sez. VI, 8.6.1998 numero 67539 . Sicché non sussiste violazione del principio di correlazione n della sentenza all'accusa contestata quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, in quanto l'immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato, posto, così, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessun possibilità d'effettiva difesa cfr. sez. 6 numero 35120 del 13.6.2003 . Anche di recente questa Corte ha ribadito il principio che si ha violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa cfr. Cass. sez. 6 numero 12156 del 5.3.2009 . Deve cioè trattarsi di una trasformazione sostanziale dei contenuti dell'addebito, tale da impedire di apprestare la difesa in ordine al fatto ritenuto in sentenza. Inoltre il mutamento di per sé non è sufficiente per ritenere violato il principio di correlazione tra fatto contestato e ritenuto in sentenza in quanto necessita la ulteriore verifica intesa a controllare se, comunque, nel corso del processo l'imputato è stato posto in grado di confutare e difendersi concretamente anche sulla parte di condotta non formalmente inserita nel capo di imputazione cfr. Cass. penumero Sez. 3 numero 21584 del 17.3.204 . 3.1. Tanto premesso, la ricorrente era chiamata a rispondere come risulta dall'imputazione trascritta nella intestazione della sentenza del reato di cui all'articolo 5 lett. d L. 283/1962 perché presso il proprio esercizio di bar sito in omissis , deteneva al fine di porti in vendita, Kg. 5 di latte fresco inquinato da candeggina . Il Tribunale, premetteva che in data 2.8.2007 personale della ASL aveva accertato la presenza nell'esercizio dell'imputata in località omissis di una partita di fiordilatte maleodorante pag. 4 sent. . Dopo aver richiamato la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla configurabilità del reato contestato di cui all'articolo 5 L.283/1962, assumeva che la presenza di cloro, evincibile dal forte odore proveniente dalla mozzarella detenuta dalla S. , fa presumere la tossicità degli alimenti offerti in vendita dall'imputata nel chiosco dalla stessa gestito in omissis . La S. è stata quindi condannata per aver detenuto per la vendita mozzarella inquinata e non latte fresco inquinato come recita il capo di imputazione e per di più in luogo che viene indicato In modo contraddicono all'interno della stessa motivazione e rispetto al capo di imputazione. Né l'imputata, tra l'altro contumace, ha avuto modo di difendersi in ordine al fatto indubbiamente diverso ritenuto in sentenza. 4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio non essendo ancora maturata la prescrizione, tenuto conto della sospensione della stessa nel corso del giudizio per nuovo esame per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Torre Annunziata.